Salve Dottori, ho 37 e non ho mai avuta una relazione vera e propria con una donna, nonostante i

17 risposte
Salve Dottori,

ho 37 e non ho mai avuta una relazione vera e propria con una donna, nonostante io sia considerato, bello, intelligente e simpatico.
La mia infanzia è stata tormentata da mio padre, padre padrone, che mi schiacciava, umiliava e ridicolizzava troppo spesso, senza avere alcuna empatia nei miei confronti o riconoscere quali erano i miei bisogni.

Credo comunque di essere un caso particolare, in quanto in realtà sono una persona molto socievole ed espansiva e attraggo molte donne belle.

Tralasciando il fatto che avevo fino all'età dei 30 un modo di approcciarmi alle donne assolutamente fallimentare perchè insicuro e gravemente immaturo (anche adesso un po), con il tempo ho migliorato molto questo aspetto, grazie anche alla nuove consapevolezze sulla seduzione, al quale devo veramente tutto.

Superato lo scoglio inziale però, c'è qualcosa di più profondo che non mi permette ancora di concretizzare una relazione.

Infatti per quanto sia comune provare un certo grado di paura quando si esce la prima volta con una persona che ci piace, a me capita qualcosa di decisamente fuori dal comune ed irrazionale. Nonostante riesca ad essere brillante ed attraente durante i primi approcci ed incontri, appena mi sento un minimo coinvolto provo dei veri e propri attacchi di panico o ansia fortissima e disagio estremo.

Non voglio scappare e quindi sto con quello che c'è.
L'irrazionalità però mi stupisce, ad esempio, anche se mi sento molto più sicuro della donna con cui esco, e vedo che lei è molto più presa di me, posso comunque fare esperienza di questi stati completamente sconnessi con la realtà, entrando in dei veri deliri di paura di essere umiliato e di fallimento. Non è che ho paura di essere umiliato, semplicemente l'ansia sale senza motivo, senza alcun pensiero negativo da parte mia, ed a quel punto spuntano tutta una serie di immagini terrificanti di umiliazione e fallimento, che riconosco come non vere, ma comunque ci sono.

Questa ansia passa se con la lei di turno va bene (bacio e sesso) ma solo nel caso in cui lei non mi piace veramente, o non abbastanza per sentirmi coinvolto. Le uniche relazioni che ho avuto infatti, di brevissima durata, sono state con donne che non mi piacevano abbastanza, perchè comunque sia mi sentivo più sicuro.

Se invece mi piace sul serio allora questa ansia diventa più quotidiana, fino l'ossessione e conseguente incapacità di concentrazione.
Faccio di tutto per rimanere equilibrato: sport, yoga, natura, ma comunque perdo l'equilibrio molto facilmente.

Non seguo le ossessioni, le riconosco come tali e non agisco di impulso, ma quando una mi piace veramente lo stress è talmente tanto che perdo il piacere della relazione, perchè diventa una lotta con i miei demoni, mi sforzo di non scappare, ma generalmente succede che in quello stato mando le cose a rotoli, perchè giustamente a nessuno piace lo stress.

Alcune volte sento un pianto interiore che dice "perchè non posso semplicemente essere io?"

Tutto ciò nel contesto della mia età ormai avanzata che rende tutto più difficile. Avete qualche considerazione in merito?

Grazie
Buonasera, dalle sue parole sembra vivere delle situazioni molto frustranti, ed è comprensibile che si senta così. Quello che lei prova e come si comporta con le donne dipende da quello che pensa, per cui sarebbe utile fare uno zoom su ciò che ha in testa che non la sta aiutando, così da trovare una soluzione ai suoi problemi. Ha parlato di irrazionalità, che è proprio la parola giusta, è frequente perdersi in pensieri non razionali quando ci si ritrova in dinamiche di questo tipo, ma si possono identificare insieme pensieri per lei più utili che determinino emozioni più positive e strategie comportamentali più efficaci, proprio come vorrebbe. Sembra essere molto consapevole di ciò che le accade, è anche vero che per trovare una soluzione da mantenere a lungo termine è necessario fare un lavoro con un professionista che sappia come intervenire. Se lo desidera mi rendo disponibile a fornirle maggiori informazioni online o in presenza a Milano. Saluti, dott.ssa Eleonora Galletti

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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno,
mi dispiace molto per quello che riporta e per la sua sofferenza. Credo che lei abbia l'esigenza di rivedere qualche passaggio legato alle relazione con se stesso e con gli altri. Quando si sente interessato, in modo reattivo, tende ad chiudersi e ad evitare di esporsi eccessivamente. La paura fa da freno inibitore ed è un peccato perché non si concede la costruzione e la progettazione di una relazione funzionale. Sicuramente impegnarsi in un percorso di psicoterapia diviene la soluzione per sbloccare queste dinamiche di sofferenza e messa in discussione distruttiva.
Un caro saluto
Dott.ssa Aurora Moriggi
Buongiorno, noi ci muoviamo nelle relazioni, soprattutto quelle più intime, esattamente come abbiamo imparato nelle nostre primissime relazioni, ossia nella nostra famiglia. È lì che noi sperimentiamo il poterci fidare o no, se sia meglio la vicinanza o la distanza, e in qualche modo mettiamo a punto le nostre "strategie". Che per un po' funzionano anche, fino a quando la vita ci pone in relazione con altre persone.
A questo punto è molto importante capire cosa sta alla base, quali sono le "strategie" che ha dovuto imparare. In altre parole, è importante diventare consapevole di chi è e di cosa davvero sente di volere per la sua vita.
Un caro saluto
Dott.ssa Paola Materzanini
Buongiorno,
Da come ci scrive, sembra che lei metta in atto un sistema difensivo inconsapevole, che da una parte la protegge e dall’altro le crea frustrazione ed insoddisfazione.
Può considerare di indagare ciò che si agita dentro di lei in un percorso che la metta in condizione di elaborare i vissuti profondi che fanno scattare questi meccanismi.
Cordiali saluti,
Giada Bruni
Buongiorno,
la questione merita un'attenzione più attenta, dove si vada a fondo su questa sua paura nel mettersi in gioco totalmente in una nuova relazione.
Sono disponibile ad intraprendere un percorso anche online con lei.
Cordiali saluti
Dott.ssa Laura Francesca Bambara
Buonasera, grazie per la condivisione. E' comprensibile che attualmente la situazione che descrive stia iniziando ad avere un impatto rilevante, probabilmente perchè nella sua fase di vita oggi va a minacciare o compromettere degli scopi di vitale importanza per lei. Per comprendere quali siano le sue difficoltà nel contesto relazionale le consiglio di intraprendere un percorso di psicoterapia attraverso il quale possa esplorare sè stesso, i suoi vissuti emotivi, i suoi specifici timori e che possa aiutarla ad apprendere eventuali strategie per gestire al meglio l'ansia e le relazioni interpersonali.
Cordiali saluti
Dott.ssa Alessandra Scidone.
Gentilissimo,
sembrerebbe che la paura del rifiuto, soprattutto quando l'"Oggetto" del desiderio ha grande valore e significato per lei, diventi prepotente e predominante tanto da mandarla in totale tilt. Potrebbero certamente esserci dei nessi con la sua storia infantile e una figura genitoriale svilente ed umiliante che probabilmente non hanno avuto un buon impatto sulla costruzione della immagine di sè e sulla sua autostima. Considerando il disagio che la cosa le procura, sarebbe opportuno andare a fondo della questione con una psicoterapia mirata all'integrazione equilibrata della sua figura genitoriale infantile alla sua persona attuale e adulta.
A disposizione per ogni altro eventuale approfondimento

Dott.ssa Arianna Sala
Psicologa Psicoterapeuta
Consulente di Coppia
Cernusco sul Naviglio (Mi)
Buongiorno. Quello che descrive credo sia da collocare in una problematica nevrotica (nevrosi d'ansia), attivata da difficoltà nell'assumersi la responsabilità di relazione con l'altro, nel momento in cui c'è un autentico coinvolgimento. Mi sembra di poter dire che lei abbandona per non essere abbandonato (mi rendo conto che su questa mia interpretazione potrebbe non trovarsi d'accordo). Si difende restringendo un pò il campo affettivo e quindi riesce a superare la difficoltà con una persona che appunto, la coinvolge meno sentimentalmente. Coinvolgendomi meno, riduco la paura inconscia di non essere all'altezza, di essere giudicato negativamente e, come detto, di essere abbandonato. Probabilmente, la relazione problematica con la figura paterna di cui ha detto ,può assumere un significato in tal senso. Visto la sua ancora giovane età, le potrebbe giovare un percorso di supporto psicologico per analizzare e ristrutturare questa dimensione di se stesso. Cordiali saluti
Buongiorno, innanzitutto direi che la sua età non è avanzata e segna il momento giusto, rispetto alle sue esigenze di maturazione, di operare un cambiamento. Nella conclusione della sua lettera si fa la domanda più importante: "perché non posso semplicemente essere io?"
Le sembrerà scontato che uno psicoterapeuta le consigli una psicoterapia, ma nel suo caso è veramente opportuna, potrebbe trarne molto. Il suo livello di consapevolezza del problema è buono, c'è da cominciare un bellissimo cammino nella direzione di se stessi. Non è semplice, ci vuole coraggio, il coraggio di demolire vecchi schemi ai quali ci si è sempre attenuti, tipo quello di dover produrre un'immagine di sé che si crede sia più apprezzata dall'altro. Questo atteggiamento porta inesorabilmente ad allontanarsi da se stessi, a diventare goffi e non spontanei, con il brutto rischio che se invece la nostra performance risulta gradevole all'altra persona siamo costretti a mantenere quell'immagine meccanicamente. Questo porta fatica e la sensazione di non essere noi ad essere amati, ma la nostra controfigura, il fantoccio che abbiamo creato. Essere se stessi vuol dire abbandonare i giudizi e le scale di valore, per approdare ad un modo di pensare nuovo in cui ciò che conta è la nostra unicità e l'arricchimento vicendevole che con questa possiamo realizzare con l'altro e con il mondo.
Resto a disposizione per chiarimenti.
In bocca al lupo!
Salve, ha già fatto dei passi importanti riconoscendo una difficoltà relazionale e comprendendo la necessità di un aiuto. Le suggerisco vivamente di consultare uno psicologo per affrontare e analizzare con la giusta attenzione ciò che ha raccontato. Non esiti perché attraverso una terapia strategica potrà vivere una vita relazionale serena, appagante e costruttiva. Cordiali saluti. Professor Antonio Popolizio
Buongiorno, sento molta fatica e frustrazione per una situazione che sente come irrazionale e che impatta, immagino, nel desiderio di costruire un progetto di vita con un'altra persona; intuisce che le sue paure ed ansia di giudizio, biasimo e critica derivano dal suo rapporto con suo padre e cerca di "funzionare" al meglio sino a che, nel coinvolgimento con l'altra persona, l'unica soluzione possibile "è la fuga". Scrivere di sé e di ciò che vorrebbe essere (...) "solo Io" è un passo importante perché presumo si senta, ora, di fronte alla necessità di prendersi cura di sé in maniera protettiva piuttosto che difensiva. Lo spazio di terapia personale può aiutarla in questo! Un caro saluto e a disposizione anche on line. Maria dr. Zaupa.
Salve, ho letto molto attentamente la sua richiesta e capisco il suo disagio soprattutto perché nella narrazione che ha fatto di sé ha evidenziato, da subito, il difficile rapporto che ha avuto con suo padre a causa delle continue umiliazioni che ha subito durante l’infanzia. Le figure genitoriali hanno un ruolo importante nella formazione della personalità adulta, costituiscono le fondamenta su cui poggia il nostro sé e soprattutto l’autostima che ci fa essere consapevoli di quello che siamo, delle nostre capacità, delle nostre risorse e dei nostri punti deboli, delle nostre luci e delle nostre ombre in una parola del nostro io. Lei infatti dice in chiusura "perché non posso semplicemente essere io?" Molto probabilmente lei dovrà essere aiutato ad andare più in profondità per poter riconoscere chi sente di essere, scacciando quei demoni che le impediscono di essere e di sentire in ogni sua azione ed emozione non altri che sé stesso.
Cordiali saluti
Dott.ssa Maria Nasti
Salve, mi spiace molto per la sofferenza che sta vivendo da così tanto tempo, allo stesso tempo mi pare lei continui ad avere la forza, coraggio e volontà per continuare a cercare e superare i traumi subiti nelle sue prime relazioni e gli effetti che questi continuano ad avere sulla sua vita di relazione attuale. Proprio perchè alcune " cose( schemi relazionali, paure, vissuti ecc) nascono in relazione è attraverso una relazione con un professionista in un Setting specifico che si possono provare a trasformare. Da soli a volte è come tentare di vedere i propri occhi con gli stessi occhi per quanto ci si impegni è difficile e frustrante: per questo abbiamo bisogno ad es di uno specchio. Allo stesso modo cercare di risolvere totalmente uno "schema/trauma relazionale" da soli senza uno psicoterapeuta (con il quale ci sia alleanza e comprensione e ci si trovi bene) è spesso difficile( se non impossibile) e fonte di sofferenza e frustrazione: ha mai pensato di iniziare una psicoterapia ? Leggendo non è chiaro se l'ha fatta o la sta facendo o sta provando a fare tutto da solo. Se può inizi una psicoterapia ( se non l'ha ancora iniziata)con qualcuno di cui davvero si fida e si sente alleato e cerchi di darsi tempo( anche se sento che l'età la preoccupa) affinché la relazione psicoterapeutica la sostenga prima e poi l'aiuti ad attraversare con lo/la psicoterapeuta tutte le cose di cui ci scrive qui . Cordiali Saluti, Dott.ssa Silvia Bianchi
Buonasera! Nel leggerla mi ha trasmesso una sensazione di profonda tristezza e dolorosa solitudine. Mi sembra di capire che per Lei sono più accettabili le relazioni "poco" significative, quelle in cui non si corre il rischio del coinvolgimento, quelle in cui non vi è alcun pericolo di essere abbandonati e giudicati. "Perché non posso semplicemente essere io?" potrebbe rimandare ad un interrogativo più profondo, antico, primordiale "Sarò desiderato, amato, accolto per quello che sono?". Deve essere molto difficile immaginare che l'altro sia genuinamente interessato a Lei, senza sentire risuonare/ritornare il rischio dell'umiliazione e del mancato riconoscimento. Potrebbe avere imparato a sopravvivere con questo "dettato" interno, che ha fatto suo e che ripete incessantemente, perché sente di non avere alternativa. Un percorso di psicoterapia la metterebbe ancora una volta di fronte alle sue paure più grandi, quelle insite in ogni relazione significativa. Ma, nel caso, avrà di fronte una seconda mente che potrà aiutarla a fare un esperienza relazionale protetta in cui dare nuovo senso ai suoi vissuti e alle sue esperienze. Se desidera essere semplicemente se stesso, ha bisogno di un'altro sufficientemente buono e con strumenti adeguati. Il primo passo lo lascio a Lei. In bocca al lupo per tutto
Gentilissimo, il suo racconto è perfetto, nel senso che sembra di essere lì, nelle situazioni che lei racconta. Grazie al suo carattere e a doti personali è riuscito ad essere una persona di successo, tranne che nelle relazioni intime. Lì scatta il veto, il pericolo. Chi è lei per poter godere di una relazione d'amore piena? Una relazione piena la possiamo vivere se siamo noi stessi pienamente, se ci prendiamo il rischio dell'intimità.Per sopravvivere a situazioni difficili, proteggiamo il vero sè. Nel suo caso, avendo già tanto elaborato i suoi vissuti e la sua storia, il lavoro dovrebbe andare nella direzione di permettere al vero sè di emergere. Ora non c'è più pericolo, c'è l'adulto che è in lei a vigilare. E' il momento giusto anche perchè in lei preme giustamente il desiderio di una relazione profonda dopo tante donne belle, meno belle più coinvolte, meno coinvolte, che ha incrociato.
Una psicoterapia a stampo umanistico-esistenziale sarebbe ideale per lei. Rimango a disposizione e le invio cordiali saluti dott.ssa Silvia Ragni
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Buongiorno. La sua situazione è davvero complessa e dolorosa, e merita una riflessione attenta. La descrizione che ha fatto del suo passato, in particolare del rapporto con suo padre, sembra essere alla base delle sue difficoltà attuali nelle relazioni. È possibile che il modo in cui suo padre l'ha trattata, con atteggiamenti di controllo, umiliazione e mancanza di empatia, abbia profondamente condizionato la sua autostima e la sua capacità di sentirsi a proprio agio e sicuro nelle relazioni intime. Questo tipo di esperienza durante l'infanzia può creare delle ferite emotive che si manifestano, successivamente, come una grande paura del rifiuto e dell'umiliazione, rendendo difficile entrare in una relazione in modo sereno e autentico.

Le sensazioni di ansia e di panico che descrive sembrano essere una reazione profonda alla vulnerabilità che si presenta quando si sente davvero coinvolto da una donna. Essere in una relazione affettiva implica mostrare se stessi nella propria totalità, con le proprie fragilità, e questo può essere particolarmente spaventoso per qualcuno che, in passato, è stato ferito profondamente da una figura di riferimento. È come se l'intimità attivasse dei vecchi meccanismi di difesa, che cercano di proteggerla dalla possibilità di essere di nuovo ferito o umiliato.

Il fatto che si trovi più a suo agio nelle relazioni con donne che non le interessano molto potrebbe essere dovuto al fatto che, in queste situazioni, non sente di dover mettere in gioco tutto se stesso e quindi non si sente vulnerabile. Quando invece la donna le piace davvero, la paura di fallire, di non essere abbastanza o di essere rifiutato prende il sopravvento, portando a stati di ansia intensa.

Questa situazione potrebbe trarre beneficio da un approccio terapeutico che esplori più in profondità le sue esperienze passate e il modo in cui queste influenzano il suo presente. Lo psicodramma moreniano potrebbe essere molto utile per lei, perché permette di rappresentare e rivivere situazioni del passato in un ambiente sicuro, aiutandola a elaborare le emozioni legate a quelle esperienze e a trovare nuovi modi di rispondere ai suoi "demoni" interiori. Potrebbe aiutarla a esprimere il "pianto interiore" che sente e a capire come risolvere quei conflitti emotivi che le impediscono di essere se stesso nelle relazioni.

Un altro elemento da considerare è che, nonostante le sue paure, lei non scappa del tutto dalle situazioni, ma cerca di restare e affrontare ciò che sente, il che è un segnale di grande forza e determinazione. Questo è un punto di partenza molto positivo per un percorso di guarigione. La sua consapevolezza delle sue difficoltà e il suo desiderio di cambiare mostrano che è pronto ad affrontare queste sfide e a costruire una vita affettiva più appagante e serena.

Lavorare con un terapeuta esperto nelle dinamiche di attaccamento e nelle metodologie attive potrebbe aiutarla a sviluppare una maggiore sicurezza in se stesso e a imparare a tollerare meglio la vulnerabilità, così che possa entrare in relazioni intime senza sentirsi sopraffatto dall'ansia. Non esiti a cercare supporto, perché merita di vivere delle relazioni che le portino gioia e soddisfazione, piuttosto che ansia e paura.

d.ssa Raileanu

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