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Dott.ssa Stefania Motta

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13/01/2025

Esperienze

Sono psicologa psicoterapeuta a indirizzo psicodinamico psicanalitico.
Con queste parole si intende un approccio al paziente che prevede l'analisi della sua parte profonda, inconsapevole, legata al rapporto con le figure di accudimento precoci e ai vissuti più remoti, più o meno traumatici, che al momento attuale non risultano immediatamente accessibili alla coscienza ma sovente condizionano anche pesantemente i comportamenti della quotidianità e le attuali relazioni.
Quante volte diciamo di noi stessi "sono fatto così", "mi rendo conto che sbaglio ma è più forte di me", "finisco sempre per fare gli stessi errori, vivere le medesime dinamiche di relazione", ecc.?
Secondo l'approccio psicodinamico tutto questo è legato a irrisolti profondi, specie di tipo relazionale, che tendono a bloccare la persona in situazioni sempre uguali, senza che questa, pur sforzandosi, riesca a uscirne.
Il lavoro con lo psicoterapeuta si avvale di due strumenti, intrecciati tra di loro:
- Il colloquio, che consente al paziente di prendere via via consapevolezza delle sue dinamiche profonde
- la relazione terapeuta/paziente, che offre a quest'ultimo la possibilità di sperimentare una relazione riparatrice rispetto ai vissuti passati e di vedere, nel qui e ora della terapia, che cosa non ha funzionato (o ha funzionato male) là e allora.
Nel mio studio, lavoro vis à vis con il paziente, integrando al colloquio il contributo fondamentale della comunicazione e dell'interazione non verbale

Mi occupo prevalentemente di:
- adolescenti e giovani adulti con problematiche legate al percorso scolastico e universitario e alla costruzione di relazioni serene e soddisfacenti
- parent training per genitori di bambini e adolescenti
- relazioni disfunzionali, dipendenza affettiva, vittime di narcisisti maligni e psicopatici
- violenza psicologica e violenza fisica
- relazioni familiari disfunzionali e tossiche
- psicologia giuridica, consulenza di parte in separazioni e divorzi conflittuali
- mobbing, molestie sul lavoro
- collaborazione con avvocati in situazioni di separazioni e divorzio conflittuali, affido di minori, mobbing e molestie

Mi occupo anche di orientamento scolastico, universitario e lavorativo, per la ricerca della propria realizzazione e la riparazione a fronte di una scelta di indirizzo errata
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Esperto in:
  • Psicoterapia

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Dott.ssa Stefania Motta Psicologa psicoterapeuta
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La dottoressa Motta mi segue da alcuni anni, mi ha accompagnato anche durante il periodo buio del Covid; è una professionista molto preparata, sensibile e attenta, con una grande predisposizione all'ascolto senza invadere e scevra da sovrastrutture e pregiudizi personali. Ha inoltre una grande preparazione in campo medico e omeopatico per la sua formazione professionale. Non da ultimo il suo vissuto personale permette una possibilità di empatia difficile da trovare in molti suoi colleghi che spesso valutano sulla base di concetti meramente teorici e basati sulle convinzioni personali.
La consiglio moltissimo.

Dott.ssa Stefania Motta

Grazie di cuore, cerco di fare del mio meglio

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Dottoressa qualificata,dolce e gentile.la consiglio .!

Dott.ssa Stefania Motta

Grazie mille!

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Risposte ai pazienti

ha risposto a 3 domande da parte di pazienti di MioDottore

Si può convincere un figlio (di quasi 16 anni) a iniziare la psicoterapia, se è tassativamente ed aggressivamente contrario, ma al contempo si definisce depresso ed ha espresso propositi suicidi?
Ho già preso un appuntamento, al quale parteciperemo mia moglie, io e lui, ma ha già detto che non ...Altro
ha intenzione di aprire bocca. Meno

Buongiorno,
Innanzitutto le esprimo la mia vicinanza e solidarietà per il momento così difficile e doloroso che state vivendo.
Dalla sua lettera non posso evincere i motivi che hanno portato s...Altro
uo figlio a manifestare un disagio così importante, ma posso comprendere la vostra angoscia e senso di impotenza nel tentare di aiutarlo, ricevendo da parte sua jn rifiuto categorico.
Un ragazzo di 16 anni non può, per ovviare motivi, essere "trascinato in catene" dallo psicoterapeuta, per quanto abbia espresso in modo anche forte il suo malessere. È chiaro che, qualora le sue minacce dovessero intensificarsi e, Dio non voglia, tradursi in passaggi all'atto (tentativi di togliersi la vita), si dovrebbe intervenire con un trattamento coatto, ma mi sembra di capire che, fortunatamente, ad oggi siano state piuttosto parole di disperazione e richieste di aiuto.
Il fatto che abbia accettato di presentarsi con voi a un primo colloquio, anche se rifiutandosi di parlare con il terapeuta, mi sembra già un passo molto importante. Da lì potrebbe aprirsi e scegliere di offrirsi la possibilità di un aiuto. È in ogni caso fondamentale, in questo momento, che
voi iniziate un percorso di sostegno genitoriale, per confrontarvi con il terapeuta sulle modalità relazionali da tenere con vostro figlio, per cercare con lui di comprendere i motivi che portano il ragazzo a manifestare questi comportamenti e, soprattutto e Innanzitutto, per mostrare a vostro figlio la vostra disponibilità e intenzione a mettervi in discussione per lui e a essere disposti a fare dei cambiamenti per aiutarlo meglio. In questi casi, l'esempio vale più di mille parole. Nel momento in cui vedrà voi pronti ad affrontare un percorso psicologico, potrà sentirsi incoraggiato ad aprirsi lui stesso a questa possibilità.
Vi auguro di uscire al meglio e al più presto da questa prova dolorosa e difficile. Ho avuto a che fare in passato con alcuni ragazzi in profonda crisi esistenziale e posso dirvi che ne sono usciti trasformati, più forti e consapevoli.
Spero di avervi offerto una piccola apertura nel buio da cui vi sentite circondati. Coraggio
Dott.ssa Stefania Motta
Psicologa psicoterapeuta Meno

Dott.ssa Stefania Motta

Buonasera, chiedo qui perché la situazione terribile in cui mi trovo mi sta consumando. Sono una donna e da due anni ero fidanzata con un uomo. Di recente a causa di alcuni avvenimenti ci siamo dovuti allontanare nonostante entrambi ci amassimo moltissimo (stava diventando una relazio...Altrone disfunzionale), e stiamo entrambi intraprendendo un percorso di psicoterapia individuale per migliorarci.
Durante l’allontanamento io, che avevo subito da parte sua (in passato) spiacevoli comportamenti disfunzionali che hanno risvegliato in me vecchie ferite primordiali (ho un disturbo della personalità) ho iniziato ad uscire con amici e ho conosciuto un altro uomo, con cui ho scambiato qualche messaggio. Contro ogni mia previsione all’inizio non avevo idealizzato questa persona, per fortuna, (cosa che tendevo a fare anni fa), e anzi, sin da subito ho preso tutto con le pinze, compresi alcuni suoi atteggiamenti che mi facevano suonare i campanelli d’allarme. Senza girarci troppo intorno, una sera questo uomo è venuto a dormire a casa mia dopo un’uscita di gruppo ed ha un po’ forzato le cose. Non ho subito una violenza, ma il mio cervello mi diceva in tutti i modi che avrei dovuto fermarmi e fermare lui, ma non ce l’ho fatta a dire di no. L’atto non è stato completo perché ho trovato una scusa utile e ci siamo fermati ai preliminari, ma mi ha fatto schifo e mi chiedo cosa mi abbia bloccato dal dire di no, che in effetti non volessi farlo. Come se mi fossi sentita obbligata ormai a farlo, semplicemente perché lui era a casa mia e probabilmente era intenzionato a concludere la serata così. Non ho avuto il coraggio di fermarlo e di questo mi colpevolizzo tantissimo. Perché so che è stata una mia responsabilità.
Nel mentre il mio uomo continuava ad avere contatti con me (non siamo riusciti a restare in no contact) e l’ho sentito anche il giorno dopo, o forse dovrei dire la notte e mattina stessa, prima e dopo questa cosa atroce che ho fatto e che ho “subito”, e nel mentre che ascoltavo lui che mi spiegava che voleva ritornare a ciò che eravamo, il senso di colpa mi divorava.
Sono stupida? Sono impazzita?
Adesso ho il terrore di questo senso di colpa micidiale che mi sta spezzando. Credo oltretutto che il mio cervello stia cercando di aiutarmi perché ho ricordi molto sfocati dell’atto in sé, come fosse stato un sogno, o meglio un incubo, dove passivamente ho solo resistito e sperato che terminasse e non andasse oltre. Sono disperata e ho paura che quando rivedrò il mio uomo dovrò essere costretta a chiudere la relazione per la vergogna, per lo schifo che provo verso di me, di non poter trattenere questo segreto, di esplodere all’improvviso e confessare in preda ad una crisi.
Vorrei capire cosa mi sia successo. Se ho fatto passi indietro rispetto alla mia psicoterapia passata o se le debolezze possono capitare. Non riesco nemmeno a dire di essermelo goduta, perché io non volevo quello, in nessun senso, in nessun caso. Sono stata una cretina che ingenuamente ha accettato la richiesta di “salire con me a casa” e dopo si è sentita costretta, perché lui ormai era lì. L’unico ricordo chiaro è stata la mia rassegnazione nel pensare “se non oppongo resistenza finirà in fretta”.
Adesso ciò che mi turba è come potrò andare avanti. Io amo il mio uomo e nessun altro, è una persona incredibilmente capace e sensibile nonostante abbia i suoi problemi. Vorrei solo convivere con questo segreto e anzi, dimenticarlo. Meno

Buongiorno,
Mi dispiace molto che lei abbia vissuto questa esperienza sconvolgente in un periodo già molto complesso della sua vita...
Da come la descrive, potrebbe sembrare una sorta di episod...Altro
io dissociativo, ovvero uno stato difensivo della mente in cui una parte di noi si "separa" dal resto, come se si ritirasse all'esterno di sé per prendere le distanze da ciò che sta avvenendo. Questo meccanismo tende a instaurarsi in situazioni che la mente avverte come traumatiche e pericolose, attuando una difesa estrema di "allontanamento" dal dolore e dalla paura. Si tratta di fenomeni inconsapevoli e non controllabili dalla mente conscia, che in questi casi può sentirsi come "intorpidita", "ipnotizzata" e comunque non in grado di mettere in atto strategie efficaci per eliminare o neutralizzare la fonte del problema.
Dico questo perché lei stessa si descrive incapace, in quel momento, di reagire in modo adeguato e di fermare l'altra persona. Di fatto, pur non essendosi trattato di una vera e propria violenza, lei in quel momento non era pienamente "consenziente" e il meccanismo di difesa adottato dalla sua mente non le ha permesso, in quell'istante, di ribellarsi in modo efficace a qualcosa che non voleva.
Tutto questo dovrebbe innanzitutto comportare l'assenza, da parte sua, di alcuna colpa, perché non c'era la sua volontà consapevole di compiere quello che è avvenuto suo malgrado.
In seconda istanza, altrettanto importante, risulta a mio parere il fatto che la sua mente abbia- probabilmente- adottato questo tipo di difesa dal trauma: si tratta infatti di un meccanismo estremo, profondo, che generalmente si instaura quando le altre modalità di difesa si sono dimostrate inefficaci, in quell'istante e/o nel passato. Si può infatti riscontrare sovente nei bambini (o negli adulti) che nella loro prima infanzia hanno subito maltrattamenti fisici e psicologici.
Il mio suggerimento è quindi di portare questo episodio drammatico nel percorso di psicoterapia che sta effettuando, per cercare eventuali altri vissuti traumatici recenti e remoti nella sua storia, la cui presa in carico e cura potrebbe aiutarla a vivere il presente con maggiore serenità e consapevolezza.
Spero di averle offerto alcuni piccoli spunti di riflessione. Augurandole il meglio
Dott.ssa Stefania Motta
Psicologa psicoterapeuta Meno

Dott.ssa Stefania Motta
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