Curiosità personale che spero possiate aiutarmi a comprendere. Ho cambiato alcuni luoghi di lavoro,
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Curiosità personale che spero possiate aiutarmi a comprendere. Ho cambiato alcuni luoghi di lavoro, ognuno dei quali era caratterizzato, socialmente parlando, da un modus operandi -collettivo-.
Nel senso che c'era l'ufficio dove trovavo tanta reciproca cordialità, voglia di stare assieme anche dopo l'orario di lavoro, un nuovo assunto veniva accolto e inserito nel gruppo di lavoro, ma poca concretezza a livello di gesti veri, come il desiderio di imbastire dei rapporti umani piacevoli ma solo superficiali, se qualcuno aveva un problema gli altri fuggivano contrapponendosi all'atteggiamento iniziale, dunque tanto fumo ma poco arrosto al limite del teatrale, il che lascia l'amaro in bocca.
Un altro ambiente invece grezzo e antisociale, dove se non ci si sopportava non lo si mandava a dire (a differenza dell'altro dove invece si fingeva di non vedere e si andava avanti), dove appena entravi (sensazione comune a tanti) su venti persone nessuno si faceva avanti a presentarsi e inserire il malcapitato, insomma abbandonati a se stessi dove dovevi cercare di ritagliarti tu spazi e rapporti ma dove, viceversa, riuscivi a intravedere dei piccoli ma veri gesti umani quando qualcuno ne aveva bisogno. Zero fumo e un po' d'arrosto.
Un altro ancora dove emergeva esclusivamente la collaborazione lavorativa tralasciando tutto il resto, ovvero la parte della socialità. Dunque si lavorava serenamente ma poi ognuno non vedeva l'ora di timbrare per scappare a casa, dove in due anni non abbiamo mai organizzato nemmeno una cena di Natale.
Adesso, personalmente credo che gli ambienti lavorativi debbano essere un po' una piccola famiglia, il che non significa dove tutti vanno d'accordo ma che sia un ambiente accogliente e dove chi arriva non si spaventi, si senta accolto e non trasparente. Credo che questo favorisca la produttività e la voglia di andare al lavoro, per esperienza vissuta.
Detto ciò, che può essere condivisibile o meno, e consapevole che gli ambienti lavorativi sono formati da persone ognuna con un carattere diverso e per questo motivo ne caratterizzano la unicità dello stesso, la domanda che vi faccio è come mai però anche quei caratteri differenti e a volte opposti al dna del gruppo, vuoi o non vuoi si adegua ad esso?
Esempio, mi è capitato di vedere un collega dal carattere forte maturo e determinato che si è adeguato all'indifferenza del gruppo quando qualcuno viveva un problema, sconfessando di fatto se stesso. Così come mi è capitato di vedere il pettegolo di turno adeguarsi al silenzio di un ambiente che non lasciava spazio a tale vociare.
Chi e cosa può determinare il dna di un gruppo che poi fa da traino a tutti gli altri anche negli anni e con l'ingresso di altri colleghi nel tempo?
Nel senso che c'era l'ufficio dove trovavo tanta reciproca cordialità, voglia di stare assieme anche dopo l'orario di lavoro, un nuovo assunto veniva accolto e inserito nel gruppo di lavoro, ma poca concretezza a livello di gesti veri, come il desiderio di imbastire dei rapporti umani piacevoli ma solo superficiali, se qualcuno aveva un problema gli altri fuggivano contrapponendosi all'atteggiamento iniziale, dunque tanto fumo ma poco arrosto al limite del teatrale, il che lascia l'amaro in bocca.
Un altro ambiente invece grezzo e antisociale, dove se non ci si sopportava non lo si mandava a dire (a differenza dell'altro dove invece si fingeva di non vedere e si andava avanti), dove appena entravi (sensazione comune a tanti) su venti persone nessuno si faceva avanti a presentarsi e inserire il malcapitato, insomma abbandonati a se stessi dove dovevi cercare di ritagliarti tu spazi e rapporti ma dove, viceversa, riuscivi a intravedere dei piccoli ma veri gesti umani quando qualcuno ne aveva bisogno. Zero fumo e un po' d'arrosto.
Un altro ancora dove emergeva esclusivamente la collaborazione lavorativa tralasciando tutto il resto, ovvero la parte della socialità. Dunque si lavorava serenamente ma poi ognuno non vedeva l'ora di timbrare per scappare a casa, dove in due anni non abbiamo mai organizzato nemmeno una cena di Natale.
Adesso, personalmente credo che gli ambienti lavorativi debbano essere un po' una piccola famiglia, il che non significa dove tutti vanno d'accordo ma che sia un ambiente accogliente e dove chi arriva non si spaventi, si senta accolto e non trasparente. Credo che questo favorisca la produttività e la voglia di andare al lavoro, per esperienza vissuta.
Detto ciò, che può essere condivisibile o meno, e consapevole che gli ambienti lavorativi sono formati da persone ognuna con un carattere diverso e per questo motivo ne caratterizzano la unicità dello stesso, la domanda che vi faccio è come mai però anche quei caratteri differenti e a volte opposti al dna del gruppo, vuoi o non vuoi si adegua ad esso?
Esempio, mi è capitato di vedere un collega dal carattere forte maturo e determinato che si è adeguato all'indifferenza del gruppo quando qualcuno viveva un problema, sconfessando di fatto se stesso. Così come mi è capitato di vedere il pettegolo di turno adeguarsi al silenzio di un ambiente che non lasciava spazio a tale vociare.
Chi e cosa può determinare il dna di un gruppo che poi fa da traino a tutti gli altri anche negli anni e con l'ingresso di altri colleghi nel tempo?
Gentile utente, la sua domanda è molto interessante, rispondere in modo esaustivo non sarà semplice. Tuttavia le motivazioni che spingono alla formazione di un gruppo e alla creazione di specifiche dinamiche sono innumerevoli, a partire dal fatto che ogni membro ha la sua personalità e il suo funzionamento specifico. Alcune personalità e funzionamenti tuttavia tendono ad essere più predominanti di altri, questi funzionamenti più spiccati incontrano a loro volta soggetti che magari tendoni più facilmente ad adattarsi. Inoltre in ogni contesto sociale si possono presentare fenomeni di "adeguamento sociale". L'essere umano ha la tendenza a trovare la sua strategia di "sopravvivenza" perché siamo esseri sociale che per economia di risorse tendono ad adeguarsi, questo in certi quasi può portare all'adeguamento dell'individuo in dinamiche che apparentemente non fanno parte di lui o di lei, ma in cui per "sopravvivenza" deve trovare un modo per starci al meglio. Questa è una spiegazione molto semplicistica ma spero le sia stata di aiuto in qualche modo. Cordialmente Dott.ssa Alessia D'Angelo
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Gentile utente buongiorno.
La sua riflessione è molto pertinente e la ringrazio per aver toccato un argomento così importante ma sottovalutato nella vita delle persone che lavorano in gruppo.
Come ha notato, esistono molte possibili ambienti di lavoro in cui le dinamiche di relazione, professionale e personale, cambiano notevolmente. I fattori che determinano ogni tipo di ambiente sono diversi: l'organizzazione aziendale, le mansioni, le caratteristiche anagrafiche del gruppo, le molteplici differenze individuali. Se il lavoro del gruppo è in balia di queste variabili difficilmente si creerà un ambiente positivo per lavorare, in cui l'efficienza e le buone relazioni vanno di pari passo.
La responsabilità di formare un buon team di lavoro ricade molto spesso sui dirigenti, i quali, però, spesso sono orientati sull'aspetto prestativo, sul risultato, tralasciando il benessere individuale, la soddisfazione del dipendente e le relazioni interpersonali. A loro volta, gli staff dirigenziali non sono sempre messi nelle condizioni ottimali per svolgere il loro lavoro, spinti da una dirigenza aziendale focalizzata sul prodotto finale del lavoro e sul rendimento, e non sulla qualità della vita lavorativa.
Tutti dovrebbero battersi per ottenere un benessere psicologico nello svolgimento del proprio lavoro, soprattutto in un contesto di gruppo, in cui si danno e si ricevono ordini, si risolvono problemi comuni, si devono rispettare scadenze e obiettivi.
La psicologia del lavoro e la psicologia aziendale si occupano in parte anche di queste problematiche. L'ideale per ogni azienda sarebbe avere nel proprio organico un esperto di questo settore.
Lo psicologo in azienda può concretamente aiutare il gruppo a soddisfare i naturali bisogni di benessere e performance sul posto di lavoro. Con attività di workshop o colloqui individuali, lo psicologo potrebbe introdurre concetti importanti per la vita di relazione professionale: la corretta comunicazione, la gestione delle emozioni, l'empatia, la cooperazione sociale.
Si possono anche organizzare attività di team-building, in cui il gruppo viene estrapolato dal contesto aziendale e deve affrontare esperienze per rafforzare i legami interni: percorsi avventura, attività teatrali, esercizi e pratiche di comunicazione consapevole, sono alcuni esempi di attività che ogni azienda dovrebbe inserire per i propri dipendenti.
Purtroppo, ancora, questo tipo di risorse non vengono implementate dalle aziende e la vita degli staff lavorativi viene spesso lasciata al caso generando tutta quella serie di problematiche che lei ha perfettamente individuato e descritto.
Sperando di averle chiarito qualche suo dubbio, se vuole sono a sua disposizione per altre informazioni sull'argomento.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
La sua riflessione è molto pertinente e la ringrazio per aver toccato un argomento così importante ma sottovalutato nella vita delle persone che lavorano in gruppo.
Come ha notato, esistono molte possibili ambienti di lavoro in cui le dinamiche di relazione, professionale e personale, cambiano notevolmente. I fattori che determinano ogni tipo di ambiente sono diversi: l'organizzazione aziendale, le mansioni, le caratteristiche anagrafiche del gruppo, le molteplici differenze individuali. Se il lavoro del gruppo è in balia di queste variabili difficilmente si creerà un ambiente positivo per lavorare, in cui l'efficienza e le buone relazioni vanno di pari passo.
La responsabilità di formare un buon team di lavoro ricade molto spesso sui dirigenti, i quali, però, spesso sono orientati sull'aspetto prestativo, sul risultato, tralasciando il benessere individuale, la soddisfazione del dipendente e le relazioni interpersonali. A loro volta, gli staff dirigenziali non sono sempre messi nelle condizioni ottimali per svolgere il loro lavoro, spinti da una dirigenza aziendale focalizzata sul prodotto finale del lavoro e sul rendimento, e non sulla qualità della vita lavorativa.
Tutti dovrebbero battersi per ottenere un benessere psicologico nello svolgimento del proprio lavoro, soprattutto in un contesto di gruppo, in cui si danno e si ricevono ordini, si risolvono problemi comuni, si devono rispettare scadenze e obiettivi.
La psicologia del lavoro e la psicologia aziendale si occupano in parte anche di queste problematiche. L'ideale per ogni azienda sarebbe avere nel proprio organico un esperto di questo settore.
Lo psicologo in azienda può concretamente aiutare il gruppo a soddisfare i naturali bisogni di benessere e performance sul posto di lavoro. Con attività di workshop o colloqui individuali, lo psicologo potrebbe introdurre concetti importanti per la vita di relazione professionale: la corretta comunicazione, la gestione delle emozioni, l'empatia, la cooperazione sociale.
Si possono anche organizzare attività di team-building, in cui il gruppo viene estrapolato dal contesto aziendale e deve affrontare esperienze per rafforzare i legami interni: percorsi avventura, attività teatrali, esercizi e pratiche di comunicazione consapevole, sono alcuni esempi di attività che ogni azienda dovrebbe inserire per i propri dipendenti.
Purtroppo, ancora, questo tipo di risorse non vengono implementate dalle aziende e la vita degli staff lavorativi viene spesso lasciata al caso generando tutta quella serie di problematiche che lei ha perfettamente individuato e descritto.
Sperando di averle chiarito qualche suo dubbio, se vuole sono a sua disposizione per altre informazioni sull'argomento.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Gentilissimo,
mi sembra che lei abbia uno spirito di osservazione particolarmente spiccato e abbia colto innumerevoli dinamiche delle singole persone che componevano i gruppi che ha descritto e i comportamenti del gruppo in quanto unità. Quello che mi chiedo è: lei come ci stava in questi gruppi? Come si è sentito? Cosa la fa sentire a suo agio e che ruolo sente di aver rivestito in questi gruppi?
Se queste domande le risuonano, potrebbe essere interessante approfondire questa sua riflessione, dando voce alle sue paure e perplessità anche in un colloquio psicologico. Rimanendo a disposizione. Un caro saluto, Dott.ssa Giorgia Aiolfi
mi sembra che lei abbia uno spirito di osservazione particolarmente spiccato e abbia colto innumerevoli dinamiche delle singole persone che componevano i gruppi che ha descritto e i comportamenti del gruppo in quanto unità. Quello che mi chiedo è: lei come ci stava in questi gruppi? Come si è sentito? Cosa la fa sentire a suo agio e che ruolo sente di aver rivestito in questi gruppi?
Se queste domande le risuonano, potrebbe essere interessante approfondire questa sua riflessione, dando voce alle sue paure e perplessità anche in un colloquio psicologico. Rimanendo a disposizione. Un caro saluto, Dott.ssa Giorgia Aiolfi
Caro utente, come già si dice nella sua appassionata riflessione, le dinamiche di gruppo sono numerose e l'individuo agisce diversamente (a volte anche in modo totalmente opposto) se interagisce da solo o meno. E' un argomento davvero molto vasto ed esteso, sui cui c'è tanto da leggere ed esplorare, se l'argomento la incuriosisce (gli esperimenti, ad esempio, sono davvero molto interessanti). E' un peccato che, data l'importanza, come dice, di un clima lavorativo sereno, molte aziende o imprese (luoghi di lavoro in generale), non investano sulla figura dello Psicologo del Lavoro, che è fondamentale sia per i dipendenti che per la dirigenza.
Un caro saluto
Un caro saluto
Credo sia importante renderci, comunque, consapevoli che il comportamento degli altri dipende anche dal nostro, in una serie di azioni e contro-reazioni, al di là delle dinamiche di gruppo
Buonasera, sono curiosa (...) a cosa è dovuta questa curiosità verso il gruppo e le sue dinamiche? Sembra molto importante per lei. Un caro saluto e a disposizione anche on line. Maria dr. Zaupa
Salve, la sua è una riflessione molto importante e profonda.
Consideri che il gruppo lavoro è un gruppo obbligato, dove le persone non scelgono volontariamente di farne parte. In questo caso, può essere molto predominante il meccanismo di "adeguamento sociale", ovvero quel meccanismo che ci porta ad adeguarci a comportamenti e norme già stabilite.
Inoltre, molti vedono il lavoro come uno strumento, un mezzo di sussistenza e, quindi, possono decidere di investire un limitato capitale personale.
Questo e altri meccanismi alla base della sopravvivenza di un gruppo, fanno sì che il gruppo non sia solamente la somma delle parti, ma un'entità a sé stante. Per poterlo modificare vi è necessità di un lavoro particolare da parte di uno psicologo specializzato, uno psicologo del lavoro.
Mi complimento con lei per aver osservato minuziosamente queste dinamiche umane.
Se ha bisogno di chiarimenti non esiti a contattarmi.
Dott.ssa Linda Trogi
Consideri che il gruppo lavoro è un gruppo obbligato, dove le persone non scelgono volontariamente di farne parte. In questo caso, può essere molto predominante il meccanismo di "adeguamento sociale", ovvero quel meccanismo che ci porta ad adeguarci a comportamenti e norme già stabilite.
Inoltre, molti vedono il lavoro come uno strumento, un mezzo di sussistenza e, quindi, possono decidere di investire un limitato capitale personale.
Questo e altri meccanismi alla base della sopravvivenza di un gruppo, fanno sì che il gruppo non sia solamente la somma delle parti, ma un'entità a sé stante. Per poterlo modificare vi è necessità di un lavoro particolare da parte di uno psicologo specializzato, uno psicologo del lavoro.
Mi complimento con lei per aver osservato minuziosamente queste dinamiche umane.
Se ha bisogno di chiarimenti non esiti a contattarmi.
Dott.ssa Linda Trogi
Il mondo del lavoro è un ambiente complesso che risente della cultura dell'azienda e del clima del team nel quale si opera. Non è la famiglia e neppure un gruppo di amici. E' tuttavia il luogo nel quale passiamo almeno (se non di più) 8 ore al giorno. Se leviamo il sonno, il pranzo e il traffico è una buona percentuale della nostra vita, sarebbe importante allora trovare gratificazione e riconoscimento, oltre che un adeguato compenso. La soddisfazione la possiamo trovare in buon compenso (la mia esperienza di psicologo del lavoro mi fa dire che questo non è sufficiente) è importante che ogni professionista sia riconosciuto per il suo "contributo" tecnico e soprattutto per la sua personalità e il suo modo di essere. Voglio dire oltre al suo contributo professionale per la capacità di collaborare e relazionarsi in modo autentico e originale. E' quindi utile un po' di adattamento ma senza mascherare la propria personalità e le propria autenticità nel collaborare. Altrimenti anche un buon compenso non può sopperire alla frustrazione di non essere visti per ciò che si è e non essere valorizzati per le proprie capacità.
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Gentile utente, la sua domanda è molto interessante e meriterebbe un approfondimento che è difficile fare in questa sede.
Se da un lato il gruppo è formato da individui, è anche vero che il gruppo stesso diventa un'entità a sè e non solo "la somma delle sue parti". Ogni nucleo è dunque portato ad avere una sua identità, in cui incorrono diversi fattori derivati dal contesto e dai membri che ne fanno parte. Quando un nuovo membro si aggiunge, c'è poi una sorta di tendenza al conformismo che porta ad adeguarsi al contesto e che ha delle basi nel principio di sopravvivenza.
Sperando di averle fornito qualche spunto di riflessione, resto a disposizione anche online per un eventuale confronto.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elena Sinistrero
Se da un lato il gruppo è formato da individui, è anche vero che il gruppo stesso diventa un'entità a sè e non solo "la somma delle sue parti". Ogni nucleo è dunque portato ad avere una sua identità, in cui incorrono diversi fattori derivati dal contesto e dai membri che ne fanno parte. Quando un nuovo membro si aggiunge, c'è poi una sorta di tendenza al conformismo che porta ad adeguarsi al contesto e che ha delle basi nel principio di sopravvivenza.
Sperando di averle fornito qualche spunto di riflessione, resto a disposizione anche online per un eventuale confronto.
Un caro saluto,
Dott.ssa Elena Sinistrero
Buongiorno, i suoi dubbi sono legittimi. Una psicoterapia è consigliata perché, se da una parte "guarisce" gli stati d'animo che non la fanno stare bene, dall'altro "educa" alla consapevolezza e alla conoscenza di sé. La conseguenza di questa "educazione" è che poi lei è in grado di fronteggiare tutto ciò che la vita ci riserva quotidianamente, in modo adeguato. Se non trova riscontro con lo psicoterapeuta che sta frequentando o dovesse frequentare, conviene cambiare. Ognuno ha un suo metodo di lavoro e non è detto che quel metodo vada bene per lei. A disposizione per qualsiasi chiarimento, la saluto cordialmente. dr.ssa Elena Santomartino, psicologa psicoterapeuta
Carissimo, lei pone questioni che meriterebbero lunghe risposte e riflessioni: ci sono molti autori che si sono occupati dei gruppo e delle masse e di come i singoli individui tendono a comportarsi in quelle situazioni (cito a memoria...Freud, Lewin, Foulkes, Bion). Di norma accade che l'individuo tenda a conformarsi a quelle che sono le regole (esplicite ed implicite) del gruppo; il gruppo quindi tende a sovrastare le inclinazioni dell'individuo a meno che l'individuo stesso, attraverso un progressivo avvicinamento ai detentori della leadership, non riesco a modificare alcuni criteri (in modo più o meno gentile). Non è facile affermare sé stessi laddove si va in una direzione opposta a quello che è il mood del gruppo, spesso comporta isolamento e allontanamento. Se avesse bisogno di suggerimenti bibliografici o altro mi scriva pure. Cordiali saluti. Dottor Montanaro
Gentile utente,
la sua sensibilità e profondità nel riporatre le esperienze gruppali da lei visssute è altamente apprezzabile, poichè un clima lavorativo armonioso dal lato relazionale è un grande valore aggiunto per il benessere dell'individuo e del gruppo.
Purtoppo l'individuo spesso per adeguarsi al gruppo diventa codardo, e non riesce ad espriemere il suo pensiero, la sua posizione.
Le motivazioni per cui gli individui nel gruppo non assumono una posizione, possono essere tante. Ad esempio: paura di avere roitorsioni materiali, psicologiche, abitudine a reprimere il proprio pensiero per sentirsi parte del gruppo, caratteristiche formali e superficili di personalità, disinteresse verso le relazioni, paura del conflitto. Il conflitto culturalmnete tende ancora ad essere un tabu', non c'è capacità di negoziazione, di trovare compromessi per cooperare consolidando l'identità gruppale. C'è molto egocentrismo e narcisimo nel gestire le problematiche relazionali. Al fine di migliorare le dinamiche gruppali lavorative, sarebbe opportuno coinvolgere lo psicologo del lavoro per dare importanza alle relazioni non solo alla prestazione lavorativa.
Cordialmente
Sara Chiara Pompili
la sua sensibilità e profondità nel riporatre le esperienze gruppali da lei visssute è altamente apprezzabile, poichè un clima lavorativo armonioso dal lato relazionale è un grande valore aggiunto per il benessere dell'individuo e del gruppo.
Purtoppo l'individuo spesso per adeguarsi al gruppo diventa codardo, e non riesce ad espriemere il suo pensiero, la sua posizione.
Le motivazioni per cui gli individui nel gruppo non assumono una posizione, possono essere tante. Ad esempio: paura di avere roitorsioni materiali, psicologiche, abitudine a reprimere il proprio pensiero per sentirsi parte del gruppo, caratteristiche formali e superficili di personalità, disinteresse verso le relazioni, paura del conflitto. Il conflitto culturalmnete tende ancora ad essere un tabu', non c'è capacità di negoziazione, di trovare compromessi per cooperare consolidando l'identità gruppale. C'è molto egocentrismo e narcisimo nel gestire le problematiche relazionali. Al fine di migliorare le dinamiche gruppali lavorative, sarebbe opportuno coinvolgere lo psicologo del lavoro per dare importanza alle relazioni non solo alla prestazione lavorativa.
Cordialmente
Sara Chiara Pompili
Caro utente, la riflessione che porta è molto interessante e altrettanto complessa. Numerosi studi si sono interessati all'analisi delle dinamiche di gruppo. Ciò che unanimemente è merso da tali ricerche è che l'individuo all'interno di un gruppo non agisce più come singola individualità ma come parte integrante di un sistema più grande, per l'appunto il gruppo stesso. Che cosa significa? che gli agiti individuali sono sempre espressione di un vissuto gruppale e non più solo individuale.
Questo ovviamente provoca anche delle dinamiche conflittuali che spesso possono essere anche di difficile gestione se il gruppo non viene supportato, ad esempio, da un supervisore o da uno psicologo del lavoro.
Dott. Iacopo Curzi
Questo ovviamente provoca anche delle dinamiche conflittuali che spesso possono essere anche di difficile gestione se il gruppo non viene supportato, ad esempio, da un supervisore o da uno psicologo del lavoro.
Dott. Iacopo Curzi
Buonasera, la riflessione che porta apre numerose porte, in quanto, parlando di psicologia dei gruppi, potremmo discuterne sicuramente a lungo vista la complessità del tema.
Molti studi di psicologia sociale si sono infatti concentrati su come l'individuo, con la sua personalità e le proprie caratteristiche, possa modificare i propri comportamenti all'interno di un gruppo, e di come viceversa il gruppo possa cambiare all'ingresso di membri nuovi oppure a seguito di altre variabili contestuali o temporali. Nel tempo, ad esempio, numerosi studi hanno analizzato le dinamiche alla base di fenomeni quali il conformismo, l'estremismo, la formazione del gruppo, il senso di appartenenza, le maggioranze e le minoranze; altri ancora si sono focalizzati su come queste dinamiche possano inserirsi all'interno dei contesti lavorativi. Inoltre, credo sia importante chiedersi quale ruolo occupiamo noi nel gruppo, quali sono quelli in cui ci sentiamo meglio e quali in cui invece ci sentiamo scomodi. Nella speranza di aver portato qualche spunto di riflessione, resto a disposizione anche online per un eventuale confronto. Saluti, Dott.ssa Elena Rossini
Molti studi di psicologia sociale si sono infatti concentrati su come l'individuo, con la sua personalità e le proprie caratteristiche, possa modificare i propri comportamenti all'interno di un gruppo, e di come viceversa il gruppo possa cambiare all'ingresso di membri nuovi oppure a seguito di altre variabili contestuali o temporali. Nel tempo, ad esempio, numerosi studi hanno analizzato le dinamiche alla base di fenomeni quali il conformismo, l'estremismo, la formazione del gruppo, il senso di appartenenza, le maggioranze e le minoranze; altri ancora si sono focalizzati su come queste dinamiche possano inserirsi all'interno dei contesti lavorativi. Inoltre, credo sia importante chiedersi quale ruolo occupiamo noi nel gruppo, quali sono quelli in cui ci sentiamo meglio e quali in cui invece ci sentiamo scomodi. Nella speranza di aver portato qualche spunto di riflessione, resto a disposizione anche online per un eventuale confronto. Saluti, Dott.ssa Elena Rossini
Gli ambienti di lavoro sono complessi e influenzati da molteplici fattori. Il "dna" di un gruppo può essere determinato da vari elementi, come la cultura organizzativa, la leadership, le dinamiche di potere e le interazioni individuali. I comportamenti delle persone possono essere influenzati dalle aspettative del gruppo, dalla volontà di adattarsi o dal desiderio di evitare conflitti. Alcuni individui potrebbero adeguarsi per ottenere accettazione o per evitare tensioni. È importante considerare che ogni persona ha una propria personalità e strategie di adattamento. La creazione di un ambiente di lavoro accogliente richiede un impegno collettivo per promuovere la comunicazione aperta, il rispetto reciproco e la valorizzazione delle relazioni umane. Dott.ssa Francesca Gottofredi
La tua osservazione sul fatto che gli ambienti di lavoro possano avere caratteristiche sociali distintive è molto interessante. Gli ambienti di lavoro sono influenzati da una combinazione complessa di fattori, tra cui la cultura aziendale, le dinamiche di gruppo, la leadership, le personalità dei membri del team e gli eventi storici passati. Ecco alcune considerazioni sulla formazione e la perpetuazione di queste dinamiche di gruppo:
Cultura aziendale: La cultura aziendale è spesso stabilita dai fondatori o dai leader chiave e può influenzare notevolmente il comportamento e la mentalità dei dipendenti. Se la cultura aziendale enfatizza la collaborazione e l'apertura, è più probabile che i nuovi membri del team si adeguino a questi valori.
Leadership: I leader possono avere un impatto significativo sulla dinamica del gruppo. Se un leader promuove l'inclusione e incoraggia la comunicazione aperta, questo può influenzare positivamente il comportamento dei membri del team. Al contrario, un leader che non si preoccupa della socialità o dell'interazione tra i membri può contribuire a un ambiente meno collaborativo.
Dinamiche di gruppo: Le dinamiche di gruppo esistenti possono esercitare una forte influenza sui nuovi membri. Ad esempio, se un gruppo è noto per essere aperto e accogliente, i nuovi membri potrebbero sentirsi più a loro agio nell'aderire a tali norme. Allo stesso modo, se un gruppo è chiuso e competitivo, i nuovi membri potrebbero sentirsi obbligati a conformarsi.
Pressione sociale: Le persone tendono a conformarsi alle norme sociali del gruppo in cui si trovano. Questa conformità può essere dovuta alla volontà di essere accettati, alla paura di essere esclusi o alla semplice adattabilità umana. Di conseguenza, anche persone con personalità forti o diverse possono adeguarsi alle dinamiche del gruppo.
Eventi passati: Le esperienze passate, tra cui conflitti, successi o fallimenti, possono influenzare la mentalità e il comportamento dei membri del gruppo nel tempo.
In generale, il DNA di un gruppo è il risultato di una complessa interazione tra tutti questi fattori. Tuttavia, è importante notare che le dinamiche di gruppo non sono immutabili. Se ritieni che una certa cultura o dinamica di gruppo non sia sana o efficace, è possibile lavorare per cambiarla attraverso la leadership, la comunicazione aperta e il coinvolgimento attivo di tutti i membri del team. La consapevolezza e l'azione possono contribuire a creare un ambiente di lavoro più positivo e inclusivo.
Cultura aziendale: La cultura aziendale è spesso stabilita dai fondatori o dai leader chiave e può influenzare notevolmente il comportamento e la mentalità dei dipendenti. Se la cultura aziendale enfatizza la collaborazione e l'apertura, è più probabile che i nuovi membri del team si adeguino a questi valori.
Leadership: I leader possono avere un impatto significativo sulla dinamica del gruppo. Se un leader promuove l'inclusione e incoraggia la comunicazione aperta, questo può influenzare positivamente il comportamento dei membri del team. Al contrario, un leader che non si preoccupa della socialità o dell'interazione tra i membri può contribuire a un ambiente meno collaborativo.
Dinamiche di gruppo: Le dinamiche di gruppo esistenti possono esercitare una forte influenza sui nuovi membri. Ad esempio, se un gruppo è noto per essere aperto e accogliente, i nuovi membri potrebbero sentirsi più a loro agio nell'aderire a tali norme. Allo stesso modo, se un gruppo è chiuso e competitivo, i nuovi membri potrebbero sentirsi obbligati a conformarsi.
Pressione sociale: Le persone tendono a conformarsi alle norme sociali del gruppo in cui si trovano. Questa conformità può essere dovuta alla volontà di essere accettati, alla paura di essere esclusi o alla semplice adattabilità umana. Di conseguenza, anche persone con personalità forti o diverse possono adeguarsi alle dinamiche del gruppo.
Eventi passati: Le esperienze passate, tra cui conflitti, successi o fallimenti, possono influenzare la mentalità e il comportamento dei membri del gruppo nel tempo.
In generale, il DNA di un gruppo è il risultato di una complessa interazione tra tutti questi fattori. Tuttavia, è importante notare che le dinamiche di gruppo non sono immutabili. Se ritieni che una certa cultura o dinamica di gruppo non sia sana o efficace, è possibile lavorare per cambiarla attraverso la leadership, la comunicazione aperta e il coinvolgimento attivo di tutti i membri del team. La consapevolezza e l'azione possono contribuire a creare un ambiente di lavoro più positivo e inclusivo.
Gentile utente, la ringrazio per aver condiviso i suoi dubbi con noi. Comprendo le sue difficoltà e le sue preoccupazioni, e mi dispiace per i vissuti negativi che queste le provocano. Qualora dovesse ritenerlo opportuno o necessario, mi rendo disponibile a cominciare con lei un percorso , che potrebbe tornarle utile per esplorare ed approfondire le sue emozioni, esperienze e valori al fine di trovare una strada percorribile e ritrovare la serenità.
Tenga a mente che il benessere mentale è una priorità, e trovare il professionista giusto può fare la differenza.
Qualora dovesse avere dubbi, domande, o perplessità riguardo al mio lavoro non esiti a contattarmi.
Un caro saluto, dott. Daniele D’Amico.
Tenga a mente che il benessere mentale è una priorità, e trovare il professionista giusto può fare la differenza.
Qualora dovesse avere dubbi, domande, o perplessità riguardo al mio lavoro non esiti a contattarmi.
Un caro saluto, dott. Daniele D’Amico.
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E' una tematica molto interessante e sarebbe curioso indagare le dinamiche degli specifici gruppi che ha descritto. Come studia la branca della psicologia sociale, l'essere umano, inserito in dinamiche di gruppo, arriva lui stesso a personificare l'atteggiamento e a volte il modo di pensare degli altri membri quando si trova in quel contesto. Se ci pensiamo da un lato è una caratteristica enormemente adattiva. Ci consente inserirci in gruppi anche diversi da noi, cogliere il "pensiero" collettivo e adattarci al fine di essere inclusi, socialmente accettati, cooperare al meglio e in fine, sopravvivere. E questa è la parte più vantaggiosa e positiva. Il rovescio della medaglia è che la forza del gruppo, può indurre a fare cose che normalmente non faremmo mai e siamo portati a "snaturarci" sempre il vista dello scopo adattivo di essere integrati socialmente. Però chi è che decide qual è questo "pensiero" di gruppo? Solitamente in ogni gruppo emerge sempre uno o più leader (positivi o negativi), persone dal carattere deciso che fungono da modello per gli altri. A volte il leader può semplicemente essere il datore di lavoro o comunque la persona con più potere, non tanto per le sue qualità carismatiche, ma più per la posizione che riveste. Altre volte invece emerge proprio chi queste qualità le ha e, o attraverso la paura o attraverso ammirazione che suscita, è in grado di influenzare chi gli sta attorno.
Inserirsi in un contesto lavorativo già formato non è sempre facile e possiamo trovare qualsiasi tipo di clima e di dinamiche. Quello che possiamo fare noi per vivere il più serenamente possibile in quell'ambiente, è non pretendere che i gruppi di lavoro siano necessariamente accoglienti e calorosi, perchè ognuno lì dentro ha una sua storia e le sue fragilità; adattarci fin dove possiamo, provare a modificare le cose che non ci vanno bene, oppure capire i propri limiti e ricercare altri ambienti che non ci causino la stessa sofferenza. Spero di aver soddisfatto le tue curiosità. Resto a disposizione. Dott.ssa Anna Tosi
Inserirsi in un contesto lavorativo già formato non è sempre facile e possiamo trovare qualsiasi tipo di clima e di dinamiche. Quello che possiamo fare noi per vivere il più serenamente possibile in quell'ambiente, è non pretendere che i gruppi di lavoro siano necessariamente accoglienti e calorosi, perchè ognuno lì dentro ha una sua storia e le sue fragilità; adattarci fin dove possiamo, provare a modificare le cose che non ci vanno bene, oppure capire i propri limiti e ricercare altri ambienti che non ci causino la stessa sofferenza. Spero di aver soddisfatto le tue curiosità. Resto a disposizione. Dott.ssa Anna Tosi
Gentilissimə
Hai posto una domanda molto stimolante riguardo il funzionamento dei gruppi lavorativi e l’adattamento degli individui alle dinamiche di gruppo. Quando parliamo del "DNA" di un gruppo, stiamo facendo riferimento a una combinazione di comportamenti, norme e valori che si consolidano nel tempo attraverso l'interazione continua tra i membri.
Uno degli elementi centrali è l’influenza della leadership, sia formale che informale. Le persone tendono a seguire il comportamento e gli atteggiamenti delle figure che percepiscono come più forti o autorevoli all’interno del gruppo. In questo senso, la leadership diventa il "modello" che gli altri membri adottano. Tuttavia, non si tratta solo di leader: anche i piccoli gesti quotidiani dei membri del gruppo possono contribuire a creare una sorta di “regola non scritta” su come ci si deve comportare.
Un altro aspetto rilevante è la conformità sociale. Spesso, gli individui si adeguano alle norme del gruppo per sentirsi accettati e per evitare il rischio di essere esclusi o percepiti come diversi. Questo adattamento avviene inconsciamente, spingendo le persone a comportarsi in modi che potrebbero non riflettere pienamente chi sono. In ambienti dove prevale un clima di indifferenza, ad esempio, persino chi è naturalmente empatico può ritrovarsi a reagire con distacco per non sentirsi vulnerabile.
A volte, il bisogno di appartenenza diventa così forte da portare le persone a sacrificare una parte della propria autenticità per evitare il conflitto o l’isolamento. È possibile che qualcuno, pur avendo un forte senso di sé, cambi comportamento in funzione dell’ambiente in cui si trova, perché la pressione del gruppo può agire come una forza molto potente.
Mi chiedo, a questo punto, come riesci tu a bilanciare l’adattamento a queste dinamiche senza perdere la tua identità? E credi che sia possibile mantenere la propria autenticità in un gruppo che spinge verso altre direzioni?
Cordialmente.
Dott.ssa Daniela Guzzi
Hai posto una domanda molto stimolante riguardo il funzionamento dei gruppi lavorativi e l’adattamento degli individui alle dinamiche di gruppo. Quando parliamo del "DNA" di un gruppo, stiamo facendo riferimento a una combinazione di comportamenti, norme e valori che si consolidano nel tempo attraverso l'interazione continua tra i membri.
Uno degli elementi centrali è l’influenza della leadership, sia formale che informale. Le persone tendono a seguire il comportamento e gli atteggiamenti delle figure che percepiscono come più forti o autorevoli all’interno del gruppo. In questo senso, la leadership diventa il "modello" che gli altri membri adottano. Tuttavia, non si tratta solo di leader: anche i piccoli gesti quotidiani dei membri del gruppo possono contribuire a creare una sorta di “regola non scritta” su come ci si deve comportare.
Un altro aspetto rilevante è la conformità sociale. Spesso, gli individui si adeguano alle norme del gruppo per sentirsi accettati e per evitare il rischio di essere esclusi o percepiti come diversi. Questo adattamento avviene inconsciamente, spingendo le persone a comportarsi in modi che potrebbero non riflettere pienamente chi sono. In ambienti dove prevale un clima di indifferenza, ad esempio, persino chi è naturalmente empatico può ritrovarsi a reagire con distacco per non sentirsi vulnerabile.
A volte, il bisogno di appartenenza diventa così forte da portare le persone a sacrificare una parte della propria autenticità per evitare il conflitto o l’isolamento. È possibile che qualcuno, pur avendo un forte senso di sé, cambi comportamento in funzione dell’ambiente in cui si trova, perché la pressione del gruppo può agire come una forza molto potente.
Mi chiedo, a questo punto, come riesci tu a bilanciare l’adattamento a queste dinamiche senza perdere la tua identità? E credi che sia possibile mantenere la propria autenticità in un gruppo che spinge verso altre direzioni?
Cordialmente.
Dott.ssa Daniela Guzzi
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