Salve sono un ragazzo di 26 anni, ho un figlio di 18 mesi che non ho potuto riconoscere perché mi è

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Salve sono un ragazzo di 26 anni, ho un figlio di 18 mesi che non ho potuto riconoscere perché mi è stato impedito dalla madre in ospedale al momentodel parto, nel corso dei mesi ho avuto modo di parlare e riconciliare con la madre conoscere e provvedere in parte alle necessità del bimbo a periodi alterni, ( non per mia volontà, ma per condizionamento psicologico da parte della nonna materna) io credo che siano traumi per me e per il bambino, cosa dovrei fare? Chiedere aiuto ad un assistente sociale? Ho anche provato ad avviare un percorso con un avvocato ma i tempi sono piuttosto lunghi, e dopo aver atteso 4 rinvii per circa poco piundi 12 mesi la prima udienza ho ritirato la richiesta e avendo deciso insieme a lei di iniziare il riconoscimento a breve visto l imminente convivenza e in pieno accordo con lei, adesso mi ha bloccato qualsiasi contatto ed impossibile trovare un mediatore essendo uomo e non avendo ancora riconosciuto mio figlio sono anche svantaggiato legalmente, A volte mi sento demoralizzato, e mi chiedo anche se per il benessere psicologico di tutti e 3 non sia la cosa giusta rispettare la sua scelta aspettare anni che cresca per cercare di recuperare per quanto possibile un rapporto con lui? Potrei io riuscire a farlo senza sentirmi come se lo avessi abbandonato? Potrebbe mio figlio un giorno comprendere questa scelta? "Paura" di Ass sociali , avvocati e alienazione parentale da parte della nonna (tra l altro convivente) e di lei non mi ritraebbero agli occhi di mio figlio come un qualcuno che limiti le scelte di sua madre imponendo la mia presenza nella loro vita?
Buongiorno,

Grazie per aver condiviso con me la sua situazione e le sue preoccupazioni. Capisco quanto possa essere difficile e frustrante affrontare questa situazione, specialmente quando ci sono ostacoli legali e familiari che complicano il processo di riconoscimento e di relazione con suo figlio.

La sua situazione è complessa e coinvolge aspetti legali, psicologici e familiari. Vorrei offrirle alcuni consigli che potrebbero aiutarla a trovare una strada per affrontare questi problemi.

Innanzitutto, è importante riconoscere che la situazione attuale può avere un impatto significativo sia su di lei che sul suo bambino. L'assenza di una figura paterna può influenzare il benessere emotivo del bambino, così come le difficoltà che sta affrontando possono influire sul suo stato d'animo. Trovare il giusto supporto è cruciale.

Un passo utile potrebbe essere rivolgersi a un assistente sociale. Un assistente sociale può fornirle supporto e guida, aiutandola a navigare le complicazioni burocratiche e a trovare le risorse necessarie per migliorare la situazione. Potrebbe anche aiutare a mediare tra lei e la madre del bambino, favorendo una comunicazione più efficace e una maggiore cooperazione.

È altrettanto importante continuare a lavorare con un avvocato. Anche se i tempi legali possono essere lunghi e frustranti, il supporto legale è fondamentale per proteggere i suoi diritti e per cercare di stabilire una presenza legale nella vita di suo figlio. Se ha ritirato la richiesta precedente, potrebbe valere la pena di riavviare il processo legale con il supporto di un nuovo avvocato, possibilmente specializzato in diritto di famiglia.

Consideri inoltre di consultare uno psicologo forense. Un professionista di questo tipo può aiutare a valutare e documentare la situazione, fornendo relazioni e testimonianze che possono essere utili nei procedimenti legali. Possono anche offrire supporto psicologico e strategie per gestire lo stress e l'ansia legati a questa situazione. Come psicologa forense, posso offrirle questo tipo di supporto specializzato.

È comprensibile sentirsi demoralizzati e in dubbio su quale sia la scelta migliore per il benessere di tutti. Tuttavia, abbandonare completamente il tentativo di essere presente nella vita di suo figlio potrebbe non essere la soluzione più benefica a lungo termine. È importante ricordare che, anche se può sembrare difficile ora, avere una presenza stabile e amorevole nella vita del bambino può avere effetti positivi sul suo sviluppo.

Se ha bisogno di ulteriore supporto psicologico per affrontare queste difficoltà, sono disponibile per aiutarla. Possiamo programmare incontri in base alle sue esigenze, anche attraverso sessioni online per garantirle la massima flessibilità. Non esiti a contattarmi per ulteriori informazioni o per fissare un appuntamento.

È importante che non affronti queste difficoltà da solo e che possa ricevere il supporto adeguato per ritrovare la serenità e la forza necessarie per andare avanti.

Cordiali saluti

Dott.ssa Maria Carla del Vaglio

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Buongiorno, mi spiace per la sua situazione e capisco il suo disagio ma mi preoccupa anche i potenziali rischi di questa situazione per suo figlio! Sono completamente d'accordo con la risposta della collega sopra e le aggiungo di tenere presente due aspetti quando farà le sue scelte: l'unico motivo per cui una madre può opporsi a che il padre riconosca il figlio è se questo riconoscimento è pregiudizievole per il bambino stesso! Lei si ritiene "dannoso" per suo figlio? e se si perché? Poi consideri anche il DIRITTO del bambino ad avere un padre e come ricadrebbe su di lui l'assenza della figura paterna? Se non è sicuro di cosa sia meglio per sé stesso può però provare a pensare a cosa sia meglio per suo figlio e fare di tutto per il suo bene. Tenga conto che anche quando i padri (ma vale anche al contrario con le madri) non riescono a prendersi cura dei figli (possono esserci tanti motivi diversi quando succede), per questi è comunque fondamentale sapere (quando crescono) che il genitore ha comunque "lottato" per lui e che le scelte che ha fatto le ha prese con il solo scopo di fare del bene a lui! In questo modo tiene anche aperta una porta per una futura relazione con suo figlio (se non riesce a risolvere nel presente).

Spero di esserle stato d'aiuto

Cordialmente,

Dr. Emilio Selvini
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno.
Tutte le domande che lei scrive sono molto sensate. Evidentemente è necessario approfondire, andare oltre quello che lei ha scritto.
Per questo credo che un luogo deputato ad aspetti così importanti e delicati sia il consultorio familiare.
Si tratta di una realtà territoriale, quindi lei può informarsi e rivolgersi a quello a lei più vicino. Il consultorio offre una presa in carico psicologica, sociale, legale.
Buonasera, concordo con ciò che hanna già espresso i miei colleghi ma aggiungo che e' importante conoscere i motivi del rifiuto materno. Sarebbe utile che lei per il tramite del suo legale si rivolga al tribunale dei minorenni competente per assicurare al bambino la paternità e tutti i diritti connessi. Dovrebbe anche rivolgersi al consultorio di zona per avviare un confronto incontro con la madre del bambino. Se vuole può contattarmi on line.
Buonasera, il figlio non è proprietà della madre, ma di entrambi. Non conosco la vostra storia ma credo che sia un suo diritto partecipare alla vita del proprio figlio ed è lodevole che voglia farlo. Penso che debba partire da sé, focalizzandosi sul perché lei senta che su questo bimbo non può avere voce in capitolo. Parli con la madre avendo coscienza che lei è il padre; se trovasse un muro faccia presente che può ricorrere a vie legali. Non escluderei un sostegno genitoriale per entrambi e nell'interesse dello sviluppo del piccolo.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buonasera, lei ha diritto a riconoscere suo figlio. E suo figlio ha diritto di avere un oadre. Ho trattato come mediatore familiare un caso analogo con successo. Scelga un altro avvocato e proceda. Cordialmente, dr.ssa Daniela Benvenuti
Buongiorno, posso solo immaginare la sua sofferenza e frustrazione di fronte al suo desiderio paterno e l'impossibilità di vedere il proprio figlio. Concordo pienamente con quanto sostenuto dai colleghi (assistente sociale, avvocato e mediatore familiare, ecc.) e credo che debba seguirli. Inoltre, si ricordi che l'alienazione parentale è un danno prima di tutto per i figli che si vedono negato sia un diritto che la possibilità di affetto. Comprendo il suo scoraggiamento e la paura di non riuscire, ma questa paura forse vuol dire che deve proprio scegliere questa "via difficile", anziché essere accondiscendente. In sintesi, se in lei sono attivi il desiderio e la volontà di essere "il padre" di suo figlio tenga conto cosa è nell'anima della parola "padre", essa ha in sé la radice sanscrita "pa" che significa "nutrire, proteggere"; la funzione paterna è quella che protegge e apre al mondo fuori dalla diade madre-figlio; funzione che al momento appare preclusa al minore. Se sente che questa è la sua strada la percorra con tutte le energie e strumenti di cui può disporre. Confido che alla fine andrà tutto bene. Cordialmente. Dott. Samuele Bellagamba
Buongiorno,

Dalla sua descrizione dei fatti appare una profonda sofferenza e molta frustrazione rispetto al suo ruolo di padre a tutt'oggi negato. La genitorialità espressa in modo pieno consente al bambino, futuro adulto, di sviluppare modalità sicure di esplorare il mondo, quindi la sua figura non è solo importante per lei ma soprattutto per suo figlio e probabilmente anche per la mamma che si può trovare in una situazione di fragilità nelle scelte di vita. Quindi le consiglio di rivolgersi ad un consultorio familiare della sua città e/o anche ai servizi sociali che possono capire ed avviare una mediazione con la madre. Se la situazione non migliora con questi tipi di intervento, le consiglio di affidarsi ad un legale esperto in diritto di famiglia e nel contempo ad uno psicologo per affrontare insieme le paure, le ansie, gli eventuali sensi di colpa collegati ad un percorso per il riconoscimento dei suoi diritti come papà. Le consiglio di esercitare pienamente questo ruolo, punto di riferimento importante per un bambino anche da adulto.
Resto a disposizione per qualsiasi approfondimento
Un caro saluto da Dott.ssa Federica Zunino
Gentilissimo utente, è importante considerare il benessere di tutti i membri della famiglia, compreso il bambino, in questa situazione complessa. È comprensibile che tu stia vivendo una serie di traumi emotivi legati alla situazione e alle difficoltà di accedere al figlio e di stabilire un legame con lui.
È fondamentale riconoscere i tuoi sentimenti di demoralizzazione e frustrazione, così come la paura di essere percepito come una minaccia per la madre e il bambino. In questo contesto, potrebbe essere utile cercare supporto da parte di un terapeuta o consulente familiare che possa aiutarti a elaborare le tue emozioni e a trovare strategie per affrontare la situazione in modo costruttivo.
Per quanto riguarda l'eventuale coinvolgimento di assistenti sociali, avvocati o mediatori, potrebbe essere una strada da percorrere per cercare di risolvere la situazione in modo legale e pacifico. Tuttavia, è importante prendere in considerazione gli effetti che tale coinvolgimento potrebbe avere sulla dinamica familiare e sul benessere del bambino.
Infine, riguardo alla possibilità di aspettare che il bambino cresca per cercare di stabilire un rapporto con lui, è importante valutare attentamente le implicazioni di questa scelta per tutti i membri della famiglia. Potrebbe essere utile cercare il supporto di un professionista che possa aiutarti a valutare le opzioni disponibili e a prendere decisioni che siano nel migliore interesse di tutti i membri della famiglia, compreso il bambino. Rimango a tua disposizione per un eventuale colloquio conoscitivo.
Dott. Cordoba
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In questo momento la questione è prevalentemente di stampo legale.
Si scelga un legale che la tuteli appieno e le permetta così di poter accedere ai diritti della paternità.
La questione psicologica con suo figlio potrà a essere affrontata solo dopo questi step.
Sicuramente, se lo ritiene opportuno può iniziare un percorso personale che la aiuti a gestire un periodo così difficile.
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Gentile utente di mio dottore,

si affidi ad un legale che la tuteli appieno e le permetta così di poter accedere ai diritti della paternità. Gli aspetti psicologici potranno poi esser supportati una volta risolte le questioni giuridico-legali.

Cordialmente
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno, capisco la situazione molto difficile che sta vivendo, che è sicuramente un trauma per lei e per suo figlio. In questi casi, le vie da intraprendere sono multiple: innanzitutto, bisogna purtroppo accettare che i tempi legali sono lunghi, ma non demorda e non lasci che le lunghe attese la scoraggino. Come ha affermato, è tutto finalizzato al benessere del piccolo e di se stesso. Inoltre, un mediatore potrebbe sicuramente essere un assistente sociale, che possa comunicare con la madre promuovendo l'autoriflessione e la consapevolezza dell'importanza della presenza paterna; terza considerazione, le consiglio di iniziare un percorso di sostegno psicologico che possa aiutarla a gestire questa intricata rete e il grande sforzo che richiede la situazione. Le risposte emotive e comportamentali e i pensieri automatici negativi (e intrusivi) da cui derivano potrebbero portarla a difficoltà nella gestione dello stress e della situazione in generale, oltre allo sviluppo di un sistema di credenze e schemi di Sè e del mondo non lineari e coerenti. Un terapeuta può farle da guida, accompagnandolo in un percorso di consapevolezza, elaborazione e gestione delle criticità. Ovviamente, un percorso simile dovrebbe seguirlo anche la madre di suo figlio. E' necessario capire, ad esempio, quali siano i fattori scatenanti le sue azioni, i suoi pensieri, se vi sia difficoltà nella gestione della rabbia e la presenza di distorsioni cognitive e disregolazioni emotive in genere.
Se ha bisogno, sono disponibile ad aiutarla.
Ad ogni modo, le faccio un grande in bocca al lupo per tutto.
Dott.ssa Chiara Lo Re
Psicologa Psicoterapeuta
Torino e Asti
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La tua situazione è complessa e coinvolge vari aspetti legali e relazionali. È importante cercare un supporto legale adeguato per affrontare la questione del riconoscimento del bambino. Un avvocato specializzato in diritto di famiglia può aiutarti a comprendere i tuoi diritti e le opzioni disponibili. Allo stesso tempo, potrebbe essere utile consultare uno psicologo per affrontare l'impatto emotivo di questa situazione e sviluppare strategie per preservare il benessere psicologico di tutti i coinvolti.

Rimango a disposizione per ulteriori informazioni o chiarimenti.

Dott.ssa Francesca Gottofredi
Gentile utente, la ringrazio per aver esposto qui una situazione così tanto delicata e che evidentemente le desta non poche preoccupazioni. Rispetto al dubbio che la assale sul coinvolgimento di assistenti sociali, credo che a tutela del bambino sia forse una strada adatta da percorrere. Per quanto riguarda lo stato psicologico suo e del minore, immagino che questa situazione di certo non favorisca un benessere, ma sia un fattore di stress importante per tutti i coinvolti. Se sente di star vivendo un disagio le consiglio ad ogni modo di farsi supportare da un professionista, in modo tale da poter elaborare i propri vissuti e poter trovare uno spazio dove esprimersi in tutto e per tutto rispetto a quelli che sono i suoi bisogni, poichè sugli altri non abbiamo potere e dunque non possiamo decidere per loro il modo di agire, ma lo abbiamo su noi stessi, imparando anche a razionalizzare ciò che ci accade.
Cordialmente, Dott.ssa Carmen Tedeschi
Gentile utente, sono molto dispiaciuta della sua storia. Per quanto riguarda la situazione con la signora penso che stia già facendo il possibile. Ma mi sembra molto solo ad affrontare una situazione complessa e dolorosa. Le consiglio di intraprendere un percorso di aiuto per sè stesso per cercare di capire come gestire questo dolore e questa ansia. Resto a disposizione Dott.ssa Roberta Maccarone
Buonasera gentile utente, la situazione che descrive è difficile complicata e soprattutto dolorosa.
Lei ritiene che la madre abbia proceduto in questo modo perché ritiene il figlio meritevole di tutela?
Se la risposta è no proceda con il servizio sociale che l'aiuterà e con l'avvocato che può fare ricorso al giudice per chiedere il riconoscimento del figlio che sarà stabilito direttamente con sentenza. Non abbia timore e non si spaventi dei tempi, sarebbe opportuno farlo ora e non più avanti nel tempo. Rimanga fermo su queste posizioni affinché vengano tutelati i suoi diritti, soprattutto il diritto a suo figlio di avere un padre.
Buongiorno. Tutte le sue domande hanno cognizione di causa nell’esser poste. Sicuramente le può essere utile approfondire, andare oltre quello che lei ha riportato. Ritengo che un luogo adatto ad aspetti così importanti e delicati sia il consultorio familiare. Può informarsi e rivolgersi a quello a lei più vicino. Il consultorio offre una presa in carico psicologica, sociale, legale. Rimango a disposizione per eventuali chiarimenti. Dr.ssa Versari Debora.
Buongiorno,
legalmente parlando lei ha il diritto di richiedere la paternità rivolgendosi a un giudice (non credo che debbano necessariamente entrare in gioco gli assistenti sociali). Sarà però necessario dimostrare la paternità con un test. Per tutta questa parte però le consiglio di farsi seguire da un avvocato che conosce molto meglio di noi le leggi.
Riguardo al resto della sua domanda, mi rendo conto che è una decisione difficile da prendere. Se lei tiene a conoscere suo figlio e a potergli fare da padre, forse vale la pena combattere per questo. Non è necessario entrare in aperto scontro con la mamma e la nonna, ma se decide di proseguire potrebbe essere utile pensare a una mediazione familiare. E' importante capire che si può essere genitori insieme senza necessariamente essere una coppia, se si mette il benessere del minore al primo posto da entrambe le parti.
Se ha bisogno di supporto o ulteriori chiarimenti resto a disposizione.
Cordiali saluti,

Dott.ssa Marianna Mansueto

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