Come gestire, emotivamente, l'intromissione e i sensi di colpa che i genitori fanno sorgere a noi fi

17 risposte
Come gestire, emotivamente, l'intromissione e i sensi di colpa che i genitori fanno sorgere a noi figli in merito alle nostre scelte personali?
Ho quasi 30 anni, e vivo ancora a carico dei miei (i miei studi si sono prolungati, la situazione lavorativa odierna è disastrosa e a causa di disturbi d'ansia e di panico ho bruciato molti anni della mia vita, la quale si è arenata). Dopo anni di terapia, ne sto uscendo, ma ci sono delle cose che, ahimè, la sola terapia non risolve: ciò che dipende dalle nostre azioni. Sto da diversi anni con una ragazza (persona fantastica, come veramente poche ne esistono al mondo)... tuttavia, per quanto certe cose siano apparentemente "perfette", i sentimenti prendono strade diverse. Infatti, sono sempre più convinto che questi stiano ponendo la loro attenzione su un'altra persona, molto distante da me (geograficamente parlando) e molto più grande di me. Già so che in una situazione "normale" (ovvero da single) sarebbe una circostanza che i miei mai accetterebbero. Se si aggiunge che sto con un'altra persona (alla quale loro sono molto legati) e che potenzialmente potrei lasciare per intraprendere un'altra relazione, accadrebbe il finimondo. E non lo dico per mera presupposizione, ma perché indirettamente successe la stessa cosa anni e anni fa, quando mia sorella lasciò il suo ex per un altro (i miei non le parlarono per mesi, in casa c'era un clima terrificante). Giusto l'altro giorno, era uscito a cena il discorso della possibilità dell'interruzione delle nostre rispettive relazioni (cioè mia e di mia sorella). Per quanto riguarda me, soprattutto mia madre si è mostrata molto ostinata: "se la dovessi lasciare mi daresti un dolore infinito, e non riuscirei a non avercela con te!". Il discorso si è prolungato per diverse ore, e purtroppo mia madre non è dotata di un'intelligenza tale da comprendere che i discorsi che stava facendo erano a dir poco aberranti (a distanza di anni, sono ancora convinti di aver agito correttamente nei riguardi della storia di mia sorella). I miei genitori mi vedrebbero come una persona orribile, anche solo se io lasciassi la mia attuale ragazza per semplice decadimento dei miei sentimenti per lei. Se ci aggiungessi la presenza di un'altra persona, 10 anni più grande di me che vive a centinaia di chilometri di distanza, penso che mi bandirebbero come figlio. E non lo dico per esagerare. Razionalmente, so che dovrei seguire ciò che il mio cuore mi dice, e che arrivato a questa età, non posso aspettarmi né di cambiare i miei genitori né di costringerli a comportarsi verso di me come io vorrei. Ma il peso emotivo che questa loro posizione, questo modo di ragionare (che poi tutto è meno che ragionare) mi dà è veramente forte. Mi blocca letteralmente. L'idea che i tuoi genitori ti considerino una persona disgustosa, che arriverebbero a non parlarti per anni, solo per aver preso una decisione in merito alla tua felicità è qualcosa di talmente assurdo che è ridicolo anche solo parlarne. Perché nel loro modo di vedere la cosa, se io lascio una persona che mi ama automaticamente le faccio del male = lei è la vittima poverina = io sono l'orco cattivo. Andare dritti per la propria strada, andando incontro a uno stravolgimento totale e improvviso della propria vita (economico, emotivo, pratico, psicologico) quanto può essere fruttuoso dal momento che non ci sente pronti? Non ci si sente così forti da poterlo affrontare? Grazie a tutti per l'attenzione...
Gentile utente,
Capisco profondamente il dilemma che si trova a vivere, e mi dispiace che il peso delle aspettative e delle reazioni dei suoi genitori stia avendo un tale impatto emotivo su di lei. Il legame con i genitori può essere molto complesso, e le loro opinioni, giudizi o tentativi di controllo possono suscitare sensi di colpa, ansia e, in alcuni casi, bloccare il nostro percorso personale. È evidente che lei abbia già riflettuto molto sulla situazione, riconoscendo razionalmente che i suoi genitori non dovrebbero influenzare le sue scelte in modo così preponderante. Tuttavia, affrontare le emozioni e i sensi di colpa che questa dinamica scatena è tutt'altro che semplice.

Partiamo da un concetto essenziale: ha tutto il diritto di essere felice, e la sua vita sentimentale appartiene solo a lei. I sentimenti che prova, sia per la sua attuale compagna che per la persona verso cui sente una nuova attrazione, sono validi e meritano di essere ascoltati. Decidere di seguire ciò che sente, anche se questo può scatenare un conflitto, è fondamentale per vivere una vita autentica. Il peso del giudizio dei suoi genitori, per quanto gravoso, non dovrebbe impedire che lei possa trovare il proprio equilibrio emotivo e relazionale.

Detto ciò, ci sono alcune considerazioni che potrebbe fare per gestire questa difficile situazione:

Distinguere i confini emotivi: È essenziale capire che i suoi genitori possono avere reazioni forti, ma queste reazioni appartengono a loro, non a lei. Il senso di colpa che le stanno inducendo è frutto della loro visione delle cose, ma questo non significa che sia giustificato. Le loro aspettative non devono determinare le sue scelte. La sua vita sentimentale non è una decisione collettiva e, anche se loro faticheranno a capirlo, ha il diritto di seguire ciò che le sembra giusto.

Affrontare il conflitto con gradualità: Non si senta costretto a prendere decisioni improvvise e definitive se non si sente ancora pronto. Tuttavia, consideri l'idea di iniziare a esplorare il tema dell'indipendenza emotiva dai suoi genitori. Potrebbe essere utile introdurre gradualmente i discorsi sul diritto di prendere scelte personali, mantenendo calma e fermezza. Non è necessario entrare subito nel dettaglio della sua situazione sentimentale, ma far capire che lei ha bisogno di spazio per trovare la sua felicità potrebbe essere un primo passo.

Lavorare sui sensi di colpa: Il senso di colpa che prova è il risultato di una dinamica relazionale con i suoi genitori che, probabilmente, si è radicata nel tempo. Continuare a esplorare questo aspetto con un terapeuta può essere un valido supporto. È importante separare ciò che è reale e ciò che è percepito: i suoi sentimenti non sono sbagliati, e non sta facendo nulla di malvagio. È possibile che i suoi genitori non riescano a vedere la situazione da una prospettiva diversa, ma questo non significa che la sua decisione non sia giusta per lei.

Accettare l'incertezza: È naturale avere paura del cambiamento, soprattutto quando si tratta di decisioni che potrebbero alterare profondamente le dinamiche familiari. Nessuno si sente mai pienamente pronto ad affrontare situazioni come queste, ma l'importante è capire che la crescita personale avviene proprio quando affrontiamo le difficoltà. Si dia il tempo necessario per prepararsi, ma non permetta che la paura dell'incertezza blocchi completamente il suo cammino.

L'importanza del supporto esterno: Oltre alla terapia, cercare supporto emotivo da persone esterne alla famiglia che comprendano la sua situazione e possano offrirle una prospettiva più obiettiva potrebbe essere utile.

In ultima analisi, la sua felicità e la sua realizzazione personale devono essere prioritarie. Se desidera approfondire ulteriormente o discutere in modo più specifico alcune dinamiche, rimango a disposizione per continuare il dialogo.

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Gentile utente, comprendo il suo malessere e la difficoltà a convivere con i suoi genitori. Questa attuale dipendenza economica la mette in una situazione di non autonomia rispetto alla sua vita e alle sue scelte. Le scelte affettive sono personali, giuste o sbagliate che siano, ma si avverte in lei un condizionamento. Mi sento di dirle che sarebbe utile che trattasse il tema che ci ha portato qui in terapia, per acquistare maggiore sicurezza e chiarirsi cosa e come vuole fare. é il setting più adeguato, essendo un contesto non giudicante e di sostegno. Rimango a disposizione, cordiali saluti dott.ssa Silvia Ragni
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Salve, avendo fatto terapia, lei comprende le dinamiche disfunzionali che a volte sottendono il rapporto genitori figli. Purtroppo comprendere non è risolvere, come avrà già appurato. Cambiare i propri schemi relazionali maladattivi non è semplice. Il nocciolo della questione è lasciarsi definire dalle proprie figure di riferimento, senza neanche accorgersi e ritrovarsi da adulti con i sensi di colpa quando facciamo qualcosa che entra in contrasto con le loro aspettative. Detto questo, bisogna comprendere quanto il suo volersi "definire" ora nasce dalla reale consapevolezza che quella nuova è la strada giusta da percorrere o è solo il modo per iniziare a dire chi si è e cosa si vuole affrontando il senso di colpa di avere deluso le aspettative. Nel cosa voglia approfondire, sono a disposizione anche online. Un cordiale saluto
Dott.ssa Marina Bonadeni
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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Carissimo, credo che quello che porta sia un tema assolutamente da terapia! Ha ben delineato gli schemi e le dinamiche che governano lei e i suoi genitori e questo è un fattore di consapevolezza importante. Tuttavia, non è con la sola consapevolezza che si esce dall'impasse. In qualche modo sta dicendo che ciò che la frena dall'intraprendere una decisione autonoma, che soddisfi un suo bisogno (sano mi permetto di dire) di avere una relazione soddisfacente, è un'emozione (senso di colpa forse?) che proverebbe qualora seguisse la propria strada. Ecco credo che il prezzo da pagare per raggiungere questa sua serenità stia nel passare attraverso a questa emozione, scomoda ma naturale per chi tiene a un genitore. Non è un passaggio banale ma ci si può certamente lavorare, data anche la sua già buona consapevolezza psicologica. Resto a disposizione per ogni altro approfondimento, Dott.ssa Valentina Penati
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Salve, quello che ha narrato è un dilemma non solo psicologico ma anche etico ed antropologico. Da una parte c'è una mentalità conservativa dall'altra la ricerca di una possibile felicità attraverso un drastico cambiamento che comporta anche il tradire le aspettative altrui. Credo che se affronterà in profondità la questione entro la sua psicoterapia possa sviluppare sempre di più quella capacità di sostenere da solo le conseguenze delle proprie decisioni, qualunque esse siano. Cordialmene. Dott. Samuele BELLAGAMBA
Salve, la sua situazione è complessa e non solo per i sentimenti che rivolge ad un’altra persona. I suoi genitori sembra che possano veramente molto sulla vita sua e di sua sorella. Da come descrive la condizione sembrerebbe che per loro il tradimento di un ideale relazione distrugga completamente la relazione filiale. I suoi genitori sono probabilmente aderenti a valori che per loro sono di riferimento e assoluti, in pratica inamovibili. Per cui lei poco può fare per spostare l’asse dalla sua parte. Può solo scegliere tra la sicurezza economica e un nuovo affetto. Se sceglie la seconda si evolverà come uomo, se rimane nella prima continua la sua condizione di figlio. Nessuno potrà decidere per lei, per cui si aiuti con un percorso di consulenza presso uno psicoterapeuta che la possa accompagnare nella scelta. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
La risposta sta nell'attuare un processo sano di svincolo dalla tua famiglia di origine, ovvero rendere possibile la differenziazione e la definizione della tua identità e dei tuoi bisogni diversi dai loro.
Scongiurando il cosiddetto “cut off”, ovvero il taglio emotivo con cui si tronca la relazione di netto per potersi emancipare. Non bisogna negare il bisogno di appartenenza ad un sistema che ti ha cresciuto ed ha contribuito a caratterizzare la tua unicità.
Quindi la separazione è una “impresa evolutiva congiunta” che vede coinvolti genitori e figli . Senz’altro è un cambiamento che fa paura perché rompe un equilibrio preesistente che dava una sicurezza di stabilità; ma un blocco nella crescita ed evoluzione del sistema, rende gli individui prigionieri di una “trama affettiva che invischia, trattiene. Lega e sospende, in un tempo che sembra fermo”.

Buona fortuna!

Gentile utente di mio dottore,
sarebbe utile per lei continuare la terapia affinché possa lavorare ancora una po sulla definizione dei confini e sul suo svincolo emotivo. Il condizionamento genitoriale dice che può ancora fare crescere delle parti di sé importanti al fine di evitare di rimanere bloccato rispetto ad alcune scelte importanti per la sua vita. Nella speranza possa seguire l indicazione fornita.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Gentile utente, descrive gli eventi non capitano per caso: a volte crescendo le persone cambiano e, specialmente quando si iniziano le relazioni quando si è molto giovani, poi magari non ci si riconosce più ed i sentimenti si affievoliscono. In parallelo forse lei sente che sia arrivato il momento di emanciparsi dai suoi genitori. Forse questo è il momento di percorrere una strada tutta sua. Accenna ad una terapia in coso: ha provato anche a parlarne con l'attuale psicoterapeuta? Forse dovrebbe analizzare le motivazioni di fondo in modo da essere sereno nella strada che decide di intraprendere, qualunque essa sia.
In bocca al lupo per tutto
Dott.ssa Maria Romanelli
Buongiorno, il problema è più semplice di quello che sembra. Sembra che lei per scegliere abbia assoluto bisogno dell'approvazione dei suoi genitori, fino a non sentirsi libero di scegliere. Anche se la situazione di vita descritta spiega in parte come mai abbiano così tanta influenza è bene subito chiarire che il problema è suo e non dei suoi genitori, nel senso che loro esercitano su di lei un potere che tecnicamente non hanno ma di fatto lei gli da. Le suggerisco di approfondire queste dinamiche con il suo/la sua terapeuta.
Buongiorno, quello che lei riporta, con molta consapevolezza, e’ certamente un tema da affrontare nel suo percorso di psicoterapia. Lei sta sperimentando un forte conflitto e la consapevolezza e’ fondamentale ma non sufficiente per poterne uscire. In terapia potrà affrontare il tema dell'indipendenza emotiva dai suoi genitori e potrà arricchirsi con la capacità di mettere dei confini emotivi di modo da poter lasciar andare il senso di colpa ed essere finalmente protagonista della sua vita. Si prenda del tempo per affrontare questa situazione e ricordi che ha il diritto di essere felice e che le scelte sentimentali sono prettamente personali. Un saluto.
Buonasera! Sarebbe stato di grande aiuto sapere se è ancora in terapia e, in caso contrario, come è stata gestita la fase finale, se è stata una decisione unilaterale o la naturale conclusione del rapporto terapeutico. Nonostante i limiti del contesto e dello strumento, proverò a darle un piccolo contributo di pensiero. Sembra che all'interno dell'ambiente familiare circoli da sempre una corrente ambivalente, qualcosa che fa pensare un al "tira e molla". Un'atmosfera in cui, forse, sono circolate comunicazioni contrastanti, che hanno reso poco stabile e poco rassicurante il legame madre-padre-figli*. La conseguenza potrebbe essere che qualsiasi movimento di autonomia, qualsiasi accenno separativo (in cui potremmo annoverare a ragion veduta una nuova relazione, ancor più se distante dal nucleo familiare), produca una forte reazione per ripristinare lo status originario. Immagino che in lei si agitino emozioni e stati d'animo contrastanti, penso alla rabbia, al senso di colpa, alla vergogna, alla paura. La situazione in cui si trova è tanto scomoda quanto dolorosa. Ma è possibile migliorare, crescere, cambiare, accettare le proprie fragilità e vivere una vita più piena. In bocca al lupo
Gentile utente, un blocco nel nostro percorso di vita, è spesso indice di una difficoltà nel crescere, entrare nell’età adulta, nonostante sia un nostro grandissimo desiderio. Talvolta, diventare adulti vuol dire elaborare il lutto dell’immagine idealizzata dei nostri genitori e fare i conti con i loro limiti, accettare che qualche volta noi siamo anche più risolti e maturi di loro. È doloroso, ma necessario, per accettare anche che il loro sguardo non sia realistico e oggettivo, ma solo molto personale e talvolta dettato anche da loro eventuali fragilità.
In bocca al lupo per il suo percorso.
Mi colpisce che parla dei suoi sentimenti come di qualcosa che non le appartenga, anzi che lei è "costretto" a seguire.
Che rapporto ha nella sua vita la razionalità e l'emotività?
Inoltre, mi chiedo se i suoi genitori abbiano sempre agito in questo modo rispetto alla sua vita. Conoscete dei confini, o bisogna spingere l'immaginazione molto lontana geograficamente per sentirsi al sicuro e senza rischio di vedere il proprio spazio invaso dagli altri?
Mi contatti se vuole approfondire queste domande.
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Gentile utente, comprendo molto bene la situazione che descrive.
Non deve essere semplice fare delle scelte, assumersi delle responsabilità da adulto che implicano la minaccia o la reale presa di distanza emotiva, attraverso il silenzio ad esempio, dei nostri genitori.
Sicuramente non può cambiare i suoi genitori ma può provare lei a mettersi in una posizione differente con loro. Ad esempio, può provare a viversi il rapporto con loro da adulto. Come mai ha così bisogno di sentire che i suoi genitori le diano "il lascia passare" nelle scelte che fa? Ha provato a spiegare ai suoi genitori come si sente quando sente che loro la "puniscono" per le scelte che fa?
Le suggerisco di affrontare i suoi vissuti e le dinamiche relazionali che vive con la sua famiglia nello spazio della terapia.
Un caro saluto,
Dott.ssa Genoveffa Del Giudice

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