Esperienze
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Stimolazione e riabilitazione disturbi cognitivi
Supporto psicologico
Ho conseguito la Laurea Magistrale presso l'Università degli Studi "G. D'Annunzio" Chieti-Pescara in Psicologia Cognitiva.
Ho svolto il tirocinio post lauream presso il laboratorio di Neuropsicologia dell’ U.O. di Neurologia del Policlinico S.Orsola- Malpighi di Bologna.
In seguito ho conseguito il Master in Neuropsicologia Clinica dell'Adulto e dell'Anziano ed ho seguito un corso per il titolo di Tutor DSA.
Attualmente sto continuando la mia formazione professionale frequentando la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.
Esperto in:
- Psicologia cognitiva
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3 recensioni
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GS
Ho iniziato questo percorso con la dott.ssa Nardozza, non potevo fare scelta migliore. Empatia e professionalità la caratterizzano, mi sono sentito accolto e a mio agio dal primo momento.
Consigliata.
M.C
La dottoressa Nardozza è una professionista gentile, accogliente e soprattutto empatica e sensibile! Non ci si sente mai a disagio con lei! È una dottoressa genuina, estremamente attenta ai suoi pazienti.
Risposte ai pazienti
ha risposto a 3 domande da parte di pazienti di MioDottore
Buonasera a tutti, domanda forse un po' inusuale. Ho conosciuto un ragazzo (24 anni io, 28 lui) alcuni mesi fa, l'ho frequentato per circa 3/4 mesi non ci siamo visti tantissimo perché lui per lavoro era spesso fuori. Lui ha interrotto la frequentazione dicendo che per il poco tempo non poteva creare una relazione stabile e per non illudermi ha preferito chiudere invece che continuare.
Qualche giorno fa ci siamo risentiti, ci siamo parlati, chiariti e mi ha chiesto di rivederci, nonostante la sua situazione non fosse cambiata.
Con lui mi trovavo bene in tutti gli ambiti.
C'era una forte intesa sessuale ed è per questo molto probabilmente che mi ha chiesto un incontro.
Io vorrei rivederlo anche solamente per avere un incontro di natura sessuale, ma poi il mio pensare troppo mi frena, penso agli effetti negativi che potrebbero uscire fuori da questa situazione. Il fatto è che non riesco mai a godermi i momenti senza pensare ad un "futuro".
In questo caso non so che parte di me dovrei ascoltare, quella che mi dice ma sì che ti frega escici o quella che dice no ma cosa stai facendo?!
Gentile utente, ho letto con attenzione la sua richiesta.
Capita molto spesso che i pensieri, che delle volte giungono anche inconsapevolmente, influenzano l'attivazione delle emozioni e condizionano i nostri comportamenti. Capire la natura dei propri pensieri può aiutare a gestire le emozioni ed a capire per quale motivo ci condizionano tanto, anche in situazioni diverse tra loro.
Richiedere il supporto di un terapeuta potrebbe aiutarla a capire per quale motivo determinati pensieri attivano in maniera particolare alcune emozioni ed a trovare la risposta che la farebbe stare meglio.
Cordiali saluti, Dott.ssa Vitina Nardozza
Salve,
Sono una ragazza adolescente e volevo proporre una questione che mi sta preoccupando da diverso tempo. Premetto che mi vergogno parecchio a parlarne e ci ho riflettuto molto prima di scrivere questo testo. Attualmente vado in quarta superiore, ma quando andavo in seconda, successe un fatto ha cambiato qualcosa in me. Ci tengo a specificare che io sono una ragazza che ha sempre avuto voti molto alti a scuola e sono molto critica nei confronti di me stessa, tanto da definirmi abbastanza perfezionista. Un giorno, in seconda superiore, la nostra professoressa ci fece registrare un podcast audio in inglese in cui raccontavano una storia. Ero consapevole che in inglese ho sempre avuto la media molto alta, ma l'orale è sempre stato un punto più debole rispetto agli altri (ho sempre avuto 8 e 9, ma la professoressa mi ha sempre detto di lavorare sulla pronuncia comunque). Quel giorno ci fu un cambio di programma ed il giorno in cui si doveva registrare una storia in cui io non dovevo parlare, si decide di fare la mia storia, che io ovviamente non avevo neanche letto. Provai, ma mentre leggevo continuavo a sbagliare è più sbagliavo, più mi saliva l'ansia, tremavo e non capivo più niente. Mi ricordo che avevo tutta l'attenzione addosso perché probabilmente anche la professoressa si accorse di questa strana reazione da parte mia, che non ho mai dato questi problemi. Probabilmente in quel momento, io avevo una delle parti più importanti da interpretare, insieme ad un ragazzo madrelingua inglese e, penso, che io abbia sentito la pressione di essere peggiore di lui. In quel momento mi sono sentita inferiore a tutti, oltre che un peso che non ha fatto altro che rallentare il lavoro. Da quel momento, fino ad oggi, io no riesco più a leggere in inglese in classe. Quando ho un argomento da studiare, me lo preparo bene a casa e poi riesco a parlare, ma leggere qualcosa di nuovo davanti a tutti non riusco proprio, mi sale ansia, il cuore batte forte e tremo. A casa, invece, non ho problemi, anzi, iniziai anche ad ascoltare e capire meglio la musica in inglese proprio per migliorare, ma leggere in in inglese in classe mi mette ancora in difficoltà. Per il resto, a scuola, non ho mai dai altri segni di difficoltà a parlare o altro, a parte qualche caso sporadico, in cui mi veniva una leggera ansia, che, per una persona timida come me, è normale. Non capisco perché quel giorno ha cambiato così tanto questo piccolo aspetto della mia vita scolastica, tanto da pensarci per giorni e vergognarmi continuamente, e vorrei capire se può essere possibile migliorare questi comportamento. Probabilmente il problema è alla radice, ovvero nella mia difficoltà nell'accettare gli errori, che mi crea diversi problemi quotidianamente, ma non mi era mai capitato di non riuscire a superare qualcosa del genere ancora un anno e diversi mesi. Sono consapevole che questo è una problematica anche abbastanza specifica e piccola, motivo per cui mi vergognavo a chiedere, ma mi sono sempre domandata i motivi e le soluzioni di questo.
Grazie mille
Buona giornata
Gentile utente, mi sento di dirle che è stata molto brava a riconoscere come, un singolo evento, possa poi influenzare il comportamento e le emozioni provate in situazioni successive, anche a distanza di molto tempo. Quello che ha provato quel giorno, probabilmente, l'ha messa a contatto con la credenza più profonda che ha di se stessa. Acquisire consapevolezza delle nostre fragilità e delle nostre modalità di agire per non sentirci "fragili", può aiutare ad avere un'attivazione più funzionale delle nostre emozioni. Consultare un professionista può aiutare ad apprendere tali consapevolezze. Resto a disposizione.
Saluti, Dott.ssa Vitina Nardozza
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.
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