Il mio è un problema riguardante la mia passata psicoterapia. Non sono andato da un libero professio

17 risposte
Il mio è un problema riguardante la mia passata psicoterapia. Non sono andato da un libero professionista, ma in un centro di ascolto.

Il problema nacque quando la psicoterapeuta decise di "svegliarmi" da un meccanismo di autosabotaggio usando una provocazione, cosa che mi fece arrabbiare moltissimo. Lei stessa ha chiarito che si trattava di una provocazione, non è stata una mia percezione.
Io ho sempre saputo che il suo intento fosse positivo, purtroppo però, soffro di un grave problema di fiducia (sono un Attaccamento Evitante) e di rabbia, e non riesco a lasciare andare i ricordi e le sensazioni negative. La cosa è dovuta anche a una persona che, per motivarmi, mi rise in faccia "X sa fare tutto, tu invece non sai fare niente" e poi me lo sbatté di nuovo in faccia adirata, e quindi ci credeva veramente. Inoltre, l'atteggiamento alquanto freddo della psicoterapeuta non aiutava per niente.
Ciò nonostante, sono sempre tornato da lei, proprio perché una metà di me sapeva che il suo intento fosse positivo.
Il problema però è rimasto. Continuavo a farle capire che mi aveva ferito, ma lei mi ha sempre e solo detto: "Lo sai che l'ho fatto con amore?" Senza capire che a livello razionale lo sapevo benissimo, ma non a livello emotivo.
E ora so che il lavoro che avremmo dovuto fare avrebbe dovuto basarsi proprio sull'Amore e sulla Fiducia (preciso che molti anni prima mi fu diagnosticato un Disturbo Borderline da un'altra psicoterapeuta, ed è molto probabile che io sia uno Schizoide).

Nonostante tutto, mi ero molto affezionato alla dottoressa, e quando ero in sua presenza la rabbia sembrava svanire, salvo poi ricomparire quando tornavo a casa. Essendo un Evitante, lei era una delle pochissime persone a cui mi fossi legato.

Poi il tempo a nostra disposizione è terminato. Io ero ancora arrabbiato, perché mi si era creata un'associazione mentale negativa tra la provocazione e l'obiettivo da raggiungere, e dunque ho finito con l'odiare l'obiettivo stesso. Ciò nonostante, ho sempre ascoltato la voce buona dentro di me che mi diceva di essere costruttivo.
Sono andato a trovare la dottoressa per sottoporle il problema (ed ero così felice di vederla). Le ho spiegato che associavo l'obiettivo alla rabbia, e non riuscivo a svincolarmi dal rancore. Le ho detto: "Se lei mi ripete le stesse cose della provocazione con dolcezza, io mi sblocco." Così avrei creato una nuova associazione di idee, e una bella esperienza avrebbe sovrascritto quella brutta. Se mi avesse parlato con tenerezza mi sarei completamente sciolto, nel senso più sano del termine, e avrei visto l'amore che non avevo visto durante la provocazione.
Ma lei ha cominciato a chiedermi perché soffermarsi su una cosa accaduta tanti mesi prima. Mi ha detto: "Lo sai che se continui a pensarci, tu dai potere alle sensazioni negative?" Senza capire che io non riesco a mettere a tacere i pensieri negativi, e dirmi "Non pensarci" non è producente. E questo è un lavoro serio su cui dovrò soffermarmi in futuro.
Le ho chiesto, provato ma senza arrabbiarmi: "Ma lei perché ha pensato che se mi avesse parlato con dolcezza, io non mi sarei svegliato?"
Lei a quel punto si è urtata, ha detto che parlava così come le cose le venivano, senza strategie, e poi mi ha sbattuto in faccia: "Non ti chiedo scusa e non te lo chiederò mai. Mi dispiace se ti ho ferito".

E il problema sta proprio in questo. Mi ha parlato per mettermi al mio posto, invece di accogliere i miei mostri. La cosa peggiore è che ora mi sento colpevole di ciò che provo.
Il dubbio che mi consuma è: sono un narcisista che voleva sottometterla in qualche modo, e che merita di essere distanziato? Oppure sono solo ferito e cerco tenerezza?
La mia ricerca di dolcezza è un modo inconscio di manipolare? Oppure voglio solo che il mostro che ho sulle spalle sia ascoltato con amore (cosa che, in questa situazione come in molte altre, non è accaduta)?

Grazie a tutti per la vostra attenzione
Vi saluto con affetto
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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Buongiorno, mi dispiace sapere che il suo percorso non le abbia portato sollievo, ma sono convinta che sia comunque un’esperienza utile che può elaborare seguendo un altro approccio.
Mi sembra infatti consapevole di cosa abbia bisogno.
Ha mai pensato di rivolgersi ad un terapeuta che lavora su una dimensione più profonda?
Il modello psicodinamico potrebbe esserle utile.
Buona fortuna.
Cordialmente,
Giada Bruni
Salve! Credo che la terapia che ha fatto sia stata molto significativa quanto la relazione terapeutica. Lei ha messo in scena e sta mettendo ancora in scena proprio il suo stile di attaccamento insicuro ed evitante. La collega non la può più seguire ma lei può proseguire privatamente con una psicoterapia
Gentile utente, se c'è stato un torto, sia che lo abbiamo subito, sia che lo abbiamo fatto, non c'è modo di recuperare la relazione se non si chiede scusa. E mi sembra anche ovvio che si può fare un torto senza volerlo espressamente, come ad esempio se si pesta un piede sull'autobus al nostro vicino. Ma abbiamo una libertà ed un raziocinio personali.
Questo ovviamente vale in termini generali, se volesse chiarire
ed approfondire la dinamica in questione sono a sua disposizione. I problemi di relazione sono facilmente e velocemente risolvibili
Salve, grazie per la sua condivisione. Quello che è interessante è che ha raccolto una diagnosi di se stesso e che cerca delle risposte per comprendere dove direzionarsi, ma la terapia è fatta soprattutto di relazione più che di etichette a cui conferire determinati criteri, lei è una persona con mille sfaccettature, come tutti del resto. Le consiglio di approfondire questi suoi dubbi, intraprendendo un percorso psicoterapeutico del profondo, in modo da poter vagliare alcuni aspetti di sé che le creano turbamento e frustrazione. Saluti
Salve, arrivare a potersi fidare dell'altro è un traguardo che deve perseguire a partire da un rapporto terapeutico. Al di là di ogni diagnosi già fatta. Cordialmente Lucia Cavallo
Buonasera. A mio avviso è molto difficile poter rispondere alle sue domande attraverso questo spazio. Ciò che più mi sembra importante nella sua condivisone, ad ogni modo, come lei stesso sottolinea chiaramente, è la centralità che sembra rivestire la fiducia e l'amore per se stesso e per l'altro e quelle dell'altro nei suoi confronti, aspetti che generano in lei molti sentimenti ed altrettante domande. Il mio suggerimento è di riflettere sulla preziosa possibilità di continuare il proprio percorso di psicoterapia e di crescita, condividendo ed esplorando questa esperienza in nuovo spazio terapeutico. Un saluto, Dott. Felice Schettini
Gentile utente di mio dottore,

può capitare che un esperienza terapeutica possa non essere stata di totale gradimento. Ciò non toglie che non possa tornare a lavorare su di se e su alcuni aspetti per lei rilevanti. Trovi un altro specialista magari attraverso il portale mio dottore, si rimetta in moto con un nuovo percorso, vedrà che riuscirà a star meglio.

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Gentile Amico,
mentre leggevo la sua domanda, ho provato un grande senso di confusione, che immagino sia lo stesso che sta attraversando lei: sentimenti opposti - rabbia, affetto -, dubbi su di sé, rimuginii, auto-diagnosi. Deve stare attraversando un periodo molto difficile.
Per prima cosa, sembra che lei abbia incontrato molte etichette nella sua vita (evitante, borderline, schizoide, narcisista...) che sembrano diventate una sorta di identità assegnata da altri, negativa e colpevole, da cui deve liberarsi. Le diagnosi non sono questo, e non servono a questo!
Sono strumenti per il professionista: sono una mappa che indica più o meno com'è fatto il territorio, non la descrivono e non la descriveranno mai completamente!
Il mio consiglio è quello di cominciare una nuova terapia, da portare avanti con continuità, in modo che il rapporto con il o la terapeuta cresca in un clima di fiducia e ascolto reciproco.

con i migliori auguri,
dr. ventura
Buongiorno, il suo risentimento è chiaro, ma che confusione con tutte queste diagnosi e la ricerca di un'etichetta. Tra l'altro alcune sono proprio in conflitto tra loro e non possono coesistere (ad esempio borderline e schizoide). Potrei aggiungere un pensiero di tipo ossessivo. Il problema secondo me è la resistenza al cambiamento ed alla psicoterapia. Occorre prima di tutto lavorare sulla motivazione al cambiamento e sulla scelta del tipo di approccio più adatto a lei, che io credo, come suggerito da qualche collega, debba orientarsi su qualcosa che vada in profondità e non si concentri sul sintomo. Il secondo passo è smettere di pretendere che tutto debba andare per forza come vuole lei. Si renda più disponibile all'ascolto invece di chiedere sempre
Salve, credo che lei debba accettare il percorso terapeutico senza tentare di influenzarlo con elementi esterni che non le fanno sicuramente bene evitando autodiagnosi che non sono proficue.. Continui una terapia e confidi nella preparazione dei professionisti che la seguiranno. Cordiali saluti. Professor Antonio Popolizio
Salve,
leggendo ciò che ha scritto non ho potuto fare a meno di cogliere la presenza di numerose "etichette" diagnostiche che le hanno assegnato o che si è dato da solo.
Questo genere di situazioni solitamente crea confusione e anche un senso di perdita della propria identità.
I terapeuti possono compiere passi falsi, le terapie possono essere sbagliate, le parole dette possono essere fraintese, e tutto questo nonostante ci sia volontà di far bene sia da parte del professionista sia del paziente.
Non è però detto che debba sempre essere così.
Quello che emerge dalle sue parole è un bisogno di far ordine sul suo senso di sé, di conoscersi meglio al di là delle ipotesi diagnostiche.
Lascia al terapeuta il compito di gestire la relazione e cerchi di essere il più sereno possibile e fiducioso nel percorso che va costruendo con il professionista che deciderà essere valido per lei.
Cordialmente
Dott.ssa Elena Rolfo
Salve, la sua richiesta di “fiducia, dolcezza, amore” mi sembra chiarissima. Probabilmente è di questo che lei ha bisogno e la relazione terapeutica sicuramente deve tenerne conto per avviare un proficuo e costruttivo rapporto Solo che la stessa relazione deve portare ad una evoluzione, a una crescita e non generare uno stallo. Credo sia il caso di considerare chiuso questo rapporto con la terapeuta e rivolgersi ad un nuovo terapeuta che la aiuti a comprendere “il mostro che ha sulle spalle” e non attribuirsi etichette: evitante, narcisista, schizoide.
Le auguro il meglio Maria Nasti
Buongiorno, nella relazione terapeutica con la psicoterapeuta vengono fuori tutti i bisogni nascosti, anche quelli di accettazione e tenerezza. Mi pare che lei abbia necessità di sperimentare una relazione che la ascolti, la accolga e la guidi. Cerchi un altro terapeuta se sente che si è arrivati ad uno stallo ed eviti di darsi etichette giudicando ciò che è solo frutto di passati vissuti.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Salve, a mio parere lei ha bisogno di imparare a fidarsi e una psicoterapia potrebbe esserle utile. La precedente ormai è finita ma lei soffre e questo non va bene. Cerchi un nuovo terapeuta con cui costruire un'alleanza terapeutica solida e veda se con il suo aiuto i suoi dubbi sugli altri si ridimensionano un pochino così da farle acquisire un po' di sicurezza in se stesso.
Buongiorno, grazie della sua condivisione. Il lavoro che ha fatto, pur con i suoi risvolti negativi, le tornerà utile quando potrà lavorarci in un nuovo percorso. Noto tante autodiagnosi nella sua lettera, con il quali sembra identificarsi profondamente. Le suggerisco di toglierle, come si fa con le etichette da un contenitore. Inizialmente può sembrare quasi rassicurante avere un'etichetta, ma poi diventa un limite. Sei solo quello e non è così. Lei come tutti noi, è molto di più della somma delle sue diagnosi. Dopo questi feedback si rivolga ad uno psicoterapeuta ed intraprenda un percorso che analizzi il profondo. Un cordiale saluto dott.ssa Silvia Ragni
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Buongiorno, grazie per aver condiviso la sua esperienza con tanta apertura e sincerità. Capisco quanto sia difficile affrontare questo tipo di conflitto interiore, specialmente quando è legato a sentimenti profondi di fiducia e vulnerabilità.

Dal suo racconto, sembra chiaro che lei stia cercando di elaborare un'esperienza che l'ha ferita, e che il suo desiderio di dolcezza non è un tentativo di manipolazione, ma piuttosto un modo per guarire da quella ferita emotiva. La reazione della sua psicoterapeuta non ha incontrato le sue necessità, e questo ha reso ancora più difficile il processo di elaborazione.

Il bisogno di essere accolto e ascoltato con amore è assolutamente legittimo, specialmente in un contesto terapeutico, dove dovrebbe sentirsi sicuro di esprimere i suoi sentimenti e le sue paure. La sua richiesta di essere trattato con tenerezza non la rende un narcisista o una persona manipolativa: sta semplicemente cercando una connessione emotiva che le permetta di superare il dolore.

Questa esperienza potrebbe aver toccato profondamente la sua difficoltà a fidarsi e il timore del rifiuto, elementi tipici di un attaccamento evitante o delle difficoltà legate al disturbo borderline. La terapia avrebbe potuto fornire uno spazio sicuro per esplorare queste dinamiche, ma sembra che la risposta della terapeuta abbia ostacolato questo processo, e ciò ha contribuito a consolidare il suo senso di colpa e il dubbio su se stesso.

Il percorso per affrontare e risolvere queste ferite potrebbe richiedere un ambiente più accogliente, dove il terapeuta sia in grado di ascoltarla senza giudizio e di rispondere in modo empatico alle sue necessità. Potrebbe considerare di iniziare un nuovo percorso terapeutico con un professionista che utilizzi approcci come lo psicodramma moreniano, che predilige l'espressione delle emozioni e l'interazione attiva, aiutandola a esplorare e rielaborare le emozioni irrisolte attraverso la rappresentazione simbolica e l'azione.

Il fatto che lei stia cercando di essere costruttivo e di risolvere questo conflitto interiore mostra una grande consapevolezza e voglia di guarigione. La sua richiesta di dolcezza è un bisogno legittimo di essere visto e compreso nella sua vulnerabilità, non un tentativo di manipolare o sottomettere.
d.ssa Raileanu

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