Perchè molta gente non sa nemmeno il motivo per cui va in terapia? Giorni fa parlando con un altr

19 risposte
Perchè molta gente non sa nemmeno il motivo per cui va in terapia?

Giorni fa parlando con un altro paziente alla domanda "Secondo te che aiuto da lo psicologo/psicoterapeuta?" ho ricevuto questa risposta: "Non lo so..".
Tutto questo mi fa riflettere molto.
E voi, cosa ne pensate?
Se chi le ha dato la risposta è in terapia potrebbe non volerle dare una risposta più articolata per motivi di privacy, oppure perchè la terapia per avere effetto ha bisogno di tempo e di consapevolezza, che inizialmente può non essere completa. Inoltre non saper il perchè può anche essere segno della stessa confusione per cui si può iniziare un percorso di terapia. La mia opinione di psicoterapeuta psicodinamico è che una buona psicoterapia non fa male a nessuno, perchè al minimo serve a conoscersi meglio.

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La gente va ad affrontare un lavoro di terapia costoso e impegnativo pressoché sempre con un’intenzione ben precisa.
Poi col terapeuta si valuta la domanda soggiacente, inconsapevole, profonda.
È sempre così.
Ci rifletta...
Le dinamiche che sottendono il reale cambiamento in psicoterapia spesso sono inconsce, quindi "non lo so" mi sembra una risposta più che normale. In psicoterapia psicoanalitica il principale fattore di cambiamento è quello di rivivere nel transfert le dinamiche psichiche patogene e prenderne coscienza tramite l'interpretazione dell'analista, sperimentando contemporaneamente con l'analista una relazione differente. In tutto questo la cosiddetta "forza di volontà" opera solo in quanto costanza nel sottoporsi al trattamento. In maniera apparentemente paradossale per una determinata persona potrebbe essere molto utile poter finalmente attaccare un genitore sentito come autoritario senza essere per questo rifiutato. In quel periodo dell'analisi tale soggetto potrebbe dire che il suo analista è duro ed autoritario come la madre. Il compito dell'analista in quel periodo dell'analisi è farsi attaccare dal paziente senza "restituirgli" la rabbia che gli viene rivolta, ma contenendola, e in un secondo tempo trasformarla in pensiero e rappresentazione. Questo naturalmente è solo un esempio di fantasia, che spero però metta un pochino di luce sulla complessità del processo terapeutico (in questo caso analitico) e dell'impossibilità di giudicarlo non solo dal di fuori, ma anche, per lungo tempo, dal di dentro. Cordiali saluti
Gentile utente la risposta non e’ scontata. Il motivo apparente, la domanda iniziale spesso non corrisponde alla ‘vera’ domanda latente. Spesso L ‘aspetto sintomatologico o l’evento critico che ha attivato la domanda apre scenari molto antichi da affrontare ed elaborare.
E’ anche vero che la necessità di domandarsi da cosa gli altri sono spinti a svolgere un percorso terapeutico può nascondere un necessita’ non ancora consapevole.
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Salve, la risposta non è assolutamente scontata, i motivi possono esseri vari. La terapia potrebbe aiutare la persona a chiarirsi alcuni dubbi.
Buona giornata.
Dott. Fiori
Buongiorno, dipende da molti fattori.
La terapia cognitivo costruttivista ad esempio è molto attenta a chiarire questo punto fin dall'inizio: chiarire gli obiettivi serve in primis al paziente!

Cordialmente
Dott. ssa Stefania Romanelli
Gentile Signore/a in un incontro fra terapeuti molto esperti uno di loro racconta un sogno di fine analisi. Questo inizia con il paziente e l'analista che si incontrano davanti ad un portone. Entrambi entrano all'interno di questo caseggiato e attraversano molti corridoi e stanze diversa fra loro rimando sempre vicini. Escono in un cortile e scendono lungo una scalinata piena di piani e con diverse inclinazioni fino a giunger in un piccolo cortile molto in profondità con un fontana che zampilla. Risalgono lungo un'altra scalinata e giungono ad un cancello sempre camminando vicini. Il paziente apre il cancello ed esce dal caseggiato allontanandosi e salutando l'analista. Per quel paziente era un camminare insieme fino ad un punto molto profondo ed andare. In sostanza è un fare insieme per capire le cause e trovare nuovi equilibri. Un cordiale saluto
Non sono d'accordo sull'affermazione "molta gente non sa nemmeno il motivo per cui va in terapia". La gente decide di intraprendere la psicoterapia per un motivo ben preciso: perché percepisce una sofferenza esistenziale dalla quale vuole uscire per migliorare la propria qualità della vita.
A cosa serve la psicoterapia? Domanda interessante! Esistono molte tipologie di psicoterapie; d'altra parte sono convinto che al di là degli indirizzi teorici dello psicoterapeuta, molto contano le sue caratteristiche umane e relazionali: occorre non solo sapere e saper fare, ma anche saper essere.
La psicoterapia che propongo ai miei pazienti si basa sui seguenti concetti fondamentali. Essa attraverso specifiche modalità, tecniche e contesti (setting), restituisce, in primo luogo, alla coscienza della persona in cura gli elementi complessi e inconsci che la penalizzano: le sue paure, le angosce, i traumi, i conflitti, le strategie di sopravvivenza, le tattiche difensive e i dogmi che il soggetto ha pian piano creato in sé senza rendersene conto.
Sono questi, in buona sostanza, i fattori che generano una interazione disfunzionale con la realtà (interiore ed esteriore). Maggiore è l’influsso di questi elementi inconsci sulla nostra vita e maggiore sarà l’alterazione esistenziale; essa darà segno di sé attraverso vissuti, condotte e stili connotati da rigidità, automatismo, disistima, ansia, conflittualità, schematismo, eccessiva tensione, auto ed etero castrazione, conformismo, smarrimento di valori e senso dell’esistenza, tristezza, dogmatismo, senso di colpa, stasi, rinuncia e chiusura autarchica.
Si attua, in sintesi, una coazione a ripetere, in tutte le occasioni significative, di una sorta di copione sempre insoddisfacente. Tutto ciò si concretizza in ultima analisi nello star male, poiché non solo questi complessi inconsci sono estremamente destabilizzanti, ma anche perché allontanano dal e celano all’essere umano il suo stesso nucleo più sano, genuino e fecondo di sé (quello che Edward Bach, medico gallese e fondatore della Floriterapia, denominava Vero Sé); essi, inoltre, bloccano e disattivano l’Inconscio Superiore (cioè quell’insieme di qualità positive e risorse ipotizzate dallo psichiatra Roberto Assagioli, fondatore della Psicosintesi). Questo percorso, pur partendo dalle fonti della sofferenza, punta, nondimeno, con il massimo della determinazione, alla salutogenesi; l’obiettivo è, difatti, illuminare e attivare i talenti, le vocazioni, le risorse, l’autenticità, la flessibilità, l’indipendenza e la creatività della persona.
È, inoltre, estremamente rilevante sottolineare che il prevalere di elementi destabilizzanti apporta un disordine generalizzato e progressivo nel sistema Psico-Neuro-Endocrino-Immunologico e nella struttura ossea, muscolare e articolare. Il sistema tende così ad auto intossicarsi, a essere particolarmente permeabile alle tossine provenienti dall’esterno, a indebolire le sue difese immunitarie, a impoverirsi di elementi nutrizionali, a ossidarsi, ad acidificarsi e a distorcersi da un punto di vista strutturale e posturale.
Occorre perciò tener presente che le direzioni che portano al malessere o viceversa alla salute sono, certamente e in primo luogo psico-somatiche, ma anche somato-psichiche. La Psicoterapia che attuo, sposando queste tesi, può essere definita globale poiché le persone sono da me considerate una irripetibile individualità e una inscindibile globalità emozionale, esistenziale, sociale, strutturale, bioenergetica e biochimica.
A partire dagli assunti metodologici illustrati e avendo, in quando medico, arricchisco e rendo veramente olistica la psicoterapia con la prescrizione, ove necessaria, di rimedi naturali. La Floriterapia di Bach, l’Omeopatia Omotossicologica, la Nutraceutica, la Fitoterapia e la Psicoprobiotica mi permettono di offrire al paziente l’attuazione di una forte sinergia che produce i seguenti reali benefici: il lenimento sintomatico, la rivitalizzazione metabolica, il recupero delle forze e del buon umore e una benefica disintossicazione. Tutto ciò rafforza, velocizza e completa il percorso di consapevolezza che, come abbiamo già visto, è alla base del depotenziamento dei fattori destabilizzanti e dell’attivazione di dinamiche virtuose e benefiche. Spero di essere stato chiaro. Cordiali saluti.
Buonasera, i motivi che portano a sentire il bisogno di una psicoterapia possono essere di varia natura. Non sempre è facile esprimere a parole il motivo, ma ciò che spesso conduce a richiedere un percorso di questo tipo è generalmente uno stato di sofferenza più o meno intenso che può essere anche difficile descrivere a parole. La psicoterapia serve anche a dare voce, parole e significato al malessere che si sente; accoglie la persona nella sua sofferenza e la sostiene nel raggiungimento di un maggiore benessere.
Caro utente,
a prescindere dalla risposta data dal suo conoscente, l’analisi della domanda è un passo fondamentale che si compie durante i primi incontri di consulenza psicologica. Ciò serve a comprendere la reale motivazione del paziente e aiuta professionista e paziente a fissare degli obiettivi terapeutici. Tali obiettivi possono sicuramente essere soggetti a cambiamenti, tuttavia ci aiutano a capire se stiamo andando nella giusta direzione e strutturano il percorso psicoterapeutico.

Resto a disposizione.
Un caro saluto. Dott.ssa Francesca Tardio
Buonasera, non credo che non lo sappia, magari si avverte un disagio o un abbassamento del tono dell'umore, che da soli non si riesce a capire cosa ce lo sta provocando. I problemi potrebbero essere molti, ed insieme con lo psicoterapeuta si riesce ad elaborare dolori e traumi che da soli non siamo riusciti a contattare. Inoltre è un rapporto così privato tra paziente e psicoterapeuta, che non si ha voglia di parlarne e di dare spiegazioni ed allora si risponde in maniera evasiva. Per portare a termine il percorso di terapia ci vuole tempo, danaro ed è in certi casi anche doloroso. Quindi non credo che si fa senza sapere il perchè, distinti saluti, dott. Eugenia Cardilli.
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Salve come scritto sopra dalla collega non credo che la persona non sappia perché decide di rivolgersi ad un professionista spendendo tempo e denaro. Con il mio metodo di lavoro ( EMDR)una delle prime domande sono quali sono gli obiettivi terapeutici. Non si annaspa nel buio ma si fa un percorso, a volte anche doloroso, della propria vita. A volte a condurre una persona in terapia può essere anche un sintomo fisico (gastrite, emicrania, colite e altri).
Dott.ssa Milvia VERGINELLI
Buonasera, trovo la questione molto complessa e interessante.

In primis distinguerei il sapere il motivo della consultazione da parte del paziente, con il sapere che tipo di risposta ci si aspetta dal professionista.

Il paziente può chiedere aiuto proprio perché sente un malessere che non sa decifrare né capire. Pertanto è lecito che non sappia bene cosa lo muove, se non il suo malessere, né tantomeno sa cosa aspettarsi, almeno fino a che non possa trovare un modo per rappresentare a parole il suo disagio emotivo e possa esprimerlo grazie al lavoro con il professionista.

Allo stesso modo è comprensibile che il paziente non sappia "come" il professionista possa aiutarlo, nel senso che non necessariamente deve essere un esperto in materia o deve essere istruito dal terapeuta sugli strumenti della terapia (tale aspetto varia in base alla tecnica terapeutica scelta e riguarda anche una questione di etica professionale).

Studi scientifici affermano che due fattori molto importanti per far riuscire una terapia, sono sia la personalità del paziente, che la relazione che si crea con il terapeuta.
In un'ottica minimalista, la psicoterapia è considerabile come un'esperienza, un'occasione per poter vivere aspetti di sé e apprendere conoscenze su di sé all'interno di una relazione sicura e protetta.
Il mio punto di vista è che non è facile parlare della motivazione più vera per cui ci si rivolge ad un terapeuta, né è facile parlare del tipo di aiuto che questo fornisce, proprio come se dovessimo astrarre la questione di quanto e come un'esperienza di vita ci stia servendo, mentre la stiamo vivendo.
Questo aspetto del dare significato inoltre è sia soggettivo che co-costruito con il terapeuta e ha senso monitorarlo all'interno della relazione terapeutica, proprio perché non è sempre così misurabile, né osservabile dall'esterno.

Spero di essere stata chiara e di aver messo in evidenza l'aspetto particolarmente personale e relazionale della risposta alla domanda che lei pone. Cordialmente,

Dott.ssa Sara Larice
Si arriva in terapia,mi creda, sempre a causa di un malessere,una sofferenza o un sintomo. È probabile che la persona non sia in grado di dare un nome a quanto sente e percepisce, ma la condizione interna è esperita e sentita. È compito dello psicologo psicoterapeuta analizzare le motivazioni e aiutare il paziente a definire il suo malessere. Se opportuno anche esplicitare l'ipotesi diagnostica. Che una persona in terapia non sappia perché ci va mi pare improbabile. Forse banalmente, con la non risposta, la persona da lei interrogata ha voluto preservare privacy e spazio terapeutico. Cari saluti
Buonasera, quali sono le sue riflessioni?Sarebbe un utile spunto per noi terapeuti, il punto di vista dei pazienti è sempre un'opportunità di confronto e crescita. Cordiali saluti dottoressa Adriana Casile
Gentile utente di mio dottore,

solitamente quando un paziente viene in terapia può attraversare una fase di confusione in virtù della quale potrebbe non aver chiaro il problema prinicpiale che lo ha portato a richiedere aiuto. I colloqui iniziali essenzialmente oltre ad avere uno scopo prettamente conoscitivo hanno l'obiettivo di definire bene la problematica e di guardare insieme col paziente a quali possono esser gli obiettivi da dover raggiungere mediante il percorso psicoterapico stesso. Questo solitamente è quello che viene definita da noi terapeuti analisi della domanda. Quest'ultima consente al terapeuta ed anche allo stesso paziente di approfondire l'origine della richiesta.
Nella speranza di aver con queste poche righe risposto al suo quesito le pongo Cordiali Saluti

Dott. Diego Ferrara
Buongiorno, è frequente l'ingresso in terapia con uno stato di malessere che non riesce ad essere bene identificato. Altre volte la ragione che causa sofferenza è già chiara all'inizio del percorso ma non si sa come affrontarla La Psicoterapia aiuta a dare dei nomi alla sofferenza ,potendola, così individuare.I benefici del lavoro terapeutico si vedono nel tempo e consistono nella possibilità di accedere ad una visione nuova. Il soggetto sa sempre quale sia la causa del dolore e quali possano essere le soluzioni: sa! ma non sa di saperlo. Ciò che non sappiamo, tuttavia, ha un ruolo molto importante nella nostra esistenza e parte del percorso consiste proprio nel restituire dignità a ciò che ci è oscuro perchè giacimento di potenziale creatività.
Gentile utente, spesso i pazienti arrivano per un motivo ben preciso : un sintomo, una situazione difficile da vivere... E spesso ci si ritrova anche a rinnovare o cambiare quella che era la domanda iniziale di aiuto. Quello che uno psicoterapeuta dà è un cambiamento, un luogo di ascolto e di crescita. I pazienti stanno meglio e il loro benessere è l'obiettivo più gratificante che si possa raggiungerà, sia per colui che chiede aiuto che per il professionista che lo segue.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buona sera, in situazioni di forte disagio nonchè durature nel tempo sarebbe importante rivolgersi ad uno specialista per poter meglio comprendere ed elaborare questa sua problemtica. Preferibilmente le consiglierei di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta così che possa intraprendere un percorso di terapia anche in videochiamata WhatsApp. Cordiali saluti, Dott.ssa Beatrice Planas. Psicologa psicoterapeuta per consulenze online

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