Salve Dottori e Dottoresse, Sono un ragazzo di 30 anni gay. Vi espongo qui la mia esperienza cercan
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Salve Dottori e Dottoresse,
Sono un ragazzo di 30 anni gay. Vi espongo qui la mia esperienza cercando di essere il più breve possibile anche se mi è difficile perché ho un grande bisogno di parlarne e sfogarmi. Ho bisogno di avere un vostro commento/pensiero sperando possa essere utile anche per fornire spunti di riflessione per il vostro lavoro, o comunque una testimonianza di un paziente deluso. Premetto che non ho mai avuto esperienze di psicoterapia e questa è stata la prima volta. Mi sono affidato ad un terapeuta per problemi legati principalmente all'ansia, tendenze depressive e difficoltà di accettazione della mia omosessualità e identità di genere, con tutte le conseguenze che ne derivano (i miei genitori non sanno che sono gay perché l'omosessualità è un argomento tabù per loro e non sono mai riuscito ad affrontare ciò). Sono stato in terapia per più di un anno da questo terapeuta che nel tempo si è rivelato non adatto a me perché non aveva alcuna esperienza/conoscenza delle problematiche peculiari che possono insorgere legate all'appartenenza alla comunità lgbtqia+ (cosa che pensavo scontata nel vostro lavoro dato il dovere di aggiornamento professionale). Durante una seduta mi aveva detto che aveva avuto vari pazienti omosessuali e quindi ho creduto potesse avere familiarità con i problemi che potrebbero riguardare una persona gay, come la difficoltà di fare coming out e le insicurezze legate a ciò. Ma purtroppo, mi sono reso conto dopo un po' che non era scontato e a distanza di tempo ho constatato che il terapeuta fosse anche all'oscuro di tutto ciò che riguarda gli stereotipi di genere e avesse svariati pregiudizi sul mondo lgbt dovuti alla sua appartenenza ad una cultura "eterocentrica" basata sulla visione binaria del genere. Inoltre, lui stesso era vittima di alcuni stereotipi sull'omosessualità e anche altro che non sto qui a dire perché mi dilungherei troppo. Il problema è che uno dei tanti motivi per cui sono andato in terapia è proprio quello di cercare di risolvere o almeno migliorare le mie insicurezze legate alla mia identità di genere (non conosceva nemmeno il suo significato) e orientamento sessuale, ma a distanza di tempo quello che inizialmente sembrava essere un progresso è diventato un ostacolo a causa dell'insorgenza, man mano che venivano fuori questi argomenti, di queste "lacune". I miei timori, paure e insicurezze legati alla mia identità di genere sono aumentati, è aumentata anche l'ansia legata a ciò. Temo che gli stereotipi terapeuta siano stati dannosi per me. Ne ho parlato con il terapeuta dopo diverse sedute che pensavo ciò perché prima non riuscivo a trovare le parole giuste per diglielo, anche perché i primi mesi mi avevano portato a dei miglioramenti. Mi ha risposto che è meglio che vada da un altro terapeuta chiedendomi per quale motivo continuassi a venire da lui se pensavo questo, riconoscendo che non conosce questi temi. Semplicemente non riuscivo ad accettare che purtroppo non era il terapeuta adatto a me, non riuscivo ad interrompere dopo tutto quel tempo di lavoro e soldi investiti. E il solo pensiero di ricominciare da un altro mi facesse stare male. I primi mesi ero più sereno, i sintomi che mi hanno portato in terapia si erano notevolmente ridotti ma ora mi sento deluso e triste come se avessi perso fiducia e non ho più quella motivazione iniziale di ricontattare un nuovo terapeuta. Oramai è tanto tempo che la terapia è interrotta e sono in una situazione stagnante. C'è qualcosa che mi frena e continuo a pensare ancora molto al precedente terapeuta e spesso mi tornano in mente i discorsi che facevamo. Inoltre, temo che il mio terapeuta si fosse reso conto dei suoi limiti e abbia ritenuto ugualmente opportuno continuare senza dirmi nulla perché io non sono riuscito a parlargli prima. Spero non sia così ma in fondo ora non ha senso chiederselo, forse. Tra l'altro provo anche un grande senso di colpa nel non essere riuscito prima a chiudere la terapia e aver continuato pur consapevole dei limiti del terapeuta, ma era davvero difficile per me parlarne, per me era il mio riferimento con cui parlare da tempo, mi ha comunque aiutato e avevo bisogno di lui. Ora sono completamente bloccato, mi chiedo spesso come sia possibile per un terapeuta aiutare una persona omosessuale con problemi legati all'accettazione di sé se non conosce questi argomenti. Mi sembra come di essere fermo su questa situazione e ho pensieri ripetitivi. Cercavo come una "giustificazione" ai suoi limiti perché mi dicevo che la sua cultura di appartenenza fosse diversa dalla mia e non dipendeva da lui. Ora mi rendo conto che è stato un errore pensare ciò, un terapeuta pure essendo un essere umano come tutti è un professionista e dovrebbe conoscere anche altre realtà diverse dalla sua e non basare il suo pensiero solo sulla sua visione del mondo e delle persone.
Mi piacerebbe avere un vostro commento, anche un pensiero su questa vicenda. Inoltre, volevo sapere se voi terapeuti avete delle linee guida per i pazienti lgbtqia+, se ci sono terapeuti che hanno una formazione specifica in questi argomenti per capire se prima di rivolgersi ad un terapeuta una persona omosessuale debba chiedere se ha determinate competenze in ciò o magari è una conoscenza che dovrebbe essere più in generale di tutti i terapeuti (cosa che penso).
Sono un ragazzo di 30 anni gay. Vi espongo qui la mia esperienza cercando di essere il più breve possibile anche se mi è difficile perché ho un grande bisogno di parlarne e sfogarmi. Ho bisogno di avere un vostro commento/pensiero sperando possa essere utile anche per fornire spunti di riflessione per il vostro lavoro, o comunque una testimonianza di un paziente deluso. Premetto che non ho mai avuto esperienze di psicoterapia e questa è stata la prima volta. Mi sono affidato ad un terapeuta per problemi legati principalmente all'ansia, tendenze depressive e difficoltà di accettazione della mia omosessualità e identità di genere, con tutte le conseguenze che ne derivano (i miei genitori non sanno che sono gay perché l'omosessualità è un argomento tabù per loro e non sono mai riuscito ad affrontare ciò). Sono stato in terapia per più di un anno da questo terapeuta che nel tempo si è rivelato non adatto a me perché non aveva alcuna esperienza/conoscenza delle problematiche peculiari che possono insorgere legate all'appartenenza alla comunità lgbtqia+ (cosa che pensavo scontata nel vostro lavoro dato il dovere di aggiornamento professionale). Durante una seduta mi aveva detto che aveva avuto vari pazienti omosessuali e quindi ho creduto potesse avere familiarità con i problemi che potrebbero riguardare una persona gay, come la difficoltà di fare coming out e le insicurezze legate a ciò. Ma purtroppo, mi sono reso conto dopo un po' che non era scontato e a distanza di tempo ho constatato che il terapeuta fosse anche all'oscuro di tutto ciò che riguarda gli stereotipi di genere e avesse svariati pregiudizi sul mondo lgbt dovuti alla sua appartenenza ad una cultura "eterocentrica" basata sulla visione binaria del genere. Inoltre, lui stesso era vittima di alcuni stereotipi sull'omosessualità e anche altro che non sto qui a dire perché mi dilungherei troppo. Il problema è che uno dei tanti motivi per cui sono andato in terapia è proprio quello di cercare di risolvere o almeno migliorare le mie insicurezze legate alla mia identità di genere (non conosceva nemmeno il suo significato) e orientamento sessuale, ma a distanza di tempo quello che inizialmente sembrava essere un progresso è diventato un ostacolo a causa dell'insorgenza, man mano che venivano fuori questi argomenti, di queste "lacune". I miei timori, paure e insicurezze legati alla mia identità di genere sono aumentati, è aumentata anche l'ansia legata a ciò. Temo che gli stereotipi terapeuta siano stati dannosi per me. Ne ho parlato con il terapeuta dopo diverse sedute che pensavo ciò perché prima non riuscivo a trovare le parole giuste per diglielo, anche perché i primi mesi mi avevano portato a dei miglioramenti. Mi ha risposto che è meglio che vada da un altro terapeuta chiedendomi per quale motivo continuassi a venire da lui se pensavo questo, riconoscendo che non conosce questi temi. Semplicemente non riuscivo ad accettare che purtroppo non era il terapeuta adatto a me, non riuscivo ad interrompere dopo tutto quel tempo di lavoro e soldi investiti. E il solo pensiero di ricominciare da un altro mi facesse stare male. I primi mesi ero più sereno, i sintomi che mi hanno portato in terapia si erano notevolmente ridotti ma ora mi sento deluso e triste come se avessi perso fiducia e non ho più quella motivazione iniziale di ricontattare un nuovo terapeuta. Oramai è tanto tempo che la terapia è interrotta e sono in una situazione stagnante. C'è qualcosa che mi frena e continuo a pensare ancora molto al precedente terapeuta e spesso mi tornano in mente i discorsi che facevamo. Inoltre, temo che il mio terapeuta si fosse reso conto dei suoi limiti e abbia ritenuto ugualmente opportuno continuare senza dirmi nulla perché io non sono riuscito a parlargli prima. Spero non sia così ma in fondo ora non ha senso chiederselo, forse. Tra l'altro provo anche un grande senso di colpa nel non essere riuscito prima a chiudere la terapia e aver continuato pur consapevole dei limiti del terapeuta, ma era davvero difficile per me parlarne, per me era il mio riferimento con cui parlare da tempo, mi ha comunque aiutato e avevo bisogno di lui. Ora sono completamente bloccato, mi chiedo spesso come sia possibile per un terapeuta aiutare una persona omosessuale con problemi legati all'accettazione di sé se non conosce questi argomenti. Mi sembra come di essere fermo su questa situazione e ho pensieri ripetitivi. Cercavo come una "giustificazione" ai suoi limiti perché mi dicevo che la sua cultura di appartenenza fosse diversa dalla mia e non dipendeva da lui. Ora mi rendo conto che è stato un errore pensare ciò, un terapeuta pure essendo un essere umano come tutti è un professionista e dovrebbe conoscere anche altre realtà diverse dalla sua e non basare il suo pensiero solo sulla sua visione del mondo e delle persone.
Mi piacerebbe avere un vostro commento, anche un pensiero su questa vicenda. Inoltre, volevo sapere se voi terapeuti avete delle linee guida per i pazienti lgbtqia+, se ci sono terapeuti che hanno una formazione specifica in questi argomenti per capire se prima di rivolgersi ad un terapeuta una persona omosessuale debba chiedere se ha determinate competenze in ciò o magari è una conoscenza che dovrebbe essere più in generale di tutti i terapeuti (cosa che penso).
Buongiorno, innanzitutto la ringrazio di aver condiviso questa esperienza e mi dispiace molto del periodo che sta vivendo e per il percorso terapeutico che si è interrotto in questo modo, con tutte queste emozioni che sta provando in conseguenza. Ovviamente non è possibile per me poter giudicare l'operato di un altro professionista, anche perché il percorso che ha fatto, in un modo o nell'altro, l'ha portato qui oggi a porsi queste domande, pro attive e che lasciano trapelare comunque un forte dose di speranza. La nostra vita è permeata di esperienze che in un modo o nell'altro possono portarci ad un cambiamento, cosa che questo percorso sembra aver fatto con lei. Il terapeuta deve ovviamente essere competente dell'ambito in cui agisce, ma i significati che accompagnano degli eventi delicati, come il coming out o gli stereotipi, sono assolutamente personali ed è lei a costruirli di volta in volta. Il terapeuta lavoro quindi su quello, su cosa significa per lei fare quella cosa o affrontare quell'altra. A volte capire come andare avanti e identificare la scelta migliore per noi stessi, può non essere affatto semplice, per questo scoprire le nostre modalità di agire e comprendere in che modalità questa esperienza ci ha condizionato, può essere un'ottima base di partenza. Un obbiettivo di un percorso psicologico, può essere quello di chiarire questa confusione e questa malessere e cercare di trasformarlo in benessere. Sarebbe uno spazio solo per lei alla scoperta di se stessi. In caso volesse, io sono a completa disposizione, in presenza ma anche Online. Dott. Matteo De Nicolò
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Salve, Mi spiace molto per la situazione ed il disagio espresso poiché comprendo quanto ciò possa impattare sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti motivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente. Credo che un consulto con un terapeuta possa aiutarla ad identificare Quei pensieri rigidi disfunzionali che mantengono la sofferenza in atto impedendole il benessere desiderato. Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale traumatico connesso con la genesi della sofferenza in atto. Resto a disposizione anche online. Cordialmente, dott FDL
Buonasera, in realtà, così come è complessa l'umanità, così le aree di intervento dal punto di vista terapeutico sono molto vaste, come sono molti gli orientamenti che partono da costrutti e modelli diversi. Vi sono terapeuti che lavorano principalmente o esclusivamente con l'infanzia, oppure con gli adulti, oppure con le coppie, o con i gruppi. Inoltre ci sono terapeuti che lavorano principalmente o esclusivamente con Disturbi di personalità come il disturbo Borderline o Narcisistico o problematiche specifiche, come il DOC o la Depressione e via dicendo. Anche le problematiche legate all'appartenenza alla comunità lgbtqia+ sono specifiche.
Di fatto, alla base di ogni esperienza spesso ci sono tematiche di "attaccamento" legate al rapporto con le figure di riferimento nell'infanzia e queste sono trasversali per tutti e spesso l'Alleanza terapeutica che si instaura con un terapeuta aiuta a superare in parte tali vissuti. Se lei dice che i problemi di ansia si erano attenuati, probabilmente si era costituita un'alleanza con il suo terapeuta. Provi ad andare oltre la delusione ora e cerchi un/una terapeuta esperta nelle problematiche che porta.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marina Bonadeni
Di fatto, alla base di ogni esperienza spesso ci sono tematiche di "attaccamento" legate al rapporto con le figure di riferimento nell'infanzia e queste sono trasversali per tutti e spesso l'Alleanza terapeutica che si instaura con un terapeuta aiuta a superare in parte tali vissuti. Se lei dice che i problemi di ansia si erano attenuati, probabilmente si era costituita un'alleanza con il suo terapeuta. Provi ad andare oltre la delusione ora e cerchi un/una terapeuta esperta nelle problematiche che porta.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marina Bonadeni
Gentile utente, lei descrive i primi mesi della sua terapia come molto proficui, poi c'è stato un blocco. Questo succede spesso nella terapia, quando si arriva ad un punto nodale molto difficile da affrontare.
Non posso certo giudicare e valutare l'operato di un collega, ma lei sottolinea i limiti nelle competenze di lavoro per le sue problematiche specifiche.
Io ho lavorato e lavoro molto con le problematiche legate all'appartenza alla comunità lgbtqia+, ma non lo ritengo "un mondo a parte". Come diceva la mia collega le problematiche sono più ricorrenti, ma anche trasversali e soprattutto ogni paziente è una realtà a sé stante.
Può darsi che lei si sia sentito non riconosciuto o non capito dal suo terapeuta, ma questa esperienza potrebbe essere legata al bisogno irrazionale di essere accolto in modo incondizionato.
Provi ad affidarsi ad un altro professionista e osservi se emerge ancora questa sua delusione, questo suo bisogno, per capire se questo è un suo nodo importante.
Ha già fatto un pezzo di percorso, dimostrandosi in grado di insturare una buona alleanza di lavoro, adesso provi a farne un altro, ne ha i mezzi.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti
Cordiali saluti
Dottoressa Lorena Menoncello
Non posso certo giudicare e valutare l'operato di un collega, ma lei sottolinea i limiti nelle competenze di lavoro per le sue problematiche specifiche.
Io ho lavorato e lavoro molto con le problematiche legate all'appartenza alla comunità lgbtqia+, ma non lo ritengo "un mondo a parte". Come diceva la mia collega le problematiche sono più ricorrenti, ma anche trasversali e soprattutto ogni paziente è una realtà a sé stante.
Può darsi che lei si sia sentito non riconosciuto o non capito dal suo terapeuta, ma questa esperienza potrebbe essere legata al bisogno irrazionale di essere accolto in modo incondizionato.
Provi ad affidarsi ad un altro professionista e osservi se emerge ancora questa sua delusione, questo suo bisogno, per capire se questo è un suo nodo importante.
Ha già fatto un pezzo di percorso, dimostrandosi in grado di insturare una buona alleanza di lavoro, adesso provi a farne un altro, ne ha i mezzi.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti
Cordiali saluti
Dottoressa Lorena Menoncello
Gentile utente di mio dottore,
Provi ad affidarsi ad un altro professionista. Ha già fatto un pezzo di percorso, dimostrandosi in grado di instaurare una buona alleanza di lavoro, adesso provi a farne un altro, ne ha i mezzi. I percorsi terapeutici sono imprevedibili, ed il lavoro fonda tutto sulla relazione. E' molto probabile che qualcosa all'interno di tale relazione terapeutica ad un certo punto non abbia funzionato. Sia dia una seconda possibilità e riprenda la strada da dove l' aveva interrotta, vedrà che potrà col tempo star meglio.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Provi ad affidarsi ad un altro professionista. Ha già fatto un pezzo di percorso, dimostrandosi in grado di instaurare una buona alleanza di lavoro, adesso provi a farne un altro, ne ha i mezzi. I percorsi terapeutici sono imprevedibili, ed il lavoro fonda tutto sulla relazione. E' molto probabile che qualcosa all'interno di tale relazione terapeutica ad un certo punto non abbia funzionato. Sia dia una seconda possibilità e riprenda la strada da dove l' aveva interrotta, vedrà che potrà col tempo star meglio.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno, condivido quanto detto dai miei colleghi. Le tematiche portate dal mondo LGBTQ sono ricorrenti ma anche trasversali ed è verissimo che ogni paziente ha la sua storia. Sicuramente una formazione specifica in questo ambito può aiutare ma a volte anche limitare perché i pregiudizi si possono avere da entrambe le parti (a volte una formazione specifica può ostacolare uno sguardo aperto e curioso). Forse qualcosa nella relazione con il suo terapeuta non ha funzionato (da parte di entrambi, mi permetto di dire) e capisco quanto sia difficile rimettersi in gioco, riporre nuovamente la fiducia in un estraneo, ricostruire ed aprirsi. Si prenda il suo tempo ma non abbandoni il desiderio di voler stare meglio, chiedendo aiuto ad un professionista perché quella è la strada giusta. Un cordiale saluto. Dr.ssa Zandali.
Buongiorno. Ogni professionista, essendo anche una persona, ha i propri pensieri, le proprie idee e i propri pregiudizi. Cosa fondamentale è che questi siano ben chiari al professionista, in modo che non intervengano e non intralcino il lavoro del professionista. Detto ciò, penso che ci sono dei temi caratteristici dell'omosessualità, come ad esempio quelli di cui lei ha parlato, ed altri temi che riguardano tutti trasversalmente, che attengono alla vita personale di ognuno.
La domanda che le faccio è se ha condiviso con il suo terapeuta le sue sensazioni e il pensiero che ha scritto qui. Se lo ha già fatto ed ha ricevuto una risposta che non l'ha soddisfatta e pensa che il lavoro con lui/lei non possa continuare, cerchi un professionista che le ispira fiducia.
Qualora volesse, resto a disposizione.
Un saluto,
Dott. Alessandro D'Agostini
La domanda che le faccio è se ha condiviso con il suo terapeuta le sue sensazioni e il pensiero che ha scritto qui. Se lo ha già fatto ed ha ricevuto una risposta che non l'ha soddisfatta e pensa che il lavoro con lui/lei non possa continuare, cerchi un professionista che le ispira fiducia.
Qualora volesse, resto a disposizione.
Un saluto,
Dott. Alessandro D'Agostini
Buongiorno, condivido quanto già espresso dai miei colleghi precedentemente. Le problematiche che spesso vengono riportate sono spesso trasversali e anche io personalmente considero ogni paziente una persona unica e anche se ipoteticamente alcuni disturbi o difficoltà possono sembrare simili ad un'altra persona, sono in realtà unici per quella specifica persona. Il mio consiglio è di provare ad affidarsi nuovamente ad un percorso psicoterapeutico perché anche questo può far parte del suo percorso di crescita. Quanto è difficile affidarsi, quanto è difficile reagire e come reagire ad una delusione, perché questa sua situazione è stata da lei percepita così deludente... sono tutti interrogativi da dove si potrebbe ripartire. Le auguro il meglio. A disposizione, invio cordiali saluti. Alessandra Domigno
Gentile utente, grazie per la sua condivisione che spinge la nostra categoria a fare un passo indietro in direzione della auto-osservazione e della autocritica. Personalmente, condivido quanto lei sostiene alla fine del suo messaggio: certamente, l’aggiornamento professionale è un dovere deontologico di qualsiasi professionista. In ogni caso, si chieda cosa può imparare da questa esperienza e non dimentichi di metterlo a frutto. Oltre la responsabilità dell’altro, c’è sempre la responsabilità verso noi stessi a cui dobbiamo tenere di più.
Cordialmente,
Sara Cotini
Cordialmente,
Sara Cotini
caro utente lei solleva delle considerazioni che coinvolgono la formazione di noi professionisti, un senso di dispiacere per un percorso che a fatica e in ritardo è riuscito ad interrompere, ponendo delle domande a noi e a se stesso. Per quanto riguarda la popolazione lgbtqueer (o lgbtq+) la conoscenza di desideri, bisogni, fantasie, realizzazioni e problematiche relative allo stare in coppia, al rapporto con la famiglia e alla società ci vengono provengono da formazioni specifiche, ricerche, ad esempio di recente, da un convegno internazionale di sessuologia che affronta tutti i temi attuali dell'essere in una società fluida.. Soprattutto è necessario il senso di libertà da pregiudizi personali, e questo consente l'ascolto vero e l'empatia del/della terapeuta.. Per quanto la riguarda ho l'impressione dalle sue parole che ci sia un sospeso con il suo terapeuta, qualcosa che non è riuscito a dirgli. se è così lo faccia. Noi psicoterapeuti sappiamo, ed è un'indicazione del codice deontologico degli psicologi, che dobbiamo sospendere attività che non danno beneficio e indirizzare la persona verso altri interventi più promettenti motivando e discutendo insieme e forse è solo questo che ha ritenuto di fare il suo terapeuta. Se cerca qualcun altro/altra per affrontare le sue questioni guardi alla persona che si troverà davanti insieme al curriculum
Buongiorno,
di quello che scrive, che ha il carattere della denuncia oltre che essere una richiesta di aiuto, mi colpisce il fatto che ciò che lei lamenta non è il non aver ricevuto aiuto dal suo terapeuta. Lei sente anzi di aver ricevuto delle cose buone, ma sembra particolarmente scontento e irritato di essersi accorto che il suo terapeuta non aderisce completamente a ciò che per Lei dovrebbe essere la terapia di uno appartenente a quella specifica categoria.
La discordanza su un aspetto, è un terreno di esperienza fertile, che la può aiutare molto; la terapia non è un viaggio di nozze, non sempre almeno.
Auguri per il suo percorso
LM
di quello che scrive, che ha il carattere della denuncia oltre che essere una richiesta di aiuto, mi colpisce il fatto che ciò che lei lamenta non è il non aver ricevuto aiuto dal suo terapeuta. Lei sente anzi di aver ricevuto delle cose buone, ma sembra particolarmente scontento e irritato di essersi accorto che il suo terapeuta non aderisce completamente a ciò che per Lei dovrebbe essere la terapia di uno appartenente a quella specifica categoria.
La discordanza su un aspetto, è un terreno di esperienza fertile, che la può aiutare molto; la terapia non è un viaggio di nozze, non sempre almeno.
Auguri per il suo percorso
LM
Salve, mi dispiace per la situazione che riferisce ma si dia un’altra possibilità piuttosto che dirsi che ha perso tempo. Questo non le è utile. Ha voglia di farsi aiutare provi ad agire.
Resto a disposizione per eventuali dubbi
Cordiali saluti
Dott.ssa Daniela Chieppa
Resto a disposizione per eventuali dubbi
Cordiali saluti
Dott.ssa Daniela Chieppa
Buongiorno, comprendo il disagio da lei espresso e mi dispiace per l'accaduto, ma mi pare che nel profondo lei continui a sentire forte dei sentimenti di diversità e non comprensione che sarebbero da affrontare con un terapeuta dal quale si senta accolto. Comprendo che forse ha anche rabbia per ciò che ha sentito nella vecchia relazione terapeutica ma ruminare e pensare che tutti siano così non la aiuta. E se queste emozioni fossero anche (non solo) frutto di vissuti sperimentati da lei e proiettati sul professionista? Ci pensi.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Salve.
Senza dubbio ad un terapeuta, come ad ogni professionista della salute, sono richieste una serie di competenze specifiche. Tuttavia è impossibile per chiunque raggiungere un livello di conoscenza completo, non siamo dei tuttologi. Per tale ragione è fondamentale che, quando arriva un paziente, il terapeuta, prima di prenderlo in carica , si domandi se è lui la persona/prefessionista più adatto, se ha le conoscenze giuste (come dicevi tu conoscere ad esempio la differenza tra disturbo di genere, disforia di genere, ruolo sessuale ecc.. ... ), ma soprattutto se è in grado di entrare in relazione con lui. Probabilmente questa alleanza terapeutica non è fallita non tanto per le conoscenze che il terapeuta presumibilmente non aveva, quanto per il fatto che nella relazione si sono innescati dei meccanismi particolari in cui tu ti sentivi ancora in difetto perchè gay (cosa che a quanto ho capito sperimenti in famiglia) e si sono attivati una serie di vissuti di rabbia nei confronti del collega che forse però andavano trattati in modo più accurato. Come anche il tuo tentativo di non abbandonarlo... In terapia esistono fenomeni che noi psicologi e terapeuti chiamamo "proiezioni", "transfert"... che qui stavano "funzionando" per così dire nel modo più automatico possibile, solo che per qualche ragione non sono stati oggetto della terapia stessa. Non so in che modo avete interrotto la terapia, non so se ci sono i prerequisiti per riprenderla, ma sarebbe utile. Diversamente potresti provare a contattare qualche altro terapeuta, concediti lo spazio giusto per analizzare, approfondire e comprendere i tuoi vissuti.
Dott.ssa Michela Saviano
Senza dubbio ad un terapeuta, come ad ogni professionista della salute, sono richieste una serie di competenze specifiche. Tuttavia è impossibile per chiunque raggiungere un livello di conoscenza completo, non siamo dei tuttologi. Per tale ragione è fondamentale che, quando arriva un paziente, il terapeuta, prima di prenderlo in carica , si domandi se è lui la persona/prefessionista più adatto, se ha le conoscenze giuste (come dicevi tu conoscere ad esempio la differenza tra disturbo di genere, disforia di genere, ruolo sessuale ecc.. ... ), ma soprattutto se è in grado di entrare in relazione con lui. Probabilmente questa alleanza terapeutica non è fallita non tanto per le conoscenze che il terapeuta presumibilmente non aveva, quanto per il fatto che nella relazione si sono innescati dei meccanismi particolari in cui tu ti sentivi ancora in difetto perchè gay (cosa che a quanto ho capito sperimenti in famiglia) e si sono attivati una serie di vissuti di rabbia nei confronti del collega che forse però andavano trattati in modo più accurato. Come anche il tuo tentativo di non abbandonarlo... In terapia esistono fenomeni che noi psicologi e terapeuti chiamamo "proiezioni", "transfert"... che qui stavano "funzionando" per così dire nel modo più automatico possibile, solo che per qualche ragione non sono stati oggetto della terapia stessa. Non so in che modo avete interrotto la terapia, non so se ci sono i prerequisiti per riprenderla, ma sarebbe utile. Diversamente potresti provare a contattare qualche altro terapeuta, concediti lo spazio giusto per analizzare, approfondire e comprendere i tuoi vissuti.
Dott.ssa Michela Saviano
Salve, quello che più conta in una relazione terapeutica è l'alleanza che può stabilirsi o non può stabilirsi. Cerchi un altro professionista con cui fare un percorso e non valuti tanto le sue conoscenze ma la sua empatia, il suo entrare in sintonia con i suoi vissuti e con le sue emozioni, doti che secondo me un terapeuta dovrebbe avere.
Gentile utente, interessante la sua lettera, che pone riflessioni di valore. A livello emotivo avverto dalle sue parole, dispiacere, tristezza, rammarico e rabbia. Come se il suo terapeuta, messo sotto esame, fosse stato bocciato in competenze tecniche. Ma i primi tempi la terapia era andata bene e lei ne aveva tratto giovamento. La mia è solo una fantasia, fatta su poche righe, quindi potrebbe non aver alcun senso. Senta l'effetto che le fa, se ci si riconosce e sennò la scarti. Personalmente credo molto nell'aggiornamento, e lo faccio ogni anno, soprattutto sugli argomenti nuovi e quelli che "frequento" di meno nel lavoro quotidiano. Se mi arriva un paziente nuovo e mi porta una tematica che conosco poco, me la vado ad approfondire, ed è molto stimolante anche per me. Comunque come qui già detto, ci sono delle problematiche trasversali (siamo umani), e poi ovviamente delle specificità. e l'unicità della persona. In particolare andiamo a lavorare sul come la persona vive la condizione che ha, cercando un miglioramento della qualità della vita. Aggiungo come cosa fondante del processo di cura di questo lavoro la qualità della relazione che instauriamo con il pz. Se non c'è ascolto, risonanza, connessione, fiducia, interesse per la persona che hai di fronte, accettazione incondizionata, qualsiasi tecnica perde la sua efficacia.
In ogni caso, al di là della preparazione, c'è un'alchimia tra le persone che fa stabilire una connessione. Le auguro di trovarla quanto prima, per portare avanti il lavoro che ha fatto. Quello comunque non l'ha perso, perchè è dentro di lei. Rimango a disposizione, cordiali saluti dottt.ssa Silvia Ragni
In ogni caso, al di là della preparazione, c'è un'alchimia tra le persone che fa stabilire una connessione. Le auguro di trovarla quanto prima, per portare avanti il lavoro che ha fatto. Quello comunque non l'ha perso, perchè è dentro di lei. Rimango a disposizione, cordiali saluti dottt.ssa Silvia Ragni
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Caro utente, innanzitutto grazie per aver condiviso qua la sua situazione.
Come risposto da altri colleghi da una parte non sarebbe giusto giudicare il lavoro di un collega dall'altra, vero che è doveroso aggiornarsi, ma non possiamo sapere tutto, anzi alla larga da chi dice di essere preparato su tutto.
Lei è stato molto bravo a riferire quello che pensava al suo terapeuta, non i giudichi per il fatto che non ci sia riuscito subito, l'importante è che lo abbia fatto. Probabilmente, da quello che leggo, è stata lì la lettura e, forse, si sarebbe potuta gestire in maniera differente.
Quello che le posso dire e che avevano detto a me durante il periodo di formazione è questo: se lei va in panificio e compra del pane e quel pane non le piace, è lievitato male, è bruciato, ecc... cosa fa? non mangia più il pane o si reca in un altro panificio?
Spero di esserle stata di aiuto.
Dott.ssa Giada Valmonte
Come risposto da altri colleghi da una parte non sarebbe giusto giudicare il lavoro di un collega dall'altra, vero che è doveroso aggiornarsi, ma non possiamo sapere tutto, anzi alla larga da chi dice di essere preparato su tutto.
Lei è stato molto bravo a riferire quello che pensava al suo terapeuta, non i giudichi per il fatto che non ci sia riuscito subito, l'importante è che lo abbia fatto. Probabilmente, da quello che leggo, è stata lì la lettura e, forse, si sarebbe potuta gestire in maniera differente.
Quello che le posso dire e che avevano detto a me durante il periodo di formazione è questo: se lei va in panificio e compra del pane e quel pane non le piace, è lievitato male, è bruciato, ecc... cosa fa? non mangia più il pane o si reca in un altro panificio?
Spero di esserle stata di aiuto.
Dott.ssa Giada Valmonte
Grazie per aver condiviso la tua esperienza. Comprendo che sia una situazione complessa e delicata, e riconosco quanto possa essere difficile per te portarla alla luce. Parlare apertamente delle proprie difficoltà, specialmente su temi così profondi come l’accettazione di sé e dell’orientamento sessuale, è già un passo importante.
In generale, ogni percorso terapeutico è unico e la relazione con il terapeuta si basa su molte variabili, tra cui la sintonia e l’approccio condiviso. Può succedere che ci siano momenti di difficoltà o che non ci si senta del tutto compresi su temi particolari. Quando ciò accade, è naturale porsi delle domande e cercare un confronto.
Rispetto alla tua richiesta, posso rassicurarti che ci sono molti terapeuti con una formazione specifica sulle tematiche LGBTQIA+, e che chiedere se un professionista abbia esperienza su questi temi è legittimo e utile per trovare un terapeuta con cui ti senti a tuo agio. È importante che tu possa sentirti compreso e supportato nel tuo percorso di crescita personale.
Anche se hai attraversato un momento di blocco, il fatto che tu stia cercando di capire come riprendere il cammino è un segnale positivo. Potresti valutare l’idea di riprendere il percorso con un terapeuta che senti più in sintonia con i tuoi bisogni attuali. La tua esperienza precedente può aiutarti a chiarire cosa cerchi in un nuovo percorso terapeutico.
Ti incoraggio a non perdere la fiducia nel processo. Ogni esperienza può insegnarci qualcosa e guidarci verso scelte più consapevoli per il futuro.
Spero di esserti stata utile.
Sono disponibile anche online
Cordialmente
Dott. Tiziana Vecchiarini
In generale, ogni percorso terapeutico è unico e la relazione con il terapeuta si basa su molte variabili, tra cui la sintonia e l’approccio condiviso. Può succedere che ci siano momenti di difficoltà o che non ci si senta del tutto compresi su temi particolari. Quando ciò accade, è naturale porsi delle domande e cercare un confronto.
Rispetto alla tua richiesta, posso rassicurarti che ci sono molti terapeuti con una formazione specifica sulle tematiche LGBTQIA+, e che chiedere se un professionista abbia esperienza su questi temi è legittimo e utile per trovare un terapeuta con cui ti senti a tuo agio. È importante che tu possa sentirti compreso e supportato nel tuo percorso di crescita personale.
Anche se hai attraversato un momento di blocco, il fatto che tu stia cercando di capire come riprendere il cammino è un segnale positivo. Potresti valutare l’idea di riprendere il percorso con un terapeuta che senti più in sintonia con i tuoi bisogni attuali. La tua esperienza precedente può aiutarti a chiarire cosa cerchi in un nuovo percorso terapeutico.
Ti incoraggio a non perdere la fiducia nel processo. Ogni esperienza può insegnarci qualcosa e guidarci verso scelte più consapevoli per il futuro.
Spero di esserti stata utile.
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Dott. Tiziana Vecchiarini
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