Ciao a tutti. Purtroppo mesi fa sono stata vittima di violenza sessuale. Durante questo periodo in c
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Ciao a tutti. Purtroppo mesi fa sono stata vittima di violenza sessuale. Durante questo periodo in cui ho rielaborato quanto è accaduto, ho constatato che, inizialmente, sono stata io stessa a sminuire la vicenda, non solo non dandole il giusto peso, ma addirittura definendola un “evento spiacevole” e non una violenza. La mia domanda è: c’è una spiegazione dal punto di vista psicologico del perché ciò accade? È come se durante la violenza e nei giorni immediatamente successivi io non mi sia accorta della gravità della situazione. Ringrazio anticipatamente per le risposte!
Buongiorno, la ringrazio per aver condiviso questo con noi. È molto comune che le persone vivano esperienze traumatiche in modi diversi, soprattutto all'inizio. Spesso il corpo e la mente cercano di proteggerci dal dolore e dallo shock, e una forma di minimizzazione può manifestarsi proprio per far fronte alla situazione. Questo è un meccanismo di difesa naturale che il nostro cervello attiva per proteggerci. È importante legittimare ogni reazione, perché tutte sono valide; non esiste una reazione giusta o sbagliata. Quando se la sentirà, iniziare un percorso di psicoterapia, rispettando i suoi tempi, potrà aiutarla a elaborare quanto è successo. Noi siamo qui per lei. Continui a prendersi cura di sé e dei suoi sentimenti. Un caro saluto. Dott. Gianluca Pignatelli.
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Gentile utente, innanzitutto, voglio esprimerti la mia vicinanza per quello che hai vissuto, e nel farlo vorrei anche sottolineare quanto sia importante che tu stia cercando di capire e dare un senso a ciò che è accaduto. è normale avere delle reazioni confuse e contrastanti dopo aver vissuto una violenza. A volte, per proteggersi dal dolore immediato, la mente tende a minimizzare ciò che è accaduto. È come un meccanismo di difesa che ti aiuta a non affrontare subito tutta la gravità dell'evento.
In certi casi, ci vuole tempo per comprendere davvero quello che si è vissuto, perché all'inizio può sembrare troppo difficile da affrontare. Definire ciò che è successo come "un evento spiacevole" può essere un modo per rendere la situazione meno pesante, almeno all'inizio. Quando una persona è in stato di shock, è difficile elaborare subito la realtà delle cose.
Non c'è nulla di sbagliato nel modo in cui hai reagito, ogni persona elabora il trauma in modo diverso e nei tempi che le sono necessari. L'importante è che tu ora stia riconoscendo il tuo dolore e il tuo percorso di riflessione è un segno di grande forza. Sii gentile con te stessa, e concediti il tempo di cui hai bisogno.
Un caro saluto, dott. Daniele D'Amico.
In certi casi, ci vuole tempo per comprendere davvero quello che si è vissuto, perché all'inizio può sembrare troppo difficile da affrontare. Definire ciò che è successo come "un evento spiacevole" può essere un modo per rendere la situazione meno pesante, almeno all'inizio. Quando una persona è in stato di shock, è difficile elaborare subito la realtà delle cose.
Non c'è nulla di sbagliato nel modo in cui hai reagito, ogni persona elabora il trauma in modo diverso e nei tempi che le sono necessari. L'importante è che tu ora stia riconoscendo il tuo dolore e il tuo percorso di riflessione è un segno di grande forza. Sii gentile con te stessa, e concediti il tempo di cui hai bisogno.
Un caro saluto, dott. Daniele D'Amico.
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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Carissima, la violenza è un trauma che non siamo in grado di sopportare e pertanto innesca meccanismi di difesa per proteggerci. Rimuovere, sminuire, dissociarsi, sono reazioni comuni a molte donne. Sono profondamente addolorata per quanto le è accaduto ed il mio consiglio è di rivolgersi ad una associazione dedicata. Può trovare informazioni sul portale nazionale relativo al numero 1522, oppure rivolgersi alle associazioni attive sul territorio regionale. Mi sento di dirle che in questa situazione non è sola! Può trovare un valido aiuto per elaborare il vissuto traumatico e ritrovare se stessa. Un abbraccio. Dott.ssa Anna Verrino
Salve gentile utente.
Grazie per la sua condivisione di un evento così riprovevole nei suoi confronti, che ha violato la sua libertà, il suo corpo e la sua dignità. Spero lei abbia preso in considerazione di denunciare quanto accaduto e di impedire a questa persona di nuocere ancora ad altre, pagando le sue colpe sul piano penale.
L'effetto psicologico di una violenza subita è molto soggettivo e come tale va affrontato, possibilmente con il supporto fondamentale di professionisti.
Può, senz'altro, accadere quello che ha descritto, cioè di non riuscire immediatamente a rendersi conto della gravità dei fatti, come se la mente preferisse ammortizzare il colpo subito per non dover affrontare la consapevolezza che qualcosa di tremendo è accaduto nella sua vita, e che ciò avrà delle conseguenze di qualche tipo.
E' un meccanismo di auto-protezione, allontanare dai pensieri il ricordo dei fatti e lasciare che il tempo guarisca le ferite del corpo e della mente. Ma le ferite di una violenza sessuale subita sono profonde e, in qualche modo, riemergono a livello emotivo, creando tutti i sintomi propri di un trauma così devastante: paura, ansia, disturbi dell'umore, sonno inquieto o insonnia, overthinking, scarsa capacità di attenzione, eccetera.
Affrontare tutto ciò con il sostegno psicologico è determinante per elaborare tutto quanto le è accaduto a livello mentale e fisico. Questo potrà darle la possibilità di percepire benessere interiore e di determinare una crescita post-traumatica, con rinnovata autostima e fiducia nella vita e negli altri. Questo è il mio vivo consiglio.
Le auguro il meglio. Se ha bisogno non esiti a scrivermi per ulteriori domande o chiarimenti. Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Grazie per la sua condivisione di un evento così riprovevole nei suoi confronti, che ha violato la sua libertà, il suo corpo e la sua dignità. Spero lei abbia preso in considerazione di denunciare quanto accaduto e di impedire a questa persona di nuocere ancora ad altre, pagando le sue colpe sul piano penale.
L'effetto psicologico di una violenza subita è molto soggettivo e come tale va affrontato, possibilmente con il supporto fondamentale di professionisti.
Può, senz'altro, accadere quello che ha descritto, cioè di non riuscire immediatamente a rendersi conto della gravità dei fatti, come se la mente preferisse ammortizzare il colpo subito per non dover affrontare la consapevolezza che qualcosa di tremendo è accaduto nella sua vita, e che ciò avrà delle conseguenze di qualche tipo.
E' un meccanismo di auto-protezione, allontanare dai pensieri il ricordo dei fatti e lasciare che il tempo guarisca le ferite del corpo e della mente. Ma le ferite di una violenza sessuale subita sono profonde e, in qualche modo, riemergono a livello emotivo, creando tutti i sintomi propri di un trauma così devastante: paura, ansia, disturbi dell'umore, sonno inquieto o insonnia, overthinking, scarsa capacità di attenzione, eccetera.
Affrontare tutto ciò con il sostegno psicologico è determinante per elaborare tutto quanto le è accaduto a livello mentale e fisico. Questo potrà darle la possibilità di percepire benessere interiore e di determinare una crescita post-traumatica, con rinnovata autostima e fiducia nella vita e negli altri. Questo è il mio vivo consiglio.
Le auguro il meglio. Se ha bisogno non esiti a scrivermi per ulteriori domande o chiarimenti. Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Ciao!
La risposta è che il nostro "cervello" è un economizzatore, cerca di risparmiare e di risparmiarci anche la sofferenza, con i mezzi che possiede. Forse è questo il motivo per cui le è parso di minimizzare quello che le era successo, per poter "sopravvivere" all'evento.
Dapprima c'è un distacco, successivamente una maggiore presa di consapevolezza che può essere dolorosa.
Avere un contenitore emotivo e relazionale all'interno del quale affrontare questa consapevolezza può essere molto utile per metabolizzare quello che è successo e affrontarlo con l'aiuto delle persone a lei vicine.
Un percorso di terapia può essere questo contenitore.
Un saluto
Giovanni
La risposta è che il nostro "cervello" è un economizzatore, cerca di risparmiare e di risparmiarci anche la sofferenza, con i mezzi che possiede. Forse è questo il motivo per cui le è parso di minimizzare quello che le era successo, per poter "sopravvivere" all'evento.
Dapprima c'è un distacco, successivamente una maggiore presa di consapevolezza che può essere dolorosa.
Avere un contenitore emotivo e relazionale all'interno del quale affrontare questa consapevolezza può essere molto utile per metabolizzare quello che è successo e affrontarlo con l'aiuto delle persone a lei vicine.
Un percorso di terapia può essere questo contenitore.
Un saluto
Giovanni
Buongiorno, mi dispiace veramente tanto per quello che le è successo, ne sono indignata. Come è già stato detto, quella che lei ha avuto è una reazione, un meccanismo di difesa che il nostro cervello mette in atto per proteggerci. Quindi lei si è resa conto della gravità dell'accaduto quando si era allontanato e poteva iniziare a gestirlo mentalmente. Un meccanismo sano in qualche modo. Ora però che è presente a se stessa e ai fatti accaduti, lo porti fuori, telefoni al 1522, contatti le associazioni dedicate e si faccia aiutare. E' importante che lei non rimanga isolata e con i suoi ricordi. Le faccio tanti auguri, se volesse un sostegno psicologico sono disponibile, saluti dott.ssa Silvia Ragni
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Buongiorno,
Sento un profondo dispiacere per quello che ti è successo. Ti sono vicino, veramente.
Quello che scrivi è comprensibile. In una prima fase, può succedere che si giustifichi la persona che ha commesso questa violenza sessuale, sminuendo così la faccenda. Questo potrebbe succedere, alle volte, con la finalità di preservarci e tutelarci.
Mi sembra, tuttavia, che ora tu abbia elaborato e riconosciuto l’evento come una violenza sessuale. Quindi, vorrei chiederti come ti senti in questo momento.
Sono disponibile qualora avessi bisogno di aiuto.
Un caro saluto, Dott. Daniele Morandin
Sento un profondo dispiacere per quello che ti è successo. Ti sono vicino, veramente.
Quello che scrivi è comprensibile. In una prima fase, può succedere che si giustifichi la persona che ha commesso questa violenza sessuale, sminuendo così la faccenda. Questo potrebbe succedere, alle volte, con la finalità di preservarci e tutelarci.
Mi sembra, tuttavia, che ora tu abbia elaborato e riconosciuto l’evento come una violenza sessuale. Quindi, vorrei chiederti come ti senti in questo momento.
Sono disponibile qualora avessi bisogno di aiuto.
Un caro saluto, Dott. Daniele Morandin
Gentile utente, grazie per aver condiviso un'esperienza così violenta.
Dare i nomi alle esperienze è un primo passo nella presa di consapevolezza di quello che viviamo emotivamente.
Negare, minimizzare sono modi attraverso cui proviamo, in modo non intenzionale, a tenere lontane le esperienze dolorose, soprattutto quelle violente.
Un caro saluto,
dott.ssa Genoveffa Del Giudice
Dare i nomi alle esperienze è un primo passo nella presa di consapevolezza di quello che viviamo emotivamente.
Negare, minimizzare sono modi attraverso cui proviamo, in modo non intenzionale, a tenere lontane le esperienze dolorose, soprattutto quelle violente.
Un caro saluto,
dott.ssa Genoveffa Del Giudice
Buongiorno cara utente, la ringrazio per la sua delicata condivisione mi dispiace molto per ciò che le è capitato. In merito a ciò che ha scritto credo che lei abbia dovuto trovare un modo per andare avanti, proteggendosi al meglio, in quel momento. La risposta alla sua domanda è si, e ci possono essere diversi motivi per cui la significazione dell'accaduto si sia modificata, con il tempo. Non lo ignori e provi a raccontare la sua storia in uno spazio di ascolto competente. A disposizione, un caro saluto. Dott.ssa Angela Ricucci
Gentile utente, grazie per aver condiviso un'esperienza così intima e violenta. Sicuramente dare i nomi alle esperienze è un primo passo nella presa di consapevolezza di quello che viviamo emotivamente. Negare, minimizzare sono modalità attraverso cui proviamo, in modo non intenzionale, a tenere lontane le esperienze dolorose, soprattutto quelle violente.
Resto a disposizione,
Dott.ssa Martina Panzeri
Resto a disposizione,
Dott.ssa Martina Panzeri
Buongiorno gentile Utente, sono molto dispiaciuto per quello che ha vissuto, e voglio ringraziarla per aver trovato il coraggio di condividere la sua esperienza. Quello che descrive, il minimizzare o sminuire la gravità di una violenza subita, è un fenomeno piuttosto comune e ha delle spiegazioni psicologiche molto precise.
Quando una persona vive un evento traumatico come una violenza sessuale, può attivarsi un meccanismo di difesa psicologica chiamato dissociazione. La dissociazione è una sorta di "distacco" emotivo o cognitivo dall'esperienza traumatica. In pratica, la mente cerca di proteggersi dal dolore e dallo shock separandosi parzialmente o completamente dall'emozione legata all'evento. Questo può portare a una sensazione di irrealtà o di distacco, come se l'evento non fosse accaduto realmente o non fosse così grave come lo è in realtà. Si tratta di una modalità di difesa che permette, in un primo momento, di affrontare una situazione insopportabile, ma può anche rendere difficile elaborare pienamente il trauma.
Un altro aspetto da considerare è il ruolo della negazione: di fronte a un evento così doloroso, è naturale cercare di ridurre al minimo l'impatto emotivo, spesso inconsciamente. Definire l'evento come "spiacevole" anziché "violento" potrebbe essere stato un tentativo di minimizzare il dolore e lo sconvolgimento, per mantenere una sensazione di controllo o per evitare di affrontare subito la piena portata dell'esperienza traumatica.
Un ulteriore fattore psicologico rilevante può essere legato alle dinamiche sociali e culturali. Spesso le vittime di violenza sessuale si sentono in colpa, si vergognano o temono di essere giudicate, il che può spingerle a sottovalutare ciò che è accaduto. Questo fenomeno è amplificato dalla tendenza, ancora presente in molte società, a colpevolizzare la vittima, facendole sentire che potrebbe essere in qualche modo responsabile di quanto accaduto.
È anche possibile che la mancanza di consapevolezza immediata sia stata una reazione fisiologica al trauma. Di fronte a una minaccia, il cervello può reagire attivando la cosiddetta risposta "fight or flight" (combatti o fuggi), ma a volte può verificarsi una terza opzione: il freezing, ossia il blocco. Questo può portare non solo a un'incapacità di reagire durante l'evento, ma anche a un ritardo nella comprensione della gravità della situazione.
Il fatto che solo più tardi sia riuscita a riconoscere l'evento come una violenza è un segnale che sta iniziando a elaborare quello che è successo. Questo processo di elaborazione è complesso e richiede tempo. Non esiste un "modo giusto" o "tempo giusto" per reagire a un trauma, e ogni persona ha i propri tempi e modalità.
Se non lo ha già fatto, potrebbe essere utile parlare con un professionista specializzato in traumi, che la possa accompagnare nel suo percorso di guarigione. A volte, il supporto esterno può aiutare a rielaborare e integrare l’esperienza in modo più profondo, riducendo l’impatto del trauma sul lungo periodo.
Le auguro molta forza e serenità per il suo percorso. Se dovesse avere bisogno di ulteriori consigli o di una consulenza resto a disposizione. Augurandole di superare al più presto questo momento di difficoltà le porgo cordiali saluti.
Dott. Luca Vocino
Quando una persona vive un evento traumatico come una violenza sessuale, può attivarsi un meccanismo di difesa psicologica chiamato dissociazione. La dissociazione è una sorta di "distacco" emotivo o cognitivo dall'esperienza traumatica. In pratica, la mente cerca di proteggersi dal dolore e dallo shock separandosi parzialmente o completamente dall'emozione legata all'evento. Questo può portare a una sensazione di irrealtà o di distacco, come se l'evento non fosse accaduto realmente o non fosse così grave come lo è in realtà. Si tratta di una modalità di difesa che permette, in un primo momento, di affrontare una situazione insopportabile, ma può anche rendere difficile elaborare pienamente il trauma.
Un altro aspetto da considerare è il ruolo della negazione: di fronte a un evento così doloroso, è naturale cercare di ridurre al minimo l'impatto emotivo, spesso inconsciamente. Definire l'evento come "spiacevole" anziché "violento" potrebbe essere stato un tentativo di minimizzare il dolore e lo sconvolgimento, per mantenere una sensazione di controllo o per evitare di affrontare subito la piena portata dell'esperienza traumatica.
Un ulteriore fattore psicologico rilevante può essere legato alle dinamiche sociali e culturali. Spesso le vittime di violenza sessuale si sentono in colpa, si vergognano o temono di essere giudicate, il che può spingerle a sottovalutare ciò che è accaduto. Questo fenomeno è amplificato dalla tendenza, ancora presente in molte società, a colpevolizzare la vittima, facendole sentire che potrebbe essere in qualche modo responsabile di quanto accaduto.
È anche possibile che la mancanza di consapevolezza immediata sia stata una reazione fisiologica al trauma. Di fronte a una minaccia, il cervello può reagire attivando la cosiddetta risposta "fight or flight" (combatti o fuggi), ma a volte può verificarsi una terza opzione: il freezing, ossia il blocco. Questo può portare non solo a un'incapacità di reagire durante l'evento, ma anche a un ritardo nella comprensione della gravità della situazione.
Il fatto che solo più tardi sia riuscita a riconoscere l'evento come una violenza è un segnale che sta iniziando a elaborare quello che è successo. Questo processo di elaborazione è complesso e richiede tempo. Non esiste un "modo giusto" o "tempo giusto" per reagire a un trauma, e ogni persona ha i propri tempi e modalità.
Se non lo ha già fatto, potrebbe essere utile parlare con un professionista specializzato in traumi, che la possa accompagnare nel suo percorso di guarigione. A volte, il supporto esterno può aiutare a rielaborare e integrare l’esperienza in modo più profondo, riducendo l’impatto del trauma sul lungo periodo.
Le auguro molta forza e serenità per il suo percorso. Se dovesse avere bisogno di ulteriori consigli o di una consulenza resto a disposizione. Augurandole di superare al più presto questo momento di difficoltà le porgo cordiali saluti.
Dott. Luca Vocino
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Buongiorno,
L'evitamento può essere una strategia che viene messa in atto in caso di situazioni fortemente traumatiche come una violenza sessuale... Le consiglio di valutare la possibilità di farsi accompagnare da un collega per poter rielborare questi vissuti dolori.
Dott. Marco Cenci
L'evitamento può essere una strategia che viene messa in atto in caso di situazioni fortemente traumatiche come una violenza sessuale... Le consiglio di valutare la possibilità di farsi accompagnare da un collega per poter rielborare questi vissuti dolori.
Dott. Marco Cenci
Gentile utente, ciò che lei racconta è qualcosa di doloroso e faticoso da portarsi dentro. A volte capita che a fronte di episodi traumatici per difenderci da emozioni profondamente dolorose entriamo in una sorta di anestesia emotiva, anche detta dissociazione, che ci porta a distanziarci dalle nostre emozioni percependole in maniera ridotta. E' possibile che una parte di lei si sia voluta difendere dal peso di questa esperienza traumatica entrando in questa sorta di meccanismo di sottovalutazione e anestesia emotiva.
Ciò che lei ha vissuto è qualcosa di molto difficile, che merita di essere ascoltato ed elaborato. Le consiglio di prendere in considerazione l'idea di farsi aiutare da uno psicologo o psicoterapeuta. Le auguro il meglio e resto a disposizione. Dott.ssa Arianna Savastio.
Ciò che lei ha vissuto è qualcosa di molto difficile, che merita di essere ascoltato ed elaborato. Le consiglio di prendere in considerazione l'idea di farsi aiutare da uno psicologo o psicoterapeuta. Le auguro il meglio e resto a disposizione. Dott.ssa Arianna Savastio.
Salve. Intanto sono terribilmente dispiaciuto della sua situazione e le auguro di riuscire a superare questa tremenda faccenda.
Purtroppo, la sua reazione è tutt'altro che insolita in questo genere di situazioni. La sua mente ha cercato di far fronte alla dolorosa esperienza vissuta sminuendone il peso, nella speranza di resistere all'effetto traumatico della questione. Mi permetto di consigliarle un percorso psicologico per affrontare e superare gli strascichi di quanto accaduto perché, se in un primo momento potrebbe sembrarle qualcosa di gestibile, è possibile che il "conto" di quanto le è accaduto si presenti in maniera improvvisa. Nella speranza che lei possa stare bene, la saluto. Per qualsiasi chiarimento sono a sua disposizione.
Dott. Valeri
Purtroppo, la sua reazione è tutt'altro che insolita in questo genere di situazioni. La sua mente ha cercato di far fronte alla dolorosa esperienza vissuta sminuendone il peso, nella speranza di resistere all'effetto traumatico della questione. Mi permetto di consigliarle un percorso psicologico per affrontare e superare gli strascichi di quanto accaduto perché, se in un primo momento potrebbe sembrarle qualcosa di gestibile, è possibile che il "conto" di quanto le è accaduto si presenti in maniera improvvisa. Nella speranza che lei possa stare bene, la saluto. Per qualsiasi chiarimento sono a sua disposizione.
Dott. Valeri
È comune per le vittime di violenza sessuale minimizzare l'accaduto come meccanismo di difesa. Questo può derivare da shock, negazione o dall'incapacità di affrontare la gravità della situazione. Riconoscere l'evento come violenza è un passo importante nella rielaborazione del trauma. È fondamentale permettere a te stessa di sentirti e affrontare queste emozioni con un professionista. Rimango a disposizione. Dott.ssa Francesca Gottofredi.
Buongiorno, mi spiace davvero tanto per quanto le è accaduto. Innanzitutto spero stia meglio e che si stia occupando di quello che è successo in quanto non è sicuramente facile elaborare tutto ciò. Infatti, per rispondere alla sua domanda, certo che c'è una spiegazione. La mente umana cerca in ogni modo di difendersi e tollerare gli eventi intollerabili che capitano e continuare a vivere nonostante il forte shock cercando di rimanere "in piedi" ed elaborandolo pian piano. E' importante continuare a prendersene cura.
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Mi spiace davvero tanto per quanto le è accaduto, è assolutamente comprensibile la sua reazione. Dal punto di vista psicologico, questo tipo di risposta iniziale può essere un meccanismo di difesa. Quando una persona subisce un trauma così profondo come una violenza sessuale, la mente può cercare di minimizzare l'accaduto per proteggerla dal dolore immediato e dallo shock. Sminuire o distorcere l'evento è una modalità di fronteggiare la sofferenza, permettendo di gestire l'impatto emotivo in modo più graduale. Questo può spiegare perché inizialmente lo ha vissuto come un “evento spiacevole” piuttosto che riconoscerlo subito per la violenza che è stata. Mi permetto di consigliarle un percorso psicologico per affrontare e superare gli strascichi di quanto accaduto. Resto a sua disposizione per un consulto, qualora sentisse la necessità di approfondire ulteriormente. Dott.ssa Cristina Borghetti Psicologa
Cara utente, la violenza sessuale è un trauma talmente intenso e forte che il nostro corpo e la nostra mente cerca tutti i modi possibili per proteggerci dal dolore di aver subito un tale trauma. I meccanicismi di difesa hanno proprio questo scopo proteggerci. Tuttavia tali traumi è importante che vengano delicatamente affrontati e supportati. Si affidi ad un professionista che la possa aiutare elaborare un dolore così forte. Cordialmente Dott.ssa Alessia D'Angelo
Gentilissima utente, sì, esiste una spiegazione psicologica per cui, durante un episodio di violenza o nei giorni immediatamente successivi, una persona può non riuscire a rendersi pienamente conto della gravità della situazione. Questo fenomeno è collegato a diverse dinamiche psicologiche e neurologiche:
Durante eventi traumatici o violenti, il corpo e il cervello attivano meccanismi di difesa primordiali. Il sistema nervoso autonomo entra in uno stato di "lotta, fuga o congelamento" e in quel momento l'obiettivo principale del cervello è proteggere la persona e farle affrontare la minaccia immediata. Questo può significare distaccarsi emotivamente dalla situazione (dissociazione), bloccare o attenuare le percezioni del dolore fisico o emotivo, o minimizzare cognitivamente l'accaduto.
La dissociazione è un meccanismo di difesa psicologico che può verificarsi durante episodi di violenza o traumi. La persona si "stacca" mentalmente dall'esperienza, come se osservasse ciò che accade dall'esterno o come se fosse anestetizzata emotivamente. Questo rende difficile comprendere pienamente la gravità dell'evento, perché la mente è in uno stato di autoprotezione. La dissociazione può durare anche nei giorni successivi all'evento.
Un altro meccanismo di difesa comune è la negazione o minimizzazione della violenza. Il cervello, per evitare l'angoscia associata alla realtà del trauma, può ridimensionare o razionalizzare l'accaduto. Questo accade perché ammettere la gravità della situazione comporterebbe affrontare una serie di emozioni difficili, come la paura, il dolore e la vergogna. La negazione può rendere più sopportabile la gestione emotiva dell'evento, almeno nel breve termine.
Lo shock iniziale può "paralizzare" emotivamente la persona. Lo stress e il trauma rilasciati durante e subito dopo l'evento violento possono alterare temporaneamente la funzione cognitiva, rendendo difficile per la persona elaborare l'accaduto in modo razionale. Durante lo shock, il cervello entra in modalità automatica per sopravvivere, e le funzioni più elevate, come la riflessione o la valutazione critica, vengono temporaneamente "disattivate".
Molte persone che subiscono violenza possono provare sensi di colpa o vergogna, arrivando a pensare di aver in qualche modo causato l'abuso o di meritarselo. Questo può impedire loro di riconoscere la gravità della situazione, perché incolpano sé stesse o giustificano l'aggressore.
In alcune situazioni, la mente può scegliere inconsciamente di "mettere da parte" la sofferenza e la gravità dell’evento per poter continuare a funzionare nel quotidiano. Questa sorta di anestesia emotiva è temporanea, ma può far sì che la persona impieghi giorni o addirittura settimane prima di rendersi conto appieno dell’impatto psicologico della violenza.
Tutti questi meccanismi funzionano come difese per proteggere la psiche da un sovraccarico emotivo e fisico immediato, ma a lungo termine possono portare a una scarsa elaborazione del trauma. Spesso è solo successivamente, una volta che la persona è in un ambiente sicuro e meno stressante, che i sentimenti e i ricordi legati all'evento emergono completamente, dando spazio alla piena consapevolezza della gravità della situazione.
Un altro aspetto molto importane è acquisire la capacità di esaminare i vantaggi di una determinata relazione in tempi relativamente brevi e quindi capire perché le relazioni non sono vantaggiose per noi?
In alcune relazioni, specialmente se ci sono dinamiche di manipolazione o abuso, si può sviluppare una dipendenza emotiva, in cui, nonostante la consapevolezza che la relazione non è sana, ci si sente incapaci di uscirne. Questo può creare cicli tossici che diventano difficili da rompere senza supporto esterno.
Un caro saluto Dott.ssa Beata Bozena Rozborska
Durante eventi traumatici o violenti, il corpo e il cervello attivano meccanismi di difesa primordiali. Il sistema nervoso autonomo entra in uno stato di "lotta, fuga o congelamento" e in quel momento l'obiettivo principale del cervello è proteggere la persona e farle affrontare la minaccia immediata. Questo può significare distaccarsi emotivamente dalla situazione (dissociazione), bloccare o attenuare le percezioni del dolore fisico o emotivo, o minimizzare cognitivamente l'accaduto.
La dissociazione è un meccanismo di difesa psicologico che può verificarsi durante episodi di violenza o traumi. La persona si "stacca" mentalmente dall'esperienza, come se osservasse ciò che accade dall'esterno o come se fosse anestetizzata emotivamente. Questo rende difficile comprendere pienamente la gravità dell'evento, perché la mente è in uno stato di autoprotezione. La dissociazione può durare anche nei giorni successivi all'evento.
Un altro meccanismo di difesa comune è la negazione o minimizzazione della violenza. Il cervello, per evitare l'angoscia associata alla realtà del trauma, può ridimensionare o razionalizzare l'accaduto. Questo accade perché ammettere la gravità della situazione comporterebbe affrontare una serie di emozioni difficili, come la paura, il dolore e la vergogna. La negazione può rendere più sopportabile la gestione emotiva dell'evento, almeno nel breve termine.
Lo shock iniziale può "paralizzare" emotivamente la persona. Lo stress e il trauma rilasciati durante e subito dopo l'evento violento possono alterare temporaneamente la funzione cognitiva, rendendo difficile per la persona elaborare l'accaduto in modo razionale. Durante lo shock, il cervello entra in modalità automatica per sopravvivere, e le funzioni più elevate, come la riflessione o la valutazione critica, vengono temporaneamente "disattivate".
Molte persone che subiscono violenza possono provare sensi di colpa o vergogna, arrivando a pensare di aver in qualche modo causato l'abuso o di meritarselo. Questo può impedire loro di riconoscere la gravità della situazione, perché incolpano sé stesse o giustificano l'aggressore.
In alcune situazioni, la mente può scegliere inconsciamente di "mettere da parte" la sofferenza e la gravità dell’evento per poter continuare a funzionare nel quotidiano. Questa sorta di anestesia emotiva è temporanea, ma può far sì che la persona impieghi giorni o addirittura settimane prima di rendersi conto appieno dell’impatto psicologico della violenza.
Tutti questi meccanismi funzionano come difese per proteggere la psiche da un sovraccarico emotivo e fisico immediato, ma a lungo termine possono portare a una scarsa elaborazione del trauma. Spesso è solo successivamente, una volta che la persona è in un ambiente sicuro e meno stressante, che i sentimenti e i ricordi legati all'evento emergono completamente, dando spazio alla piena consapevolezza della gravità della situazione.
Un altro aspetto molto importane è acquisire la capacità di esaminare i vantaggi di una determinata relazione in tempi relativamente brevi e quindi capire perché le relazioni non sono vantaggiose per noi?
In alcune relazioni, specialmente se ci sono dinamiche di manipolazione o abuso, si può sviluppare una dipendenza emotiva, in cui, nonostante la consapevolezza che la relazione non è sana, ci si sente incapaci di uscirne. Questo può creare cicli tossici che diventano difficili da rompere senza supporto esterno.
Un caro saluto Dott.ssa Beata Bozena Rozborska
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