Dott.ssa
Maria Zamorani
Psicologo,
Psicoterapeuta
Psicologo clinico
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Ferrara 1 indirizzo
Esperienze
Ho lavorato per molti anni nell’ambito sociale, nelle Tossicodipendenze, Psichiatria e Disabilità.
Nel 1995 ho frequentato in qualità di Psicologa il Servizio di Psicooncologia presso l’Università degli studi di Ferrara;
Nel 1996 ho preso l’attestato di Operatore di Training Autogeno Somatico presso l’Istituto CISSPAT di Padova;
E nel 2007 ho conseguito il diploma di Psicoterapeuta Sistemica in seguito a formazione quadriennale presso l’Istituto ISCRA di Modena.
Attualmente svolgo lavoro dipendente presso la Coop CADIAI di Bologna in qualità di OSS nell’ambito della Non Autosufficienza.
Esperto in:
- Psicologia clinica
- Psicoterapia sistemico relazionale
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1 recensione
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M.C.
Persona con grande umanità. è stata una casualità trovarla qui. Devo solo ringraziarla per l'amore con cui ha gestito mia madre
Risposte ai pazienti
ha risposto a 4 domande da parte di pazienti di MioDottore
Buonasera
Sono una ragazza di 25 anni e ho una domanda riguardo il tema maternità.
Premetto che quando avevo 16 anni ho iniziato a fare la babysitter, fortunatamente con una famiglia in cui mi sono trovata benissimo sia con i genitori che con i figli. Il tempo mi volava con loro e mi ci sono affezionata tanto.
Dopo di loro ho iniziato a tenerne altri, con alcuni andavo più d'accordo, con altri meno, alcuni proprio non li sopportavo (e quando non sopportavo i bambini puntualmente non sopportavo nemmeno i genitori). Altra premessa, ho fatto il liceo delle scienze umane e dopo di che ho fatto 2 anni di scienze dell'educazione, che poi ho lasciato perché ho capito anche grazie a un tirocinio svolto in un asilo nido (esperienza che ho odiato, letteralmente, non vedevo l'ora di uscire) che non mi piaceva il mestiere di educatrice, in nessuna forma. Ora sto studiando tutt'altro, e sono molto felice della mia scelta. Tuttavia, purtroppo in questi anni ho dovuto e devo tuttora lavoricchiare mentre studio e, tranne in qualche occasione in cui ho trovato qualche lavoro diverso, quello che mi ritrovo sempre a fare sia per maggior elasticità di orari che di facilità nel trovare il lavoro, è la babysitter.
Ora dopo tutta questa premessa la mia domanda è: dato che ho notato che in questi anni il mio interesse/amore per i bambini è diminuito sempre di più, fino ad oggi in cui mi sembra quasi di non sopportare i bambini, è possibile che questo voglia dire che io non voglia/debba avere figli? Fino a qualche anno fa mi piaceva anche stare con i bambini, ma ora mi viene male al solo pensiero di dover fare ciò che faccio per qualche ora, per tutta la vita (e nel frattempo lavorare, occuparmi di tutto il resto, e via cosi). Non ho voglia di giocare con i bambini, a volte, suona strano dirlo, ma mi stanno quasi antipatici nei loro modi di parlare e giocare. Mi stupisce questa cosa anche perché sono sempre stata brava con i bambini, e soprattutto ho sempre desiderato ardentemente una famiglia numerosa, e ora invece ho davvero grossi dubbi sul mio desiderio di maternità. Oltretutto io e il mio ragazzo con cui stavo da parecchi anni ci siamo lasciati anche perché lui non voleva figli e io si.
Tutto questo mi confonde e mi spaventa, cosa ne pensate voi? So che non potete dirmi voi cosa voglio o penso io, ma magari potete aiutarmi a fare chiarezza.
Vi ringrazio molto in anticipo
Ciao cara 25. Secondo me 25 anni è un’età difficile, in cui ci si affaccia alla vita adulta con molti interrogativi: cosa volevo fare da grande? Quali risultati ho ottenuto fino adesso? E cosa farò poi? Sembra che tutti i giochi siano già stati decisi, ma è ancora presto. Perciò la invito a scindere le due problematiche esistenziali fondamentali.
1) cosa voglio dalla mia vita professionale?;
2) cosa mi aspetto dalla mia vita personale?
Io stessa ho lavorato per molti anni in veste di educatrice, non con i bambini, ma con altre tipologie di utenza. A questo punto posso confermare che il lavoro educativo è molto pregnante da un punto di vista emotivo, al punto che ci si augura quasi di non avere più a che fare con quelle forme di esistenza. Ma è ancora presto per dirlo, 25 anni è un’età di svolta in cui necessario procedere per passi ben riflettuti per decidere del proprio futuro, in qualsiasi direzione.
Una sessione di incontri per chiarire meglio questi aspetti è auspicabile, proceda senza impazienza, e si dia tempo almeno 2 o 3 anni per capire meglio in quale direzione andare, per decidere poi con responsabilità e consapevolezza del suo futuro
Sono una ragazza di 32 anni. Scrivo su mio dottore per un problema che non mi dà pace. Mi hanno diagnosticato un disturbo ossessivo compulsivo che sembrava passato , ma dopo anni è ritornato. Il mio pi grande terrore è di fare del male a qualcuno. Solo il pensiero mi mette angoscia. Prima di agire valuto sempre se ogni mia azione possa ferire qualcuno. Ho conosciuto un ragazzo che mi corteggia ho capito di non essere innamorata di questa persona, ma provo piacere nel ricevere le sue attenzioni. Una parte di me mi dice " ma sei cattiva se accetti il corteggiamento di un uomo senza amarlo lo puoi ferire". Solo il pensiero mi terrorizza. Vorrei sapere se accettare questo corteggiamento fa di me una persona crudele.
Cerchiamo di andare a fondo del problema: la diagnosi è solo una diagnosi, ma dentro esprime determinate forme di angosce, problematiche e vissuti. Una persona non è solo una diagnosi, è molto di più: è la capacità di prendere contatto con questi vissuti, elaborarli e incamerarli all’interno di possibilità più accettabili. Così un disturbo “ossessivo-compulsivo” contiene al suo interno l’espressione affettiva di una persona molto meticolosa, paurosa di incontrare la propria emotività, quindi apparentemente poco empatica, ma altrettanto trattenuta per il timore di “fare del male”. Tanto è il senso di colpa che lo attanaglia.
Rivisitare la propria storia affettiva in questa ottica può servire a riequilibrare questo timore e a muoversi, con cautela, ma con la capacità in più di non essere impazienti, fare determinati passi esistenziali più calibrati e consapevoli.
Non consiglio esplicitamente UN approccio psicologico, semplicemente la invito pazientemente a “cercare” con pazienza il “suo dottore”, considerando che alla fin fine ogni paziente ha il “suo” dottore e che ogni dottore ha il “suo” paziente
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