La vittimologia
Esperto Rebecca Silvia Rossi • Psicologia • 9 gennaio 2017 • Commenti:
Vittimologia, di che si tratta?
La disciplina che studia il crimine dalla parte della vittima prende il nome di vittimologia. I suoi scopi: sono sia diagnostici che preventivi che trattamentali
In quest’ottica, la vittima non più vista come passiva, bensì come coinvolta in ciò che le accade. Esistono infatti delle caratteristiche predisponenti ad essere vittima di reato, che variano con le caratteristiche personali e di contesto.
Come distinguere le vittime
Le vittime possono essere distinte in vari tipi:
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SIMULATRICI = si fingono vittime consapevoli di mentire, per ricavarne profitto;
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IMMAGINARIE = non sono consapevoli di mentire e lo fanno per motivi psicopatologici o per immaturità psichica;
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FURTUITE = colpite da eventi naturali;
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FUNGIBILI = non hanno nessuna relazione con reo;
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ACCIDENTALI = sono vittime per puro caso (proiettile volante in una sparatoria per strada)
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INDISCRIMINATE = il rapporto colpevole-vittima non ha rilievo (es. terrorismo)
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INFUNGIBILI = hanno un legame con il reo (es. uxoricidio);
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SELEZIONATA = uccisione della moglie per esempio
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PARTECIPANTE:
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IMPRUDENTE (guida in stato d’ebbrezza)
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ALTERNATIVA (rissa)
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PROVOCATRICE (legittima difesa)
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VOLONTARIA (eutanasia)
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La vittimologia investigativa
Una parte della vittimologia, la vittimologia investigativa, studia la vittima, la sua personalità, le caratteristiche biologiche, psicologiche, morali, sociali e culturali, le relazioni con l’autore del reato e il ruolo giocato nel favorire o meno l’evento criminoso.
Questo per capire quali possano essere gli elementi statici con caratteristiche predisponenti alla vittimizzazione, e per arrivare all’aggressore. Infatti, lo studio della vittima e la sua relazione con l’aggressore è una risorsa indispensabile durante le indagini per ricostruire lo svolgimento dei fatti! Durante un’indagine è sempre utile chiedersi se la vittima:
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conosce/conosceva il suo aggressore?
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sospetta di qualcuno? Perché?
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ha una storia di crimini/denunce alle spalle?
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aveva un’arma?
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ha/aveva una personalità aggressiva?
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è stata oggetto di qualche rapporto della polizia?
Ulteriori aree di indagine riguardano le caratteristiche evidenti della vittima (etnia, peso, altezza, colore capelli, occhi...), la sua occupazione, il luogo di lavoro, gli orari, la sua situazione finanziaria, la rete amicale, le abitudini, gli hobbies, il percorso scolastico, i familiari… Insomma, tutte le fonti di informazione che possano stilare un profilo e dare spunti sul movente del reo.
Esistono alcuni casi “limite”, dove è difficile stabilire il ruolo della vittima.
L’OMICIDIO DEL CONSENZIENTE. ART. 579 C.P. = chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da 6 a 15 anni.
Rispetto all’omicidio “canonico” questa è una soluzione di compromesso prevista dal legislatore per meglio graduare la responsabilità del soggetto agente, tenendo conto del movente pietoso di costui e del consenso della vittima. Per verificare la validità del consenso prestato, il giudice solitamente nomina un perito che, attraverso un’indagine adeguata, fornisce un quadro sufficientemente chiaro ed esaustivo della condizione psicologica del soggetto al momento del fatto.
Tuttavia, esistono pochissimi casi registrati per la difficile dimostrazione di un vero e proprio consenso. L’eutanasia, in Italia è giudicata ex art. 575 c.p., come omicidio volontario.
LA CIRCONVENZIONE DI INCAPACE. ART. 643 C.P. = indurre abusando dei bisogni, delle passioni e dell’inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato di infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta, a compiere un atto dagli effetti dannosi.
In questi casi è previsto un intervento psicologico volto a stabilire: l’esistenza dello stato di infermità o deficienza psichica della vittima e il nesso tra comportamento e danno patrimoniale.
LA SINDROME DI STOCCOLMA, abbastanza rara, si tratta di un rapporto affettivo, spesso sentimentale e sessuale, tra persona vittimizzata e vittimizzante. Molti ipotizzano che sia in giovo un meccanismo di difesa chiamato “identificazione con l’aggressore”, ossia, la vittima, avvicinandosi psicologicamente al carnefice, non avverte più la paura.
Il ruolo della vittima nel procedimento penale
Chiunque sia vittima di un fatto previsto dalla legge come reato ha diritto ad un risarcimento da ottenersi mediante la possibilità di intervenire nel processo penale costituendosi come parte civile.
Se il reato è procedibile d’ufficio, si ha una segnalazione non anonima alla polizia giudiziaria o al PM contenente:
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Esposizione degli elementi essenziali del fatto
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Fonti di prova di ogni elemento idoneo ad identificare
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Autore
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Persona offesa
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Chiunque possa fornire info rilevanti
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Qualora il reato NON è procedibile d’ufficio, la persona offesa può rassegnare un atto di querela entro 3 mesi dalla commissione del fatto o dalla sua conoscenza (6 per quelli a sfondo sessuale), presentando gli stessi elementi appena elencati:
Durante il procedimento penale la persona offesa può presentare memorie e indicare fonti di prova (art. 90 c.p.p.), può nominare un solo difensore (art. 100 c.p.p.) e manifestare il consenso all’intervento ad una delle eventuali associazioni a tutela della vittima che richiedono di partecipare ai procedimenti con gli stessi poteri della persona offesa (art. 92 c.p.p.).