Dopo sei mesi e oltre di tcc, mi pare che alcune crepe nel rapporto con la psicologa che mi segue st

18 risposte
Dopo sei mesi e oltre di tcc, mi pare che alcune crepe nel rapporto con la psicologa che mi segue stiano emergendo, soprattutto sul piano della fiducia. Soffro di ossessioni incentrate sulla paura del suicidio e sulla paura di sviluppare idee deliranti; tuttavia, tali ossessioni avverto che si sono andate facendo da un po' meno invasive: hanno perso virulenza e intensità, e io mi soffermo molto meno su di esse rispetto a qualche mese fa. Ciò sarebbe in apparenza un successo, ma secondo la dottoressa tale risultato non è stato guadagnato tramite la via giusta: le ho infatti detto che da alcune settimane mi sento stanco di pensare alle mie ossessioni e di combatterle, e che fatico a stare a lungo ad analizzarle, quasi per un venir meno della mia capacità di concentrazione, che fa parte di un quadro di apatia in realtà più generale... Le ho detto che mi sembra che se ora sto meglio non è perché ora so come fronteggiare il doc, nel caso si ripresenti, ma perché ho l'impressione che sia il doc a lasciarmi stare, perché affievolendosi è come se sia a sua volta "stanco" di torturarmi... La dottoressa mi ha chiesto perciò a cosa stiano servendo questi sei mesi di terapia, se io mi sento come all'inizio in balia del doc e di un suo eventuale, sempre possibile ritorno, e mi sembra di essere migliorato solo perché questa sorta di bullo interiore in questo momento ha deciso di risparmiarmi e di darmi tregua; a suo parere, dovrei aver appreso, grazie alla terapia, le strategie opportune a non soccombere al doc qualora si ripresenti, invece che stare alla sua momentanea benevolenza. Tali strategie consistono in una serie di trucchetti mentali che a essere sincero non mi sono stati granché utili: stando alla psicologa, dovrei cimentarmi negli esercizi di defusione, nel visualizzare ad esempio i brutti pensieri portati da una corrente, o nell'immaginare il me stesso adulto che consola e sostiene il me bambino, o negli esercizi di respirazione e di rilassamento di jakobson, oppure dovrei compilare delle tabelle, in cui alla lettera A corrisponde la situazione temuta, alla B il pensiero e alla C l'emozione... Io all'inizio ho adottato queste tecniche, ma durante le crisi non risolvevo niente. La dottoressa mi ha quasi rimproverato di averle fatto perdere tempo, (ho notato perfino una certa acrimonia nel suo tono, oltre a riferimenti che andavano più sul personale, circa un mio eccessivo attaccamento ai miei genitori anziani, cosa che mi ha anche ferito...): mi è parsa spazientita che io mi sentissi disarmato come all'inizio di fronte alle ossessioni, e mi ha fatto capire che per vincere il doc devo usufruire dei suoi strumenti. Sa che assumo sertralina, ma non considera che potrebbe esser merito della molecola se questi pensieri si sono sgonfiati . A sto punto non so che fare: chiudere con lei e ammettere che non mi sono stati di beneficio i suoi suggerimenti? Nell'ultima seduta, avendo paura di contraddirla, ho finito per compiacerla, correggendo il mio resoconto col dire che ora ho più coscienza del doc e so come affrontarlo. Ma mentivo: era solo per farla contenta, perché non so affrontare il contraddittorio... E del resto ho paura a interrompere le sedute, perché non so se peggiorerei senza quel riferimento settimanale che ormai è diventato una mia abitudine... Come posso affrontare la situazione?
Salve, mi spiace molto per la situazione ed il disagio espresso e comprendo quanto possa essere difficile per lei convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente. Credo che un consulto con un terapeuta possa aiutarla ad identificare pensieri rigidi e disfunzionali che impediscono il cambiamento desiderato e mantengono la sofferenza in atto ed altresì aiutarla a utilizzare un dialogo interno ricco di parole costruttive.
Comunque ritengo rispettoso per il rapporto che avete instaurato parlare con la collega di queste crepe che stanno emergendo e di come possiate eventualmente risolverle. Resto a disposizione, anche online. Cordialmente, dott FDL

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Gentile Utente, prima di tutto grazie per aver condiviso con noi la sua esperienza e mi dispiace molto che lei stia attraversando un momento così difficile. Quello che mi sento di dirle è che in una relazione terapeutica la sincerità, la fiducia e la trasparenza solo le basi per un percorso che funzioni. Dalle sue parole emerge come il patto terapeutico si sia in qualche modo rotto. Sono cose che possono succedere. Quello che può fare è condividere con la sua terapeuta che in questo momento senza questa frattura.
Si ricordi inoltre che concludere un percorso non significa rimanere il balia del proprio malessere.
Posso immaginare che iniziare un nuovo percorso possa essere faticoso, ma mi sento di consigliare la possibilità di valutare un nuovo specialista.
Cordiali Saluti
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Buonasera, grazie per aver condiviso la sua situazione ed i suoi dubbi. Parlare con la sua terapeuta di quello che prova e della frattura che percepisce è sicuramente il primo passo. È però probabile, e dalle sue parole mi sembra di percepire questo, che la tcc non sia adatta a lei e che potrebbe invece avere bisogno di un approccio diverso.
Buongiorno,
la situazione che si è creata tra lei e la psicologa che la segue è ricca di riflessioni.
La soluzione migliore mi sembra possa essere quella di mettere temporanemanet da parte i sintomi legati al doc e ragionare ad un livello differente, ossia quello del rapporto tra voi due. Di come lei lo sta vivendo in questo momento, del significato che legge nei rimandi che le vengono fatti, del fatto di mentire per compiacerla, della paura di interrompere rimanendo senza il riferimento settimanale, ecc.
Come evolverà questo percorso non lo possiamo sapere in anticipo, ma credo sia importante che venga riportato e affrontato all'interno del rapporto terapeutico.
Le auguro una buona giornata
Gianpaolo Bocci
Buonasera,credo che la mancata alleanza e fiducia terapeutica nei confronti della sua psicologa stia peggiorando la sua condizione attuale .Affronti questa crisi con la sua terapeuta e cercate di trovare insieme la strada migliore.Un caro augurio Dottssa Luciana Harari
Gentile utente, condivido quanto già espresso da altri miei colleghi: sarebbe utile che lei condividesse questi suoi vissuti con la sua terapeuta e proviate prima di tutto ad aggiustare questa rottura nella relazione terapeutica. Valuterà successivamente il dà farsi. La terapia c-c è comunque il gold standard per il trattamento del DOC. Un caro saluto e in bocca al lupo.
Salve!
Desidero risponderle fissando alcuni punti.
In primo luogo ci tengo a sottolineare che l’alleanza terapeutica è un prerequisito fondamentale in psicoterapia: se viene meno la fiducia, questo è un grande problema. Ben Difficilmente potrà recuperare il rapporto con la sua psicologa, se le premesse sono queste. Affronti l’argomento con la sua psicologa, ma se le sue titubanze dovessero persistere allora
Le suggerisco senza mezzi termini di cercare un altro specialista.
In secondo luogo, la psicoterapia cognitivo comportamentale è considerata la terapia di elezione per il Doc. Tuttavia non tutti i terapeuti cognitivi comportamentali hanno una specifica formazione nel trattamento del DOC, che necessita appunto di tecniche estremamente mirate e per le quali occorre una formazione particolare.
Le ossessioni non vanno ne’ combattute, ne’ analizzate (per usare due verbi che ha usato lei) ma riconosciute per tempo e sottoposte a ben altre riflessioni (riconoscimento della colpa deontologica, valutazione del rischio, esposizione, prevenzione della risposta, ecc).
Consideri dunque di cercare uno specialista in Tcc che abbia una specifica formazione nel trattamento del Doc.
In terzo luogo, lei ci dice di assumere la sertralina: il farmaco attenua l’intensità e la frequenza delle ossessioni e delle compulsioni, d’altra parte viene prescritto proprio per questo!
Quindi non è assolutamente da escludere che l’attenuazione sia dovuta proprio a questo fattore di non poca importanza, più che alla psicoterapia.

Gentile utente di mio dottore,

parli con il suo psicoterapeuta di tutti gli aspetti di cui ha parlato qui. E' importantissimo avere dei confronti che portano ad un chiarimento rispetto alle problematiche da lei evidenziate anche per il proseguimento proficuo del trattamento terapeutico. In fondo alla base del poter star bene c'è l'alleanza terapeutica che viene a costruirsi proprio mediante la relazione di fiducia paziente terapeuta.
Nella speranza con queste poche righe di aver accolto e orientato la sua richiesta...
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno, sono pienamente d'accordo con i suggerimenti del collega dott. Bocci. Durante la psicoterapia possono esserci delle crepe, come dice Lei, nel rapporto tra il terapeuta e il paziente. Che però non significano che la terapia non sta funzionando. Come dicono i colleghi, la cosa migliore è parlarne apertamente. Non abbia paura, va bene. Un professionista accoglie con piacere il feedback sincero e imposta il lavoro di conseguenza. La terapia cognitivo comportamentale (tcc) è un lavoro di squadra, il terapeuta e il paziente lavorano insieme per raggiungere gli obiettivi desiderati. Gli esempi delle strategie terapeutiche che ha elencato, inserite in un contesto più ampio, sono usate con successo e supportate da evidenze scientifiche. Il che però non vuol dire che siano adatte a ogni persona. Non siamo dei numeri, siamo tutti diversi, il successo della terapia dipende da diversi fattori ed è il compito del terapeuta cercare, assieme al paziente, la strada migliore per arrivare alla meta desiderata. Per cui nessuna paura, ne parli, anche delle parole che L'hanno ferita. Se non dovesse funzionare, ha sempre la libertà di cambiare il professionista. Infine, per quanto riguarda la terapia farmacologica, indicata in alcuni casi e che da sola non basta, dà il suo meglio se abbinata alla psicoterapia. Le auguro il meglio. Dott.ssa Katarina Faggionato
Gentile utente,
comprendo lo stato di profondo scoramento e disagio che permea le sue parole e me ne rammarico molto.
Parto dal presupposto che il rapporto con un terapeuta, qualsiasi sia il suo orientamento psicoterapico, si basa sulla costruzione di un'alleanza di lavoro fondata sulla sincerità e sulla fiducia. In quest'ottica ritengo fondamentale che lei possa affrontare con la sua terapeuta i dubbi e le perplessità relative al vostro lavoro insieme. Questo ha senso non solo in relazione alla buona riuscita della terapia, ma anche e soprattutto in relazione alla sua crescita personale e al suo benessere. Inoltre, a ben vedere, il suo feedback onesto, rappresenta un'importantissima opportunità anche per la sua terapeuta: personalmente imparo sempre tantissimo dai miei pazienti e ritengo che le rotture dell'alleanza terapeutica abbiano senso solo se vengono affrontate e superate in terapia.
Le auguro il meglio e resto a disposizione per eventuali ulteriori approfondimenti e informazioni
Dott.ssa Silvia Costanzo
Buongiorno, non vorrei commentare l'intero messaggio che ha scritto, seppur indicativo della sua sofferenza, solo perchè rischierei di dare giudizi senza avere conoscenza completa della situazione. è molto importante però, la sua sensazione ed il suo punto di vista. Posso dire che il clinico che si irrita perchè il paziente non lo segue abbastanza o non "guarisce" come dovrebbe non attira la mia simpatia. Il paziente è bravo a fare il paziente ed il clinico lo deve sapere. Detto questo non mi è piaciuta per niente la sua ultima frase, rischia di vanificare il suo sforzo e la sua motivazione in una situazione già di per se dolorante come quella del DOC. DEVE poter parlare di questa sensazione alla terapeuta e se non dovesse sentirsi ascoltato o capito è segno che dovrebbe cambiare terapeuta.
Salve,
deve essere spiacevole vivere una situazione del genere. Lo specialista a cui mi rivolgo penso debba accogliere ciò che da paziente io porto. Se ho delle difficoltà, se qualcosa mi è poco chiaro o semplicemente qualche tecnica non mi è utile o non mi torna, devo sentirmi libero di esprimermi con rispetto, ma in totale libertà. Dispiace sentire che in questo caso ciò non avvenga. Siamo persone d'altra parte e non con tutti si crea una alleanza utile e necessaria per fare un percorso verso il benessere. Molti miei colleghi hanno già risposto in modo chiaro ed esemplificativo, ma ci tenevo a dire la mia. Se volesse approfondire qualche dubbio, tematica e confrontarsi rimango a sua completa disposizione, anche online, ci mancherebbe.
Cordialmente Dottor Antonino Savasta.
Buongiorno, ritengo utile, in quella che lei considera l'ultima seduta, condividere questi pensieri con la sua psicologa, al fine di comprendere meglio ciò che ha mosso questa situazione.

Saluti

MT
Buongiorno,
la fiducia è alla base della relazione terapeutica ed é il fattore determinante nell’efficacia della terapia, al di là delle tecniche utilizzate. Ne parli con la sua terapeuta, interrompere il percorso è una scelta da condividere.
Cordiali saluti
Dott.ssa Zena Ballico
Gentile Utente, purtroppo il DOC è molto difficile da trattare e il sostegno farmacologico è parte della cura . Da quello che lei scrive mi sembra che si siano create delle crepe nella relazione terapeutica e che lei per paura di dispiacere il terapeuta, stia sul di lui compiacimento . Su queste basi si può costruire molto poco. Io le suggerisco di trovare il coraggio di parlare al suo terapeuta così come ne ha parlato qui con noi, dopodiché si senta libero di decidere se proseguire con un altro professionista con cui si sente più sciolto e libero nella relazione .
Cordiali Saluti
Dott.ssa Laura Tavano
Gentile utente, intanto la ringrazio per il coraggio di riuscire a parlare della rottura dell’alleanza terapeutica e immagino lo smarrimento di fronte a ciò, tenendo conto di quanto da lei scritto in merito al “riferimento settimanale” trovato. Tecniche e orientamento terapeutico a parte, la fiducia, l’alleanza e dunque la relazione terapeutica è uno dei fattori che consentono l’efficace riuscita di una buona terapia; per cui la invito a rivolgere a lei stesso delle domande in merito alla sua paura di contraddire la sua terapeuta (ad esempio: cosa immagina possa accadere se dovesse contraddirla? Nel momento in cui l’ha compiaciuta come si è sentito?). Ho immaginato che queste dinamiche, che ha riportato, siano dinamiche che lei stesso propone nelle relazioni della sua vita e che ha riproposto anche nella relazione terapeutica? Dunque potrebbe essere davvero utile sia per lei che per la collega tenerne conto all’interno del vostro percorso insieme, lavorando anche su obiettivi di tipo relazionali.
Le auguro il mio in bocca al lupo nel percorso che sta affrontando o in un eventuale altro,
Dott.ssa Martina A. Cerelli
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Buongiorno, intanto la ringrazio per aver condiviso una situazione così delicata e difficile. Sicuramente ha fatto bene ad associare una psicoterapia alla terapia farmacologica, che aiuta ad attenuare i sintomi, ma non ne elimina le cause; come prima cosa mi sento di consigliare di parlare apertamente con la collega che la segue, riferendole i dubbi e le incertezze anche relative al percorso intrapreso vi porterebbe a rivedere il patto terapeutico, che sembra essersi incrinato.
Dalle sue parole, però, mi sembra di cogliere che forse il percorso intrapreso non sia il più adatto a risolvere la sua situazione, mi sento pertanto di consigliarle a provare un cambio di approccio terapeutico.
Rimango a disposizione e le auguro di trovare presto la modalità per affrontare al meglio la situazione.
Cordialmente, dott.ssa Simona Silva
Buonasera, entrare nel merito di una terapia è cosa molto complessa. Sicuramente sta dicendo che la fiducia è venuta meno e che non si sente accolto emotivamente. Di sicuro non è in linea con la cura il dovere "acconsentire" a ciò che il terapeuta pensa, solo per compiacenza. Provi a parlarne apertamente ma se perdura questo sentimento di sconforto, forse è il caso di cambiare professionista e approccio, magari cerchi uno psicoterapeuta psicodinamico che baserà il lavoro più sulla relazione che non sugli esercizi. Cambiare non è necessariamente una sconfitta, ha fatto un pezzettino in avanti e ciò che ha ottenuto ormai è suo, fa parte di lei.
Spero di esserle stata utile.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi

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