Esperienze
Esercizio della libera professione in poliambulatori forlivesi: Villa Orchidee, la Casa della salute di Forlimpopoli
Studio di psicologia clinica e psicoterapia piazza Falcone Borsellino n 21 Forlì
Esperta di orientamento e del mercato del lavoro presso Technè di Forlì
Esperta di formazione e supervisione al gruppo operatori presso comunità terapeutiche e riabilitative
Esperto in:
- Psicologia clinica
- Psicologia dell'età evolutiva
- Psicologia scolastica
- Mediatore familiare
- Psicoterapia sistemico relazionale
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12 recensioni
Punteggio generale
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Rosanelli mariamichelina
Persona attenta molto disponibile e soprattutto colloquiale è stato un colloquio molto aperto sia da parte sua che da parte mia e mi sono sentita compresa
Rachele B
La Dotoressa Marika è una professionista molto attenta, empatica e disponibile. Mi sono recata nel suo studio mesi fa per uno stato di salute psichico davvero molto debilitato anche correlato alla situazione familiare particolarmente critica e complessa. Mi ha aiutato a trovare un equilibrio interiore che mi ha dato moltissima forza e consapevolezza per affrontare le problematiche che erano latenti da tempo, permettendomi di affrontare con coraggio e voglia di rivincita personale il futuro. Il percorso psicoterapico della Dottoressa Marika è stato una vera rivoluzione per me stessa e posso davvero ritenermi estremamente soddisfatta e grata.
Ns
Bella accoglienza, disponibilità e professionalità.
A.F.
Professionalità, cortesia, disponibilità e cortesia oltre ad una grande capacità di capire i bisogni, rinforzando le risorse.
MIGLIORA LE TUE RELAZIONI E LA TUA COMUNICAZIONE
E.B.
Professionale, empatica, attenta e cordiale.
Molto preparata, mi ha messo a mio agio e nella condizione di aprirmi totalmente
Paziente
Molto cortese e disponibile, ti fa sentire a tuo agio...
M.G.
Ho effettuato fin’ora tre sedute con la dottoressa, che mi è sembrata sin da subito molto attenta ed empatica. Grande disponibilità ad andare incontro alle esigenze del cliente.
mf
Attenzione e accoglienza, buona professionalità. Puntualità che non è sempre scontata. Studio in posizione comoda anche come parcheggio
V
Ottima impressione. Dottoressa molto disponibile, scrupolosa e chiara nelle spiegazioni. Mi ritengo soddisfatta del percorso intrapreso.
Risposte ai pazienti
ha risposto a 68 domande da parte di pazienti di MioDottore
FAMIGLIA STREMATA DA SORELLA BORDERLINE
Un saluto ai medici dello staff e grazie per il vostro servizio.
Sono un uomo di 43 anni e Vi scrivo per chiedervi, più che un consulto psicologico in quanto tale, un consulto psichiatrico/legale, su una situazione familiare stremata da mia sorella affetta da grave disturbo della personalità borderline, dove a breve si rischierà la tragedia. Mi scuso già da ora per la lunghezza.
La storia parte da lontano, siamo 3 fratelli, io di 43 anni , mia sorella Border di 38, e un'altra sorella di 30.
Quella di mezzo, la border, é da oltre 20 anni che rovina la vita a tutti.
Era "particolare" e viziata fin da bambina, poi la situazione é peggiorata dopo la morte di nostra madre nel 2002.
Da lì ha cominciato a soffrire di strane e violente crisi isteriche dove a volte può finire in stato di semi-coscienza, ricordano a vederle delle crisi epilettiche ma non hanno origine organica, sono state definite "disturbo di conversione".
Dopo la morte di nostra madre, abbiamo continuato a vivere con nostro padre e nostra nonna, con entrambi mia sorella ha sempre avuto un rapporto conflittuale, arrivando anche ad alzare le mani alla nonna.
Data la situazione sempre più insostenibile, su sua stessa richiesta le abbiamo comprato una casetta dove vivere da sola, salvo poi sentirci accusati di averla abbandonata.
É in cura, per modo di dire, presso il CIM della nostra città, ma va quando le pare e non assume le medicine che le prescrivono per paura di ingrassare.
Percepisce una pensione di invalidità, é diplomata e ha tentato di lavorare in passato, ma si é sempre fatta cacciare da tutti i posti di lavoro per rapporti conflittuali con capo e/o colleghi o tentati suicidi sul posto di lavoro stesso.
Sempre a proposito di tentati suicidi, non basterebbero le dita di un millepiedi per contare quanti ne ha fatti, uno per ogni fidanzato che la lasciava appena si accorgeva della sua pazzia. Alcune volte é stata ricoverata in regime di PS presso qualche reparto psichiatrico ospedaliero, ma, essendo giurudicamente ancora considerata capace di intendere e di volere , quando si scocciava, firmava e usciva.
Economicamente siamo ancora tutti noi ad aiutarla, così come cerchiamo di aiutarla per farla uscire e svagarsi un po', altro che dice che la abbandoniamo (lei non guida e non prende i mezzi sempre per il disturbo che ha, le mettono ansia entrambe le cose).
Nonostante ciò é una accusa continua, anche con minacce e gesti violenti auto ed etero-lesionisti. Ricordo una volta che voleva andare a un centro commerciale, avevamo tutti da fare e non potevamo accompagnarla (io ad esempio ero a lavoro) , le le fu proposto di uscire il giorno dopo, cominciò a spaccare tutto dentro casa, piatti, bicchieri, ecc, furono i vicini a chiamare l'ambulanza, e il personale sanitario ovviamente chiese il nostro intervento, in quanto sempre noi figuriamo come j familiari più stretti.
Mia sorella più piccola é stata lasciata di recente dal fidanzato per questa situazione,e ancora non ha un lavoro stabile, io ci ho rimesso pure una relazione e un lavoro.... perché il tempo dedicato ad assistere nostra sorella border é molto maggiore rispetto a quello che dedichiamo ai nostri partner, e sul lavoro i permessi che dovevo prendere erano troppi, e il mio titolare non mi rinnovò il contratto.
In tutto ciò lei, grazie alla sua malattia, si sente creditrice verso tutti, come se tutto le sia dovuto. Rifiuta di curarsi seriamente e lo psichiatra dice che se non vuole andare in comunità, nessuno può costringerla.
Ma a questo punto, cari dottori, perché dobbiamo sentirci costretti noi?
Nostro padre é anziano e ancora lavora nonostante sia in pensione, per mantenerla.
Io e l'altra mia sorella , pur aiutandola come possiamo, ormai la odiamo, e siamo arrivati a dirle anche frasi molto forti sul fatto (vero) che ci ha rovinato l'esistenza, e che quando morirà forse torneremo a nascere. Dovrei vergognarmi forse a dirlo, e forse ci considererete dei mostri, ma bisogna vivere quello che viviamo noi per capire cosa si prova.
Gli psichiatri la vedono una volta al mese, gli uomini con cui si relaziona, la abbandonano tutti perché non sa gestire una relazione, alla fine chi é rimasto in tutti questi anni, IN TRINCEA annullando la propria vita siamo noi, la famiglia, su cui sputa pure continuamente in faccia.
Per quale motivo se per la legge é capace di intendere e di volere , per noi deve restare un cancro che NON VUOLE FARSI CURARE ma vuole capitalizzare le attenzioni di tutti?
Non rispondete per cortesia di andare dallo psicologo per un aiuto perché dallo psicologo ci siamo già stati tutti noi altri familiari, ed é stato proprio lui a dirci di mollarla.
Ricordo la sua frase: "SE CI SONO ANCHE CIECHI CHE SONO IN GRADO DI VIVERE DA SOLI, PERCHÈ VOSTRA SORELLA NON DOVREBBE?"
Grazie.
Io vi consiglio di denunciare vostra sorella nel caso in cui sia violenta nei vostri confronti , purtroppo in questi casi solo attraverso una misura di sicurezza a livello giuridico può obbligare vostra sorella a curarsi, come tra l altro è giusto che sia.
Dottoressa Marika Fiori
Buonasera, chiedo qui perché la situazione terribile in cui mi trovo mi sta consumando. Sono una donna e da due anni ero fidanzata con un uomo. Di recente a causa di alcuni avvenimenti ci siamo dovuti allontanare nonostante entrambi ci amassimo moltissimo (stava diventando una relazione disfunzionale), e stiamo entrambi intraprendendo un percorso di psicoterapia individuale per migliorarci.
Durante l’allontanamento io, che avevo subito da parte sua (in passato) spiacevoli comportamenti disfunzionali che hanno risvegliato in me vecchie ferite primordiali (ho un disturbo della personalità) ho iniziato ad uscire con amici e ho conosciuto un altro uomo, con cui ho scambiato qualche messaggio. Contro ogni mia previsione all’inizio non avevo idealizzato questa persona, per fortuna, (cosa che tendevo a fare anni fa), e anzi, sin da subito ho preso tutto con le pinze, compresi alcuni suoi atteggiamenti che mi facevano suonare i campanelli d’allarme. Senza girarci troppo intorno, una sera questo uomo è venuto a dormire a casa mia dopo un’uscita di gruppo ed ha un po’ forzato le cose. Non ho subito una violenza, ma il mio cervello mi diceva in tutti i modi che avrei dovuto fermarmi e fermare lui, ma non ce l’ho fatta a dire di no. L’atto non è stato completo perché ho trovato una scusa utile e ci siamo fermati ai preliminari, ma mi ha fatto schifo e mi chiedo cosa mi abbia bloccato dal dire di no, che in effetti non volessi farlo. Come se mi fossi sentita obbligata ormai a farlo, semplicemente perché lui era a casa mia e probabilmente era intenzionato a concludere la serata così. Non ho avuto il coraggio di fermarlo e di questo mi colpevolizzo tantissimo. Perché so che è stata una mia responsabilità.
Nel mentre il mio uomo continuava ad avere contatti con me (non siamo riusciti a restare in no contact) e l’ho sentito anche il giorno dopo, o forse dovrei dire la notte e mattina stessa, prima e dopo questa cosa atroce che ho fatto e che ho “subito”, e nel mentre che ascoltavo lui che mi spiegava che voleva ritornare a ciò che eravamo, il senso di colpa mi divorava.
Sono stupida? Sono impazzita?
Adesso ho il terrore di questo senso di colpa micidiale che mi sta spezzando. Credo oltretutto che il mio cervello stia cercando di aiutarmi perché ho ricordi molto sfocati dell’atto in sé, come fosse stato un sogno, o meglio un incubo, dove passivamente ho solo resistito e sperato che terminasse e non andasse oltre. Sono disperata e ho paura che quando rivedrò il mio uomo dovrò essere costretta a chiudere la relazione per la vergogna, per lo schifo che provo verso di me, di non poter trattenere questo segreto, di esplodere all’improvviso e confessare in preda ad una crisi.
Vorrei capire cosa mi sia successo. Se ho fatto passi indietro rispetto alla mia psicoterapia passata o se le debolezze possono capitare. Non riesco nemmeno a dire di essermelo goduta, perché io non volevo quello, in nessun senso, in nessun caso. Sono stata una cretina che ingenuamente ha accettato la richiesta di “salire con me a casa” e dopo si è sentita costretta, perché lui ormai era lì. L’unico ricordo chiaro è stata la mia rassegnazione nel pensare “se non oppongo resistenza finirà in fretta”.
Adesso ciò che mi turba è come potrò andare avanti. Io amo il mio uomo e nessun altro, è una persona incredibilmente capace e sensibile nonostante abbia i suoi problemi. Vorrei solo convivere con questo segreto e anzi, dimenticarlo.
Quello che le è successo deve essere stato terribile...nonostante ciò proprio perché sta affrontando un percorso psicoterapico le consiglio di farsi aiutare anche a prendere atto di quell'evento, purtroppo le situazioni traumatiche ritornano a galla purtroppo
Dottssa Marika Fiori
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