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Dott.ssa Valentina Accomando
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ha risposto a 13 domande da parte di pazienti di MioDottore
Buonasera Dottori, alle porte della convivenza con il mio ragazzo, io non sono sicura di sentirmela... sono una donna di 30 anni, sono fidanzata con il mio ragazzo di 1 anno più grande, da ormai quasi 6 anni. Abbiamo sempre avuto più alti che bassi nella nostra coppia, prima a causa di sue fortissime gelosie nei confronti del mio passato che ovviamente non lo riguardavano, che sono durate per anni... almeno 4 anni, di avvicinamenti e di allontanamenti, di estrema presenza fisica da parte sua ma totale assenza emotiva e sentimentale... con annesse litigate orrende frequentissime corredate di orribili parole nei confronti della mia persona... ma nonostante ciò io cercavo di dimostrargli che si sbagliava sul mio conto e che a lui ci tenevo davvero, quindi l'ho sempre molto assecondato in tutte le sue scelte... per anni ho preso parte ad ogni sua cosa organizzata, dalle cene e gli eventi con gli amici (in cui lui tra l'altro mi poneva sempre come elemento di confronto tra me e le ragazze degli altri, esempio... quella pensa ai figli e tu ancora vuoi andare in discoteca?), eventi di famiglia, in cui io mi sono sempre sentita la "bella statuina" perché mi portava in questi contesti per anni passando tempo con tutti tranne che con me... in questi anni ho sbottato nei suoi confronti tantissime volte, per queste pretese (si offendeva se venivo meno ai suoi inviti o se mi rifiutavo di fare qualcosa che andava di fare a lui, assumendo sempre un atteggiamento vittimistico rimarcando le mie mancanze nei suoi confronti)... però ho a distanza di anni ottenuto ben poco... dopo 5 anni stiamo per andare a convivere. Non sopportavo più il suo distacco emotivo e l'altalenanza delle sue parole/sentimenti. Non sopportavo più il dover vivere con sempre persone in mezzo, il dover basare il nostro rapporto su terzi. Non sopportavo più nemmeno la sua famiglia. Troppo tempo passato con loro. Capirei una "riunione" domenicale, ma con lui è stato così tutti i giorni. Tante volte usciva lasciandomi sola a casa con i suoi chiedendomi di aspettarlo e nel frattempo di aiutare la madre o di farle compagnia. Tutto ciò mentre a me non dimostrava amore ma solo un vago interesse. Dall'esterno sembravamo la coppia perfetta che condivideva tutto, ma condividevano solo le sue cose. Così sono esplosa lasciandolo e scomparendo nel nulla. Con un fare estremamente pesante mi ha cercata per mesi anche attraverso altre persone e mi sono sentita in dovere di cedere per farlo smettere. Mi ha riattirata a se promettendo di aver capito i suoi errori e di essere cambiato. Senza che io gli dessi mai il via libera, mi ha detto di aver acquistato casa per noi. Quella davanti ai suoi genitori. Che io non sopporto a causa della troppa vicinanza subita negli anni e dal conseguente abbattimento del muro di privacy fra coppia e famiglia. Non sopporto più nulla. Ne lui ne la sua famiglia. Gente problematica e piagnucolante alla continua ricerca di qualcuno che faccia le cose al posto loro. La mamma manca da casa da mesi per questioni di problemi emotivi, non fisici, ma quando tornerà conoscendo già la sua invadenza so già che per me sarà un inferno. Marito e figlio (il mio ragazzo) non fanno altro che parlarmi di lei da quando non è in casa come se avesse un male incurabile e piangendosi addosso. Sono stata spinta dal mio ragazzo ad aiutarlo nelle faccende domestiche di casa in cui vive con i suoi e se tante volte mi rifiuto sono pure quella in torto. Pretende la mia vicinanza per tutto, ma non perché mi ama ormai a questo punto secondo me, ma perché cerca qualcuno da cui farsi compatire. Mi sento come fossi la mamma per lui ormai. E adesso che casa è quasi pronta e a breve dovremmo iniziare la convivenza, con i suoi come dirimpettai, mi sembra un incubo. Ci ho litigato pesantemente per cose di poco conto (perché sono troppo satura ed esplodo facilmente) e lo sto tenendo lontano in questi giorni. Il solo pensiero di lasciarlo mi fa divorare dai sensi di colpa e mi fa sentire cattiva. Cosa dovrei fare secondo voi? Gli ho proposto delle terapie di coppia ma le rifiuta. Cosa ne pensate di tutto ciò? Avrei bisogno di un consiglio... grazie a chi avrà il pensiero di ascoltarmi.
Buonasera, comprendo perfettamente quanto sia delicata e complessa la situazione che sta vivendo, così come la difficoltà di confrontarsi con una decisione di questa portata. Dal suo racconto emerge chiaramente il profondo impegno e l’enorme pazienza che ha messo in questa relazione, con la volontà costante di essere comprensiva e di mantenere vivo il rapporto, anche quando il carico emotivo si è fatto difficile e impegnativo. Tuttavia, ora si trova davanti a un bivio, e traspare il grande disagio che prova, accompagnato da una sensazione di insoddisfazione e sfinimento emotivo.
Da ciò che descrive, sembrano esserci diversi aspetti che meritano attenzione. Il primo riguarda la mancanza di equilibrio nei bisogni emotivi all'interno della coppia. La disparità tra ciò che ha dato e ciò che ha ricevuto si è fatta evidente: lei ha spesso messo da parte le proprie preferenze e ha partecipato a contesti e situazioni che non la rispecchiavano, nel tentativo di dimostrare il proprio affetto e di rispondere alle aspettative del suo partner. Questa asimmetria può generare inevitabilmente tensione e logoramento.
Un altro aspetto cruciale riguarda la costante presenza della famiglia del suo compagno. La scelta della casa di fronte ai suoi genitori, decisa senza prendere in considerazione il suo disagio, segnala una certa difficoltà nel rispettare i confini necessari alla coppia. La continua influenza della famiglia d’origine e il coinvolgimento nel loro quotidiano, al punto di sentirsi quasi una figura di supporto per loro, possono togliere spazio alla sua autonomia e ai suoi desideri, minando così l’equilibrio e la serenità della relazione.
Ha inoltre espresso la volontà di lavorare sulla coppia proponendo una terapia, che però è stata rifiutata dal suo compagno. Questa chiusura verso un percorso di crescita e confronto rende più difficile costruire una relazione stabile e reciproca, in cui entrambi i partner possano migliorarsi e trovare punti di incontro. Il rifiuto di una proposta tanto importante segnala una mancanza di apertura verso un possibile cambiamento, indispensabile per superare le difficoltà.
Capisco anche quanto il senso di colpa la ostacoli, impedendole di prendere una decisione. Dopo anni di investimento affettivo, si sente comprensibilmente legata a lui, ma è fondamentale considerare anche il suo benessere. Prolungare una situazione che percepisce come soffocante potrebbe avere conseguenze ancora più pesanti con il tempo.
Potrebbe considerare di prendersi del tempo per sé, anche fisicamente se ne ha la possibilità, per riflettere più chiaramente sui suoi desideri e su cosa possa renderla davvero serena. Riflettere sulla possibilità di vivere in un contesto più sano, dove i suoi bisogni siano rispettati quanto quelli dell'altra persona, potrebbe darle una nuova prospettiva per prendere una decisione consapevole.
Potrebbe anche valutare una terapia individuale per se stessa: questa esperienza le consentirebbe di esplorare a fondo i propri sentimenti, il senso di colpa che avverte e di comprendere meglio i propri confini e come proteggerli. Restare in una relazione non è mai una scelta “sbagliata” o “giusta” in assoluto, così come non lo è scegliere di lasciarla se non le procura più gioia e serenità. Qualunque decisione prenderà, l’importante è che nasca dal rispetto e dall’amore verso se stessa, ricordando che merita una relazione fondata sull’equilibrio e sulla possibilità di esprimere la propria autenticità.
Buongiorno, Ho bisogno di aiuto a gestire una situazione complessa. Mio marito se ne è andato di casa e sto trovando il mio modo di gestire la perdita senza far soffrire mio figlio. Allo stesso modo, prima di lasciarci stavamo cercando di avere un secondo figlio, che purtroppo non siamo riusciti ad avere per via di ripetuti aborti. Il mio problema è che riesco ad accettare e convivere con l'idea di aver perso il mio compagno, se è ciò che vuole non lo voglio/posso costringere a restare, ma non riesco ad accettare di perdere anche il progetto di un secondo figlio che avevo accarezzato così da vicino. Sto quindi pensando nel breve futuro di diventare madre single, e dare al nostro piccolo un fratellino/sorellina che completi il disegno idealizzato di famiglia che avrei desiderato per me e per lui. Allo stesso tempo, sono combattuta su quanto egoista sia questa scelta per l'ipotetico figlio che crescerebbe senza un padre mentre il fratello uno se pur separato ce l'ha e per il figlio che già c'è. Come mettere ordine a questa confusione? Quale scelta è giusto far prevalere? Quanto traumatico può essere per un figlio nascere da madre single con un fratellino avente un padre (separato e quindi non convivente)?
Buongiorno, comprendo la profondità della sua riflessione e le difficoltà legate alla situazione che sta vivendo. Si tratta di una serie di perdite dolorose, dalla separazione con suo marito alle difficoltà di avere un secondo figlio, che la stanno portando a riconsiderare la sua visione di famiglia e a esplorare il desiderio di diventare madre single. Questo desiderio, che nasce da un progetto familiare inizialmente condiviso con il suo ex compagno, è ora un aspetto intimo e complesso, ed è del tutto comprensibile che lei si chieda quale sia la scelta migliore per sé e per suo figlio.
La decisione di avere un altro figlio come madre single tocca infatti diverse sfere emotive, sia per lei, che per il figlio che ha già e per il futuro figlio che desidera. Non c’è una “scelta giusta” in assoluto; piuttosto, è importante che lei si chieda cosa la renda serena e cosa senta di poter gestire, anche a lungo termine, per creare un contesto di amore e stabilità. Una delle domande più centrali che pone riguarda l’idea di “egoismo”, ossia il timore che questa scelta possa risultare difficile per l’ipotetico secondo figlio, che crescerebbe senza la figura paterna, o per il figlio che ha già, che potrebbe vivere questa differenza.
È utile considerare che ciò che influisce maggiormente sulla serenità dei bambini non è necessariamente l’assetto familiare, ma la qualità dei rapporti, la stabilità emotiva e l’amore che ricevono. I bambini riescono a sviluppare un forte equilibrio e resilienza anche in famiglie che non rispecchiano la configurazione tradizionale, a condizione che siano accolti in un ambiente sicuro, stabile e amorevole. Un eventuale trauma o disagio non deriva tanto dall’assenza della figura paterna in sé, ma dalla gestione della situazione familiare e della chiarezza emotiva e relazionale con cui vengono affrontati i cambiamenti. Lei è chiaramente consapevole di questi aspetti e, in quanto tale, ha già una sensibilità che può aiutarla a sostenere entrambi i bambini nel processo di adattamento, qualora decidesse di intraprendere questo percorso.
Inoltre, non bisogna trascurare l’importanza di prendersi del tempo per elaborare le perdite recenti e valutare cosa realmente desideri per sé e per il futuro della sua famiglia. Valutare una terapia o un supporto psicologico, se non ne ha già uno, potrebbe offrirle uno spazio per esplorare e dare un ordine a queste emozioni. Un terapeuta potrebbe anche aiutarla a esaminare le possibili implicazioni emotive e pratiche di un progetto di maternità in solitaria, aiutandola a capire meglio se questa scelta rappresenti una risposta alla sua sofferenza attuale o un desiderio autentico e autonomo.
Alla fine, la scelta migliore sarà quella che lei stessa sentirà di poter portare avanti con serenità e determinazione. Accogliere un figlio è un atto di grande amore, e la sua consapevolezza e il suo desiderio di fare ciò che è meglio per i suoi figli sono già un’indicazione del suo profondo impegno verso il loro benessere.
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.
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