Salve, ho 35 anni e vivo in provincia di Napoli. Per quasi quattro anni sono stato a Milano per lavo

16 risposte
Salve, ho 35 anni e vivo in provincia di Napoli. Per quasi quattro anni sono stato a Milano per lavoro, ma è dal 2017 che sono tornato a vivere con i miei genitori, con mia sorella di due anni più grande e mio fratello di 12 anni più piccolo. È verso la fine del 2019, mentre ero al lavoro, che ho sperimentato per la prima volta ansia e attacchi di panico. L'evitamento di fare tante cose è andato man mano peggiorando, soprattutto con l'inizio della pandemia dove per forza di cose non sono potuto uscire. Tra il 2020 e il 2021 sono riuscito a riprendermi grazie a un impegno lavorativo svolto a pochi passi da casa. Purtroppo nell'estate del 2021 sono ricaduto nel vortice di attacchi di panico e agorafobia. Verso metà giugno 2022 ho iniziato per la prima volta una terapia cognitivo-comportamentale che è durata fino ad aprile 2023. Sono stato io ad interrompere la terapia perché, anche se per qualche mese ero riuscito a riprendermi, sono pian piano riornato al punto di partenza. E poi perché il terapeuta ha iniziato a parlare di terapia farmacologica o di una comunità. È da un annetto circa che in famiglia c'è un po' di turbolenza perché i miei genitori si stanno separando. La mia domanda è: analizzando tutto quello che ho raccontato, ho bisogno di psicofarmaci e/o una terapia familiare (o addirittura una comunità) come mi è stato consigliato, oppure ha senso fare una buona terapia cognitivo-comportamentale individuale? Con la premessa che sono molto frenato sui farmaci e la comunità perché mi turbano molto. Grazie
Buongiorno, mi spiace per la sua situazione. Dal mio punto di vista non è possibile, senza fare una valutazione, rispondere alla sua domanda. Il mio suggerimento, considerando il perdurare della sua sofferenza, è di riprendere il percorso psicologico. Se sente di non riuscire a fidarsi del professionista che l'ha seguita finora, può cercare un altro psicoterapeuta. A quel punto il collega potrà fare una valutazione della sua situazione e confermarle o meno la necessità di un intervento farmacologico o di comunità. Se dovesse confermare questa indicazione, il professionista sarà anche in grado di rassicurarla sulle sue paure per aiutarla ad accettare l'intervento, se necessario. Le auguro di stare bene. Un caro saluto. SV

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Buongiorno,
non credo sia possibile rispondere d una domanda così diretta senza conoscerla. Il o la collega che l'ha seguita ha sicuramente tutti gli elementi per potersi esprimere.
Ove non volesse accettare le sue indicazioni potrebbe iniziare una psicoterapia con un orientamento diverso, ad esempio psicoanalitico, e capire se nel suo caso sia più efficace.
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.

Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.

Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.

Resto a disposizione, anche online.

Cordialmente, dott FDL
Gentilissimo, con questi elementi non è possibile dara una risposta ai suoi quesiti. Ci vorrebbero molti più elementi che possono emergere da un colloquio clinico.nDal suo racconto i primi sintomi nascono nel 2019, quando è tornato a vivere in famiglia. E a Milano come stava? Da un anno c'è turbolenza in casa, per la separazione dei suoi. Che effetto le procura? Avverto che ci sono diversi fattori nella sua vita, che andrebbero analizzati e condivisi in un contesto quale quello della psicoterapia. Non rimanga da solo a gestire questa sua situazione, si scelga uno psicoterapeuta, non necessariamente cognitivo-comportamentale, e intraprenda un percorso, che la faccia sentire protetto e in quel contesto valuterà con il terapeuta la terapia farmacologica e la comunità come opzioni. La saluto cordialmente dott.ssa Silvia Ragni
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Gentile Utente dal suo racconto emerge il disagio che sta vivendo negli ultimi anni, ma non è possibile fornirle una valutazione completa in questa sede. Le suggerisco anche io di riprendere la psicoterapia perchè all'interno di uno spazio di fiducia e non giudicante potrà riflettere sulle sue difficoltà e scoprire le risorse che ha a sua disposizione nonostante l'ansia sia così limitante. Potrà anche valutare la possibilità di intraprendere parallelamente un percorso farmacologico, che in alcuni casi può essere utile per sperimentare nuovamente quelle situazioni che oggi le sembrano troppo difficili. Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti, Dott.ssa Marina Colangelo
Salve, premesso che restano valide tutte le psicoterapie laddove ci sia una buona presa in carico del paziente e un'altrettanto valida alleanza terapeutica, immagino che se la collega ha suggerito un percorso farmacologico e/o di comunità avrà avuto delle ragioni valide che forse non sono molto emerse dal post.
Detto ciò, ansia ed attacchi di panico hanno un buon esito se trattati con psicoterapia e, solo talvolta, vanno abbinati a farmaci (ed anche in questo caso la psicoterapia andrebbe comunque proseguita).
L'uso di farmaci si consiglia, previo invio a medico psichiatra, chiaramente, laddove gli attacchi di panico inficiano le funzioni quotidiane del paziente e impediscono lo svolgersi delle normali attività (lavoro, relazioni, sonno, ecc.).
Per quanto riguarda l'etiologia del problema, ovvero le ragioni alla base del disturbo ansioso, sarebbe utile un'indagine più accurata, ma sembra che il ritorno in famiglia e nella città di origine abbia scaturito una serie di reazioni che altrimenti, forse, non si sarebbero manifestate.
Un percorso di psicoterapia mi sembra potrebbe ancora giovarle, magari suggerisco di provare ad orientarsi su una terapia sistemica o comunque diversa dalla cognitiva comportamentale che, pare, non portarle più beneficio.
Buona fortuna!
Buongiorno, dalle sue parole emerge il disagio vissuto in questi ultimi anni. Non è però possibile rispondere alle sue domande senza un colloquio clinico. Vista la sofferenza che riporta sarebbe utile che riiniziasse un percorso psicoterapeutico, magari con un altro professionista. Resto a disposizione Dott.ssa Elena Epilotti
Buongiorno mi dispiace molto per la sofferenza provata in questi anni, l'ansia e gli attacchi di panico possono essere davvero invalidanti e causare molto dolore. Da come ci descrive diversi sono gli eventi che molto probabilmente abbiano potuto causare la sua ansia: lavorare lontano dalla sua città, il ritorno in famiglia, la pandemia; per quanto l'ansia possa essere vista vista come una nemica da sconfiggere, sicuramente è venuta per dirle qualcosa. Rispondere alla sua domanda se ha bisogno di psicofarmaci o di una comunità non è possibile se prima non si fa un colloquio o quanto meno si riesca a capire l'origine della sua ansia. Ciò che le consiglio di fare quindi è di trovare un professionista che la possa accompagnare ad affrontare gli ultimi eventi della sua vita e a capire cosa l'ansia e quegli attacchi di panico le vogliono comunicare. Per qualsiasi chiarimento resto a disposizione dott.ssa Alessia Vanzi
Salve,
in genere ogni disturbo di ansia è trattabile SENZA farmaci, anche variando i diversi approcci terapeutici.
Ci sono molti validi strumenti e tecniche per supportare la persona, io in genere uso tecniche di rilassamento per riappropriarsi della naturale capacità del nostro corpo di vivere il momento, qualcosa di molto simile alla mindfulnless.
Se interessato mi può contattare.
A. M.
Gentile utente, la sua domanda è molto chiara e netta ed è evidente che ciò le reca delle preoccupazioni in quanto dice di essere turbato dalle possibilità di comunità e farmaci, ma purtroppo non conoscendo a pieno la sua situazione non è possibile dare una risposta precisa e corretta alla sua domanda che è molto personale. Mi dispiace per la situazione che sta vivendo, comprendo quanto l'ansia e gli attacchi di panico possano essere complessi da gestire e invalidanti per il percorso di vita, ed immagino che con la pandemia precedentemente e la sua situazione familiare attuale le cose possano essere ancora più complicate. Quello che posso dirle certamente è che una terapia cognitivo-comportamentale è ottima ed adatta ad affrontare difficoltà del genere, per cui il mio consiglio è di farsi comunque supportare da un professionista in modo da comprendere le cause profonde ed imparare anche ad utilizzare tecniche e strategie funzionali per fronteggiare il problema e non ricadere nell'evitamento che allevia solo momentaneamente ma poi non fa altro che mantere il problema.
Un saluto, Dott.ssa Carmen Tedeschi
Buongiorno, sarebbe opportuno approfondire alcuni temi che lei elenca nella domanda. Le suggerirei di prendere in considerazione altri orientamenti di psicoterapia che hanno una visione più sistemica ( considerano la famiglia di provenienza e i contesti lavorativi). I farmaci possono essere di supporto ma meglio che sia uno psichiatra a darne prescrizione. La comunità la considererei solo nei casi di dipendenze. Non ho mai sentito nessuno con attacchi di panico indirizzato ad una comunità. Cordiali saluti B. A.
Buongiorno dai dati che ha esposto non è possibile fare una valutazione della situazione. Comprendo il periodo difficile che sta attraversando e le consiglio di riprendere la psicoterapia individuale o con il suo vecchio terapeuta o con uno nuovo , insieme riuscirete a capire qual'è la strada giusta da intraprendere . Buona giornata
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Gentile Utente, capisco la complessità della sua situazione e apprezzo il fatto che abbia condiviso così tanto della sua esperienza. La sua storia evidenzia un percorso con alti e bassi, e la sua preoccupazione riguardo al trattamento è del tutto comprensibile.
Riprendere un percorso di psicoterapia potrebbe aiutarla a sentirsi sostenuto in un momento così delicato e gettare nuove basi per comprendere meglio l'origine delle difficoltà descritte, nonché degli attacchi di panico. Potrebbe anche valutare la possibilità di cambiare terapeuta per trovare qualcuno con cui si senta più in sintonia, o cambiare approccio di psicoterapia.
La sua esitazione verso i farmaci è comprensibile, ma è importante discuterne approfonditamente con un medico o uno psichiatra. Gli psicofarmaci non sono necessariamente una soluzione permanente, ma possono aiutare a stabilizzare i sintomi abbastanza da permettere alla terapia di essere più efficace. Un approccio combinato di farmaci e terapia spesso risulta benefico per molte persone. Naturalmente, di tutto questo avrà modo di riparlarne con più chiarezza della situazione con il professionista che in caso la seguirà.
Un caro saluto,
Dott. Gianluca Pignatelli
Non è possibile, tanto meno corretto, rispondere in questa sede in maniera assoluta alla sua domanda; ma lo sarebbe altrettanto non dirle che certamente la aiuterebbe un percorso valido di terapia. L'orientamento e la formazione dello psicoterapeuta possono essere diversi. Si apra a tutte le valutazioni del caso e tenga conto del fatto che l'interesse primo di un medico, qualsiasi medico, è sempre la sua salute. Qualsiasi scelta intraprenderà che la porti a prendersi cura di sè, le auguro di sentirla pienamente e di condividerla pienamente.
Grazie per la sua domanda.
Dott.ssa Erika Barone
Purtroppo è difficile rispondere alla sua domanda qui, attraverso un messaggio. Nonostante la chiarezza con cui ci ha raccontato quello che le è successo, sarebbe forse il caso da valutare la sua situazione attraverso una consulenza dal vivo. Inoltre l'approccio terapeutico non determina automaticamente un certo esito, anzi non bisognerebbe dimenticarsi che in ogni seduta c'è pur sempre l'incontro di due persone, dietro i loro ruoli. Saluti
Salve, mi sembra di capire che per lei fermarsi equivale a stare male.
Gli elementi che lei fornisce non sono però sufficienti a giustificare una risposta soddisfacente.
In comunità non si entra per degli attacchi di panico ed è per questo che il racconto risulta incompleto.
Un aspetto però fondamentale è questo, non si guarisce laddove ci si è ammalati.
La invito perciò a riflettere…..
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli

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