Dott.ssa
Elisabetta Bonazzi
Psicologo,
Psicoterapeuta
Psicologo clinico
Altro
Pianoro 1 indirizzo
Esperienze
Laureata con lode sono libera professionista ed esercito dal 2013 nel mio studio privato a Pianoro-Bologna.
Sono mamma di due figlie e dal prossimo anno sarò docente nell’Istituto di Psicoterapia Relazione a Rimini.
L’obiettivo degli incontri è quello di tornare a sentirsi padroni dei propri pensieri, delle proprie emozioni, dei propri gesti.
Chiunque, in un qualsiasi periodo della vita, può sentire il desiderio di prendersi cura di sé stesso. Il confronto con un professionista, serio e competente, aiuta ad acquisire e/o consolidare strategie comportamentali e relazionali che ognuno di noi possiede.
www.elisabettabonazzi.com
Esperto in:
- Psicologia clinica
- Psicoterapia delle Dipendenze Patologiche
- Psicosomatica
- Psicologia sportiva
- Mediatore familiare
- Psicologia della salute
- Psicologia scolastica
- Psicologia dell'età evolutiva
- Psicologia cognitiva
- Psicoterapia sistemico relazionale
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5 recensioni
Punteggio generale
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M.G.
Grande attenzione e capacità di sintetizzare pensieri complessi. Più volte durante i colloqui, grazie alle sue parole, ho avuto la sensazione di aver compreso qualcosa di nuovo e di aver sciolto un nodo.
Patrizia P
Molto brava, grande professionista.Mi fa’stare bene quando parlo con la dottoressa Elisabetta Bonazzi
A.D.
Professionista seria, competente e capace di mettere davvero a proprio agio le persone. Studio colorato e comodissimo parcheggio.
EZ
È stata una fortuna conoscerla e aver deciso di portarci anche le mie figlie. Ringrazio sempre la persona che me l'ha consigliata e a mia volta la consiglio a tutti. Per me è eccezionale
Cristina G.
Una efficace professionista che coniuga competenza con solarità ed accoglienza
Riceve in uno studio elegante e stimolante , dove diverse frasi al muro , iniziano già a farti riflettere
Risposte ai pazienti
ha risposto a 3 domande da parte di pazienti di MioDottore
Salve volevo un info. Soffro da quando ero bambina di crisi d'ansia alle volte anche con crisi di pianto molte volte controllate, ho 27 anni. E da 3 anni che ho la costante paura di perdere una persona cara, e la mia migliore amica che vedo come sorella premetto di essere figlia unica, ho paura che una terza persona, che conosco, possa portarla via da me e questa cosa mi fa star male. In passato ho avuto la stessa crisi però la persona a me cara e venuta a mancare dopo un incidente stradale, era il mio padrino di battezzo con cui avevo un legame padre figlia. Percepisco che entrambi i legami estaurati sono di affetto famigliare. La domanda mia è, come posso gestire questa paura di perderla che mi porta a crisi d'ansia con pianto?
Grazie per la comprensione
Cordiali saluti
Carissima,
sono davvero tanti anni che lei convive con uno stato d’animo di allerta-agitazione-ansia che probabilmente non le permette di godersi la vita che una ventenne dovrebbe viversi.
Il lutto di cui parla è molto grave e sicuramente non sarà stato facile elaborare il tutto.
Un percorso di psicoterapia la potrebbe aiutare a conoscere e comprendere meglio l’effetto che l’adrenalina ha sul suo corpo e si potrebbe pensare di provare tecniche per gestire al meglio questa situazione per ritrovare un equilibrio ed una serenità magari proprio da utilizzare in queste relazioni affettive così importanti per lei e preziose.
Rimango a disposizione se volesse approfondire questo confronto.
Un caro saluto
Dott.ssa Elisabetta Bonazzi
Salve,
sono fidanzata da 7 anni. In tutto questo tempo si sono verificati alti e bassi per diversi motivi, causati soprattutto dal percorso di studi della persona che ho accanto. A causa dell'elevato stress (soprattutto in questo periodo pre-laurea, probabilmente perché sotto pressione da parte dei genitori e di se stesso) parecchie volte si sono verificate delle discussioni tra noi: basta solo un pretesto perché mi riversi addosso tutta la rabbia e l'insoddisfazione che prova nei confronti del suo percorso, arrivando a volte anche ad interrompere la relazione perché, cito testualmente, "non ti fa bene stare con uno come me". Faccio il possibile per stargli accanto e alleviare il peso psicologico che ha su di lui questa situazione, ma qualsiasi approccio sembra essere inutile e non fa altro che peggiorare le cose, tant'è che sono arrivata a pensare (stupidamente) che sarebbe meglio nascondergli le mie emozioni negative per questo e quel motivo (lavoro da 4 anni e a volte raggiungo livelli di stress abbastanza elevati che cerco sempre di tenere sotto controllo per evitare di sfogarmi su chi non lo merita), ma so bene che troverebbe comunque un pretesto per far succedere quello che, in un modo o nell'altro, si è verificato nell'arco di questi 7 anni.
Ovviamente, con una situazione del genere, ne va anche del nostro futuro insieme: come posso essere fiduciosa nell'intraprendere un percorso di vita con questa persona se corro il rischio di stare male e venire lasciata da un momento all'altro per un motivo futile, dopo che magari mi ha detto cose bruttissime quando sono l'unica persona che si ritrova accanto nel momento del bisogno?
Ho provato a parlargli, ma puntualmente ogni cosa che dico viene definita "vittimismo", così come se provo a esternare quello che penso o come mi sento (cosa che faccio con i piedi di piombo, perché so benissimo che una sola parola potrebbe far crollare tutto). Quello che non mi spiego, però, è perché, quando io vivo un periodo di forte stress in cui non mancano pensieri negativi e condizioni psicologiche non favorevoli, vedo nella sua presenza un modo per andare avanti e motivarmi ancor di più, mentre lui cerca di farsi terra bruciata intorno come per autoflagellarsi per il ritardo con cui sta per terminare il suo percorso. Se guardo al passato, quasi giustifico questa reazione (non è la prima volta che accade, è successo fin dall'inizio della nostra storia, non appena ha cominciato a frequentare l'università) attribuendola all'immaturità della nostra giovane età, ma adesso, a 26 anni, diventa difficile immaginare un futuro con qualcuno di così volubile ma che soprattutto sembra affibbiarmi la maggior parte del suo malumore quando in realtà non è così.
In breve chiedo a voi specialisti se è solo un periodo che passerà non appena avrà terminato il suo percorso (dopo la triennale dovrà prendere la magistrale, quindi voglio prepararmi psicologicamente), magari suggerendomi una sorta di "linea di condotta" che, se non elimina completamente il problema, lo attenua almeno. Ho pensato anche di sottoporre entrambi alla terapia di coppia, ma credo sia più un suo problema personale che va a riversarsi, negativamente o meno, sulla nostra relazione.
Ringrazio in anticipo per la pronta risposta,
Cordiali saluti.
Carissima,
In questi 7 anni la vostra coppia ha affrontato alti e bassi e così anche voi siete usciti ed entrati in fasi di vita non tra le più facili. Affacciarsi al mondo del lavoro non è semplice, affrontare un piano di studi e lo svincolo dalla famiglia di origine nemmeno.
Ci si sceglie in funzione del bisogno che si ha e tra le righe può essere che lei si stia preparando a capire se la fase che verrà potrà soddisfare nuovi bisogni che avrà/avrete? Un nuovo percorso di studio per lui, una vita insieme per voi,…
In tutto questo quando lei ha bisogno su chi può contare?
Un percorso individuale potrà certamente aiutarla a trovare un suo centro e un suo equilibrio, un percorso di coppia potrà aiutarvi a valutare come trovare nuove modalità per stare insieme che possano soddisfare le esigenze di entrambi.
Rimango a disposizione per questi i percorsi o anche solo per un confronto ad oggi per chiarirsi ulteriormente le idee.
Un caro saluto
Dott.ssa Elisabetta Bonazzi
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