Salve a tutti. Sono in un periodo di perdita della speranza... E’ che sono tanto affamata di affet

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Salve a tutti.
Sono in un periodo di perdita della speranza...
E’ che sono tanto affamata di affetto, compagnia, comprensione e ascolto. Per anni tutto questo mi è stato definito come una continua ricerca di attenzioni, compassione, conferme e approvazione, sono stata definita debole e quella a cui piace piangersi addosso e essere vittima di tutti e tutto.
Ho finito per credere a tutte queste affermazioni anch’io dopo 28 anni di vita.
Si, seguo una psicoterapia cognitivo comportamentale da inizio anno (ho iniziato a conoscere la psicoterapia nel 2015, ho provato diversi approcci), e si, seguo anche una cura farmacologica gestita dal mio psichiatra ovviamente e che mi sa a breve dovrò modificare, sempre con il suo aiuto logicamente.
Oggi mi sono fatta una lista di tutti i sintomi che ho, in realtà è una lista aggiornata nel corso degli anni grazie anche alla consapevolezza che ho acquisito. Premessa, di mia spontanea volontà lo scorso anno ho voluto farmi fare una psicodiagnosi da cui è uscito fuori depressione con tratti borderline.
- cheilofagia (mangiarsi le pellicine delle labbra)
- fame nervosa
- dipendenza da internet
- dermatillomania
- confusione mentale
- depressione
- pensieri suici**
- dipendenza affettiva
- idealizzazione e svalutazione delle persone
- timidezza (so che me lo chiederete, qui riesco a parlarvi di tutto perché sono in anonimo)
- paura dell’abbandono
- stanchezza fisica e mentale
- procrastinazione
- autostima assente
- disturbo evitante di personalità (diagnosticato nel corso degli anni da ben 2 differenti psicoterapeute)
- costante speranza e sfiducia
- pessimismo (dal 1995)
- mi sento incompresa, sola e anomala
- odio verso me stessa
- facilmente influenzabile
- onicofagia
- sensi di colpa
- perdita del controllo = frustrazione
- senso di inadeguatezza
- solitudine
- amaxofobia (paura di guidare)
- paura della sofferenza
- ansia sociale = somatizzazioni (sudorazioni fredde, meteorismo, borborigmi, nausea)

Tornando al mio post, sto scrivendo qui perché sto vivendo uno dei miei tanti odiati momenti no, è che mi sento davvero così sola e incompresa…
Ieri ho pianto tanto, ho ripensato a come fare per poter….avete capito, è che sono stanca, vorrei tanto dirvi il contrario ma mentirei a me e a voi pure. Mi sento così sbagliata, come dico spesso alla mia psicologa “un giocattolo rotto”, e quando hai qualcosa di rotto tra le mani la maggior parte di noi cosa fa? In pochi riparano.
RESISTENTE AL CAMBIAMENTO.
Questa frase l’avrò sentita non so quante volte all’interno di uno studio di psicoterapia, e a me è arrivata sempre come un “NON VUOI CAMBIARE!”.
Lotto con tutto questo da parecchio tempo e ieri parlavo proprio di questo a mia madre:
“Mamma io sono stanca, non ce la faccio ad andare avanti così, non posso stare con nessuno perché vivo male ogni cosa, nessuno vorrà mai stare con me perché idealizzo le persone e poi le svaluto, non posso vivere con la paura di essere abbandonata (a riguardo le ho parlato di traumi che ho vissuto in passato), io sono complicata…me lo dimostri tu ogni giorno che perdi la pazienza e ti arrabbi ma poi capisci e allora per questo vengo qui a parlarti. Non dire niente a F. (mio fratello), tanto lui non mi capisce e poi si arrabbia (è già successo un mucchio di volte in passato)…”
“Io ho paura di non essere mai capita da nessuno e questa cosa mi fa stare male…aiutami ti prego…dimmi come devo fare, cosa devo fare….?”
Mia madre: “Devi ascoltare quello che ti dice la psicologa, fai gli esercizi che ti da.”
Io: “Ma io li faccio ma non ci credo nel loro potere curativo, non ci ho mai creduto…in tutte le psicoterapie fatte fin’ora è stato sempre così, e se provo a dirla questa cosa si arrabbiano o comunque mi giudicano, come faccio ad essere sincera senza avere paura di essere giudicata male o di una qualsiasi loro reazione negativa? Lo so che sono io il problema ma nella mia testa tutto è così difficile, doloroso, confuso e inaccettabile, come faccio? Ecco perché poi ho quei pensieri e gli incubi e cado in una profonda depressione dove mi trascuro per giorni e non voglio più uscire di casa, senza dare più spiegazioni per non sentirmi ancora più sola e incompresa. Mi sento in trappola…. (tutto questo in lacrime) Non ne uscirò mai….”
“La psicologa è convinta che prima di avere questa ricaduta, quel benessere che ho provato sia stato merito suo e mio, ma io non ci credo e me ne da prova quello che sto vivendo adesso, lo vedi cosa mi succede quando il farmaco inizia a non fare più effetto? Ritorno ad essere un mostro.”
Mia madre: “Martedì andiamo di nuovo dallo psichiatra, risolveremo questa cosa”.
Ho provato a farvi un riassunto di tutta la mia storia ma ovviamente è impossibile.
Salve, grazie per aver condiviso la sua esperienza in modo così aperto e sincero.

La complessità delle emozioni e delle difficoltà che sta vivendo è evidente, e mi colpisce la sua lucidità nell'analizzarle, nonostante il peso che portano con sé. È importante riconoscere quanto coraggio stia mettendo in gioco nel continuare a lavorare su se stessa, nonostante i momenti di sconforto e la sensazione di essere in trappola. Questi percorsi, specialmente in contesti come la psicoterapia, possono essere lunghi e frustranti, e spesso la sensazione di non avanzare può scoraggiare.

Essere definiti "resistenti al cambiamento" può far sentire come se la responsabilità del proprio malessere fosse solo sulle proprie spalle, ma è cruciale ricordare che i cambiamenti psicologici e personali richiedono tempo, pazienza e spesso piccole conquiste invisibili agli occhi di chi li vive. La frustrazione che descrive nel non sentire un effetto immediato o duraturo dalle terapie o dai farmaci è comprensibile, soprattutto quando la fatica si accumula nel tempo.

La sensazione di essere "un giocattolo rotto" è dolorosa, ma è importante ricordare che non è una realtà immutabile. Il fatto che continui a cercare soluzioni, anche attraverso il confronto con sua madre e i professionisti che la seguono, è un segnale del suo desiderio di guarigione, anche se può sembrare distante in questo momento.

Se sente di non poter esprimere pienamente i suoi dubbi o frustrazioni in terapia per paura di essere giudicata, le suggerirei di provare a condividere anche questa preoccupazione con la sua psicologa. La terapia dovrebbe essere uno spazio sicuro in cui può sentirsi libera di esprimere ogni emozione, inclusa la sfiducia o la resistenza che prova. Questo potrebbe aprire un nuovo dialogo tra voi e consentire un lavoro più profondo sui suoi vissuti.

Non è sola in questo percorso, e ci sono molte persone, tra cui i professionisti che la seguono, che vogliono e possono aiutarla a trovare una strada che funzioni per lei. Anche i piccoli passi contano.

Resto a disposizione per qualsiasi altra riflessione.

Un saluto,
dott. Giuseppe Saracino

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Buonasera.
È normale sentirsi sopraffatti in momenti come questo, soprattutto con un lungo percorso di terapia e farmacologico.
Le suggerisco di non mollare e di continuare a dialogare apertamente con la sua psicologa e lo psichiatra: esprimere i suoi dubbi e la fatica che sta provando potrebbe aiutarli a capire meglio come sostenerla. Non dimentichi che anche i piccoli progressi sono significativi. Continui a condividere le sue difficoltà in terapia, anche quando non crede nel potere degli esercizi, perché la sincerità è fondamentale per adattare il percorso alle sue esigenze. Il fatto che abbia già cercato aiuto dimostra la sua forza e determinazione, e questo è il primo passo verso un miglioramento. Il suo benessere richiede tempo e pazienza, e condividere apertamente con la sua terapeuta ciò che prova, inclusi i suoi dubbi, è un passo fondamentale.
Un caro saluto, d.ssa Raileanu
Salve gentile utente, da questa brevissima descrizione di quella che e' si descrive soltanto in termini negativi: è un giocattolo rotto, resistente al cambiamento e non una persona ma un insieme di sintomi e giudizi estremamente pesanti e negativi. Ogni parola sembra dover confermare la sua idea di essere difettosa e impassibile di aiuto.
Il percorso terapeutico insieme a quello psichiatrico è il miglior percorso che potesse prospettarsi: la terapia farmacologica viene riadattata in base alla persona, a come risponde, ai cambiamenti e a tanti altri fattori e non è la persona a doversi adattare ad essa. Per quanto riguarda la psicoterapia, questo è uno spazio che intrinsecamente richiede la sospensione del giudizio
da parte della terapeuta ed e' uno spazio in cui poter essere vulnerabile senza il timore di avere ripercussioni. Inoltre, lei e la terapia siete alleate e avete bisogno di tempo per lavorare e vedere cambiamenti significativi. Impieghiamo la maggior parte della nostra vita a costruire schemi maladattivi, come possiamo pensare di decostruirli in poco tempo?
Buona sera, cara utente, c'è un misto di cose, un legame chiaramente non molto d'aiuto con tua madre, per quanto bene ti voglia, una inflazione diagnostica e una sfiducia in te stessa. Mi farebbe piacere che mi scrivesse, però le voglio dire chiaramente: se non è lei la prima a poter credere in un miglioramento, non ci sarà psicoterapeuta, psichiatra, farmaco, e manco madre che tenga.
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Buongiorno,
credo sia opportuno continuasse la psicoterapia insieme al trattamento farmacologico. Questi suoi dubbi e questi suoi pensieri andrebbero portati in seduta. Sarebbero un importante spunto di riflessione su cui soffermarsi e da cui ripartire. L aspetto più importante di una psicoterapia è l' alleanza terapeutica che viene a crearsi tra paziente e terapista. Si affidi, vedrà che con il tempo riuscirà ad uscire dalla morsa del suo malessere.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Salve, non so se ha mai sperimentato l’approccio Sistemico relazionale. Io credo possa esserci un problema legato allo svincolo e alla separazione dalla famiglia d’origine. Un bisogno profondo di riconoscimento del valore di te e della possibilità di scegliere e di farcela da sola. La sua età è proprio quella che nel ciclo di vita viene ritenuta di passaggio nell’età adulta. La gabbia cui si riferisce potrebbe essere quella. Buona fortuna!
Buongiorno, credo che l approccio migliore sia la sinergia tra farmaco e psicoterapia. L alleanza terapeutica è di fondamentale importanza e nello spazio terapeutico avrà modo di affrontare gli attacchi al legame in terapia e quindi nella sue relazioni interne ed esterne. Non è sola, la fiducia si costruisce insieme passo dopo passo come la speranza di aprire a qualcosa di nuovo e di diverso rispetto ad un passato doloroso. La terapia psicodinamica o psicanalitica è un percorso che va a costruire un legame più solido e a dare senso e significato ai suoi pensieri e vissuti. Buona fortuna. Dottoressa Alessia Leonardi
Gentile giovane donna, so che è molto difficile trovarsi in momenti così dolorosi, soprattutto se durano da tanto tempo. Sa, in Giappone, quando un vaso di ceramica si rompe lo si ripara incollando i pezzi e colorando le crepe con della polvere d'oro perchè si pensa che un vaso rotto possa diventare ancora più bello di quanto non fosse in origine. Ci si può sentire "rotti" come lei dice, tuttavia è importante tenere a mente questo. Le suggerisco di aprirsi liberamente con la sua psicoterapeuta ed esprimere tutti gli eventuali dubbi poichè in terapia non vi è giudizio di sorta. Questo le darebbe modo di lavorare proprio sulla fiducia (in se stessa, nella psicoterapeuta, nella terapia, nella vita) un nucleo importantissimo per poter stare meglio. Le auguro di riuscire, con il tempo e il lavoro che sta facendo, di sentirsi accolta e amata anche, e forse soprattuttto, da se stessa. Cordialmente
Dott.ssa Sara Quaranta
Gentilissima, capisco quanto possa essere dura vivere con il peso di tante emozioni contrastanti, e il fatto che abbia avuto il coraggio di raccontare la sua esperienza è già un segno di forza. Essere affamata di affetto e comprensione è umano, e i giudizi che ha ricevuto non devono definire il suo valore. Sta già compiendo un passo importante seguendo una terapia e curandosi farmacologicamente. La lista che ha creato è una testimonianza del suo livello di autoconsapevolezza, un aspetto fondamentale nel percorso di guarigione. Le resistenze che sente verso la terapia sono comprensibili, soprattutto quando il percorso sembra tortuoso. Ma è proprio nei momenti di difficoltà che la sincerità con la sua terapeuta diventa essenziale: ogni piccola apertura può portare a cambiamenti significativi. Si ricordi che non è sola in questo cammino e che ci vuole tempo per vedere i risultati. Un caro saluto, Dott. Fabio di Guglielmo
Se molte terapie non hanno funzionato le consiglierei di provare la Terapia della Gestalt laddove si occupa dei rapporti con figure significative, soprattutto genitoriali. Trova un mio articolo su "L'importanza delle figure genitoriali in psicoterapia" su internet
Gentilissima utente, ha descritto molto bene la sua condizione di malessere e il forte desiderio di essere ascoltata, capita, amata. Ciò che ha fatto fin adesso non è stato vano e non deve perdere le speranze! Il rapporto tra farmaci e psicoterapia mi sembra un'ottima scelta, a volte occorre del tempo per sentire gli effetti sia degli uni che dell'altra. A tal proposito, la inviterei a parlare apertamente dei suoi dubbi sull'efficacia del percorso con la sua psicoterapeuta, in modo da poter "aggiustare" l'alleanza tra voi due e da ciò ripartire.
Buona vita,
Dott.ssa Mariella Farinella
Salve, grazie della sua testimonianza, molto dettagliata. Continui la psicoterapia, con qualche chiarimento con la psicologa e la terapia farmacologica. La combinazione delle due dà i risultati migliori. Ci vuole tempo. Cordiali saluti dott.ssa silvia Ragni
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Buongiorno, ho letto quanto ha scritto e mi spiace per ciò che sta provando. Ciò che le posso consigliare, oltre a continuare il suo percorso psicoterapeutico, è non soffermarsi esclusivamente sulle etichette diagnostiche e di considerare il "giocattolo rotto" come il suo schema, che può essere visto come la rappresentazione di Sè, degli Altri e della relazione tra sè e l'Altro: le esperienze di vita, i bisogni fondamentali insoddisfatti possono essere aver incrinato il suo schema. Ha ragione: i ricordi, le esperienze dolorose, non possono essere modificati. Tuttavia, possono essere modificate le influenze che questi hanno avuto su di Lei, adesso, nel presente. Vi sono molte tecniche per affrontare e gestire il dolore, come percorsi di Mindfulness, di Imagery Rescripting per aiutarLa a "stare" nelle emozioni senza percepirle come intollerabili. Bisognerebbe intraprendere un percorso di autoregolazione emotiva, per centrarsi e alleviare la sensazione di "impotenza" che potrebbe provare. Per quanto riguarda il senso di solitudine che prova, magari non si può comprendere a pieno il Suo dolore, ma il terapeuta può stare con lei mentre lo prova; attraversando il dolore acquisterà la Sua forza.
Se ha bisogno di ulteriori informazioni, resto a Sua disposizione.
Dott.ssa Chiara Lo Re
Torino e Asti
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Ciao,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità la tua esperienza.
È comprensibile quanto sia difficile affrontare tali momenti di sofferenza, soprattutto nonostante la psicoterapia in atto e la terapia farmacologica,..... tanto da farti dubitare della possibilità di farcela. E' quasi fisiologico che nelle situazioni di crisi intensa, si perdano di vista i progressi che, senza dubbio, hai compiuto.
Sono proprio questi piccoli passi, uniti alla tua forza interiore, che ti stanno però aiutando a tenere viva in te la voglia di continuare a confrontarti con specialisti per fare chiarezza (qs alla luce della tua presente richiesta di aiuto).
Piuttosto che considerarti un “giocattolo rotto,” meriti di trattarti con gentilezza e compassione. Porta ciò che hai condiviso all’attenzione dei professionisti che ti stanno accompagnando: sei in un percorso che richiede tempo e pazienza, e non sei sola, se continuerai ad affidarti e confrontarsi anche sulle difficoltà incontrate.
Cari saluti

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