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Pazienti senza assicurazione sanitaria


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Prestazioni e prezzi

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Prestazioni suggerite

Colloquio psicologico clinico


Consulenza online


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65 €

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Esperienze

Mi chiamo Marika Giovani e sono una psicologa clinica, psicoterapeuta e psiconcologa. Mi sono laureata nel 1999 in Psicologia Clinica e di Comunità con una tesi di ricerca sulle correlazioni fra i gruppi esperienziali organizzati in ambito universitario e i riti tribali di passaggio. Ho intrapreso successivamente un lungo percorso di tirocinio e formazione professionale che si è sviluppato a partire dall'interesse per gli interventi in diversi ambiti della prima infanzia e dell'età evolutiva, per approdare in un secondo momento alla clinica dell'età adulta. Ho collaborato con due associazioni storiche a Roma, Il Melograno per quanto riguarda l'area maternità e prima infanzia e la Ryder Italia Onlus per quanto concerne le cure palliative. Nell'ambito di queste realtà lavorative che si pongono ai due estremi del ciclo di vita, ho avuto modo di perfezionarmi nell'intervento psicologico domiciliare, addestrandomi ad entrare nell’ambiente privato delle persone "in punta di piedi", a riconoscere le peculiarità del sistema di relazioni che ruota intorno a ciascun individuo, e fare gioco di squadra attraverso il lavoro con equipes multiprofessionali.
Ho sempre nutrito un forte interesse per le diadi, i gruppi, i sistemi umani, che ho cercato di coltivare attraverso i miei studi, le mie esperienze professionali e i miei interessi (antropologia, etologia, storia dell’arte, cinema). Ritengo che un valido percorso psicologico individuale non possa prescindere dall’analisi del contesto relazionale, sociale e ambientale in cui nasce e si sviluppa il disagio, sia per quanto riguarda le sue origini scatenanti, che le risorse attivabili. Questo tipo di sensibilità “sistemica” mi ha portato, oltre che a ricercare contesti professionali il cui punto di forza fosse il gruppo, ad appassionarmi al tango argentino, non soltanto per il linguaggio universale della sua danza e la gamma di emozioni veicolate dalla sua musica, ma anche in quanto fenomeno antropologico, esperimento sociale sulla ricerca di equilibrio nella relazione a due, tentativo di cura alla cesura con le proprie origini.
Ho scelto di specializzarmi secondo l'approccio centrato sulla persona di Carl Rogers non soltanto perché affine al mio modo di essere, ma anche perché credo fermamente che l'accettazione positiva incondizionata, l'empatia e la congruenza del terapeuta costituiscano le colonne portanti e imprescindibili di una buona relazione di cura in ogni ambito di intervento.
Attualmente collaboro con una scuola dell’infanzia, lavoro come libero professionista in uno studio privato e coordino per conto dell’Ordine degli Psicologi del Lazio una rete di colleghi che operano nell’area del Municipio 2 a Roma
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Risposte ai pazienti

ha risposto a 3 domande da parte di pazienti di MioDottore

Ciao a tutti! Sono un ragazzo di 24 anni e vado da una psicologa da un paio di mesi. La ritengo estremamente competente e umanamente sensibile. Il mio problema è che non riesco ad aprirmi completamente, sono sempre molto impostato e non mi lascio andare. Faccio difficoltà a parlare di certi argomenti e per questo rimango sempre sulle solite cose, ad esempio impegni universitari e cose simili. Mi sento proprio bloccato ad aprirmi veramente, nonostante abbia stima per la dottoressa. Ormai è un po’ meno di anno che faccio le sedute, perciò non credo sia dovuto “all’imbarazzo” iniziale. Cosa mi consigliate o cosa pensate di questo problema?

Salve, leggendo le sue parole penso che pur avendo stima nelle competenze e nell'approccio umano della collega a cui si è rivolto, sia necessario un tempo che solo lei può sapere per avvertire abbastanza fiducia da affidarle contenuti più profondi. Se esistono delle difese che le impediscono di approfondire dei temi per lei importanti ci sono delle ragioni che meritano delicatezza e rispetto, in primis da parte sua. Non abbia pertanto timore per questo. Condividere, quando si sentirà di farlo, la presenza di questi blocchi con la collega potrebbe essere utile e indirizzare il vostro lavoro in seduta in modo sorprendentemente utile. L'ascolto di se stesso inoltre, di come varia il suo stato d'animo secondo gli argomenti che sceglie di condividere, può essere una sorta di bussola in grado di restituirle spunti significativi su cui lavorare, Buone cose

Dott.ssa Marika Giovani

Buona sera,
di recente mi sono stati trovati dei problemi alle ginocchia per i quali dovró interrompere la mia amata danza per un periodo, al fine di poter intraprendere un percorso di fisioterapia.
Apprendere questo mi fa sentire triste e vuota, come se mi fosse stato tolto qualcosa che per me è necessario avere, le mie lezioni di danza e il poter ballare.
Io quando ballo mi sento spddisfatta di me stessa, mi sento brava in qualcosa e sento di star tirando fuori un mio talento, e invece ora mi è stato tolto l’unico svago che mi permetteva di sfogare ogni mia emozione.
Ho paura di poter sembrare patetica o esagerata, perchè alla fine so che ci sono problemi più gravi di semplici dolori alle ginocchia risolvibili, ma io non riesco ad accettare di dover stare ferma per questi mesi.
Io amo ballare e non riesco a pensare di non poterlo fare.
Ho paura di non guarire mai, di non poter più ballare con energie e precisione come prima, di non uscire mai più da questo stato di frustrazione nel non poter dare il 100% nel mio sport. Che pensate?

Quello che racconta sul valore che ha per lei la danza mi ha fatto pensare al fatto che può accadere di identificarsi completamente con quello che si ama fare, e quando per un motivo o per l'altro si è costretti ad interromperlo, è come se venisse meno una parte fondamentale di se stessi, non considerando molti altri aspetti della propria persona che pure esistono, che danno vigore alla propria passione e meritano pertanto di essere riconosciuti. Altra cosa che mi viene in mente a proposito delle sue considerazioni su questo senso di perdita che avverte per il fatto di non poter momentaneamente ballare, è che forse questo periodo di pausa può rappresentare uno spazio in cui diventa possibile nutrire questa passione in modo indiretto, trasversale. Un esempio può essere quello di dedicarsi all' ascolto della musica che le piacerebbe ballare in futuro, oppure a tutte quelle attività che potrebbero a suo avviso "contaminare" positivamente il suo rapporto con la danza. Il vuoto se prima ascoltato e riconosciuto può assumere via via la forma di uno spazio anche benefico in cui far confluire tutte quelle azioni che possono giovare a lei (compreso il riposo, la convalescenza e le cure fisioterapiche), e di conseguenza alla disciplina attraverso la quale lei ama tanto esprimersi. Buone cose di cuore

Dott.ssa Marika Giovani
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