Aspetti depressivi nella fibromialgia
Esperto Ludovica Fiorino • Psicologia, Reumatologia • 3 ottobre 2016 • Commenti:
La fibromialgia o sindrome fibromialgica (SFM) è una malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso e stanchezza. Il dolore interessa le strutture fibrose connettivali, ovvero i tendini e i legamenti.
Fibromialgia: sintomi e incidenza
Nella persona affetta da fibromialgia è presente una alterazione dei meccanismi di trasmissione, modulazione e processazione degli stimoli periferici da parte del sistema nervoso centrale che portano e mantengono il dolore cronico. Sono state scientificamente dimostrate variabili genetiche e biologiche che fanno sì che paziente abbia più dolore a causa di una maggiore espressione a livello centrale dello stimolo doloroso e dell’alterata possibilità di modularlo e controllarlo.
In altre parole al cervello arriva una “comunicazione” del dolore più forte di quanto avviene in persone che non presentano la malattia.
Spesso nei pazienti che soffrono di fibromialgia sono presenti i seguenti sintomi:
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cefalea muscolo-tensiva e emicrania;
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sonno agitato, non ristoratore;
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risveglio notturno frequente e precoce.
I disturbi del sonno sono segnalati in oltre il 90% dei casi:
Cambiamenti dell’umore e depressione nella fibromialgia
Anche i cambiamenti del tono dell’umore e del pensiero sono comuni nella fibromialgia. Chi è
affetto da fibromialgia può avere difficoltà a concentrarsi o ad eseguire semplici progettazioni mentali.
La sindrome fibromialgica non è né un disturbo psichiatrico, né tantomeno un disturbo ipocondriaco, dai quali va differenziata.
Studi recenti confermano che circa il 30% dei pazienti fibromialgici presenta problemi di depressione e ciò rappresenta un fattore di peggioramento. Anche l’ansia è molto comune.
Nella maggior parte dei casi sia la depressione sia l’ansia sono reattive, ovvero conseguenti al dolore cronico: un dolore continuo, permanente, in grado di peggiorare seriamente la qualità della vita.
La persona sta male ed ha la sensazione di non essere compresa, sensazione la maggior parte delle volte, purtroppo, veritiera.
Si ha spesso la consapevolezza che sia inutile spiegare perché gli altri non capirebbero, anche le persone che ci sono più vicine non credono fino in fondo a ciò che proviamo.
Sembra esserci una negazione da parte del mondo esterno del proprio vissuto.
Quel che succede è che si entra in un circolo vizioso: provo dolore, vado in ansia, gli altri faticano a credermi e a capirmi, subentra la depressione, aumentano il dolore e l’ansia e così via.
Un ruolo importante nella percezione e nella tolleranza del dolore lo rivestono senz’altro le variabili sociali, cognitive, comportamentali, culturali, razziali, che possono incidere nel processo che porta alla amplificazione del dolore ed alla sua cronicizzazione.
Fibromialgia e depressione: l’importanza dell’autoefficacia
Stress, ansia, depressione, strategie personali in risposta al dolore (atteggiamento attivo o passivo), grado di autostima, tono dell’umore, incidono in modo significativo nell’andamento della malattia nella singola persona.
Pertanto, appare evidente che un percorso psicologico volto a migliorare il senso di autoefficacia (self-efficacy) possa avere una notevole importanza per il miglioramento della qualità della vita del paziente.
Per senso di autoefficacia si intende “la convinzione delle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni che si incontreranno nel corso della malattia, in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati”.
È necessario fare in modo che il paziente sia consapevole dei nuovi limiti che la malattia comporta, per saperli affrontare e gestire, senza farsi travolgere.
L'ascolto psicologico, inoltre, implica l’esistenza di uno spazio mentale specifico per quella particolare relazione; con la propria presenza partecipe si assicura la persona che ciò che sta provando e vivendo può essere detto e può essere compreso e condiviso.
Proprio questo può consentirle di attribuire un significato soggettivo alla problematica portata, esplorando poi insieme le possibili strategie per affrontare le difficoltà.
Va comunque sottolineato che qualsiasi approccio terapeutico non può prescindere da una visione di insieme del paziente; un approccio multidisciplinare è l’unica strada da percorrere per garantire alla persona un miglioramento della qualità della vita.