Esperta di tecnica di ipnosi clinica che permette di velocizzare l'accesso alla mente inconscia. Questa tecnica permette di velocizzare il processo di soluzione del problema.
Leggi di più15/10/2024
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È una ottima psicologa attenta nei dettagli ,puntuale nel suo studio ,e la consiglio a tutti per ha bisogno di un supporto quotidiano.
Quasi 3 anni che sono in terapia con la dott.ssa Sposito, tra sedute di persona ed online. Puntualità, professionalità, stabilità, attenzione al dettaglio, disponibilità. Sono grata di averla trovata.
La dottoressa è una persona disponibile, attenta e sensibile che fa il suo lavoro con passione e dedizione cosa non da tutti. Ho avuto altre esperienze con altri professionisti ma i risultati che lei sono positivi.
Mi sono affidata alla dottoressa Sposito Giuditta perché dal primo momento si è dimostrata empatica, comprensiva e molto umana. Queste sono caratteristiche principali e fondamentali per il lavoro che svolge, oltre alle sue competenze.
Che dire!
Ringrazio la dottoressa e ancora complimenti.
Vicino alle esigenze del paziente, molto cordiale, risoluta e professionale.
Fornisce ampie ed accurate spiegazioni che evidenziano l' amore per il proprio impegno professionale. Consigliatissima
ha risposto a 25 domande da parte di pazienti di MioDottore
Mi sento ossessionata dal mio ragazzo
Salve a tutti, sono una ragazza di 24 anni e sono fidanzata con il mio attuale ragazzo da ormai 5 anni.
Credo di avere un problema (serio) di cui onestamente non ho mai parlato con nessuno perché me ne vergogno profondamente, anche se la sofferenza interiore è troppa.
Mi spiego: in tutta la mia vita ho sempre sperimentato un attaccamento particolare verso i ragazzi con cui mi frequentavo, come se per avere conferma del mio valore l’unica cosa che mi serviva accanto era qualcuno che si dedicasse totalmente a me e mi mostrasse amore (cosa sbagliata).
Eppure, eccetto il mio attuale partner, mi sono sempre ritrovata di fronte ragazzi che hanno solo finito per manipolarmi e prendersi gioco di me. Ricordo di avere avuto una quasi relazione seria con un ragazzo che all’apparenza era un santo, ma che poi si è rivelato la persona più falsa e irrispettosa del mondo… mi sono sentita a pezzi, soprattutto perché lui non faceva trapelare niente.
Invece, cinque anni fa, ho incontrato l’amore della mia vita, una persona fantastica, che ancora prima di amarmi, mi vuole bene e vuole solo il meglio per me.
Quando tutto è iniziato, mi sono sentita talmente in estasi, per le belle sensazioni che ho provato, che lui è diventato il centro del mio mondo.
La mia mente quasi non riusciva ad accettare che potesse esistere un amore così genuino e che un ragazzo potesse darmi amore e rispetto.
All’inizio della relazione, volevo stare sempre e solo con lui, al punto che non avevo più voglia di dedicare un po’ del mio tempo alla mia famiglia e alle mie amicizie. Sapevo quanto tutto ciò fosse tremendamente sbagliato, ma era qualcosa di cui non potevo farne a meno, come se tutte le mie energie fossero indirizzate solo sul mio partner.
Passata la fase dell’innamoramento, in cui tutto sembra così magico e surreale, ho dovuto iniziare a fare i conti con la realtà.
Il mio ragazzo è una persona molto indipendente, ama stare con me ma al tempo stesso trova il tempo per dedicarsi solo a se stesso, per coltivare passioni ed amicizie, cosa che io a volte, anche a causa delle paranoie, traduco come una mancanza di interesse nei miei confronti o poca voglia di stare con me.
Tutto questo, a distanza di cinque anni, a me risulta impossibile, è come se io mi sentissi ossessionata dalla mia relazione, da ciò che provo quando sto con lui. Infatti, una delle mie tante difficoltà è non saper gestire il vuoto e l’angoscia che provo non appena mi devo fisicamente distaccare da lui.
Viviamo nello stesso paese, troviamo sempre il tempo per stare insieme, che sia il pomeriggio o la sera… ma quando dopo una lunga giornata passata insieme, io torno a casa mia senza lui, provo un vuoto insopportabile, mi sento depressa, mi chiudo nella mia stanza e non voglio avere contatti con nessuno, nemmeno con la mia famiglia.
Penso sempre e solo a lui, e la mattina, quando mi sveglio e apro gli occhi, il mio primo pensiero è quando ci rivedremo.
Ho perso interesse per tutto, non mi importa di niente se non di stare con lui, anche a non far niente, addirittura anche quando stare con lui mi annoia perché avrei cose più divertenti da fare in quel momento.
Quando sto con lui i miei pensieri si fermano, quando sono senza lui la mia mente viaggia, inizio a pensare al peggiore degli scenari, penso che lui potrebbe stancarsi di me e allora io resterei senza niente.
So che tutto questo è sbagliato, io sto male, non voglio stare così, vorrei riuscire a godermi le giornate concentrandomi su altro, vorrei poter riuscire a concentrarmi sullo studio quando mi dedico all’università, vorrei potermi divertire davvero anche quando non sono con lui, vorrei avere la mente libera dalle paranoie che mi faccio.
La cosa più assurda è che nonostante la lunga durata di questa relazione, in cui io dovrei avere acquisito maggiore autonomia e sicurezza, in cui il distacco da lui non dovrebbe farmi paura, io continuo a vivermi la relazione come se fosse nella sua fase iniziale.
Inoltre ho una paura immotivata del tradimento, mi auto convinco che da un momento all’altro il mio ragazzo possa lasciarmi, magari per un’altra.
Ho la tendenza ad interpretare negativamente ogni suo minimo cambiamento, mi concentro su ogni parola che usa, su ogni cosa che fa, anche sulle cose più impercettibili, per capire se davvero lui mi ami ancora o mi nasconda qualcosa ma non trova il coraggio di parlarmene.
Questo lui lo sa, gli parlo spesso delle mie paranoie, di quanto a volte queste siano talmente immotivate da sembrare ridicole e surreali.
Credo proprio di avere sviluppato una dipendenza affettiva, ma io non voglio tutto questo, vorrei solo godermi serenamente la mia relazione, anche perché so che lui è quello giusto, e non voglio perderlo per degli atteggiamenti stupidi.
Se può essere utile, ricordo che quando ero più piccola, nel rapporto con mia madre si era instaurato lo stesso meccanismo.
Non volevo andare a scuola, mi venivano crisi e attacchi di panico quando sapevo che ogni mattina mi sarei dovuta separare da lei… a volte l’angoscia era talmente tanta che finivo per rimettere.
Nonostante fossi molto piccola (andavo alle elementari), il mio malessere era troppo, e mi chiedo se non fosse strano per quella età sperimentare un sentimento così intenso e negativo.
Credo di avere uno stile di attaccamento ansioso che manifesto con le persone a cui tengo di più nella mia vita, da piccolina con mia mamma, adesso con il mio ragazzo.
Mi chiedo sempre se questo problema possa essere risolvibile, perché sono così intrappolata in questa dinamica che è impossibile pensare di riuscire a cambiare, a migliorare.
Nonostante questo mi provochi sofferenza, cerco sempre di non finire per soffocare il mio partner, dunque se lui ad esempio una sera esce con i suoi amici, non faccio alcun tipo di problema, piuttosto mi tengo tutto il malessere dentro.
Ma proprio quando mi comunica che per un motivo o per un altro non ci possiamo vedere, io sto così male che vorrei solo sparire, pur sapendo che l’indomani ci rivedremo.
È come se niente senza lui avesse senso.
Quando passo una serata con le mie amiche non riesco a godermi il momento, il mio pensiero è rivolto a lui, penso “se lui per ora fosse qui sicuramente la serata sarebbe più interessante”.
Il mio ragazzo mi ha in parte aiutata a gestire questo problema, difatti ogni volta che mi vede in ansia per qualcosa prova a rassicurarmi come meglio può.
Ma io voglio stare bene, anche da sola… non sono mai riuscita a capire se effettivamente ho una bassa autostima.
Mi piaccio fisicamente il più delle volte, tanti ragazzi mi venivano e tutt’ora mi vengono dietro nonostante io sia impegnata.
In vari momenti nel mio paese ho fatto anche la ragazza immagine… dunque, mi reputo una bella ragazza, ho autostima, perché allora devo provare tutto questo? A cosa può essere dovuto? Perché, ancora, dopo cinque anni di relazione non sono riuscita a trovare un equilibrio e ad essere serena verso la mia relazione?
Buongiorno, indubbiamente non deve essere facile per lei questa situazione, forse ancora più adesso che ne coglie l'ingiustizia e la mancanza di motivazione.
Forse avrà già fatto un percorso psicologico o forse si è informata su internet perchè è come se avesse fatto un'auto analisi di quelle che potrebbero essere le cause, anche lontane nel tempo, che hanno rafforzato questo aspetto nelle relazioni.
Molte delle persone che scrivono qui non vogliono sentirsi dire che devono intraprendere una terapia, scrivono perchè vorrebbero una pronta soluzione, ma la verità è che non c'è una pillola per queste cose...e l'unico rimedio è un percorso di guarigione mirato e cucito sulla persona, ad opera di uno specialista.
Sicuramente il suo è un problema che con questo intervento può risolvere se vuole.
Al di là dell'aspetto economico , che oggettivamente può essere un problema per alcuni, oramai le terapie sono previste tranquillamente online e le tecniche davvero tante.
Le suggerisco un supporto psicologico, vedrà che si sentirà come rinata e sarà meraviglioso il viaggio dentro se stessa alla scoperta della sua indipendenza ed identità.
Buongiorno, buona domenica a tutti.
Mi chiamo Flavio, ho 52 anni, persona piuttosto introspettiva, metto me stesso in discussione quando ci sono delle turbolenze nei rapporti con qualcuno, cosa che per me non sempre fa bene perché gli altri non lo fanno o non sanno proprio farlo e vivono sereni.. io invece mi faccio tanti viaggi mentali. Da una parte l'introspezione la trovo una qualità, dall'altra penso che chi vive spesso dispiaciuto o con un senso di malumore interiore è solo il sottoscritto. Vabbè, tralasciando un attimo questa cosa, la richiesta che vorrei farvi arrivare riguarda sempre i rapporti (generici). Diverse volte mi sono sentito dire che non cerco mai gli altri (in realtà lo faccio con chi mi sta a genio e mi interesso anche delle loro vite o bisogni umani) che non me ne frego di nessuno, che non mi affeziono, che me la tiro, che mi voglio far desiderare, ma nella realtà quello che inconsciamente faccio è cercare gli altri quando noto che c'è piacere da parte loro. Forse questo in passato mi sono ritrovato immerso in un rapporto malato e senza volerlo (unica volta, mai accaduto prima), con una donna sposata letteralmente ossessionata da me, probabilmente proprio dalla mia apparente freddezza, la quale iniziò a -pretendere- (e il contesto non mi dava possibilità di respingerla con decisione, bensì limitarmi a gestirla) le mie attenzioni sotto forma di amicizia e quando molti mesi dopo ho iniziato a fidarmi perché sembrava veramente tenerci e quindi a restituirle le attenzioni nell'essere cercata (da parte mia sempre in amicizia), mi ha allontanato come si fa con un calzino puzzolente per passare ad un'altra persona e poi a un'altra ancora, isolandomi dalle conoscenze in comune a cui ha fatto credere subdolamente, mai verbalmente, che fossi stato io a infastidirla e che era stata costretta a trattarmi così, costringendomi a cambiare città e gruppo di conoscenze (eccetto le amicizie storiche), anche quei pochi che credevano a me non riuscivano a non farsi influenzare da lei e quindi ho -dovuto- , mio enorme malgrado, effettuare una pulizia relazionale ricevendo pure critiche e insulti da parte di alcuni di loro. Dunque, tornando a prima, quando vedo che c'è iniziativa dall'altra parte per stare assieme oppure se noto una certa alchimia caratteriale reciproca, in tal caso non ho problemi a farlo io il primo passo. Io lo trovo, ma posso sbagliami, un modo maturo e centrato di "innaffiare" i rapporti. Chi dice quelle cose è perché o hanno detto/fatto cose con me e con altri che non appartengono alla mia mentalità, o hanno dimostrato ad esempio omertà/ambiguità ferendomi (tipo quelli descritti prima) o queli che sono eccessivamente critici con chiunque per sentirsi importanti loro e allora tendo a stargli lontano, o desiderebbero sotto sotto un mio passo verso di loro senza impegnarsi loro, insomma chi si ferma alla copertina senza provare a comprenderne il motivo o chiedersi (come faccio io con gli altri) il perché ci si comporta così, senza scavare insomma. Chi invece non si ferma alle apparenze e non si fa condizionare dal mio comportamento, scopre una persona profonda, gentilissima, col piacere di stare in compagnia, molto affettuosa, che restituisce abbondantemente tutta la benevolenza ricevuta, partecipando attivamente alla ricerca reciproca. Fatto sta che queste persone sono rare, difatti nella mia vita non sono mai stato l'amico di tutti, piuttosto molto selettivo e circondato da poche persone, anzi il mio migliore amico (e viceversa) che conosco da 35 anni, è il mio opposto, amico di tutti, fregato da alcuni di loro, ammettendo che dovrebbe essere più selettivo ma non vi riesce. Poiché caratterialmente lui riesce più facilmente a passarci su alle cattiverie ricevute (un po' come mio padre), mentre io le interiorizzo per più tempo procurandomi dispiacere interiore, probabilmente attuo (senza pentirmene) un modus relazionale più restrittivo. Non credendo di essere una rarità, una eccellenza di nulla, parto dal presupposto che ogni essere umano potrebbe essere un attimo più empatico e non fermarsi alla copertina se dall'altra parte trova iniziale freddezza, e quindi subisco le critiche descritte prima e mi fermo a riflettere, restando praticamente più isolato rispetto ad altro che invece sfruttano anche i rapporti meno autentici e di passaggio, effimeri, per credere di essere felici. Sono ultra consapevole che posso modificare me e non il comportamento altrui.. ma quindi come fare per trovare quel maggiore equilibrio che mi dia più consapevolezza e meno delusioni?
Buongiorno, nella spiegazione che precede la domanda che ha posto parla di introspezione, dicendo che reputa questo processo una qualità, lo è senz'altro, ma allo stesso tempo diventa un'arma a doppio taglio se nell'espletamento di questa funzione diventiamo i custodi di un sapere ultimo e solo non tenendo conto di aspetti che dall'esterno potrebbero essere meno evidenti.
Quello che voglio passarle è la possibilità che ci sia una differenza tra l'introspezione guidata da un terapeuta e quella personale che potrebbe portare senza accorgersene a risultati non evolutivi bensì basati sicuramente sulle sue esperienze, ma cronicizzati e atemporali.
Se il suo modo di interfacciarsi agli altri funzionasse perfettamente non avrebbe scritto questa domanda , ritengo invece che la ricerca di minore delusione di fronte alla consapevolezza sugli altri (riguardo alle relazioni in generale) sia una giusta motivazione ad indagare sulle sue dinamiche interne e motivazionali.
Se vuole migliorare le sue risposte emotive esistono esperienze di tipo terapeutico anche molto veloci e pratiche che potrebbero aiutarla nella ricerca (come per esempio l'ipnosi clinica, tra l'altro ormai fatta tranquillamente anche comodamente online).
Se lei è abituato a guardarsi dentro la troverà un'esperienza molto interessante.
Buona giornata
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