È normale sentirsi "abbandonati" dal proprio terapeuta? Sono in terapia da circa 5 anni e dall'an
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È normale sentirsi "abbandonati" dal proprio terapeuta?
Sono in terapia da circa 5 anni e dall'anno scorso prendo anche psicofarmaci per una forma depressiva e ansia. Ho iniziato a dubitare del mio psicologo dopo un tono che ha usato durante una seduta che in 4 anni non ha mai utilizzato. È sempre stato supportivo. Ma in quel momento in cui gli dicevo quanto mi sentivo triste in quel periodo lui ha risposto "vabbè, ma lo sai che il cambio stagione ti fa questo effetto. È davvero un problema? Ti prendi i soliti integratori per regolare l'umore e basta, no?". Dopo queste parole ho avuto un attacco di panico e ho iniziato a piangere. Sono arrivata ad avere i conati durante la seduta. Dopo che ha visto la mia reazione inizialmente sembrava frustrato, poi sembrava avesse gli occhi lucidi e alla fine si è ammorbidito. Da allora non ha più reagito in maniera strana. 4 mesi dopo quella seduta la mia depressione è peggiorata e ora prendo Xanax e antidepressivo. Ieri in seduta gli ho detto che c'è stato un periodo in cui ho percepito come se ci fosse stata una rottura tra me e lui, gli ho detto che probabilmente si è frantumata l'idea che io ho dell'altro visto come "perfetto" e come "salvatore". Lui mi ha risposto dicendo che lo psicologo, lo psichiatra ecc... Non sono relazioni affettive, quelle sono amicizie o relazioni amorose. Mi ha detto che c'è il rischio che io sviluppi una forma di "münchhausen", ricercando la malattia per stare bene. E poi mi ha detto che devo imparare a costruire relazioni con altri per capire che ruolo affidare agli altri e anche allo psicologo, in modo da non confondere le cose. Sono d'accordo... Poi mi ha fatto capire che l'obiettivo è non andarci più dallo psicologo. Io lo so, il problema è che mi sento così tanto lasciata a me stessa che ho pensato di cambiare psicologo. E mi chiedo se sia normale che quando gli mando messaggi in cui io gli chiedo aiuto lui non mi risponda. Premetto che io mi sento continuamente un peso per gli altri e anche per lui, e lo sa quindi se arrivo al punto di mandargli un messaggio è perché da sola non riesco a gestire la cosa. Ieri per esempio dopo la seduta mi sono sentita piantata in asso, un po' come se mi avesse detto "sbrigatela da sola", quando in realtà io non credo di essere sempre capace. A me piacerebbe tanto non sentire il bisogno di andare in terapia, ma per il momento non posso evitarlo. Poi anche quando gli mando messaggi in cui magari penso alla morte, oppure ieri che dopo la seduta non smetterò di piangere e gli ho spiegato che mi sentivo letteralmente ignorata, lui non mi ha risposto. Quindi davvero io mi sento lasciata sola e abbandonata. Il punto è che vorrei capire se è normale, se è una fase che fa parte della terapia oppure no e se è normale che io mi senta così. Quest'ultima cosa l'ho chiesta anche a lui per messaggio, mi bastava sentirmi dire che era normale il modo in cui mi sentivo perché ho pianto letteralmente dalle 10 del mattino, dopo la seduta, alle cinque del pomeriggio senza mangiare nulla. ma non ho avuto alcuna risposta. Quindi, lo chiedo a voi. Perché in questo momento mi sento così arrabbiata e frustrata che davvero mi verrebbe voglia di saltare il prossimo appuntamento e smettere di andare da lui.
Sono in terapia da circa 5 anni e dall'anno scorso prendo anche psicofarmaci per una forma depressiva e ansia. Ho iniziato a dubitare del mio psicologo dopo un tono che ha usato durante una seduta che in 4 anni non ha mai utilizzato. È sempre stato supportivo. Ma in quel momento in cui gli dicevo quanto mi sentivo triste in quel periodo lui ha risposto "vabbè, ma lo sai che il cambio stagione ti fa questo effetto. È davvero un problema? Ti prendi i soliti integratori per regolare l'umore e basta, no?". Dopo queste parole ho avuto un attacco di panico e ho iniziato a piangere. Sono arrivata ad avere i conati durante la seduta. Dopo che ha visto la mia reazione inizialmente sembrava frustrato, poi sembrava avesse gli occhi lucidi e alla fine si è ammorbidito. Da allora non ha più reagito in maniera strana. 4 mesi dopo quella seduta la mia depressione è peggiorata e ora prendo Xanax e antidepressivo. Ieri in seduta gli ho detto che c'è stato un periodo in cui ho percepito come se ci fosse stata una rottura tra me e lui, gli ho detto che probabilmente si è frantumata l'idea che io ho dell'altro visto come "perfetto" e come "salvatore". Lui mi ha risposto dicendo che lo psicologo, lo psichiatra ecc... Non sono relazioni affettive, quelle sono amicizie o relazioni amorose. Mi ha detto che c'è il rischio che io sviluppi una forma di "münchhausen", ricercando la malattia per stare bene. E poi mi ha detto che devo imparare a costruire relazioni con altri per capire che ruolo affidare agli altri e anche allo psicologo, in modo da non confondere le cose. Sono d'accordo... Poi mi ha fatto capire che l'obiettivo è non andarci più dallo psicologo. Io lo so, il problema è che mi sento così tanto lasciata a me stessa che ho pensato di cambiare psicologo. E mi chiedo se sia normale che quando gli mando messaggi in cui io gli chiedo aiuto lui non mi risponda. Premetto che io mi sento continuamente un peso per gli altri e anche per lui, e lo sa quindi se arrivo al punto di mandargli un messaggio è perché da sola non riesco a gestire la cosa. Ieri per esempio dopo la seduta mi sono sentita piantata in asso, un po' come se mi avesse detto "sbrigatela da sola", quando in realtà io non credo di essere sempre capace. A me piacerebbe tanto non sentire il bisogno di andare in terapia, ma per il momento non posso evitarlo. Poi anche quando gli mando messaggi in cui magari penso alla morte, oppure ieri che dopo la seduta non smetterò di piangere e gli ho spiegato che mi sentivo letteralmente ignorata, lui non mi ha risposto. Quindi davvero io mi sento lasciata sola e abbandonata. Il punto è che vorrei capire se è normale, se è una fase che fa parte della terapia oppure no e se è normale che io mi senta così. Quest'ultima cosa l'ho chiesta anche a lui per messaggio, mi bastava sentirmi dire che era normale il modo in cui mi sentivo perché ho pianto letteralmente dalle 10 del mattino, dopo la seduta, alle cinque del pomeriggio senza mangiare nulla. ma non ho avuto alcuna risposta. Quindi, lo chiedo a voi. Perché in questo momento mi sento così arrabbiata e frustrata che davvero mi verrebbe voglia di saltare il prossimo appuntamento e smettere di andare da lui.
Gentile utente,
capisco la sua frustrazione e difficoltà emotiva. Attraversare delle fasi come quelle da lei descritte, è assolutamente normale in un percorso di psicoterapia. Sicuramente ha fatto bene a parlarne con sincerità con il suo terapeuta. Io le consiglio, se la fiducia nei confronti di questa persona è solida, di continuare a condividere come si sente nello spazio di terapia e provare a fidarsi e ad affidarsi a lui.
Se la fiducia dovesse venir meno, potrebbe pensare ad un altro professionista, ma sempre condividendo con lui questo desiderio e trovando insieme la strada migliore per lei.
Un grande in bocca al lupo!
capisco la sua frustrazione e difficoltà emotiva. Attraversare delle fasi come quelle da lei descritte, è assolutamente normale in un percorso di psicoterapia. Sicuramente ha fatto bene a parlarne con sincerità con il suo terapeuta. Io le consiglio, se la fiducia nei confronti di questa persona è solida, di continuare a condividere come si sente nello spazio di terapia e provare a fidarsi e ad affidarsi a lui.
Se la fiducia dovesse venir meno, potrebbe pensare ad un altro professionista, ma sempre condividendo con lui questo desiderio e trovando insieme la strada migliore per lei.
Un grande in bocca al lupo!
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Gentilissima, è normale che, nel suo caso, lei si senta abbandonata dal terapeuta. Dopo 5 anni di percorso, credo si sia instaurata, almeno in parte, una relazione di dipendenza. In effetti, quando accade qualcosa di spiacevole, lei ha delle reazioni emotive forti, pianti, attacchi di panico. Concordo con il suo terapeuta quando dice che la terapia deve terminare con la fine degli incontri e quindi che il cliente, o paziente, deve poter continuare serenamente da solo il proprio percorso. Forse questo è un tema che la spaventa. Le suggerisco di porre il tema con il suo terapeuta affrontando anche i propri sentimenti di fronte alle mancate risposte dei messaggi.
Augurando ogni bene la saluto cordialmente.
Augurando ogni bene la saluto cordialmente.
Gentilissima, se una terapia dopo cinque anni non ha risolto il suo problema vuol dire che é diventata parte del problema.
Un caro saluto
Un caro saluto
Come già i miei colleghi hanno osservato, si è instaurato un processo di dipendenza da parte sua, che il.suo terapeuta attraverso le non risposte cerca di non alimentare. Questo è un problema perché la terapia aiuta a sviluppare percorsi di autonomia e non di dipendenza, che la sua condizione di fragilità psichica ricerca. Forse dovrebbe parlarne con il suo terapeuta e trovare insieme un modo per affrontare il problema della dipendenza affettiva che forse è il suo problema principale.
Buongiorno, il lavoro psicoterapeutico è un percorso di ricerca e di relazione profondo e a volte complesso, all'interno del quale possono manifestarsi delle fratture alle quali possono seguire delle riparazioni della relazione. La relazione terapeutica ha lo scopo di individuare, nel corso delle sedute, nuovi modi di stare al mondo per la persona che al terapeuta si rivolge. Se ritiene di potersi fidare del suo psicoterapeuta utilizzi lo spazio dei colloqui per esprimere i suoi dubbi e i suoi vissuti di abbandono.
Cordialmente dott.ssa Gabriella Pringigallo
Cordialmente dott.ssa Gabriella Pringigallo
Buonasera, purtroppo le devo dire che se dopo 5 anni ha ancora questo tipo di sintomatologia e reazioni potrebbe essere che non le sia di aiuto e potrebbe anche essere che il terapeuta inizi a non riuscire più a tollerare o mascherare bene la sua frustrazione. Tuttavia questi "agiti" potrebbero rappresentare una buona occasione di elaborazione ed analisi quindi suggerirei di approfondire con lui questi aspetti.
Salve, personalmente credo che il terapeuta cerchi di alleggerire la sua dipendenza da lui, perlomeno ci prova. Perché è quello il suo problema, insieme al tentativo di attirare l'attenzione. E fa benissimo a non rispondere ai suoi messaggi limitando i Vs rapporti allo spazio delle sedute, non perché non possa capitare, ma perché lei ha quel tipo di problema. Cordialmente, dr.ssa Daniela Benvenuti
Buongiorno,
le sue perplessità vanno analizzate all'interno del setting terapeutico. Parli di questi aspetti con il suo terapista in seduta e non cercandolo attraverso dei messaggi. Potrebbero emergere interessanti spunti di riflessione da cui ripartire.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
le sue perplessità vanno analizzate all'interno del setting terapeutico. Parli di questi aspetti con il suo terapista in seduta e non cercandolo attraverso dei messaggi. Potrebbero emergere interessanti spunti di riflessione da cui ripartire.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno, in questa fase sembra proprio che il suo terapeuta stia cercando di non collidere con i suoi processi disfunzionali ( non rispondendo ai messaggi e non rispondendo ad ogni sua forma di richiesta di attenzione). Immagino quale possa essere il suo stato d'animo nel sentirsi "abbandonata". Porti questi contenuti in terapia per lavorare sulla dipendenza affettiva, perché credo che sia questo il problema principale. Le auguro di ritrovare un equilibrio nella sua relazione terapeutica e di poter lavorare al fine di risolvere le sue difficoltà. Se questo non dovesse accadere, perché teme di aver perso la fiducia nel terapeuta, può sempre pensare di cambiare professionista,ma sempre condividendo in sede di terapia il suo pensiero le emozioni e le motivazioni che la spingono verso un cambiamento . Cordiali saluti, dottoressa Michela Randa
Buongiorno e grazie per aver raccontato la sua situazione, questi percorsi sono sempre lunghi e pieni di alti e bassi soprattutto quando nel raccontare vengono a galla ricordi che spesso abbiamo chiuso nel cassetto per proteggerci, però visto che non c'è più la sintonia con il suo psicoterapeuta, valuti la possibilità di cambiare per ridare alla sua vita quella voglia di migliorare che per il momento sembra essersi arenata. Resto a disposizione per qualsiasi informazione, sono disponibile anche per terapie online. Un caro saluto, D.ssa Cristina Sinno
Buonasera, il rapporto con il terapeuta può riattivare relazioni antiche personali per cui una parte potrebbe far parte del percorso. Il punto è però la reazione del terapeuta che, così come descritta da lei, non rimargina eventuali elementi transferali ma li alimenta. Probabile che lui sia in difficoltà, o che con il suo atteggiamento cerchi di spronarla. Resta il fatto che lei non si sente accolta e dopo 5 anni forse è il caso di parlarne e di cambiare. Ciò che avete ottenuto come risultati, rimangono in lei in ogni caso, anche se dovesse cambiare professionista.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. La relazione con il terapeuta è delicata, e può attraversare delle fasi di fatica, rabbia e frustrazione che possono essere utili a comprendere e riflettere su quello che prova appunto nelle emozioni negative, riflessioni che servono poi ad evolvere. Credo che però il senso di abbandono non sia funzionale dentro a una terapia che dovrebbe essere efficace. Il mio suggerimento è di parlare apertamente al suo terapeuta, come ha già accennato a fare, dicendogli come si sente. Gli chieda anche quali sono le regole per contattarlo fuori dal setting della seduta: io credo che sia importante fissare dei confini chiari, perchè se queste regole non ci sono potete entrambi fare quello che volete disattendendo le aspettative dell'altro (lui non le risponde quando lei ne avrebbe bisogno, lei gli scrive quando lui lo trova inopportuno). Dopodichè, se anche dopo aver condiviso apertamente quello che prova non si sentirà compresa e accolta, gli comunichi la sua volontà di cambiare. Se ora ha bisogno di una terapia, non deve respingere questo bisogno. è bene però che possa stare dentro a uno spazio protetto, dove si senta accolta e capita, non abbandonata e respinta. Se avesse bisogno di ulteriori chiarimenti e supporto mi trova a disposizione, anche online. Un caro saluto, Dott.ssa Elena Gianotti
Salve, durante una psicoterapia episodi del genere possono capitare. Sia sempre sincera e diretta e vedrà che lei e il suo terapeuta riuscirete a superare questo momento difficile. Non si scoraggi! Un saluto
Gentilissima Utente,
mi dispiace profondamente della sofferenza che sta attraversando.
Nel suo racconto ha descritto una situazione molto complessa a cui è davvero difficile replicare in queste poche righe, tuttavia vorrei condividere alcune riflessioni. Nel percorso terapeutico intrapreso con il Collega oramai cinque anni fa quali sono stati gli obbiettivi terapeutici che avete concordato? Con quale domanda si è rivolta al Collega? È stato delineato un piano terapeutico attento e definito da precise tappe e tempi?
Risulta molto difficile stabilire a priori una “durata” ideale per un percorso terapeutico, poiché gli elementi da valutare sono molteplici; la problematica presentata dal Paziente, lˈapproccio terapeutico del Professionista etcetc; tuttavia, cinque anni rappresenta davvero un lungo lasso di tempo.
Cosa è che desidera raggiungere attraverso la Psicoterapia? Cosa vorrebbe cambiare/migliorare?
Penso sia oppotuno farsi queste domande quando si intraprende un percorso terapeutico o il rischio di sperimentare frustrazione e stagnazione, oltre che di sprecare tempo e soldi è davvero alto.
Le faccio i miei più sentiti auguri
Un caro saluto
Mauro Fadda
mi dispiace profondamente della sofferenza che sta attraversando.
Nel suo racconto ha descritto una situazione molto complessa a cui è davvero difficile replicare in queste poche righe, tuttavia vorrei condividere alcune riflessioni. Nel percorso terapeutico intrapreso con il Collega oramai cinque anni fa quali sono stati gli obbiettivi terapeutici che avete concordato? Con quale domanda si è rivolta al Collega? È stato delineato un piano terapeutico attento e definito da precise tappe e tempi?
Risulta molto difficile stabilire a priori una “durata” ideale per un percorso terapeutico, poiché gli elementi da valutare sono molteplici; la problematica presentata dal Paziente, lˈapproccio terapeutico del Professionista etcetc; tuttavia, cinque anni rappresenta davvero un lungo lasso di tempo.
Cosa è che desidera raggiungere attraverso la Psicoterapia? Cosa vorrebbe cambiare/migliorare?
Penso sia oppotuno farsi queste domande quando si intraprende un percorso terapeutico o il rischio di sperimentare frustrazione e stagnazione, oltre che di sprecare tempo e soldi è davvero alto.
Le faccio i miei più sentiti auguri
Un caro saluto
Mauro Fadda
Cara Utente,
innanzitutto la ringrazio per aver condiviso qui la sua situazione.
Ha fatto benissimo a parlare al suo terapeuta di come si sente e di come la fa sentire.
Uno degli errori più comuni è quello di vedere noi terapeuti come appunto dei “salvatori” o persone con la vita perfetta, ma non è assolutamente così. Siamo pur sempre persone, con i nostri momenti difficili e i nostri difetti, come tutti e, come tutti, possiamo commettere degli errori. Come farebbe un terapeuta a comprendere la sofferenza di un paziente se lui stesso non avesse mai sofferto in quanto ha una vita perfetta?
Il fatto che a volte non le risponda potrebbe essere in linea con l’obiettivo di renderla indipendente da lui; provi a pensarci, le volte che le ha scritto poiché si sentiva sopraffatta dalle emozioni e lui non le ha risposto, com’è andata? È riuscita comunque in qualche modo a superare quel momento? Se ci sta scrivendo qua la risposta direi che è si, perciò si congratuli con se stessa, in qualche modo ce l’ha fatta!
Comunque le consiglio di continuare, quando è in seduta, a continuare a comunicare tutto ciò al suo terapeuta.
Spero di esserle stata di aiuto,
Dott.ssa Giada Valmonte
innanzitutto la ringrazio per aver condiviso qui la sua situazione.
Ha fatto benissimo a parlare al suo terapeuta di come si sente e di come la fa sentire.
Uno degli errori più comuni è quello di vedere noi terapeuti come appunto dei “salvatori” o persone con la vita perfetta, ma non è assolutamente così. Siamo pur sempre persone, con i nostri momenti difficili e i nostri difetti, come tutti e, come tutti, possiamo commettere degli errori. Come farebbe un terapeuta a comprendere la sofferenza di un paziente se lui stesso non avesse mai sofferto in quanto ha una vita perfetta?
Il fatto che a volte non le risponda potrebbe essere in linea con l’obiettivo di renderla indipendente da lui; provi a pensarci, le volte che le ha scritto poiché si sentiva sopraffatta dalle emozioni e lui non le ha risposto, com’è andata? È riuscita comunque in qualche modo a superare quel momento? Se ci sta scrivendo qua la risposta direi che è si, perciò si congratuli con se stessa, in qualche modo ce l’ha fatta!
Comunque le consiglio di continuare, quando è in seduta, a continuare a comunicare tutto ciò al suo terapeuta.
Spero di esserle stata di aiuto,
Dott.ssa Giada Valmonte
Buongiorno, è comprensibile sentirsi così dopo tanti anni di terapia senza vedere miglioramenti significativi. In questa situazione, potresti considerare un approccio diverso, come la terapia breve strategica. Questo approccio si concentra sul risolvere rapidamente i problemi specifici, piuttosto che analizzare il passato a lungo termine. Potrebbe essere utile cercare un terapeuta che pratichi questo tipo di terapia e discutere con lui la tua esperienza attuale e le tue esigenze. È importante trovare un terapeuta con cui ti senti compreso e supportato, in modo da poter affrontare le tue sfide emotive in modo efficace.
Resto a disposizione, Cordiali saluti
Dott. Scala Michele
Resto a disposizione, Cordiali saluti
Dott. Scala Michele
Salve, se il collega ha agito in questo modo sicuramente avrà i suoi motivi.
Ora, da tutto il suo racconto sembra che lei stia cercando più una specie di salvatore che uno psicologo. La invito a riflettere sul suo transfert e sui suoi desideri.
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Ora, da tutto il suo racconto sembra che lei stia cercando più una specie di salvatore che uno psicologo. La invito a riflettere sul suo transfert e sui suoi desideri.
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
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