Perchè la psicoterapia nel corso degli anni è diventata un'ossessione per me? Faccio psicoterapia a

19 risposte
Perchè la psicoterapia nel corso degli anni è diventata un'ossessione per me?
Faccio psicoterapia affiancata ad una terapia farmacologica dal 2016, prima ero convinta si trattasse solo d'ansia, poi sono venuti fuori altri disturbi, tra cui "tratti borderline", disturbo evitante, doc, marcata depressione, tutti diagnosticati ovviamente. Nel corso di questi anni ho effettuato diverse psicoterapie, tra cui psicodinamica (4 anni), sistemico-relazionale(un paio di mesi), della gestalt(1 anno e mezzo), e l'ultima la cognitivo comportamentale (con oggi sono 9 mesi).
Ovviamente ho speso un mucchio di soldi...e questo aspetto inizia a pesarmi molto...perchè non vedo una reale fine, ma solo un appoggio per affrontare la vita di tutti i giorni dato che da sola non ce la faccio.
Mi sento senza speranza nonostante tutti mi dicano che le cose miglioreranno, io vivo questa vita dall'età di 13 anni, adesso ne ho 29, dove sono i miei "anni più belli"? E dove sono i miei "ricordi felici"?
Mia madre mi ha sempre detto, "Smettila di pensare al suicido, non pensi a come staremmo poi noi?"...
Buongiorno, grazie per la sua condivisione.
Posso capire i dubbi che ha sulle terapie e sentirsi che queste non le stiano portando dei cambiamenti, che lei si aspetta, ma potrebbe iniziare a pensare che già il fatto di essere accompagnata ad affrontare la vita di tutti i giorni sono dei passi per stare meglio. Può essere stancante, anche, dovere affrontare le esperienze vissute e mollare, forse, sarebbe un sabotaggio, perchè lei non è le sue diagnosi è molto di più.
Un abbraccio

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Buongiorno e grazie per la domanda. Dire "non ce la faccio da sola" potrebbe rappresentare un timore che, senza l'appoggio di qualcuno, potrebbero riattivarsi emozioni, sensazioni spiacevoli e dolorose che vengono ritenute ingestibili e intollerabili; per tale ragione, alcune difese, per proteggerla, ricercano l'appoggio di un esperto. Finchè tali emozioni vengono soffocate, inibite e non accettate, la paura di quanto possano essere pericolose rimane, così come i pensieri relativi ad essa. Ciò, tuttavia, può essere modificato e ricostruito, lasciando le difese un po' più tranquille in maniera tale da poter sperimentare emozioni che, anche se dolorose, come arrivano, se ne vaannoo. Le risorse le ha sicuramente, bisogna solo "tirar fuori" i suoi punti di forza, in maniera tale da acquisire potere su di Sè. I ricordi non possono essere cambiati, ma le influenze di questi ultimi sulla vita attuale possono essere modificate.
Se ha ulteriori domande, resto a disposizione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Chiara Lo Re
Psicologa Psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Torino e Asti
Consulenze online
Gentilissima Utente,
mi dispiace profondamente leggere delle Sue difficoltà e della Sua sofferenza e posso solo immaginare quanto sconforto e frustrazione possa provare, e vorrei condividere qualche ragionamento con Lei.
Identificare e comprendere un preciso quadro diagnostico, ovvero la natura del problema, è una condizione imprescindibile per poter imposare un lavoro terapeutico serio ed efficace. Se non ci è chiaro in che cornice si trovi la natura die nostri problemi è pressochè impossibile arrivare ad un cambiamento profondo e solido; come possiamo migliorare un qualcosa, senza neanche sapere cosa è che vogliamo cambiare.
Faccio questa riflessione per il semplice fatto che Lei ha nominato diverse categorie diagnostiche che possono essere in certi casi presenti simultaneamente, ma altre che rappresentano descrizione di problemi molto diversi tra loro, dunque avere chiaro innanzitutto quale sia la natura della Sua sofferenza penso sia fondamentale per evitare si possa lavorare a vuoto, in un senso sbagliato.
Mi lascia un profondo dispiacere leggere frasi come „...perchè non vedo una reale fine“ poichè potrebbe significare che i Colleghi a cui si è affidata fina ad oggi non la hanno saputa guidare nella definzione di precisi obbiettivi terapeutici da perseguire miratamente e con continuità, sfociando probabilmente in percorsi poco strutturati e fini a se stessi.
Le faccio i miei migliori auguri
Un caro saluto
Mauro Fadda
Gentilissima utente, mi sembra che lei si trovi da anni in una situazione in cui le siano state “appiccicate” una serie di etichette. Per etichette intendo dire le patologie che le hanno diagnosticato e che hanno preso le sembianze di vere e proprie malattie e, in aggiunta, dalle sue esperienze terapeutiche ha sperimentato che non se ne vanno nonostante le rassicurazioni di miglioramento. In più si aggiungono i sensi di colpa di cui fa esperienza all’interno della famiglia e che le mostrano quanto chi le è vicino sia preoccupato per lei ma anche per se stesso.
Immagino la fatica, forse sarebbe più appropriato dire angoscia, con cui lei deve fare i conti sistematicamente. La psicoterapia dovrebbe essere un processo in grado di aiutarla a diventare autonoma nelle scelte della vita e raggiungere il benessere desiderato ma questo non succede, anche se le viene restituito che le cose migliorano.
Con tutto il cuore le auguro di incontrare il o la professionista giusta con cui affrontare e risolvere le sue esigenze. Se sta ancora prendendo farmaci sarebbe molto utile che terapeuta e psichiatra creassero una rete in grado di rendere più efficace il trattamento del “prendersi cura di…”
Le faccio un grande in bocca al lupo e la saluto cordialmente.
Gentilissima,
capisco la fatica e mi dispiace per lei.
C'è da chiedersi se questa instabilità relazionale attivatisi anche con i suoi terapeuti non possa però che alimentare il suo disagio; ne parli con il curante attuale.
Ringrazio

Cari saluti

Cara, grazie per la condivisione. Siamo proprio sicure che da sola non ce la faccia? Provi, si dia la possibilità, sbagli, cambi le cose: l'esistenza è un movimento che ricade su se stesso. Cominci con il chiedersi cosa vorrebbe da un percorso di terapia e magari a condividerlo con il/la professionista con cui sta condividendo questo difficile momento. La psicoterapia non può diventare un'ossessione, dovrebbe essere un luogo certo di fatica ma anche di liberazione. Un caro saluto.
Gentile utente,
la sua esperienza racconta una sofferenza di lunga data, affrontata con tenacia attraverso vari percorsi terapeutici, e capisco quanto possa sentirsi scoraggiata di fronte a un miglioramento che sembra sempre parziale. Unendo il metodo sistemico-relazionale all’EMDR, è possibile esplorare in modo mirato alcuni vissuti emotivi e lavorare sia sulle relazioni che su ciò che appare ancora irrisolto, con l’obiettivo di ridurre il peso che queste esperienze esercitano nella sua vita quotidiana.
Comprendo anche il carico economico di questi anni di percorso e sono disponibile a valutare insieme una soluzione flessibile che le permetta di affrontare questo percorso senza ulteriore preoccupazione. Se lo desidera, possiamo organizzare un primo colloquio per approfondire il suo vissuto e capire come costruire un cammino su misura per lei, con il supporto di una metodologia integrata che rispetti la sua storia e le sue necessità.
Resto a disposizione, e le auguro di trovare il sostegno che merita.
Dott.ssa MIroddi
Più che un'ossessione potrebbe non essere riuscita a scioglere alcuni nodi fondamentali e quindi potrebbe avere preso la forma di un supporto psicologico e non una terapia vera e propria. Bisogna stare attentio anche agli aspetti di dipendenza che possono svilupparsi e che vanno gestiti.
Buonasera, capire come mai la psicoterapia possa essere diventata così centrale per lei è importante. Potrebbe essere che, vista la sua storia e il suo impegno terapeutico, la terapia sia diventata una sorta di “ancora” o di luogo sicuro.
Se percepisce la terapia come un luogo dove solo affrontare momenti di crisi quotidiana, potrebbe essere utile esplorare obiettivi specifici e concreti insieme alla terapeuta per trovare un equilibrio tra il sostegno nel presente e un progressivo sviluppo verso l'indipendenza emotiva.
Un caro saluto
Gentile utente, posso solo immaginare lo sconforto e la fatica che sente. Soffrire molto molto tempo fa sembrare e sentire che nulla funzioni, che nulla abbia effetto. Ma ogni percorso è in evoluzione. Sicuramente lei non è la stessa persona che era a 13 anni, questo non significa che il dolore non ci sia più ma è diverso. Un passo alla volta la scala si sale. Per fortuna la scala si può solo salire. é faticoso ma porta al progressivo cambiamento. Si guardi e si fidi delle piccole cose che cambiano in lei. Cordialmente Dott.ssa Alessia D'Angelo
salve la sua descrizione aiuta a capire la sua sofferenza in tutti questi anni e anche la sfiducia che nutre verso la psicoterapia nonostante le serva per sostenere i suoi stati d'animo.
E' vero pure che la psicoterapia aiuta anche a dare un senso storico alla sofferenza e dare un nuovo senso alla nostra esistenza aiutandola a trovare in se risorse o motivazioni che possono essere costruite e sostenute quando accade di aver nuove energie ad un certo punto della vita.
Pertanto, pur dovendo sostenere un impegno economico significativo, le consiglierei di proseguire magari rivolgendosi ad approcci che le sono sembrati piu efficace e piu efficaci rispetto alle sue attuali esigenze di domande.
Se vuole approfondire la questione sono a sua disposizione. ricevo a Roma nel quartiere Prati o effettuo colloqui Online.
cordialmente
_Carlo Benedetti Michelangeli
Cara, sembra che in queste relazioni terapeutiche stia cercando la relazione con i suoi "anni più belli". Che cambiando terapeuta porti ognuno di loro a confrontarsi con la domanda "come staranno senza di me"? Forse con nessuno sono potuti ancora emergere questi "ricordi belli", e nessuno l'ha richiamata per dirle che erano belle le vostre sedute e gli mancano, le manca, tremendamente. Insomma: davvero non sembra essere emerso nulla di bello. C'è solo un costo, oggi come 16 anni fa, al limite della sostenibilità. È verissimo quello che dice, essere in relazione ha un costo. Il pensiero di non esporsi a questo prezzo non viene risolto dal pensiero del suicidio, e il suicidio stesso non solo è un palliativo, ma è l'ammissione del voler pagare il prezzo più alto. Sembra aver maturato la consapevolezza di tutto questo: nella relazione c'è qualcosa di incredibilmente bello, di unico e speciale. Qualcosa che fa sentire vivi. Se questi 16 anni sono serviti a questa maturazione sono stati ben spesi. Chissà se finalmente potrà ora essere disponibile a considerare anche i "ricordi belli" che ha creato in questi anni, e che la legano in modo così forte a questa "ossessione". Chissà che non sia ossessionata dal desiderio di ri-trovarli, di viverli e, finalmente, viversi: vivere con sé stessa. Con sé stessa: senza o con lo psicoterapeuta. Non sarebbe un'ossessione poi così inopportuna o sconveniente... Lei come sente queste parole?
Salve, capisco che i diversi percorsi di psicoterapia iniziati come un tentativo di affrontare specifiche difficoltà, siano diventati per te qualcosa di più complesso e, in parte, frustrante, ma non ciò non significa che il lavoro svolto in questi anni sia stato vano. Forse potrebbe essere utile esplorare con il tuo terapeuta attuale questa sensazione di "impasse" o di "ciclo infinito", cercando di capire se ci sono obiettivi specifici e realistici che possano essere raggiunti nel breve e nel medio termine, così da percepire la terapia non più come un supporto senza fine, ma come un processo con tappe concrete.
buoniorno, mi spiace molto per la sua situazione. Come mai ha sentito il bisogno di cambiare lo psicoterapeuta dopo ad esempio due mesi o sei? provi ad affrontare questo argonento con il suo terapeuta attuale, ad identificare dei chiari obiettivi e a farsi spiegare la strada che il terapeuta vuol seguire, se questo la farebbe star meglio sulle tempistiche. A volte un accompagnamento psicologico puo' essere utile, non per questo deve vedere il terapeuta assiduamente. Ne parli bene con chi la segue
tanti auguri
Buongiorno, da quello che lei racconta la psicoterapia in questi anni ha avuto lo scopo di sostenerla nel sostenerla nell'affrontare la vita di ogni giorno. Lei sente da un lato di aver bisogno di un appoggio e il prolungarsi le fa pensare che non ci sia altro fine che questo. Immagino abbia affrontato i diversi problemi con gli psicoterapeuti che ha consultato e che in ogni diverso percorso abbia potuto valutare se qualche passo rispetto al malessere che prova in certi periodi sia stato fatto. La via della cura può avere il vantaggio di affrontare al momento il suo sentire e la speranza è che lei non si senta sola con i suoi pensieri, possa avere un luogo sicuro in cui vengano accolti e si senta compresa. I cambiamenti, pur piccoli, li può monitorare con il terapeuta e la sua storia si arricchirà di nuova consapevolezza. Le auguro di trovare sollievo e fiducia nella relazione terapeutica, così da costruire un'alternativa al pensiero del suicidio, lo psicoterapeuta sarà con lei e la supporterà.
Buongiorno,
Immagino che questo messaggio sia frutto di un momento di sconforto. È naturale che tu possa sentirti affaticata, e persino scoraggiata, specie quando la speranza di un miglioramento sembra allontanarsi e i cambiamenti sembrano non arrivare mai davvero.
La psicoterapia, soprattutto nei casi complessi come il tuo, è un processo che richiede tempo e pazienza; spesso può dare la sensazione di farci girare intorno a nodi profondi, come se fossimo in un labirinto di pensieri ed emozioni che non si sciolgono mai del tutto. Questa esperienza, purtroppo, è comune: il percorso di cura non è sempre lineare, e a volte, nel tentativo di affrontare strati di vissuti che si sono accumulati negli anni, può sembrare di tornare sugli stessi punti. In realtà, ogni "giro" su questi nodi è un passo avanti, un avvicinarsi graduale a comprenderli più a fondo e a creare nuove prospettive da cui osservarli.
Ti consiglio di esprimere questi tuoi dubbi ed incertezze alle figure che ti stanno seguendo, e di rivolgerti al medico psichiatra se percepisci che questi pensieri si fanno sempre più concreti. Cordiali Saluti, Dott.ssa Carolina Giangrandi
Capisco profondamente il peso e la fatica di questo percorso. La sua esperienza con la terapia si è trasformata in una lunga ricerca che, per certi versi, può sembrare più un’ossessione che una soluzione, e posso comprendere quanto possa essere frustrante non vedere una chiara fine. È naturale, arrivati a questo punto, interrogarsi su quando si potrà ottenere quel sollievo stabile che tanti pazienti desiderano, e può essere scoraggiante percepire la terapia più come un sostegno necessario che come una vera e propria risoluzione.
Ha investito molto tempo e risorse in diversi approcci terapeutici, e da quello che racconta, il disagio ha radici profonde, in quanto la accompagna da tantissimo tempo, praticamente dall’adolescenza. Questa lunga storia di dolore, ansia, depressione e diagnosi multiple – tratti borderline, disturbo evitante, DOC – può dare la sensazione che la terapia non sia altro che un modo per andare avanti senza mai arrivare a una vera liberazione. Tutto ciò che sta vivendo ha ovviamente un impatto molto forte sulla sua autostima e sulla tua capacità di immaginare un futuro diverso.
Quando si chiede dove siano i suoi "anni più belli" o i suoi "ricordi felici," è come se stesse confrontando la sua vita con un’idea di felicità che sente lontana o irraggiungibile. Questo confronto è doloroso, e spesso porta a chiedersi se ci sia mai la possibilità di una vita autenticamente appagante. La preoccupazione di sua madre riflette la paura di perdere una persona amata, e probabilmente questa reazione nasce da un istinto di protezione. Tuttavia, può anche far sentire come se il suo dolore non fosse capito fino in fondo, come se i suoi sentimenti dovessero essere messi da parte per il benessere degli altri.
Percepire la psicoterapia come un’ossessione, qualcosa che continua senza apparente fine, è un tema che emerge in molte storie di persone che hanno intrapreso lunghi percorsi terapeutici. Quando la terapia diventa l’elemento centrale della propria vita, può sembrare che ci si definisca solo attraverso il disagio e il bisogno di supporto, e il desiderio di "vivere davvero" resta un sogno, qualcosa che si vorrebbe poter afferrare ma che sembra sempre distante. Una domanda che ci si potrebbe porre è: quali sarebbero i suoi desideri e i suoi obiettivi se un giorno riuscisse a lasciarsi tutto questo alle spalle? In che modo vorrebbe esprimere la sua libertà, la sua voglia di vivere?
Il suo percorso potrebbe necessitare di una nuova riflessione sul modo in cui la terapia viene vissuta e su cosa significhi, per lei, sentirti veramente "autonoma". Guardare alla terapia non solo come a un sostegno quotidiano, ma anche come a uno strumento per ridefinire i suoi obiettivi e valori personali, può essere un passo difficile ma utile. Il desiderio di "vivere" e di avere ricordi felici può rappresentare, pian piano, un faro da seguire, qualcosa che forse oggi appare ancora lontano ma che può diventare concreto, un poco alla volta.
Con il tempo, potrebbe rivelarsi utile esplorare se c’è uno spazio nella sua vita per sperimentare qualcosa di diverso, anche piccoli passi che possano permetterli di sentire autonomia e autenticità, magari parallelamente alla terapia stessa. Con il suo terapeuta può lavorare su come costruire una relazione più equilibrata con il supporto terapeutico, affinché possa arricchire la sua vita senza diventare l’unico punto di riferimento.
Un caro saluto
Buongiorno, il fatto che abbia fatto tutti questi anni di psicoterapia, cambiando anche diversi specialisti senza ottenere nessun risultato, è segno che qualcosa non sia funzionato. L approccio terapeutico molto spesso non è un fattore determinante per la buona riuscita di un percorso psicologico, quanto piuttosto l' alleanza terapeutica che viene a crearsi tra paziente e specialista. La inviterei a riflettere su questi aspetti all' interno di un percorso di psicoterapia e a non perdere la fiducia. Anche la sua predisposizione al cambiamento potrebbe fare tanto la differenza. Cordiali saluti Dott. Diego Ferrara
Buonasera, credo che lei debba "strutturarsi" . Riuscire a crescere in un percorso terapeutico vuol dire costruire dentro di sé le basi per sostenersi e affrontare la realtà quotidiana. Non conosco la sua storia personale ma credo che debba proseguire con una cura che abbia questo obiettivo. I tempi da lei indicati, a parte il primo percorso, non sono così lunghi. Si affidi a qualcuno con cui sente di potersi aprire e dal quale si sente compresa e accudita. Una buona terapia non genera dipendenza, ma forma le basi per una fiducia in sé e una chiarezza su chi si è e cosa si desidera.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi

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