Esperienze

Ciao! Sono Erika e sono una psicologa clinica specializzanda presso l’Istituto IGAT, dove sto completando la mia formazione in psicoterapia a orientamento Gestaltico e Analitico-Transazionale. Nel mio lavoro, mi impegno a creare uno spazio sicuro e autentico in cui esplorare insieme ciò che accade nel presente, affrontando i blocchi e le difficoltà che impediscono di vivere in armonia con se stessi e con gli altri.
L’approccio gestaltico è per me un viaggio verso la consapevolezza affrontato nel "qui e ora", dove è possibile connettersi pienamente con il proprio sentire e le proprie scelte, mentre l’Analisi Transazionale ci invita a riconoscere i ruoli e le dinamiche che vengono adottate nel relazionarsi con se stessi e col mondo esterno, aprendoci alla possibilità di trasformare quei “copioni di vita” che spesso limitano la propria crescita.
Lavoro anche con persone anziane con demenza, Alzheimer e persone con gravi difficoltà cognitive, esperienze che mi hanno permesso di sviluppare un approccio empatico e attento alle esigenze di ogni fase della vita.
Il mio obiettivo è quello di accompagnarti a riscoprire le tue risorse e a costruire nuove prospettive. Se lo vorrai, questo percorso di cambiamento sarà un cammino condiviso, dove ogni passo è una conquista e ogni scoperta una tappa verso un’autentica realizzazione personale.
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Ottima esperienza, le doti empatiche e comunicative hanno aiutato tantissimo

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La Dottoressa Ventrella è altamente professionale, empatica, attenta nell'ascolto, e precisa nelle spiegazioni, mi ha aiutato a superare un periodo molto difficile. Consiglio fortemente.

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Molto professionale, mi sono sentita subito a mio agio e ho iniziato un percorso utile per me e chi mi sta intorno. Sono riuscita a trovare un equilibrio dopo tango tempo. La consiglio!

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Risposte ai pazienti

ha risposto a 2 domande da parte di pazienti di MioDottore

Buongiorno, mia figlia, 13 anni, è una ragazza studiosa carina e ben inserita con i suoi coetanei, fa pallavolo a livello agonistico ed è la sua grande passione..fin qui tutto bene, ciò che mi preoccupa è che gli adulti di riferimento ( scuola e sport) mi riferiscono questa sua grande difficoltà nel relazionarsi al mondo adulto, a scuola la difficoltà è proprio nella comunicazione con i professori, nelle verifiche orali ed in generale mi dicono che si vede che è attenta ed interessata ma interviene poco come per timore e non apre bocca, a volte nemmeno se direttamente interpellata….muta. La stessa cosa succede in palestra, non parla con l allenatore e con gli adulti con cui si interfaccia, in partita dovrebbe “urlare” per chiamare la palla e non lo fa…come bloccata, dice che non riesce, che lei ci prova e vorrebbe non essere così ma quando deve aprire l bocca per parlare ad un adulto che non siano i suoi familiari più stretti si blocca, questa cosa la fa soffrire e io e mio marito non sappiamo come aiutarla… Cosa suggerite?

Buongiorno, la difficoltà di sua figlia nel relazionarsi con gli adulti potrebbe avere diverse radici. Il fatto che la ragazza stessa soffra di questa difficoltà e desideri superarla è un segnale prezioso, perché indica una motivazione al cambiamento. Inoltre, da quello che racconta, emerge il ritratto di una ragazza con diverse qualità e risorse: è studiosa, ben integrata con i suoi coetanei e appassionata di sport. Ed è importante sottolineare e dare valore a questi aspetti positivi poiché ciò può aiutarla a riconoscere e rafforzare la fiducia nelle sue capacità. Questo lavoro di empowerment potrebbe essere importante poiché partire dalle sue risorse le permetterà di affrontare con maggiore sicurezza le situazioni che al momento le risultano più difficili. Potrebbe, inoltre, essere utile esplorare con sua figlia, in sede di colloquio psicologico, come vive la relazione con le figure adulte: ad esempio, ci sono stati episodi in particolare o contesti che hanno contribuito a farla sentire insicura o giudicata? Come percepisce se stessa e il suo diritto di "occupare spazio" con la voce? Quali emozioni emergono in questi momenti di silenzio? A volte il corpo e la voce si “bloccano” per “proteggerci” da emozioni che viviamo come troppo intense come la paura, il senso di colpa o la vergogna. In sintesi, potrebbe essere utile lavorare sul vissuto corporeo e sull’espressione delle emozioni per aiutarla a riconoscere e sciogliere eventuali tensioni legate al contatto con gli adulti, o meglio, alle convinzioni che sua figlia potrebbe aver interiorizzato a riguardo (ad esempio, un messaggio implicito del tipo "non devi disturbare"). Questi messaggi, spesso inconsapevoli, possono influire sul comportamento. Per aiutarla, potrebbe essere utile un percorso di supporto psicologico, dove lei possa esplorare con calma questi aspetti e sperimentare modi più liberi di esprimersi. Se lo desidera, possiamo fissare un primo incontro per conoscerci meglio e valutare insieme come intervenire. Un saluto.

Dott.ssa Erika Ventrella

Salve, vorrei un consulto per trovare uno spunto di riflessione più approfondito. Ho 39 anni e due figli. Sia io che mio marito desideriamo un altro figlio, ma non riusciamo a prendere una decisione. Nel senso che c'è il desiderio ma l'incapacità di fare la scelta pratica. Questo maggiormente da parte mia. Da cosa potrebbe dipendere questa ambivalenza? Vi ringrazio.

Salve, la sua domanda rivela un desiderio profondo di comprensione e riflessione e questo è già un passo importante per affrontare l’ambivalenza che ha descritto. Il desiderio di avere un altro figlio e la difficoltà di tradurlo in una scelta pratica possono essere espressione di un dialogo interiore complesso che va esplorato. Momenti di indecisione come questo, a volte, nascono dal confronto tra parti di noi che hanno bisogni o paure differenti. Potremmo esplorare insieme quali pensieri o emozioni emergono di fronte all’idea di avere un altro figlio. Potrebbero esserci aspettative, timori o convinzioni che entrano in conflitto, anche a livello inconscio. Come sente il suo ruolo e il suo spazio personale in questo momento della vita? Nel mio approccio, ad esempio, si lavora sul concetto di “confine di contatto” che rappresenta il punto in cui incontriamo gli altri, ma anche il nostro bisogno di proteggerci. Forse una parte di lei desidera allargare la famiglia, mentre un’altra si interroga su come questo potrebbe influire sul suo equilibrio.
L’ambivalenza e la difficoltà nel prendere una decisione, anche se a volte possono sembrare paralizzanti, in realtà possono rappresentare un segnale prezioso che indica un bisogno di ascoltare con maggiore attenzione le proprie emozioni e desideri più profondi. In un percorso psicologico, potremmo creare uno spazio sicuro per esplorare tutti questi aspetti, dando voce a un dialogo autentico e favorire una decisione che lei possa sentire davvero “sua”. Se desidera approfondire, sono a disposizione per accompagnarla in queste riflessioni.

Dott.ssa Erika Ventrella

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