Dott.
Vincenzo Costantino
Psicologo,
Psicoterapeuta
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Pisa 1 indirizzo
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19 recensioni
Punteggio generale
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G. C.
Ha curato la mia depressione. Dopo qualche mese di trattamento. Consigliato
K.L.
Professionista molto competente ed empatico. Molto consigliato!
S.P.
Soldi ben spesi. Ho avuto le risposte che cercavo in una maniera inaspettata.
G.R.
Esperienza più che positiva. Mi sono trovata benissimo, è molto empatico, attento e professionale.
G.D
Mi sono rivolta al Dottor Costantino per una serie di fattori personali; durante il colloquio mi sono sentita accolta e ascoltata.
S.T
Per la prima volta ho deciso di intraprendere un percorso psicoterapico e sono felice di averlo iniziato con il dottor Costantino. Si è rivelato un professionista con una spiccata empatia, mi sono sentita subito a mio agio e dall’altro lato ho trovato una persona comprensiva e molto attenta! Continuerò il mio percorso!
Serena F.
Professionista genuino ed empatico. Il lavoro svolto mi ha aiutata ad affrontare sfide personali molto difficili. Lo consiglio caldamente a chiunque cerchi un professionista che unisca competenza e umanità nel modo migliore possibile.
Lf
Sono molto soddisfatta dell'intervento terapeutico del dottor Costantino. Mi sento più leggera e ho risolto molte conflittualità. È stato capace di mostrarsi vicino ai miei vissuti. Consigliato!!!
M.T.
Puntuale, disponibile, serio e preparato. Il lavoro con il dott. Costantino, svolto in un periodo difficile, ha aperto la strada a tante ed utilissime riflessioni. Esperienza più che positiva.
S.Silvia
Era da tempo che volevo rivolgermi ad un professionista ma per paura ero restia nel farlo. Sono felice di aver trovato il coraggio di chiedere un primo colloquio perché mi sono sentita accolta e ascoltata.
Risposte ai pazienti
ha risposto a 22 domande da parte di pazienti di MioDottore
Qual è il modo migliore per far funzionare una terapia? Quali sono le cose che un terapeuta non deve assolutamente fare? Che cosa è opportuno che io faccia se mi sembra che il terapeuta mi stia facendo gaslighting o comunque mi stia imponendo una suo visione su cui io non sono d'accordo? Grazie a tutti
Gentile utente,
alla domanda "qual'è il modo migliore per far funzionare una terapia", una risposta manualistica direbbe che una relazione, per potersi definire "terapeutica",deve basarsi su principi fondamentali ed imprescindibili come l'assenza di giudizio, rispetto reciproco, puntualità e regolarità, rigore, sicurezza e confidenzialità.
Per quanto indispensabili, questi precetti non sono garanti di un processo perennemente in ascesa del lavoro. Come tutte le relazioni, anche quella terapeutica è il risultato dell'incontro di due persone, ognuna delle quali porta con sé le proprie esperienze, emozioni e modi di interagire. Questi elementi si intrecciano nel processo terapeutico, contribuendo a costruire le "regole del gioco" relazionale.
Tenendo conto di questo, e cercando di rispondere alle due domande seguenti, personalmente, ritengo che non esistano modi giusti o sbagliati nel decidere cosa mettere o non mettere nel campo relazionale.
Tuttavia, c'è sicuramente la possibilità di comprendere e riflettere sulle dinamiche presenti. Il lavoro terapeutico offre uno spazio in cui sia il terapeuta che il paziente possono esplorare liberamente e denunciare eventuali incomprensioni, come accade in qualsiasi altro tipo di rapporto. Per cui, se sente che ciò che le viene offerto non corrisponde alle sue esigenze o aspettative, è importante comunicare apertamente queste preoccupazioni con il terapeuta. Spetterà poi alla funzione riparatrice, all'interno della relazione terapeutica, decidere se è possibile continuare a navigare sulla stessa frequenza.
Cordiali Saluti
Dott. Vincenzo Costantino
Salve, ho 25 anni e vivo a Roma.
Sono fidanzata da 5 anni con un ragazzo della Sicilia con cui ci vediamo ogni weekend.
A settembre abbiamo deciso che andremo a convivere ed io ho dei sentimenti contrapposti.
Se da un lato sono felice, dall’altro mi sento come se stessi abbandonando la mia famiglia (con la quale sono molto legata ed ho un rapporto bellissimo, soprattutto con mia sorella di 20 anni). Per questo motivo molto spesso mi sento indecisa su cosa voglio realmente a tal punto da bloccare ogni mio decisione.
Gentile utente,
l'ambivalenza che descrive potrebbe essere radicata in un conflitto tra il desiderio di autonomia e autodeterminazione, rappresentato dalle fantasie relative al trasferimento, e la paura di "perdere" i legami familiari esistenti. Sentire di "abbandonare" qualcuno, collude con il desiderio di percorrere nuovi sentieri, porta a domandarsi se la solidità e la sostenibilità dei legami affettivi resistono al cambiamento, generando quindi una sensazione di blocco, congelamento.
Non ho suggerimenti pratici da offrire riguardo la sua scelta, ma riflettendo su quanto ha condiviso, mi viene da pensare ad una parte di lei, profondamente spaventata, poiché sente il peso della responsabilità gravare sulle sue sole spalle.
Esalterei a questo punto il modo in cui descrive il rapporto con i suoi familiari che fa pensare ad un senso di solidità, serenità, ma soprattutto di cooperazione. Questi elementi sono fondamentali e sufficienti per garantire la sopravvivenza e la sostenibilità di un legame, specialmente di fronte alle piccole e grandi "sfide" della vita.
Le auguro di scegliere liberamente.
Un saluto
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