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04/09/2024
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Punteggio generale
Ti mette a proprio agio fin dalla prima visita... Mi piace il modo in cui si approccia al paziente facendoti capire chiaramente il suo pensiero... La consiglio a tutti quelli che hanno dei "problemi" da risolvere!
Persona che ti mette sicurezza dal primo istante. Ti fa sentire a tuo agio,ricca di empatia e capace di leggerti dentro già dal primo incontro.
Mi sono rivolta alla Dott.ssa Calabrese in un momento difficile e di grande vulnerabilità. Ho acquisito consapevolezza di alcune caratteristiche di me stessa e delle mie risorse. Ho avuto da subito la sensazione di poter comunicare le mie paure e fragilità sentendomi totalmente a mio agio. La ringrazio davvero per la sua grande disponibilità ed empatia.
Do cinque stelle perchè quando ho iniziato questo percorso terapeutico con la psicoterapeuta A. Calabrese mi sono trovata subito molto bene. La comunicazione è eccellente e mi sento molto a mio agio (cosa per me importantissima). Sto vedendo ottimi progressi e ho molta più consapevolezza. È sempre puntuale e attenta. Ottima esperienza, ve la consiglio.
Dott.ssa Annalisa Calabrese
Grazie di cuore per le sue splendide parole e per aver condiviso la sua esperienza positiva! Sono felice che il percorso intrapreso con me stia portando risultati concreti e che si senta a suo agio durante le sedute. Il suo benessere e la sua consapevolezza sono mia priorità, e sono lieta di sapere che sta facendo ottimi progressi, grazie all'impegno che ci sta mettendo.
La sua fiducia e raccomandazione mi riempiono di gratitudine. Grazie ancora!
Mi sono affidato alla Dott.ssa Calabrese seguendo un percorso che mi ha aiutato a superare molte delle mie difficoltà. La dottoressa é riuscita a cogliere e a comprendere ciò che molti non sono riusciti a fare prima. Per quanto mi riguarda non posso consigliare di meglio.
Psicologa affidabile, empatica e preparata, che riesce a indirizzarti con efficacia lungo il percorso da svolgere.
Grazie alla sua empatia e professionalità, ho potuto affrontare le mie difficoltà con maggiore consapevolezza e serenità. La sua capacità di ascoltare e di creare un ambiente sicuro mi ha permesso di aprirmi e di lavorare su me stessa in modo profondo. La dott.ssa Calabrese mi ha aiutato a sviluppare una maggiore consapevolezza di me stessa e a gestire le mie emozioni in modo più sano.
La consiglio vivamente a chiunque stia cercando un supporto competente e umano.
ha risposto a 5 domande da parte di pazienti di MioDottore
Salve a tutti. Vi scrivo per chiedere un consiglio, sperando in un giudizio non valoriale basato su presunti dettami etici di estrazione cattolica. Vorrei, semplicemente, un punto di vista neutrale e prettamente tecnico. Ho 30 anni, e sono fidanzato da 7 con una ragazza. Premetto che in passato mi è capitato sporadicamente di “tradire”, ma si sono trattati di episodi tra parentesi, iniziati e finiti, che ho sempre condotto con molta discrezione, lontano dalle mie cerchie di amici, conoscenti, anche lontano nella distanza geografica. Insomma, erano delle vere e proprie parentesi, contestualizzate a momenti molto precisi, sporadici e brevi, e di cui a parte me e l'altra persona, nessuno ne era a conoscenza. In sostanza questi eventi “esistevano” solo per noi due. Le ho sempre vissute con estrema leggerezza, proprio perché le consideravo delle piccole avventure sporadiche, come quando si fanno dei sogni mentali ma rimangono lì. Stavolta mi sono ritrovato in una situazione apparentemente molto “meno grave” ma che, contrariamente, mi sta dilaniando. Io ho un’amica, con la quale chatto spesso (mai nutrito un interesse, solo conversazioni amichevoli, veramente innocenti. Anzi, abbiamo passato mesi senza sentirci). Un paio di mesi fa, capita che iniziamo a parlare di sesso (ma in termini molto generali, non riferiti a noi due, proprio come si può parlare di qualsiasi altro argomento). Poi, sono subentrare delle sporadiche provocazioni, ma cose dette lì per lì che potevano anche apparire come scherzi. Sta di fatto che l'altra sera, da semplici provocazioni si è passato a qualcosa di più concreto (concreto non che ci siamo visti o abbiamo fatto roba, semplicemente ci siamo mandati un paio di foto un po' “piccanti”). Ma anche in quel caso è finita lì, non ha avuto alcun tipo di conseguenza, si è limitato tutto ad un paio di foto. Tuttavia, questa cosa mi sta davvero angosciando. Forse per il fatto che questa mia amica e la mia ragazza si conoscono (non sono amiche, hanno l'amicizia sui social, se si incontrano si salutano e basta. Sì conoscono solo in virtù del fatto che una sa che l'altra è la mia ragazza, e la mia ragazza sa che questa è una mia amica). Però, l’idea che loro si conoscono mi fa sorgere molti sensi di colpa, come un’ipotetica situazione in cui siamo in giro, ci si incontra, ci si ferma 2 minuti a chiacchierare. Io e la mia amica sappiamo, e la mia ragazza no.. questo mi sa veramente di losco e per nulla dignitoso, proprio a voler tramare alle spalle di una persona. Eppure non è effettivamente successo nulla! Per quale motivo, secondo voi, in questo caso (contrariamente dai precedenti) sento questo forte disagio?
Premetto col dire che qualora vi venisse in mente di iniziare con il classico “sarebbe opportuno andare a fondo dei motivi che l'hanno condotta a ricercare altre esperienze al di fuori della sua relazione, etc, ect, ect”. Vi pregherei di desistere. Non vuole essere un evitare la questione, anzi: sono quesiti che mi sono già ampiamente posto da anni e ai quali ho dato e ridato numerose risposte (anche a seguito di un lungo percorso psicoterapeutico). Semplicemente il punto della questione è diverso e un altro, e vorrei che ci si concentrasse sul nocciolo della mia questione espressamente posta. Grazie mille in anticipo
Buonasera la ringrazio per la sua condivisione e comprendo che stia cercando un punto di vista neutrale e tecnico sulla situazione che ha descritto.
Da ciò che racconta, sembra che la fonte principale del suo disagio non risieda tanto negli eventi in sé (le foto scambiate), ma piuttosto nella relazione tra lei, la sua amica e la sua ragazza, e in particolare nella consapevolezza che queste due persone si conoscono, seppure superficialmente. Questo crea una sorta di tensione interna che prima non aveva sperimentato nelle sue "parentesi".
Ci sono alcuni elementi che potrebbero spiegare il suo attuale stato emotivo. Innanzitutto, il fatto che in passato le altre esperienze fossero geograficamente e socialmente lontane potrebbe aver reso più semplice per lei gestire il tutto con leggerezza, senza sentirsi troppo coinvolto o esposto. In questa situazione, però, si aggiunge un fattore nuovo: il rischio percepito di una potenziale interazione o sovrapposizione tra la sua amica e la sua partner. Anche se nulla è successo di concreto e non ci sono state conseguenze evidenti, l'idea che la sua amica e la sua ragazza possano incrociarsi nella vita reale con questa "conoscenza nascosta" tra lei e la sua amica crea un senso di vulnerabilità.
Questo potrebbe portare a un conflitto interno tra la sua percezione di se stesso come "discreto" e "controllato" nelle precedenti situazioni e il timore che, in questo caso, la situazione sfugga al suo controllo. Le emozioni di colpa, o di disagio, che descrive sembrano derivare da una paura di perdita di coerenza con l’immagine che cerca di mantenere di se stesso. Forse c’è una discrepanza tra ciò che accetta a livello conscio e razionale e ciò che sente istintivamente rispetto a questa relazione triangolare, per quanto innocua possa apparire da fuori.
Un altro aspetto potrebbe riguardare il fatto che, pur non essendo successo nulla di fisico, lo scambio di foto piccanti è percepito da lei come un superamento di una linea, una sorta di "tradimento emotivo" o simbolico, che è più difficile da ignorare proprio per la vicinanza sociale tra queste persone.
Molto dipende dal significato che attribuisce ai diversi tipi di "confini" nelle sue relazioni e cosa, di fatto, considera oltrepassabile o meno.
Se ci sono altri aspetti che desidera approfondire, resto a disposizione.
Cordiali Saluti
Dott.ssa Annalisa Calabrese
Salve, mi sono ridotta a scrivervi perché sto vivendo un momento molto difficile e non so come gestire ciò che provo.
Soffro di un disturbo del comportamento alimentare e sono seguita da una psicologa da tempo. Recentemente, la dottoressa ha preparato una relazione clinica destinata agli psichiatri che mi seguono. Quando me l’ha letta, mi sono sentita devastata: il modo in cui mi ha descritta mi è sembrato freddo, distante e poco rispettoso della complessità di ciò che provo. Alcuni dettagli estremamente intimi – inclusi aspetti della mia vita personale che non credo abbiano attinenza con il mio DCA – sono stati inclusi senza alcuna delicatezza, e questo mi ha fatto sentire esposta e travisata. Lavoro con le parole, so come si usano, comprendo razionalmente che è un testo redatto per fini clinici, allo stesso tempo quell'enumerazione asettica delle mie mancanze depauperate dallo sforzo sovrumano che ho dovuto fare, ad oltre 30 anni, per portarle lì è stato un frontale terrificante.
Ho chiesto di poter avere copia della relazione, per rifletterci con calma e prepararmi ad affrontare il confronto con gli psichiatri, sempre perché sono un'adulta che vorrebbe presentarsi al mondo con un po" di grazia e credibilità e non essere vista o descritta come un cucciolo di panda, ma lei si è rifiutata di darmela, sostenendo che fosse “per la mia tutela”, mostrandomi ancora una volta di attenersi di certo aglii studi che deve aver svolto scrupolosamente, ma tralasciando il rapporto umano e una conoscenza di me che, con ogni evidenza, non ha. Da tre giorni non faccio altro che piangere e vomitare. Gli attacchi di panico sono continui, e mi sento completamente sola, senza nessuno con cui parlare di ciò che sto provando (non ho un confidente vero da quando ho memoria). Nemmeno con lei: non risponde ai miei messaggi, e, pur capendo il confine professionale, mi sento "ghostata" in un momento in cui avrei un bisogno disperato di supporto.
Non voglio apparire agli psichiatri come lei mi ha descritta in quella relazione, ma al tempo stesso non riesco a trovare le forze per affrontare questa situazione, non vorrei ritirarmi dal progetto di cura, ma sento di doverlo fare per non umiliarmi di fronte agli psichiatri che mi hanno già presentato la prossima visita come un esame di sbattamento. Ogni giorno è sempre più pesante, e mi sembra di non avere strumenti per gestire il dolore, la rabbia e la solitudine che mi stanno schiacciando. Ho preso anche più farmaci del dovuto, una cosa che tendo a fare e che confidato alla dottoressa, che ha sbattuto nella relazione senza alcun tatto, mettendomi alla berlina di fronte ai miei curanti. Come mi posso comportare con la mia psicologa? Lei non fa un passo, perché devo fare sempre tutto io? E con gli psichiatri del progetto dca?
Buonasera, la situazione che descrive è comprensibilmente molto dolorosa, e mi dispiace sapere che si sente così sopraffatta. Vorrei offrirle qualche riflessione e suggerimento per affrontare al meglio questo momento complesso, mantenendo al centro il suo benessere.
Il senso di tradimento o incomprensione che emerge dal racconto è significativo. È possibile che il linguaggio clinico utilizzato nella relazione sia stato percepito come distante e freddo, ma tenga presente che, in contesti di documentazione per altri specialisti, quel registro può essere considerato una prassi. Questo, però, non giustifica l’effetto che ha avuto su di lei né l’assenza di un supporto adeguato in un momento di tale vulnerabilità.
Le consiglierei di provare a esprimere questi sentimenti alla sua psicologa, magari in un contesto in cui possa sentirsi più sicura, evitando sicuramente toni accusatori, ma descrivendo come si è sentita quando ha letto la relazione e cosa ha significato per lei non avere accesso al documento. Può far presente che, nonostante comprenda il confine professionale, avrebbe bisogno di maggiore supporto per gestire la situazione. Comunicare con chiarezza i suoi bisogni potrebbe aprire un dialogo costruttivo anche ai fini del rapporto che può instaurare con gli psichiatri.
Nondimeno, è importante riconoscere il lavoro enorme che sta facendo per affrontare il suo DCA. non si colpevolizzi per sentirsi vulnerabile. La vulnerabilità non annulla i suoi progressi, anzi, è parte integrante di ogni percorso di crescita.
Se avesse necessità, resto comunque a disposizione.
Cordiali Saluti
Dott.ssa Annalisa Calabrese
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.
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