Salve, sono qua per chiedere un consiglio in merito allo strano rapporto con il cibo che ho sin da p

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Salve, sono qua per chiedere un consiglio in merito allo strano rapporto con il cibo che ho sin da piccola. Evito la maggiorparte dei cibi perché non riesco a tollerare l'odore, la consistenza e l'estetica di quei cibi, mangio solo cibi dei quali mi sento sicura. Quando vengo "obbligata" a mangiarli purtroppo mi viene da rimettere o vado nel panico dall'ansia di farlo e dal disagio/fastidio che mi provoca masticarli...mi dicono che sono soltanto "schizzinosa", che poi mangeró tutto, ma io da sempre non ci riesco e mi sento un po' sbagliata perché non so come migliorare...allo stesso tempo vorrei assumere piú vitamine ma non riesco prioprio ad avere una dieta sana, mi fisso con gli stessi alimenti e voglio mangiare solo quelli. Vorrei qualche consiglio e capire se è normale avere queste fisse...grazie mille in anticipo, cordiali saluti
Ciao, grazie per aver condiviso questa tua difficoltà, che immagino possa farti sentire spesso frustrata e incompresa. Vorrei subito rassicurarti: non sei sbagliata, e quello che stai vivendo è una difficoltà reale, che merita attenzione e rispetto. Molti tendono a banalizzare situazioni come la tua, etichettandole semplicemente come "schizzinosità," ma ciò che descrivi, come il disagio intenso legato a certi odori, consistenze o all'estetica del cibo, va ben oltre e potrebbe essere legato a qualcosa di più complesso. Naturalmente, solo un professionista può valutare con certezza la situazione.

Il fatto che tu voglia migliorare il tuo rapporto con il cibo e nutrirti in modo più vario è già un primo passo molto importante. Vorrei sottolineare che forzarti a mangiare alimenti che ti provocano disagio o ansia non è mai la soluzione. Anzi, questo approccio potrebbe peggiorare il rapporto con il cibo e aumentare il senso di frustrazione. Piuttosto, è fondamentale partire dai cibi che ti fanno sentire sicura e che tolleri meglio, cercando poi di introdurre nuove possibilità con calma e senza pressioni.

Un’idea potrebbe essere quella di esplorare i cibi gradualmente, magari modificando la loro consistenza o il modo in cui vengono preparati. Ad esempio, se una consistenza ti dà fastidio, potresti provare a frullare il cibo o cucinarlo in un modo che lo renda più accettabile per te. Anche l’ambiente in cui mangi è importante: un contesto sereno e senza giudizi può aiutarti ad affrontare queste difficoltà con meno ansia.

È anche importante affrontare il senso di colpa che spesso accompagna situazioni come la tua. È normale sentirsi diversi o frustrati quando gli altri non capiscono le tue difficoltà, ma il fatto che tu stia cercando di affrontare questo aspetto della tua vita dimostra grande forza e consapevolezza. Non devi essere troppo severa con te stessa: il cambiamento è un processo graduale, fatto di piccoli passi avanti che, col tempo, possono portarti a un rapporto più sereno con il cibo.

Potresti anche valutare il supporto di uno specialista, come un nutrizionista esperto in disturbi alimentari o un terapeuta, che possa aiutarti a lavorare su questa difficoltà in modo personalizzato. L’obiettivo non sarà mai quello di costringerti a mangiare “di tutto,” ma di trovare un equilibrio che ti permetta di stare bene e sentirti a tuo agio. Nel frattempo, se senti di avere una dieta poco varia, potresti considerare di integrare vitamine con l’aiuto del tuo medico, così da prenderti cura del tuo corpo mentre lavori su queste sfide.

Infine, ricorda che il fatto stesso di aver scelto di aprirti su questo argomento e di cercare soluzioni è un passo importante. Con il giusto supporto e tanta pazienza verso te stessa, sono certa che potrai migliorare il tuo rapporto con il cibo e vivere questa esperienza con meno ansia e più serenità. Non sei sola, e c’è sempre un modo per affrontare queste difficoltà. Ti auguro il meglio!

Saluti

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Salve,

grazie per aver condiviso una parte così personale della sua esperienza, comprendo quanto possa essere difficile affrontare una situazione che le genera disagio e la fa sentire "sbagliata". Voglio rassicurarla subito su una cosa: il suo rapporto con il cibo, anche se complicato, merita di essere affrontato con comprensione, senza giudizi.

Ciò che descrive – la difficoltà a tollerare certi odori, consistenze e l’ansia legata all'assunzione di cibi che non ritiene "sicuri" – potrebbe andare oltre la semplice "schizzinosità". Esistono infatti condizioni, come il Disturbo da Evitamento/Restrizione dell’Assunzione di Cibo (ARFID), che includono manifestazioni simili a quelle che descrive. Non significa necessariamente che lei soffra di questo disturbo, ma è importante considerare il contesto in modo professionale.

Il mio primo consiglio sarebbe di rivolgersi a un professionista, come uno psicologo o uno psicoterapeuta, specializzato in alimentazione o disturbi alimentari. Una consulenza psicodiagnostica, come ha già accennato, potrebbe essere utile per comprendere meglio la natura del suo rapporto con il cibo, senza etichettarlo come giusto o sbagliato. Potrebbe inoltre aiutarla a esplorare delle strategie per migliorare la sua alimentazione, con un approccio graduale e rispettoso delle sue difficoltà.

Nel frattempo, potrebbe provare alcune piccole strategie:
- **Introdurre nuovi cibi lentamente**, scegliendo magari consistenze o caratteristiche che sente meno scomode.
- **Creare un contesto di calma** intorno ai pasti, senza sentirsi "obbligata" a mangiare qualcosa, poiché l'ansia può peggiorare il disagio.
- Considerare di consultare anche un nutrizionista o un dietista per assicurarsi che il suo apporto nutrizionale, pur selettivo, rimanga il più equilibrato possibile.

Quello che sta vivendo non la rende sbagliata, ma meritevole di supporto. Non è sola, e con il giusto aiuto potrà trovare un equilibrio che la faccia sentire meglio sia con il cibo sia con sé stessa.

Le auguro il meglio e resto a disposizione se volesse approfondire.

Un caro saluto, AB
Buonasera, lei mi descrive una selettività alimentare rispetto ad alcuni cibi, scelti secondo criteri ben specifici. Avrei tanto da chiederle, ad esempio circa l'età e le circostanze in cui ha iniziato a mettere in atto questa selettività. L'argomento è molto vasto e i fattori in gioco, così come le possibili concause varie.. una di queste potrebbe essere di natura "psichica". Potrebbe considerare l'idea di un percorso personale a tal proposito che può aiutarla a districare i tanti dubbi e domande che certamente la affollano in questo momento. Auguri per la sua vita,
Dott.ssa GT.
Gentile utente,
il mangiare, oltre ad essere un'attività essenziale per la sopravvivenza, dovrebbe essere anche un piacere. Il gusto è uno dei sensi che maggiormente attiva gli ormoni del benessere e dietro a ogni pasto si dovrebbe vivere un'esperienza di consapevolezza di tale benessere.
Esiste una disciplina che si chiama Mindful Eating che insegna come trasformare l'esperienza alimentare in un vero momento di piacevolezza.
Il fatto che, probabilmente per la sua giovane età, la obblighino a mangiare certi alimenti che lei reputa disgustosi, non aiuta certamente questo nuovo modo di intendere l'alimentazione. Avverte, allo stesso tempo, l'esigenza del suo corpo di ricevere tutti i nutrienti di cui ha bisogno per essere sana ed efficiente.
Il consiglio che sento di darle è di consultare un esperto di nutrizione, con formazione medica. La vasta conoscenza del mondo alimentare di questi professionisti le consentirà di trovare una dieta personalizzata con cibi che possa gradire e che, al contempo, le garantirebbero di avere un corretto sostentamento.
Se, ad ogni modo, percepisce che il suo rapporto con il cibo le crei anche un disagio di tipo psicologico, la invito a rivolgersi a uno psicologo/a che si occupa di disturbi dell'alimentazione, il/la quale potrà collaborare con il nutrizionista per consentirle di vivere nel miglior modo possibile un cambiamento delle abitudini alimentari, finora deludenti e insoddisfacenti per lei.
Le auguro di superare questa fase al più presto. Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Buonasera, il suo rapporto con il cibo sembra andare oltre il semplice essere "schizzinosa". La sua difficoltà con odori, consistenze ed estetica dei cibi, accompagnata da ansia, nausea o panico, potrebbe essere collegata a una condizione nota come Disturbo evitante/restrittivo dell'assunzione di cibo. Questo disturbo, spesso sottovalutato, si caratterizza proprio per l'evitamento di determinati cibi non per preoccupazioni legate al peso, ma per la difficoltà a tollerarne alcune caratteristiche sensoriali.
Un percorso con uno psicoterapeuta, preferibilmente esperto in disturbi alimentari o terapia cognitivo-comportamentale (CBT), può aiutarla a esplorare le cause profonde del problema e lavorare sulla graduale esposizione a nuovi cibi in modo sicuro e senza ansia.Anche consultare un nutrizionista specializzato in disturbi alimentari può aiutarla a trovare strategie per bilanciare la sua alimentazione utilizzando cibi che sente sicuri e introducendo lentamente nuove opzioni.
Le difficoltà che descrive non sono una colpa o una mancanza da parte sua. Esistono percorsi mirati per affrontare questa situazione e migliorare la qualità della sua alimentazione senza ansia o disagio. Se desidera, sarò felice di approfondire insieme un percorso di supporto.

Un caro saluto
Buonasera, grazie per aver condiviso questa difficoltà che vive da tanto tempo. Capisco quanto possa essere frustrante sentirsi giudicati o incompresi per qualcosa che, per lei, è così radicato e complesso. Ciò che descrive non è una colpa né la rende “sbagliata”. È il riflesso di un rapporto con il cibo che merita di essere ascoltato e compreso, senza giudizio. la invito a considerare alcune domande per riflettere su questa difficoltà: Quando ha iniziato a sentire queste reazioni verso alcuni cibi? C’è stato un momento specifico o un periodo della sua vita in cui sono diventate più evidenti? Che cosa prova emotivamente quando si trova di fronte a cibi che eviti? Queste sensazioni le ricordano altre esperienze o situazioni? In quali momenti, invece, si sente più rilassata e sicura rispetto al cibo?
Un primo passo potrebbe essere quello di intraprendere un percorso con uno psicoterapeuta, che possa accompagnarla nell’esplorazione di queste difficoltà e aiutarla a costruire una maggiore flessibilità nel suo rapporto con il cibo. Una collaborazione con un nutrizionista potrebbe essere un ulteriore supporto per lavorare sulla varietà alimentare. Un caro saluto, Dott.ssa Crestini
Gentilissima, sarebbe utile che tu contattassi uno Psicologo esperto di Disturbi della Nutrizione e alimentazione in quanto non ravvedo "schizzinosità", ma piuttosto si profila un possibile disturbo Disturbo da alimentazione selettiva/evitante; se così fosse ti consiglio, nel mentre, di evitare forzature rispetto all'introduzione del cibo non gradito perchè alimenterebbe solo la tua ansia e di introdurre un cibo nuovo alla volta, procedendo a piccoli passi. Ogni piccolo passo diventa una grande conquista. inoltre senti un nutrizionista; potrebbe consigliarti integratori alimentari per compensare eventuali carenze di vitamine o minerali, mentre lavori sul tuo rapporto con il cibo.
Se hai bisogno puoi contattarmi
Salve, bisognerebbe capire quando è perché è nato questo suo rapporto difficile con il cibo. Già dall’allattamento e dallo svezzamento si pongono le basi per un buon rapporto con il cibo, al cibo come un prendersi cura dei bisogni. Può capitare, per esempio, che si passi da un allattamento esclusivo all’introduzione di latte artificiale o che il passaggio tra allattamento e svezzamento non sia sempre gradito dal bambino. Parla delle sue difficoltà a masticare, chissà da bambina come ha vissuto il passaggio da una fase all’altra, dall’alimentazione liquida a quella solida, da un’alimentazione “sicura” che viene dalla madre ad una esterna al corpo materno all’esterno visto come “pericoloso” perché ignoto. Si starà chiedendo come mai sono andata così indietro nel tempo ma sembra ci sia un nodo il quella fase in cui il cibo è veicolo dell’amore e in cui nasce l’amore per il cibo. Sarebbe importante anche indagare come vive il suo rapporto con il suo corpo, come si prende cura di sé e come vive i piaceri della vita, se anche in altri ambiti ha delle difficoltà a “nutrirsi”, al cibo come “piacere” piuttosto che all’introduzione di esso semplicemente perché ci si deve alimentare. Potrebbe aver avuto, direttamente o indirettamente, in passato, qualche evento traumatico con il cibo che non ricorda e che riemerge ogni volta che prova una simile sensazione. Spero di averle qualche spunto di riflessione. E' importante che abbia avuto la spinta a scrivere e a cercare aiuto, si sta prendendo cura di sè, continui a farlo. Dr.ssa Alessandra Foddis
Gentilissima visto il rapporto poco amichevole col cibo ,mi viene da chiederle il suo peso e le mestruazioni. In piu' come descrive il suo atteggiamento verso gli alimenti ed ancora le sue reazioni di panico e vomito ,mi fa pensare che lei abbia un conclamato disturbo alimentare .Ovviamente non si possono fare diagnosi in questo modo ,quindi le suggerisco di contattare uno psicoterapeuta esperto in disturbi alimentari e sicuramente lui sapra' definire e affrontare la sua situazione. Resto a disposizione e la saluto cordialmente
Dott.ssa Adriana Gaspari
Gentile Utente, la sua richiesta è rilevante e necessita di una valutazione accurata. In base a quanto ha condiviso, la situazione potrebbe essere connessa a vari aspetti emotivi, psicologici e fisici, che sarebbe utile indagare più a fondo. La difficoltà a introdurre nuovi cibi e l'ansia che si prova quando si è costretti a mangiarli, insieme alla tendenza a limitarsi a una dieta molto ristretta, potrebbero essere segnali di un disagio più profondo, che riguarda il rapporto con il cibo e il controllo. Il comportamento che manifesta, ovvero l'evitamento di determinati alimenti a causa di sensazioni di disgusto per odori, consistenze o aspetto, merita di essere indagato con il supporto di un professionista.
Le suggerirei di considerare la possibilità di rivolgersi a un nutrizionista o a uno psicoterapeuta specializzato in disturbi alimentari, che possa aiutarla a comprendere meglio le cause alla base di queste difficoltà e le emozioni connesse. Sono sicuro che, con il supporto giusto, potrà affrontare questa situazione e migliorare la sua relazione con l'alimentazione. Le auguro di trovare il percorso di aiuto più adeguato per il suo benessere. Cordiali saluti, Dott.ssa Arianna Moroni
Buona sera cara utente, al netto della problematicità della parola "normale", non direi che quanto riferisce sia normale. Esistono delle tecniche apparentemente semplici, ma in realtà complesse che aiutano a uscire da questo labirinto mentale in cui piano piano si è infilata e dalla quale vorrebbe uscire, ma di certo la critica fine a se stesso e il cercare di forzare, per quanto possano sembrare la risposta più immediata, non fanno che peggiorare la situazione. In tutto questo manca di sapere quanti anni ha, quanto pesa, quali cibi mangia, con che frequenza, quantità, se pratica sport, se studia, se ha relazioni, amici... il rapporto coi genitori e i fratelli, tutto è collegato. Mi piacerebbe che me ne parlasse, se mi scriverà la leggerò e le risponderò con piacere.
Buonasera,
grazie per la sua condivisione. Il rapporto con il cibo che descrive strano fin dall'infanzia potrebbe rientrare in un quadro di selettività alimentare. Valuterei di intraprendere un percorso terapeutico laddove questa sua difficoltà con il cibo le stia arrecando problemi nella vita personale/sociale/lavorativa, influenzando dunque negativamente la sua qualità di vita. Qualora si trattasse a tutti gli effetti di alimentazione selettiva, anche nota come disturbo selettivo dell’alimentazione, si tratterebbe di un disturbo alimentare che si manifesta con una limitata varietà e quantità di alimenti assunti. La persona che ne soffre rifiuta di mangiare molti cibi per via del loro colore, odore, consistenza, sapore o temperatura. Generalmente, questo comportamento non è motivato da una preoccupazione per il peso o l’aspetto fisico, ma da una paura o un disgusto verso il cibo, o da una mancanza di interesse o appetito. L’alimentazione selettiva può comparire in qualsiasi momento della vita, ma è più frequente nei bambini e negli adolescenti.

L’alimentazione selettiva negli adulti che si manifesta con una dieta molto limitata e monotona può causare problemi di salute, psicologici e sociali.
Ritengo che possa essere utile intervenire su più livelli.
Come primo passo le suggerisco di consultare un medico o un nutrizionista per valutare lo stato di salute e nutrizionale, e per stabilire un piano alimentare adeguato alle sue esigenze e ai suoi gusti;
Il secondo passo, non meno importante, è rivolgersi a uno psicologo o a un terapeuta specializzato in disturbi alimentari, che possa aiutarla a comprendere le cause dietro questa selettività.
Cordiali saluti
Gent. scrivente, il problema che descrive segnala un rapporto decisamente problematico con il cibo che non essendo recente , ma mi pare di capire risalente alla sua infanzia, è un probabile indicatore di conflittualità e difficoltà relazionali, con le sue figure di riferimento , che si occupavano della sua alimentazione.
Il problema appare decisamente cronicizzato , tuttavia non si può escludere la possibilità di risoluzione. In base ai pochi dati che ho a disposizione posso suggerire innanzitutto una approfondimento psico diagnostico e in un secondo momento una psicoterapia ad orientamento psico dinamico che prevedere un riesame approfondito delle sue relazione primarie nella prima infanzia.
Cordialmente. Dr. Bruno Ramondetti
Gentilissima,
se il suo rapporto con il cibo le sta causando ansia, disagio o difficoltà in altre aree della sua vita, potrebbe essere il momento di considerare un percorso di psicoterapia, in unione ad un percorso nutrizionale. Non esiste una definizione universale di 'normalità', ma ciò che è importante è capire quanto una situazione stia influenzando il suo benessere psicologico. Se sente che questo le sta creando sofferenza, lavorarci sopra potrebbe essere un passo utile.
Un saluto
Salve, prima di tutto, voglio ringraziarla per aver condiviso questa esperienza così personale e delicata. Non è semplice parlare di queste difficoltà, e il fatto che lei lo abbia fatto dimostra una grande consapevolezza e un desiderio di miglioramento, che sono già passi importanti. Quello che descrive sembra qualcosa di più complesso e profondo del semplice "essere schizzinosa". Dietro la difficoltà che prova nei confronti di certi cibi potrebbero esserci meccanismi legati alla sensibilità sensoriale, alle emozioni associate al cibo o ad aspetti legati al controllo e alla sicurezza. Tutto questo è importante e merita attenzione e rispetto. Non è affatto "sbagliata", né sola in questo tipo di esperienza: ci sono molte persone che vivono relazioni simili con il cibo, e questo non diminuisce il valore della loro persona. Le difficoltà che descrive, come l’ansia, il disagio e le reazioni fisiche quando si trova costretta a mangiare cibi che non le sono familiari o piacevoli, possono essere legate a un pattern comportamentale appreso o a un iper-focalizzazione su stimoli sensoriali che il suo cervello percepisce come eccessivi o spiacevoli. Queste reazioni non sono semplicemente frutto di volontà o capriccio; il suo corpo e la sua mente stanno rispondendo a qualcosa che percepiscono come una minaccia, anche se razionalmente potrebbe sapere che non lo è. Il fatto che lei desideri migliorare e rendere la sua alimentazione più varia e salutare è un obiettivo positivo. Tuttavia, è importante non forzarsi, perché questo potrebbe amplificare il disagio. Il percorso verso un rapporto più sereno con il cibo è un processo graduale e richiede pazienza. In terapia, spesso si lavora con tecniche che aiutano a esplorare e modificare gradualmente i pensieri e le emozioni legati ai cibi problematici, introducendo piccoli cambiamenti a un ritmo che lei possa tollerare. L’obiettivo non è mai "mangiare tutto", ma sentirsi più libera e sicura. Mi sento di suggerirle di considerare un percorso con uno psicologo specializzato in difficoltà alimentari o ipersensibilità sensoriale, possibilmente con un approccio cognitivo-comportamentale. Insieme, potreste identificare meglio i fattori scatenanti e sviluppare strategie concrete per affrontare la sua ansia e ampliare, in modo rispettoso dei suoi tempi, la varietà della sua dieta. Inoltre, il supporto di un nutrizionista con esperienza in questi ambiti potrebbe aiutarla a integrare vitamine e nutrienti in un modo che rispetti le sue preferenze e le sue necessità. Lei merita comprensione, non giudizi, e un aiuto che tenga conto della sua unicità. Se ha altre domande o dubbi, non esiti a esprimerli. Un caro saluto. Dott. Andrea Boggero
Gentile utente, grazie per aver condiviso questa esperienza, che immagino possa essere fonte di disagio. Da ciò che descrive, il suo rapporto con il cibo sembra andare oltre il semplice "essere schizzinosa". La difficoltà che prova nel tollerare odori, consistenze e l'estetica di certi alimenti, insieme al panico e al disagio che si manifestano in situazioni di obbligo, suggeriscono che potrebbe trattarsi di una condizione più complessa, come l'evitazione selettiva del cibo o un disturbo del comportamento alimentare.
Questa sensibilità alimentare non è rara e non significa assolutamente che lei sia "sbagliata". È importante sapere che ci sono strategie e percorsi terapeutici per affrontarla, sempre rispettando i suoi tempi e il suo benessere.
Un primo passo potrebbe essere rivolgersi a un professionista, come uno psicologo esperto in disturbi alimentari o un nutrizionista con esperienza in queste dinamiche, che possa aiutarla a esplorare le cause del suo rapporto con il cibo e a lavorare gradualmente su questa rigidità. Non si tratta solo di "mangiare più vitamine", ma di creare un rapporto più sereno e vario con gli alimenti, senza forzature o sensi di colpa.
Nel frattempo, potrebbe esserle utile annotare quali cibi le risultano più tollerabili e provare, magari con il supporto di un professionista, ad ampliare il ventaglio di alimenti in modo graduale, introducendo piccole variazioni che non la mettano a disagio.
È importante che si dia tempo e non si giudichi per questa difficoltà: ciò che sta vivendo è reale e merita attenzione e supporto. Non esiti a chiedere aiuto a chi può accompagnarla in questo percorso.
Le auguro il meglio
Gentile utente, per la su selettività alimentare andrebbe fatta un'adeguata valutazione per comprendere l'origine di tale selettività. Esistono protocolli CBT (cognitivi comportamentali) specifici per la selettività alimentare. Ciò che potrebbe fare e chiedere una valutazione psicodiagnostica e medica per indentificare il miglior trattamento possibile. Cordialmente Dott.ssa Alessia D'Angelo
Gentile Utente, la ringrazio per la richiesta.
La relazione con il cibo è una vera e propria relazione affettiva, ecco infatti che lei scrive 'ho uno strano rapporto con il cibo sin da piccola'.
Da piccola quindi lei ha instaurato questo 'strano' tipo di rapporto col cibo che, a quanto racconta, è fatto per la maggior parte di evitamenti, evita il cibo che non riesce a tollerare e che la porterebbe perfino a rimettere; mangia solo il cibo di cui è sicura...
Perchè non riesce a tollerare alcuni cibi? e quali? hanno qualcosa in comune? cosa non tollera di quei cibi? Quando ricorda di aver provato queste sensazioni sgradevoli per la prima volta? Che esperienza ha del rimettere?
Sicuramente un percorso psicologico potrebbe fare luce sulle dinamiche inconsce e relazionali che riporta sul cibo, e sarebbe possibile per lei avere una maggiore consapevolezza su questo argomento, e sulle sue dinamiche relazionali in senso lato.
Sicuramente saprà che è importante nutrirsi in maniera completa e sana: le consiglio di approfondire il tema in modo da poter trovare dei compromessi e delle nuove soluzioni per poter adottare delle abitudini sane e sostenibili nel tempo.
Dietro il cibo si nasconde molto altro..
Mi rendo disponibile in questo percorso.
Cordiali saluti Helena Afflitto
Buongiorno, mi rendo conto della situazione stressante che vive nel suo rapporto con il cibo e dei risvolti nei rapporti sociali che questo comporta. Bisognerebbe capire il perché della sua ansia quando viene obbligata ad ingerirli, della sua' fissazione' per alimentarsi esclusivamente con certi alimenti'. Penserei ad un problema di selettività del cibo. Non deve sentirsi assolutamente sbagliata, ha bisogno di comprendere il perché di certi suoi comportamenti. le consiglierei di fare un percorso psicologico per vivere il rapporto con il cibo in maniera più serena. Resto a disposizione per qualsiasi dubbio.
Ciao, in alcuni casi di neurodivergenza sono presenti selettività alimentare che si manifesta come la descrivi e potrebbe essere un aspetto da approfondire.
Fatto sempre che ognuno ha diritto alle proprie preferenze sul cibo, sicuramente insistere fino a farsi venire la nausea non aiuta nella direzione di una maggior apertura. Si può pensare a un percorso di abituazione in modo simile a come si fa nei percorsi di selettività alimentare.
Nell'immediato potrebbe aver senso sentire un nutrizionista per farti costruire una dieta apposta o farti consigliare degli integratori se ci sono carenze nutrizionali.
Buongiorno, più che normale sembra aver sviluppato una ossessione rispetto a certi cibi. Anche se sembra partire da una questione di gusto (l'odore) poi diventa secondaria rispetto ad altri parametri quali la consistenza o addirittura l'estetica. Certo, l'occhio vuole la sua parte ma se questo atteggiamento diventa eccessivo (ossessivo appunto) utilizza categorie per giudicare il cibo che non dovrebbero essere così fortemente associate ad esso. Questa cosa più che con consigli andrebbe affrontata in upercorso di psicoterapia.
Buongiorno e grazie per la sua condivisione.
Quello che descrive sembra andare oltre il semplice “essere schizzinosi” e potrebbe avere a che fare con una sensibilità profonda verso gli alimenti, legata a fattori emotivi, sensoriali o comportamentali. Alcune persone vivono esperienze simili per motivi legati all'ipersensibilità verso odori, consistenze e sapori, che possono risultare molto disturbanti al punto da innescare reazioni fisiche o emotive intense come nausea, panico o il desiderio di evitare certi cibi del tutto.
Le suggerisco di rivolgersi a un professionista della salute, perché solo uno specialista può fare una valutazione adeguata. Il fatto che senta disagio e si percepisca “sbagliata” è indicativo di quanto questa situazione stia influenzando il suo benessere.
Un primo passo potrebbe essere rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta specializzato in disturbi alimentari, che potrà aiutarla ad esplorare l'origine di queste difficoltà e a lavorare su strategie per ridurre l'ansia legata al cibo. Allo stesso tempo, potrebbe essere utile consultare un nutrizionista esperto in approcci non giudicanti, per trovare modi graduali e personalizzati per integrare alimenti nuovi nella sua dieta senza sentirsi sopraffatta.
Il percorso per migliorare può richiedere del tempo e piccoli passi, ad esempio iniziando a tollerare la presenza di alimenti nuovi senza doverli necessariamente mangiare, per poi introdurli con modalità e quantità che le diano un senso di controllo. Non è una strada che deve percorrere da sola: con il giusto supporto, potrà trovare un equilibrio che le permette di prendersi cura della sua salute senza forzature.
Si dia il permesso di cercare aiuto e di riconoscere che ciò che sta vivendo non è “sbagliato”, ma semplicemente un aspetto di sé su cui è possibile lavorare con il giusto sostegno.
Buongiorno gentile Utente, il modo in cui descrive il suo rapporto con il cibo suggerisce una situazione che merita attenzione, ma che è anche più comune di quanto si possa pensare. Quello che racconta non sembra essere semplicemente "schizzinosità", come magari le hanno detto in passato, ma potrebbe invece riflettere un aspetto più profondo legato al suo rapporto con sensazioni, consistenze e odori, elementi che per molte persone possono essere difficili da tollerare. Sentirsi "un po' sbagliata" è comprensibile, dato che la pressione sociale intorno al cibo e al mangiare "di tutto" può essere forte, ma voglio rassicurarla che questa esperienza non la rende sbagliata.
Ciò che descrive potrebbe rientrare in una condizione nota come disturbo evitante/restrittivo dell'assunzione di cibo (ARFID), che è caratterizzata proprio dall'evitamento di certi cibi per motivi legati alla loro sensorialità o al disagio associato all'idea di consumarli. Tuttavia, non è necessario definirlo subito come tale, e potrebbe trattarsi anche di una preferenza alimentare molto accentuata. L'importante è comprendere il suo vissuto per aiutarla a trovare un equilibrio che la faccia sentire meglio con se stessa e il cibo.
Un primo passo potrebbe essere quello di lavorare gradualmente sulla familiarità con i cibi che le risultano difficili. Questo non significa forzarsi, ma piuttosto avvicinarsi a piccoli passi: per esempio, iniziare con l’esposizione agli odori o osservare da vicino i cibi che le creano disagio, senza consumarli subito. In questo processo potrebbe essere molto utile il supporto di un nutrizionista specializzato in selettività alimentare o di un terapeuta, magari un esperto in terapia cognitivo-comportamentale, che la possa guidare nel ridurre il disagio legato al cibo in modo sicuro e rispettoso dei suoi tempi.
È altrettanto importante ascoltare e rispettare il suo corpo. Il desiderio di migliorare la qualità della sua dieta è un obiettivo valido, ma non deve trasformarsi in ulteriore pressione. Se inizia a sentirsi più a suo agio con nuovi cibi in un contesto che la faccia sentire protetta, sarà più semplice ampliare la varietà della sua alimentazione. Intanto, può continuare a concentrarsi sugli alimenti che già tollera e, se necessario, integrare vitamine o nutrienti mancanti sotto la guida di uno specialista.
Non si senta in colpa per avere delle "fisse": ognuno di noi ha un rapporto unico con il cibo, influenzato da esperienze, sensibilità personali e contesto. Affrontare questa situazione non significa dover cambiare tutto improvvisamente, ma iniziare a fare pace con il cibo e con le sue sensazioni passo dopo passo. Se sente che questo percorso può essere difficile da affrontare da sola, un professionista qualificato potrebbe aiutarla a comprendere meglio queste dinamiche e a trovare strategie adatte a lei.
Le auguro di trovare serenità nel suo rapporto con il cibo e con se stessa.
Dott. Luca Vocino
Salve. Innanzitutto mi spiace per la situazione che sta vivendo; dev'essere difficile convivere con il dubbio di avere qualcosa che non va e sentirsi etichettare come schizzinosi. Il mio consiglio è di rivolgersi ad un professionista che possa cercare insieme a lei di comprendere la natura di questi evitamenti. Esistono dei quadri all'interno dei quali le fissità alimentari sono molto comuni e si accompagnano ad altri sintomi che uno psicologo clinico o uno psicoterapeuta potrebbero aiutarla a comprendere.

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