Salve, mia figlia di 24 anni va dalla psicologa da quasi 6 anni e purtroppo l’impressione mia e di m
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Salve, mia figlia di 24 anni va dalla psicologa da quasi 6 anni e purtroppo l’impressione mia e di mia moglie è che le cose tendano a peggIorare.
Abbiamo provato a contattarla in diverse occasioni per manifestare le nostre preoccupazioni e perplessità ma, probabilmente in modo deontologicamente corretto, siamo stati “murati” e ci è stato semplicemente consigliato di ricorrere a nostra volta all’aiuto di una psicologa, cosa che infatti facciamo da quasi tre anni.
Abbiamo fatto diversi progressi, nel capire che tipo di problematiche deve affrontare nostra figlia e nell’adottare un atteggiamento di ascolto e disponibilità nei suoi confronti ma nonostante tutto questo le sue difficoltà e le crisi che le impediscono di vivere una vita degna di essere vissuta, nonostante le sue indubbie doti, vanno progressivamente ad aumentare di frequenza e intensità al punto che da più di un anno è passata a due sedute alla settimana.
Ci sentiamo impotenti e vicini al limite di rottura ma il rapporto di “dipendenza” di nostra figlia da una terapia che non riesce a “sbloccarla” impedisce anche di proporle altri approcci, anche in aggiunta a quello che non la sta facendo progredire e che sta rendendo la nostra famiglia profondamente infelice e “a rischio”
Cosa possiamo fare dí realmente utile?
Abbiamo provato a contattarla in diverse occasioni per manifestare le nostre preoccupazioni e perplessità ma, probabilmente in modo deontologicamente corretto, siamo stati “murati” e ci è stato semplicemente consigliato di ricorrere a nostra volta all’aiuto di una psicologa, cosa che infatti facciamo da quasi tre anni.
Abbiamo fatto diversi progressi, nel capire che tipo di problematiche deve affrontare nostra figlia e nell’adottare un atteggiamento di ascolto e disponibilità nei suoi confronti ma nonostante tutto questo le sue difficoltà e le crisi che le impediscono di vivere una vita degna di essere vissuta, nonostante le sue indubbie doti, vanno progressivamente ad aumentare di frequenza e intensità al punto che da più di un anno è passata a due sedute alla settimana.
Ci sentiamo impotenti e vicini al limite di rottura ma il rapporto di “dipendenza” di nostra figlia da una terapia che non riesce a “sbloccarla” impedisce anche di proporle altri approcci, anche in aggiunta a quello che non la sta facendo progredire e che sta rendendo la nostra famiglia profondamente infelice e “a rischio”
Cosa possiamo fare dí realmente utile?
Gentili Amici,
una situazione davvero difficile per voi. Purtroppo le prospettive sono poche, se non quella di parlare con calma e pazienza a vostra figlia esprimendole le vostre preoccupazioni. Non è facile un passo del genere, richiede molto coraggio! e la cosa migliore è tentare la strada di una terapia familiare, per riaprire il canale tra voi e vostra figlia.
con i migliori auguri,
dr. Ventura
una situazione davvero difficile per voi. Purtroppo le prospettive sono poche, se non quella di parlare con calma e pazienza a vostra figlia esprimendole le vostre preoccupazioni. Non è facile un passo del genere, richiede molto coraggio! e la cosa migliore è tentare la strada di una terapia familiare, per riaprire il canale tra voi e vostra figlia.
con i migliori auguri,
dr. Ventura
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Capisco quanto possa essere difficile affrontare una situazione del genere, soprattutto quando si ha la percezione che nonostante l'impegno, le cose non migliorino. È importante riconoscere che il percorso psicoterapeutico non porta sempre a risultati immediati e talvolta può attraversare fasi di apparente stallo o peggioramento, che fanno parte del processo di elaborazione. Tuttavia, è altrettanto fondamentale che la terapia sia in grado di fornire un certo grado di sollievo o cambiamento nel tempo.
Il fatto che voi abbiate intrapreso un percorso psicologico personale è un segno di grande sensibilità e apertura, il che rappresenta un elemento chiave nel supportare vostra figlia. Spesso, le dinamiche familiari giocano un ruolo significativo nel percorso di crescita personale, e il vostro impegno dimostra quanto vi stiate prendendo cura del contesto in cui lei vive.
Detto ciò, se dopo sei anni di terapia, intensificata a due sedute settimanali, non si notano progressi o si avverte un peggioramento, potrebbe essere utile valutare con cautela e delicatezza l'opportunità di esplorare approcci diversi o integrativi. Alcuni percorsi terapeutici, come la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) per il trattamento di traumi o terapie basate sulla Mindfulness, possono affiancarsi alla terapia principale per sbloccare alcune resistenze profonde.
Inoltre, può essere utile suggerire a vostra figlia, con tatto e rispetto per il suo percorso, l'idea di confrontarsi con un altro specialista per ottenere un secondo parere. A volte, un cambio di prospettiva può dare nuova energia e indirizzare verso nuove strade terapeutiche.
Resta fondamentale che questo passaggio sia vissuto non come una critica alla terapia in corso, ma come una possibilità di ampliare il raggio d'azione, per offrirle maggiori strumenti e alternative.
Vi invito a considerare l'idea di consultare uno specialista che possa aiutarvi ad approfondire la situazione specifica di vostra figlia, per individuare le strategie più adatte a promuovere il suo benessere psicologico.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Il fatto che voi abbiate intrapreso un percorso psicologico personale è un segno di grande sensibilità e apertura, il che rappresenta un elemento chiave nel supportare vostra figlia. Spesso, le dinamiche familiari giocano un ruolo significativo nel percorso di crescita personale, e il vostro impegno dimostra quanto vi stiate prendendo cura del contesto in cui lei vive.
Detto ciò, se dopo sei anni di terapia, intensificata a due sedute settimanali, non si notano progressi o si avverte un peggioramento, potrebbe essere utile valutare con cautela e delicatezza l'opportunità di esplorare approcci diversi o integrativi. Alcuni percorsi terapeutici, come la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) per il trattamento di traumi o terapie basate sulla Mindfulness, possono affiancarsi alla terapia principale per sbloccare alcune resistenze profonde.
Inoltre, può essere utile suggerire a vostra figlia, con tatto e rispetto per il suo percorso, l'idea di confrontarsi con un altro specialista per ottenere un secondo parere. A volte, un cambio di prospettiva può dare nuova energia e indirizzare verso nuove strade terapeutiche.
Resta fondamentale che questo passaggio sia vissuto non come una critica alla terapia in corso, ma come una possibilità di ampliare il raggio d'azione, per offrirle maggiori strumenti e alternative.
Vi invito a considerare l'idea di consultare uno specialista che possa aiutarvi ad approfondire la situazione specifica di vostra figlia, per individuare le strategie più adatte a promuovere il suo benessere psicologico.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Salve. Come ha scritto, la psicologa si sta muovendo in modo deontologicamente corretto: dal momento che sua figlia è maggiorenne, la collega è tenuta a non avere contatti né rivelare nulla della propria paziente, a meno che non sia la paziente (sua figlia) a farne richiesta.
Vostra figlia è a conoscenza del desiderio suo e di sua moglie di avere un confronto con la psicologa? Cosa ne pensa? Sua figlia ha mai proposto un incontro alla sua psicologa? Se sì o no, perché?
Un piccolo accorgimento per quanto riguarda la questione della relazione, che descrive come di dipendenza ma sostanzialmente infruttuosa. È possibile che sua figlia ne abbia tutt’altra visione ed è probabile che questo tipo di considerazioni (la “dipendenza”, lo “sbloccare” la quotidianità di sua figlia) possano farla sentire giudicata o punta nel vivo, così da allontanare ancora di più la possibilità di un confronto.
Tra le – purtroppo – poche cose potete fare in questa situazione come genitori, una delle più utili è quella di comunicare al meglio con vostra figlia. E in questo il percorso che lei e sua moglie avete a vostra volta intrapreso è fondamentale.
Cordialmente,
dott.ssa Onorato
Vostra figlia è a conoscenza del desiderio suo e di sua moglie di avere un confronto con la psicologa? Cosa ne pensa? Sua figlia ha mai proposto un incontro alla sua psicologa? Se sì o no, perché?
Un piccolo accorgimento per quanto riguarda la questione della relazione, che descrive come di dipendenza ma sostanzialmente infruttuosa. È possibile che sua figlia ne abbia tutt’altra visione ed è probabile che questo tipo di considerazioni (la “dipendenza”, lo “sbloccare” la quotidianità di sua figlia) possano farla sentire giudicata o punta nel vivo, così da allontanare ancora di più la possibilità di un confronto.
Tra le – purtroppo – poche cose potete fare in questa situazione come genitori, una delle più utili è quella di comunicare al meglio con vostra figlia. E in questo il percorso che lei e sua moglie avete a vostra volta intrapreso è fondamentale.
Cordialmente,
dott.ssa Onorato
La psicoterapia ha obiettivi, metodi ed approcci che variano a seconda della diagnosi del paziente. Una ragazza che inizia il percorso terapeutico in adolescenza e prosegue nella fase più adulta, ha evidentemente bisogno di essere sostenuta in maniera particolare nella fase di svincolo e di definizione di sè.
Un intervento importante e significativo in questa fase della vita, è una grande opportunità di crescita e di sviluppo che compensi quello che non è andato nei migliori dei modi nelle fasi precedenti.
Maria Grazia Antinori, Roma
Un intervento importante e significativo in questa fase della vita, è una grande opportunità di crescita e di sviluppo che compensi quello che non è andato nei migliori dei modi nelle fasi precedenti.
Maria Grazia Antinori, Roma
Salve,
La vostra frustrazione è comprensibile e il vostro impegno nel cercare di supportare vostra figlia è ammirevole. Tuttavia, è importante considerare che i percorsi terapeutici non sempre seguono una linea retta di miglioramento e che crisi più intense possono far parte di un processo trasformativo.
Il “muro” che percepite dalla terapeuta di vostra figlia è legato alla riservatezza, un principio fondamentale per garantire uno spazio sicuro alla paziente. Questo, però, non esclude la possibilità di un dialogo indiretto: potreste chiedere a vostra figlia se è disposta ad autorizzare un confronto con la sua terapeuta.
Continuate il vostro percorso personale, ma valutate anche la possibilità di coinvolgere un terapeuta familiare con un approccio interazionista, che possa lavorare sulla dinamica complessiva e non solo sui singoli membri.
Marco Di Campli, psicologo psicoterapeuta
La vostra frustrazione è comprensibile e il vostro impegno nel cercare di supportare vostra figlia è ammirevole. Tuttavia, è importante considerare che i percorsi terapeutici non sempre seguono una linea retta di miglioramento e che crisi più intense possono far parte di un processo trasformativo.
Il “muro” che percepite dalla terapeuta di vostra figlia è legato alla riservatezza, un principio fondamentale per garantire uno spazio sicuro alla paziente. Questo, però, non esclude la possibilità di un dialogo indiretto: potreste chiedere a vostra figlia se è disposta ad autorizzare un confronto con la sua terapeuta.
Continuate il vostro percorso personale, ma valutate anche la possibilità di coinvolgere un terapeuta familiare con un approccio interazionista, che possa lavorare sulla dinamica complessiva e non solo sui singoli membri.
Marco Di Campli, psicologo psicoterapeuta
Gentile genitore, la professionista che ha in carico sua figlia sembra in effetti essersi mossa correttamente. Data la sua età, deve essere la seconda a scegliere se coinvolgervi. E' difficile valutare l'efficacia di un percorso di questo tipo, soprattutto da una persona che non lo sta affrontando direttamente. Tuttavia, in alcuni tipo di lavoro psicoterapeutico più profondi e ristrutturanti, i cui tempi sono lunghi, "entrare in crisi" e aumentare le sedute settimanali sono segnali di un progresso nel lavoro, non di una sua inefficacia. La dipendenza dal terapeuta non è qualcosa di negativo, anzi è un fattore terapeutico importante: noi dipendiamo dagli altri durante il nostro sviluppo (e si potrebbe dire per tutta la vita). Esistono infatti dipendenze positive, che fanno crescere, e dipendenze negative, che fanno ammalare. Credo che la persona che debba decidere se questo percorso sia utile o meno per se stessa, sia proprio e soltanto vostra figlia, anche se capisco che da genitore possa essere a volte frustrante sentirsi esclusi da questo processo. Avete fatto bene ad aderire ad un percorso che vi sostenga in questo, e vi consiglierei prima di tutto di portare questi dubbi al vostro professionista. Qui forse si tratta anche di lavorare anche sulle proprie aspettative come genitori nei confronti di un figlio adulto (quale sarebbe ad esempio una vita "degna di essere vissuta?") e, azzardo, iniziare anche un faticoso ma arricchente percorso di separazione, in cui entrambe le parti (genitori e figlia), possano prendere la propria strada ma, soprattutto strade nuove che vadano oltre alle abituali configurazioni.
Buongiorno! Nel rispetto della relazione terapeutiche esistente, mi limiterò ad offrirle un piccolo contributo di pensiero. Posso solo provare ad immaginare quanto sia difficile “stare a guardare” il dolore della propria figlia, l’angoscia che ne deriva, il senso d'impotenza che l’attanaglia. Ma non siete soli e avete uno spazio dove portare i pensieri più disturbanti, le paure più profonde, ma anche le speranze, i progetti, i desideri. Mi sono chiesto se non sia accaduto qualcosa (in famiglia o/e in terapia) che l’abbia sollecitata al punto di dover buttare giù i “muri” dello spazio terapeutico, della seduta, per far venire tutto “fuori”. Come se, ad un certo punto, si fosse sentito in trappola, “murato” (confinato). I confini, a volte, sono difficili da rispettare, soprattutto quando sono coinvolti i figli, perché possono essere vissuti come minaccia, come distanza alienante, come ostacolo ingiusto. Ma è dove mi sento di doverla riportare, perché i confini contengono, proteggono, danno forma, offrono una giusta distanza dall’altro, delimitano quella frontiera all’interno della quale ci possiamo muovere sentendoci noi stessi, unici e separati, ma mai soli. È solo grazie a confini sufficientemente solidi, ma porosi (che consentano uno scambio tra dentro e fuori), che l’altro sarà vissuto come una presenza che arricchisce, aiuta, protegge, ma non fagocita. In bocca al lupo per tutto
Buongiorno, sarebbe importante che i due psicoterapeuti possano avere uno scambio e avuta l'autorizzazione della figlia ormai maggiorenne, ci possa essere la possibilità di un dialogo al fine di comprendere quale comportamento più funzionale avere nei suoi confronti. Un cordiale saluto
Dott.ssa Marina Bonadeni
Dott.ssa Marina Bonadeni
Buongiorno, potreste provare a chiedere un colloquio a 4 così da condividere cosa state provando e le difficoltà che vi impediscono di vivere con serenità la vita familiare.
Gentile utente, grazie per aver condiviso questo momento particolarmente difficile e doloroso. La situazione sembra molto complessa, avrei molte domande per voi per capire meglio cosa sta succedendo, ma come prima cosa vorrei rinforzare la vostra decisione e iniziativa nell’essere supportati a livello psicologico. A risaltare è soprattutto la sua/vostra grande paura e senso di impotenza, difficili da gestire come genitori di una ragazza che vedete star male. Lei parla di “rottura” e “rischio” che rimarcano il suo vissuto di pericolo. A volte, sembra scontato dirlo, i processi di cura prevedono tempi lunghi, con andamento anche incostante e irregolare: non so quale sia la situazione e le difficoltà che vive vostra figlia, ma di certo potete e dovete continuare a chiedere ogni tipo di informazione e orientamento al/alla collega che vi segue in questo momento. In alcune situazioni la famiglia per fare qualcosa di “realmente utile” non ha altra strada che quella che avete già saggiamente intrapreso: portare il vostro pezzo emotivo e genitoriale da un professionista che vi supporti e vi orienti, e ascoltare e comprendere il malessere di vostra figlia, per permettere a lei di affrontare il suo difficile percorso.
Vi faccio i miei migliori auguri e spero davvero che possiate trovare nuove risorse per gestire questo processo.
Dott.ssa Eleonora Donatelli
Vi faccio i miei migliori auguri e spero davvero che possiate trovare nuove risorse per gestire questo processo.
Dott.ssa Eleonora Donatelli
Non esiste uno psicologo o psicoterapeuta che sia "giusto" a priori e per ogni situazione.
Se non sembra che sia quello giusto si cambia, nel caso vostro ritengo che dovreste cercare un professionista con una formazione sistemico relazionale capace di inquadrare la problematica secondo un approccio storico della vostra famiglia.
Se non sembra che sia quello giusto si cambia, nel caso vostro ritengo che dovreste cercare un professionista con una formazione sistemico relazionale capace di inquadrare la problematica secondo un approccio storico della vostra famiglia.
Credo che sia fondamentale che voi in questo momento attendiate, le terapie dei figli vanno rispettate nel senso che se vostra figlia si sente bene e appagata per il rapporto terapeutico è molto difficile convincerle di cambiare e credo che sia anche piuttosto inutile. Forse la collega potrebbe sembrarvi chiusa ma avrà i suoi motivi che forse andrebbero comunicati con voi, proporrei di mandarle una mail dove spiegate i motivi della ossra preoccupazione e il desiderio se sarà possibile che voi potrete eventualmente avere con lei un incontro di confronto non insieme chiaramente alla vostra filia. Se siete seguiti anche voi credo che sia fondamentale trovare dei punti di incontro tra voi e i desideri della figlia. Un saluto e buon proseguimento
Salve, non volendo entrare e giudicare l'approccio della collega, in quanto genitori potete chiedere un incontro alla psicologa insieme a vostra figlia. La mia collega non può fornire feedback rispetto alla sua situazione a voi genitori senza la sua presenza e consenso però può organizzare un incontro insieme. Inoltre, potreste valutare la terapia familiare con un altro collega, in quanto terapeuta sistemica non sono troppo d'accordo nel dividere i familiari in questi casi.
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