Il cervello proiettivo, ovvero spesso si ritiene che il cervello non sia un organo come gli altri.

Esperto Giovanni PlacidiPsicologia • 21 febbraio 2017 • Commenti:

Nonostante possa sembrare un titolo difficile, spiegherò nel modo più lineare possibile questa caratteristica della nostra mente e quali siano le sue conseguenze (quelle comuni di ogni giorno e quelle che invece ritroviamo nel corso della depressione e di altri disturbi psicologici).

Introduzione

I pazienti che vedo nel mio ambulatorio spesso pensano che i disturbi che hanno e mi riferiscono non siano accostabili a disturbi come il mal di gola, o il diabete.

Si riferiscono alla depressione come qualcosa di intoccabile o indescrivibile, a uno stato di ansia cronico come qualcosa di non misurabile o impossibile da descrivere.

Questo accade perché non abbiamo coscienza del cervello. Lungi da me avviare una discussione sul concetto di coscienza, non è però certamente possibile avere conoscenza di un organo che non sentiamo. E il cervello non ha organi di senso.

Vale a dire, se aprissimo la calotta cerebrale di un uomo da sveglio, potremmo toccare il suo cervello senza che se ne accorga. Il cervello ha dentro di se i collegamenti e la rappresentazione di tutto il nostro corpo, organi interni ed esterni, così come la possibilità di ricevere informazioni attraverso i nostri organi di senso e, di conseguenza, di interagire con il mondo esterno. Ma non sente se stesso, non è rappresentato, non sulla corteccia motoria, non sulla sensitiva.

Cosa succede dunque quando al cervello accade qualcosa di metabolico, di fisico o di patologico?

Implicazione quotidiana

Il cervello inventa scuse. Le inventa perché non riesce a capire che è lui stesso la causa di molte “battute di arresto”, di molti momenti di difficoltà nei quali ci troviamo ad abbandonare o lasciar perdere, momenti di irritabilità immotivata, momenti di tristezza. Si tratta di situazioni nelle quali non si arriva certo alla depressione o al panico, ma che accadono nella vita di tutti, a seconda delle proprie vulnerabilità o punti deboli. Il cervello inventa che “non mi piaceva”, inventa che “c'era quello che mi stava antipatico”, inventa che “era troppo difficile”.

La vera sfida sta nel capire quanto avremmo voluto realmente fare quella cosa, o quanto alla fine non rappresentasse davvero una parte essenziale da realizzare di noi stessi. Anche in questo caso, pur non patologico ma semplicemente un'eventualità psicologica, uno specialista può aiutare a far chiarezza e consigliare l'atteggiamento mentale corretto.

Implicazione psicopatologica

La nostra coscienza è rappresentata anche da un tono timico che colora le nostre percezioni. Cosa succede quando inizia una depressione? Percepiamo uno stato di scarsa energia, scarsa voglia di fare, disturbi del sonno o dell'appetito, non abbiamo più le esperienze gratificanti da situazioni ben conosciute. Ecco che la nostra coscienza (che peraltro ha sede sicuramente nel cervello) si trova a dover trovare una giustificazione a questa strana situazione. “La mia amica mi ha risposto male”, “questa vita (lavoro, moglie, fidanzata, capoufficio, casa) non mi piace più”, queste, oppure un reale evento di vita vengono considerati come causa dei sintomi di depressione.

Come la depressione, anche l'ansia può dar luogo a proiezioni del cervello.

Proiezioni come difesa

Eventi reali, causa di lutti o gravi delusioni, così come problemi cronici di difficile soluzione possono non essere immediatamente riconosciuti dalla nostra coscienza. Ecco che il cervello crea nuovamente delle motivazioni, che si vanno a sostituire a quelle reali per giustificare ansia o depressione. Motivazioni spesso futili, o di scarso rilievo, che mascherano la possibile interpretazione o soluzione.

Se questo in caso di eventi gravi ed evidenti è immediatamente riconoscibile dallo specialista, spesso non lo è per problematiche profonde e croniche, o per un conflitto che nasce dalle caratteristiche temperamentali della persona in questione, difficili da mettere in discussione perché rinforzate da anni di accettazione e magari funzionale utilizzo delle medesime nella vita.

Con l'aiuto dello specialista si possono scoprire delle caratteristiche inaspettate, che meglio si adattano alle situazioni che hanno creato il conflitto.

Casi più complessi sono coloro che, avendo sviluppato ansia, depressione oppure ossessioni come reazione ad una problematica cronica, non accettano di riconoscerne la reale causa ma si concentrano sui sintomi puri come causa della loro situazione. Il trattamento farmacologico da solo può attenuare temporaneamente la sintomatologia, ma senza un adeguata coscienza ed accettazione delle problematiche la risoluzione è una strada in salita.

Trattamento

Il trattamento farmacologico sicuramente serve in una fase iniziale per controllare i sintomi critici e dare la possibilità alle persone di utilizzare le funzioni cognitive.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale non solo rappresenta una soluzione per il problema contingente, ma offre una soluzione a lungo termine per gestire simili eventi anche nel futuro.

La combinazione di entrambe i trattamenti è sicuramente la migliore delle soluzioni terapeutiche.

Esperto

Giovanni Placidi psichiatra, psicoterapeuta, sessuologo Dott.

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