Salve. Sono un ragazzo e ho 24 anni. Chiedo scusa per la domanda ma volevo porvi davanti a una facc

17 risposte
Salve.
Sono un ragazzo e ho 24 anni. Chiedo scusa per la domanda ma volevo porvi davanti a una faccenda tra me e la mia psicoterapeuta avvenuta durante l'ultima seduta. Cercherò di spiegarmi al meglio: la mia psicoterapeuta mi ha proposto un "patto", un patto di trasparenza. Io dico a lei se partecipare alle sedute mi suscita delle sensazioni negative o malessere che possono riguardare anche la terapeuta stessa, e lei fa lo stesso nei miei confronti. Non gliel'ho detto subito, forse perché non ho avuto il coraggio, ma questo patto, in particolare la seconda parte che riguarda il suo rapporto con me, mi destabilizza. A me va bene essere trasparente, ma io vado da lei per essere aiutato all'interno di uno spazio sicuro dove io possa esprimermi senza la paura che le mie parole o anche la mia presenza siano una causa di negatività e malessere per una persona che in teoria dovrebbe aiutarmi. Questa cosa mi crea ansia e mi spaventa. Ho pensato di parlargliene magari al telefono, con un messaggio, prima della prossima seduta( tra 4 giorni) perché sono angosciato. L'idea di dover cambiare terapeuta un'altra volta e ricominciare da capo un percorso di questo tipo mi deprimerebbe ancora di più e io in questo periodo sto già messo male di mio. È così tanto chiedere che il terapeuta sia lì per aiutare il paziente senza se e senza ma? Scusate lo sfogo ma la cosa mi fa stare male.
Lei ha ragione, un patto tra persone che non hanno lo stesso potere non é un patto.
Un caro saluto

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Gentile utente. la mia visone della terapia è esattamente quella che lei ha descritto e che si aspetta di trovare in studio. Non sappiamo quali siano le intenzioni che hanno mosso la sua terapeuta nel proporle questo patto ma sono certa che siano esclusivamente nel suo interesse.
La cosa migliore da fare è parlarne con la terapeuta e dirle tutto ciò che le ha suscitato questa proposta, in uno spazio protetto e senza giudizio.
In bocca al lupo
Dott.ssa Emanuela Graziano
Credo che la sua terapeuta, che si sia accorta o meno di qualche sua difficoltà, abbia voluto indicarle che, possibilmente, è’ importante che lei sia sincero e che possa fidarsi nel riporre nel settimo anche le sue perplessità e dubbi. I pazienti non debbono risolvere i problemi dei terapeuti e lei ha diritto e anche un poco il “dovere” di essere onesto verso se stesso in primo luogo o il senso dell’alleanza terapeutica di vanifica e lei è’ lì per questo.
Qualunque sia la motivazione sottesa a questo “patto”, ogni terapeuta deve “fare i conti” con le proprie emozioni che il setting terapeutico suscita.
Parli apertamente con la collega dell’angoscia che prova e, non è da escludere, che possa avere le chiarificazioni del caso.
Buonasera, non so le motivazioni che hanno spinto la sua dottoressa a proporle quanto esposto sopra ma è chiaro che non può essere portato avanti. I pazienti devono sentire che il terapeuta regge, non il contrario. Ne parli schiettamente, con il canale che lei preferisce.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Mi perdoni, la sua terapeuta intendeva dire che siete entrambi parte dello stesso progetto terapeutico, e un rapporto sincero in cui le due parti hanno diritto di esprimere ciò che sentono efficace o meno nell'ambito della terapia. Solo così si può arrivare ad ottimizzare il occorso condiviso. Mi sembra che lei abbia avuto altre esperienze in questo ambito, e che evidentemente abbia abbandonato. Si chieda perché, a questo punto. Se lei non si sente parte del processo psicoterapeutico, qualcuno dovrebbe spiegargliene l'importanza. Scusi la franchezza, buona serata. Dr.ssa Daniela Benvenuti
Gentile utente grazie per averci raccontato la sua esperienza, penso sia utile per lei potersi esprimere e spiegare come si sente rispetto a questo " patto". Esprima i suoi dubbi, le sue perplessità, vedrà che sarà utile per il lavoro terapeutico con la sua terapeuta.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Verena Elisa Gomiero
Probabilmente la sua terapeuta avrà avuto delle buone intenzioni, però le chieda come mai ha proposto questo strano patto, facendole presente come si sente. Probabilemente ha sortito l'effetto contrario a quello desiderato.
Buonasera, credo che l'unica persona che possa spiegarle a pieno cosa intendesse sia la sua terapeuta. Io ho un altro modo di lavorare per cui non mi sembra corretto pronunciarmi in merito. Un caro saluto
Caro utente, come lei dice, lo spazio terapeutico deve essere uno spazio sicuro, in cui potersi esprimere.
Ma non confonda lo spazio sicuro con la zona di comfort. Perchè la Terapia deve "proteggere e perturbare" allo stesso tempo.
Ha come compito quello di innescare un cambiamento e quindi lasciare gli equilibri precedenti per crearne altri, più funzionali ed orientati al suo benessere.
Quindi ne parli con la sua Terapeuta in maniera aperta e libera di quello che prova, perchè probabilmente c'era, dietro questa mossa, un obiettivo che non conosciamo.
Alla base del progetto terapeutico c'è l'alleanza e la fiducia, quindi vada tranquillo e affonti con lei il tutto.
Un caro saluto.
Gentile utente di mio dottore,
dovrebbe confrontarsi con la sua psicoterapeuta e chiarire meglio la definizione di quanto proposto. Esprima i suoi dubbi in merito, potrebbero essere un importante spunto di riflessione da cui ripartire.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buonasera, parli alla sua terapeuta chiedendo spiegazioni. Sicuramente le angosce del terapeuta devono essere risolte in altra sede e non con i pazienti, ma magari intendeva dirle qualcosa di diverso da ciò che ha inteso, come auspico.
Un caro saluto
Dott.ssa Cristina Villa
Ha ragione lei, visto così è piuttosto strano perchè le vostre figure non sono simmetriche e non avete gli stessi doveri. Tuttavia non conoscendo bene il contesto in cui è nata questa proposta non ho sufficienti elementi per giudicare. Credo però che, assolutamente, dovrebbe comunicare queste sue sensazioni perchè potrebbero, se non affrontate, alterare l'andamento terapeutico. Le puiò tranquillamente scrivere se preferisce anticipare la cosa prima di vedervi e parlarne.
Salve, comprendo bene il suo stato di disagio. Le è stato chiesto di fare qualcosa che Lei sente strano all’interno di un percorso terapeutico, e che La mette in difficoltà. Come la Sua terapeuta le ha parlato francamente, se ce la fa, affronti con Lei questo disagio, anche solo parlando dell’angoscia che prova.
Cordiali saluti
Buongiorno, concordo con i pareri espressi dalle/i colleghi che mi hanno preceduto. Non c'è motivo di preoccuparsi a parlarne con la psicoterapeuta. Se la mette a disagio farlo è un buon segno, perchè sta "toccando e muovendo" parti di sè. Azzardo una mia idea, legata anche al modello con il quale lavoro. L'aspetto dell'autenticità: in seduta io come terapeuta sono autentica, nel senso che "passo" al paziente quello che sento rispetto alla relazione e ai vari momenti che attraversa. Quindi posso anche proporre che qualcosa che lei a detto mi procura disagio. Questo ha anche il fine di far sentire al paziente l'effetto del suo comportamento oltre che dare trasparenza alla relazione. Naturalmente come persona rimango consapevole di quel che sento e quel che dico. Non so se questo ha a che vedere o no con la sua terapeuta.Spero di esserle stata utile, la saluto cordialmente, dott.ssa Silvia Ragni
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Caro utente, sembra che il suo disagio sia nato con la proposta della sua terapeuta di un patto di reciproca sincerità rispetto ad alcune emozioni vissute nel rapporto terapeutico. Non ci sono informazioni adeguate per sapere quali osservazioni cliniche hanno portato la collega a fare questa proposta e con che modalità, quindi non trovo utile portare il focus su questo punto. Come accade con i miei pazienti, mi sta a più a cuore invitarla a riflettere soprattutto sull'impatto che ha avuto su di lei, che pare essersi sentito così in difficoltà da chiedere un confronto e un aiuto. Dice di provare "paura che le mie parole o anche la mia presenza siano una causa di negatività e malessere per una persona che in teoria dovrebbe aiutarmi" . Sembra che per lei il fatto di ascoltare le emozioni di una persona che è in una relazione con lei, sia in qualche modo collegato al sentirsene responsabile e doversene prendere cura, invece di attribuire la responsabilità di quelle emozioni alla persona che le prova. Un buon percorso di terapia può aiutarla a comprendere l’origine di questa sua credenza, capire in che situazioni ne ha fatto esperienza e l’ha consolidata al punto da condizionarla e metterla in difficoltà.
Parlarne apertamente con la dottoressa potrebbe proprio aprirle uno spiraglio su un aspetto di sé importantissimo, per imparare a sentirsi più libero e felice in tutte le sue relazioni importanti, come è giusto e bello che sia. Un caro saluto.

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