Esperienze

Nella mia pratica terapeutica, credo fermamente che la nostra vita emotiva sia profondamente influenzata dalle relazioni che abbiamo sviluppato lungo il percorso. La psicoanalisi relazionale si basa sulla convinzione che i legami affettivi e le dinamiche relazionali siano fondamentali per comprendere le sfide emotive e promuovere il benessere psicologico.
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D
Presso: Studio di Psicoterapia Verardo psicoterapia

Prima di diventare paziente del Dott. Albertazzi sono stato seguito da diversi professionisti con l'aiuto dei quali, tuttavia, non sono riuscito ad affrontare concretamente e con serenità alcune problematiche personali. Tali problematiche, per la loro complessità e delicatezza, richiedevano infatti l'intervento di un professionista serio e competente, caratteristiche che con gioia ho potuto riscontrare nel Dott. Albertazzi. Per questo motivo ritengo che lo psicoterapeuta/psicologo in questione sia vivamente consigliabile a chiunque.
La mia esperienza come paziente è stata inoltre positiva per la cortesia, puntualità e disponibilità del professionista

M
Presso: Altro Altro

L'esperienza è di avere di fronte una persona che sa prendersi cura, immergendosi nel lavoro con l'altro. Presenza, impegno e attenzione non sono mai mancati nel percorso insieme. Grazie!

A
Presso: Studio di Psicoterapia Verardo psicoterapia

Ottimo professionista.,se è riuscito a sopportare me direi che è ben preparato consigliato

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Risposte ai pazienti

ha risposto a 7 domande da parte di pazienti di MioDottore

buonasera, scrivo perché da un po’ di mesi sto affrontando una situazione di disagio emotivo abbastanza consistente. ho 21 anni e sono fidanzata con un mio coetaneo da poco meno di un anno, e abbiamo una storia fantastica di cui non posso davvero lamentarmi. io attualmente sono iscritta all’università (sono al 3 anno ma per problemi personali ho abbastanza esami indietro, perciò non credo di riuscire a laurearmi entro la fine di questo anno accademico) mentre lui lavora in un ufficio informatico. diciamo che questo lavoro lo soddisfa solo sotto il punto di vista dell’indipendenza economica (specifico che entrambi viviamo ancora con i rispettivi genitori), ma essendo lui una persona molto intraprendente e ambiziosa, con tanta voglia di scoprire e imparare, non ha ovviamente intenzione di rimanere in quell’ufficio per sempre. ha sempre accennato qualche idea sul futuro, ma ce n’è una che è molto consistente e riguarda il trasferimento in australia per un anno. mi ha parlato di questo desiderio per la prima volta circa 3 mesi fa, ma ammetto di averla presa un po’ alla leggera, anche perché come dicevo prima è una persona che fantastica molto e oltretutto attualmente non ci sarebbero le basi economiche per un trasferimento così importante. solo che durante questi mesi ha continuato a parlarne più volte e vedo che piano piano prende sempre più forma; soldi messi da parte, lui che si informa continuamente ecc. io non ho mai voluto parlarne per non risultare pesante anche perché come discorso mi sembra un po’ prematuro, non sta certamente partendo domani mattina, però è un pensiero che mi sta angosciando molto; io non riuscirei a portare avanti per un anno una relazione con così tanta distanza, mi manca l’aria solo al pensiero. ovviamente non posso tarpargli le ali e lui non può vivere in funzione di me e della coppia, però allo stesso tempo sento che per me sarebbe una situazione troppo grande da accettare e affrontare; non vederci per così tanto, parlare solo poco tempo al giorno per via del fuso orario, il pensiero che lui possa conoscere qualcun’altra perché ha 21 anni ed è da solo lontano da casa… non so, è un mix di pensieri che mi mettono davvero tanta ansia, a tal punto che sono arrivata a pensare di parlargliene innanzitutto per capire che intenzioni ha al riguardo, e poi, nel caso in cui si dimostrasse convinto di volersene andare, dirgli che allora preferirei chiudere questa relazione subito, piuttosto che andare avanti finché non parte per poi ritrovarmi a soffrire il doppio. so che è un ragionamento stupido, ma dentro di me penso che “prevenire è meglio che curare” e che continuare a stare insieme prolungherebbe solo la mia agonia dopo.

Buongiorno, il suo non mi sembra affatto un ragionamento "stupido", sicuramente è un ragionamento che ascolta una parte protettiva di sé. è molto difficile, solo leggendo il suo racconto, poter dire qualcosa che la aiuti a fare chiarezza tra i suoi sentimenti e la aiuti a capire cosa desidera veramente. in questo un percorso di psicoterapia potrebbe chiaramente aiutarla, ma sicuramente in prima battuta l'idea di avere una conversazione aperta ed onesta con il suo fidanzato è un'ottima mossa.
Le auguro comunque che tutto si risolva nel migliore dei modi!

Dott. Andrea Albertazzi

Buongiorno,

Dopo due anni e mezzo credo sia il momento di interrompere il mio percorso con il mio psicologo. Comincio a nutrire dei dubbi - che ho sempre nutrito - sull'aiuto concreto che mi possa continuare a dare, mentre lei ogni volta mi dice di continuare. Mi sento meglio alla fine delle sedute, ma non sento di fare grandi passi. Nello specifico, mi sento molto coccolato, mi viene rinforzato molto il mio ego, ma sembra che non sia mai colpa mia, e sempre una responsabilità degli altri. Certo, mi fa sentire meglio, però mi sembra di non affrontare realmente niente: avrei bisogno di prendere due schiaffoni, ogni tanto. Non sono riuscito ad essere sincero su tanti argomenti in terapia per due anni, ed ora che finalmente sono venuti fuori a causa di un evento esterno (sono stato "beccato") li ha affrontati in un modo che non condivido (nello specifico: problematiche in campo sessuale, assenza di desiderio nei confronti del partner, preferenza alla masturbazione piuttosto che al rapporto sessuale, miei meccanismi di difesa per cui ho mentito per diverso tempo al mio partner su autoerotismo e altri argomenti su questa sfera). Mi ha prescritto, senza diagnosi o senza approfondire o darmi strumenti per affrontarlo, immediatamente di astenermi da qualsiasi rapporto sessuale, sia con il partner sia di natura autoerotica. Questa cosa, senza gli strumenti per affrontarla, sento che non sia giusta, che rovini la mia relazione e che non porti nemmeno me ad una soluzione sana, sebbene ne capisca il senso (un banale: astieniti fino a quando non sarai tu a desiderarlo davvero).

Vorrei affrontare la questione con uno specialista sessuologo che mi possa dare anche un altro approccio, vorrei sperimentare altri percorsi e altri metodi, ma la mia terapista sostiene che dovrei continuare il percorso con lei, e che è un momento in cui sarebbe dannoso abbandonare.

Non so come comportarmi: io mi sento pronto per affrontare un nuovo percorso con un'altra persona, ma temo di non riuscire a prendere questa decisione quando, la prossima settimana, la vedrò.

Come posso fare? Può causare problemi interrompere un lavoro di questo tipo? Premetto che io ne sono sufficientemente convinto e che se dovessi decidere io (so che in realtà devo decidere io, ma l'opinione di chi mi ha seguito per due anni e mezzo conta, eccome) abbandonerei il percorso e proverei con un altro specialista.

Buongiorno, la situazione è molto complessa perché da un lato è suo sacrosanto diritto interrompere una terapia di cui non sente il beneficio, dall'altro nella mia esperienza la possibilità di riflettere insieme su ciò che accade nella relazione terapeutica, soprattutto quando questa sembra non funzionare bene, è spesso la migliore via d'accesso ai nostri meccanismi meno consapevoli e più "disfunzionali".
Se dovessi sintetizzare questo in una sorta di consiglio, sarebbe quello di cercare di avere una conversazione autentica e, perché no, anche conflittuale nei limiti del rispetto reciproco, con la sua terapeuta sulle motivazioni che la spingono a cercare un altro tipo di aiuto. Spero di essermi espresso chiaramente ma se così non fosse resto a disposizione per eventuali chiarimenti.

Dott. Andrea Albertazzi
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