Buongiorno, mi chiamo Ilaria, ho 29 anni e seguo un'alimentazione priva di glutine da 10 anni. All

3 risposte
Buongiorno,
mi chiamo Ilaria, ho 29 anni e seguo un'alimentazione priva di glutine da 10 anni.
All'epoca stavo male, avevo mal di testa, gonfiore addominale, rush cutanei, diarrea, ed ero continuamente in uno stato di fiacchezza mentale e fisica.
Il mio medico di base si ostinava a dirmi che era questione di stress, di cercare di rilassarmi e di dormire di più: chiaramente la situazione non migliorava, ma anzi mi recava ulteriore stress perché io stavo veramente male e chi di dovere non mi credeva.
Decisi quindi di arrangiarmi ed eseguire in privato tutte le analisi: dopo una dieta ad eliminazione, notai che senza l'assunzione di glutine stavo decisamente meglio. Iniziai quindi una dieta priva di glutine e feci prelievo del sangue e gastroscopia.
Purtroppo ho un deficit severo di Iga e le analisi del sangue davano un falso negativo; inoltre, avendo eseguito la gastroscopia dopo circa 1 anno dall'inizio della dieta priva di glutine, anche questa non dava particolari diagnosi.
Ho comunque proseguito con l'alimentazione priva di glutine, i sintomi sono spariti nel giro di alcuni mesi e la mia vita è completamente cambiata. Mi è capitato due volte di ingerire involontariamente del cibo contaminato, con conseguenti dolori addominali tremendi, diarrea, cefalea e fiacchezza.
Mi è sempre stato detto che non avendo una diagnosi ufficiale di celiachia non ho diritto ai buoni per fare la spesa, e che per ottenere la diagnosi dovrei riprendere ad alimentarmi per almeno 3 settimane con cibi contenenti glutine, dopodiché rifare la gastroscopia: chiaramente, conoscendo le conseguenze che l'ingestione di glutine comporterebbe, mi sono sempre rifiutata di prendere in considerazione questa opzione, ad oggi però mi domando se non ci siano veramente alternative per avere diritto a questi buoni. Ho altre patologie autoimmuni collegabili alla celiachia (/tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide). Mi trovo in una situazione non solo scomoda ma anche piuttosto ingiusta.
Ho provato a porre queste domande all'Associazione AIC della mia città ma mi hanno detto che loro non forniscono consulti medici ma solo supporto "psicologico".
Vorrei dei chiarimenti in merito e magari qualche consiglio su come comportarmi per avere diritto ai buoni celiachia.
Grazie,
Ilaria
Gentile Ilaria, partiamo dal presupposto che lei, fino a prova contraria, non ha la celiachia. Potrebbe avere una ipersensibilità al glutine, la cosiddetta gluten sensitivity, ma questa non è ancora una patologia ben inquadrata e non dà diritto agli alimenti senza glutine gratuiti. Un modo per escludere la celiachia sarebbe fare il test genetico, in caso fosse negativo, lei sicuramente non ha la celiachia. Si tratta di un semplice prelievo e può farlo anche mangiando senza glutine. Il suo valore predittivo è solo negativo, nel senso che se negativo, non ha la celiachia, se positivo non è affatto detto che l'abbia. In caso di positività del test dovrebbe ingerire anche basse quantità di glutine per 3 mesi (non 3 settimane) poi fare le IgG anti gliadina deamidata dato il suo difetto di IgA. Se positive procedere con la gastroscopia con biopsie in seconda porzione duodenale. Questo sarebbe l'iter corretto. Però ripeto da tutti i sintomi che ha elencato mi sembra più una gluten sensitivity che la celiachia.
Saluti
Marco Sanges

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Buongiorno Ilaria ,ha fatto un dosaggio della calpoprotectina fecale? Faccia questo esame e mi faccia sapere .Buona giornata
Concordo con quanto detto dal collega Sanges.
Purtroppo occorrono almeno 3 mesi con glutine prima di fare una gastroscopia. Il test del DNA ha valore diagnostico solo se negativo. I sintomi potrebbero essere correlati sia alla celiachia che alla sensitivity gluten però ripeto, senza una diagnosi endoscopica non c'è possibilità di avete esenzione. A questo punto valuterei pro e contro di un percorso diagnostico

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