Cari Dottori, sono un ragazzo di 23 anni e vi scrivo perché sto attraversando il periodo più diffici
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Cari Dottori, sono un ragazzo di 23 anni e vi scrivo perché sto attraversando il periodo più difficile della mia vita.
In anni di psicoterapia ho imparato molto, e sento che ora è arrivato il momento di provare a cavarmela da solo. Ho deciso ora di interrompere la mia seconda terapia poiché non si è creata alleanza terapeutica col mio attuale terapeuta che ho cominciato a vedere relativamente da poco tempo.
Ma ecco il mio problema. Innanzitutto, temo di non poter affrontare la vita da solo: negli ultimi anni ho sempre avuto un terapeuta con cui parlare dei miei timori e delle mie paure; mentre ora che sarò senza terapeuta, si è impadronito di me il pensiero: "Come farò da solo quando avrò un problema? a chi lo andrò a dire?". Mi sento anche frustrato poiché, nella mia esperienza, la maggior parte dei ragazzi che ho conosciuto parlavano poco o niente dei loro problemi, o al massimo uscivano a farsi una birra per non pensarci. Ecco: il mio approccio ai miei problemi non è mai stato questo, è sempre stato di farmi problemi esistenziali, forse perché da piccolo sono stato fortemente svalutato dai miei genitori assenti.
Ma il secondo punto è ancora più importante del primo. Ancora oggi ho dubbi sulla mia identità e sulla mia sessualità, che mi porto da quando sono piccolo a causa delle figure assenti dei miei genitori. Vi stupireste, cari Dottori, della mia capacità di sopportazione dei miei stessi interrogativi ossessivi. Ma su questo devo essere onesto: da adulto la responsabilità è anche mia, poiché non ho mai voluto parlare di questo argomento con i terapeuti in quanto lo reputo l'argomento più personale che esista. Ma capisco che per risolverlo, prima o poi lo devo tirare fuori.
A questo punto, direte voi: "E allora, visto che sai di aver bisogno di un'altra terapia, perché ci chiedi se intraprenderne una o no?"
La risposta a questo legittimo interrogativo è duplice: da un lato non voglio gravare più economicamente sui miei genitori, poiché non mi sono mai pagato una singola terapia io (sono uno studente universitario, non lavoro); dall'altro lato, sono stanco di dover "dipendere" da qualcuno per cavarmela da solo. La verità è che avevo acquisito notevole autonomia e fortezza con la prima terapia, ma dovetti interromperla perché fui aggredito dal mio terapeuta. La seconda terapia, invece, sento che sta smantellando i progressi fatti con la prima, ed ecco perché me ne devo tirare fuori. Mi sento "diverso" dagli altri, cioè di non essere capace di dire "Ho un problema, va beh, e che sarà mai? ci bevo su e non ci penso più". Ovviamente, capisco che per il problema dell'identità e della sessualità, una birra non risolverebbe nulla, però dopo anni di terapia, devo dire, sono molto stanco. Potreste darmi un consiglio?
Grazie a tutti per l'attenzione e buona giornata.
In anni di psicoterapia ho imparato molto, e sento che ora è arrivato il momento di provare a cavarmela da solo. Ho deciso ora di interrompere la mia seconda terapia poiché non si è creata alleanza terapeutica col mio attuale terapeuta che ho cominciato a vedere relativamente da poco tempo.
Ma ecco il mio problema. Innanzitutto, temo di non poter affrontare la vita da solo: negli ultimi anni ho sempre avuto un terapeuta con cui parlare dei miei timori e delle mie paure; mentre ora che sarò senza terapeuta, si è impadronito di me il pensiero: "Come farò da solo quando avrò un problema? a chi lo andrò a dire?". Mi sento anche frustrato poiché, nella mia esperienza, la maggior parte dei ragazzi che ho conosciuto parlavano poco o niente dei loro problemi, o al massimo uscivano a farsi una birra per non pensarci. Ecco: il mio approccio ai miei problemi non è mai stato questo, è sempre stato di farmi problemi esistenziali, forse perché da piccolo sono stato fortemente svalutato dai miei genitori assenti.
Ma il secondo punto è ancora più importante del primo. Ancora oggi ho dubbi sulla mia identità e sulla mia sessualità, che mi porto da quando sono piccolo a causa delle figure assenti dei miei genitori. Vi stupireste, cari Dottori, della mia capacità di sopportazione dei miei stessi interrogativi ossessivi. Ma su questo devo essere onesto: da adulto la responsabilità è anche mia, poiché non ho mai voluto parlare di questo argomento con i terapeuti in quanto lo reputo l'argomento più personale che esista. Ma capisco che per risolverlo, prima o poi lo devo tirare fuori.
A questo punto, direte voi: "E allora, visto che sai di aver bisogno di un'altra terapia, perché ci chiedi se intraprenderne una o no?"
La risposta a questo legittimo interrogativo è duplice: da un lato non voglio gravare più economicamente sui miei genitori, poiché non mi sono mai pagato una singola terapia io (sono uno studente universitario, non lavoro); dall'altro lato, sono stanco di dover "dipendere" da qualcuno per cavarmela da solo. La verità è che avevo acquisito notevole autonomia e fortezza con la prima terapia, ma dovetti interromperla perché fui aggredito dal mio terapeuta. La seconda terapia, invece, sento che sta smantellando i progressi fatti con la prima, ed ecco perché me ne devo tirare fuori. Mi sento "diverso" dagli altri, cioè di non essere capace di dire "Ho un problema, va beh, e che sarà mai? ci bevo su e non ci penso più". Ovviamente, capisco che per il problema dell'identità e della sessualità, una birra non risolverebbe nulla, però dopo anni di terapia, devo dire, sono molto stanco. Potreste darmi un consiglio?
Grazie a tutti per l'attenzione e buona giornata.
Salve, la ringrazio per aver condiviso con noi la sua esperienza. Datasi la situazione delicata, la invito a tornare di nuovo in terapia, soprattutto se ha dei dei dubbi del genere. Come mai ha interrotto la prima terapia?
Buona giornata.
Dott. Fiori
Buona giornata.
Dott. Fiori
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Buonasera, che tipo di consiglio sta cercando? Non è chiaro eppure mi sembra che sia assolutamente consapevole e capace di individuare i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza, ciò su cui c'è ancora bisogno di lavorare. Allora perché non iniziare da lì? Il consiglio che mi sento di darle è proprio questo, se sa cosa la fa stare male cerchi di ricominciare da questo.
Le auguro il meglio,
Dott.ssa Federica Leonardi
Le auguro il meglio,
Dott.ssa Federica Leonardi
Prima di rivolgersi all'ennesimo terapeuta, provi a confidare i suoi dubbi, ad aprirsi prudentemente con qualche amico fidato o qualche amica, l'effetto sarà sorprendente. Faccia lei il primo passo, bisogna fidarsi per ricevere indietro fiducia (in più avrà più soldi a disposizione per farsi qualche birra con amici)
Saluti
Dott. Vincenzo Cappon
Saluti
Dott. Vincenzo Cappon
Ti invito a prenotare una visita poiché le tue parole narrano tanta paura di spiccare il volo. Probabilmente hai ancora bisogno di terapia e soprattutto di chiudere con essa in modo tale che ricominciare a stare da solo sia piacevole.
Salve, la mia impressione è che una corretta psicoterapia deve portare all'autonomia e non alla dipendenza. Inoltre la sua riluttanza a mostrare delle parti di se stesso al terapeuta dice molto sulla sua accettazione delle parti della sua personalità, non crede? Se approccera' ad un'ennesima psicoterapia deve riflettere sull'aprirsi e sul mettersi allo scoperto, altrimenti a cosa le serve confrontarsi con un professionista? Buona serata. Dr.ssa Benvenuti
Salve. Mi sembra che lei non abbia concluso la psicoterapia. Se ancora non si sente di poter affrontare autonomamente le difficoltà della vita, le manca la fase conclusiva. Nella mia esperienza, quando vedo che si attiva la fiducia in sé stessi, annuncio che stiamo andando verso la conclusione e, ognuno con i suoi tempi, inizia a sentire meno il bisogno degli incontri con me fino a sentire che non ne ha più bisogno. Distinti saluti
Buonasera, mentre la leggevo la mia riflessione andava sulla sua grande forza di volontà e di migliorarsi spingendolo a scrivere ad una platea di psicoterapeuti. Mi ha lasciato tanti spunti e la cosa che sento che la trattiene molto è l'impossibilità di pagarsi da solo la terapia. Però guardi il lato dell'investimento personale i suoi genitori sicuramente non glielo faranno pesare in particolare se captano un figlio realizzato in tutto, anche nella dimensione dell'identità. Se vuole ha già fatto il piccolo passo di dirlo qui. Il percorso si fa in due in una sana relazione. L'aspetto se vuole. Saluti
Ciao,
considerando che sei giovane ti scrivo dandoti del tu; comprendo quello che racconti e le tue preoccupazioni. Dalla tua narrazione sembrerebbe che abbia già lavorato molto su di te e che ci sia nella tua mente una visione positiva della psicologia, dal momento che ti sei affidato a due specialisti e che tutt'ora sei qui ad interrogarti sul tuo livello di benessere. Credo che sia importante chiedersi che cosa ci si aspetti da una terapia e che cosa voglia dire per te sentirsi solo o non avere nessuno a cui raccontare le proprie esperienze/vissuti. Resto a disposizione.
Dott. Riccardo Scalcinati
considerando che sei giovane ti scrivo dandoti del tu; comprendo quello che racconti e le tue preoccupazioni. Dalla tua narrazione sembrerebbe che abbia già lavorato molto su di te e che ci sia nella tua mente una visione positiva della psicologia, dal momento che ti sei affidato a due specialisti e che tutt'ora sei qui ad interrogarti sul tuo livello di benessere. Credo che sia importante chiedersi che cosa ci si aspetti da una terapia e che cosa voglia dire per te sentirsi solo o non avere nessuno a cui raccontare le proprie esperienze/vissuti. Resto a disposizione.
Dott. Riccardo Scalcinati
Forse potrebbe essere opportuno prendersi del tempo prima di intraprendere una terza terapia; nel frattempo potrebbe laurearsi e crearsi una indipendenza economica lavorando. A quel punto pagarsi una terapia in cui si senta accolto pienamente, in cui siano scandagliati gli elementi inconsci che sono alla base delle sue sofferenze e in cui si affidi pienamente e condivida senza timori ciò che ha finora sentito non condivisibile.
Buongiorno mi rendo conto delle sue difficoltà...e della fatica di affidarsi ad un nuovo terapeuta,ma il tema della identità l accompagna in silenzio e genera comunque sofferenza.Credo che sia importante ora metterlo al primo posto e trovare il terapeuta che possa comprendere a fondo ! Un caro augurio Dottssa Luciana Harari
Buongiorno. Mi spiace per la difficoltà che sta attraversando e comprendo la necessita che sta sentendo di cavarsela da solo, che da una parte le fa pensare di non voler continuare il suo percorso di terapia. Può scegliere di provare a cavarsela da solo certamente, oppure, ed è il mio suggerimento, può provare a riprendere il percorso di terapia, eventualmente con un/a nuovo/a terapeuta, per condividere ed esplorare gli aspetti che non ha ancora affrontato con l'obiettivo di completare il suo trattamento (o il suo viaggio alla scoperta di sé), confrontandosi direttamente ed apertamente con il professionista a cui si affiderà sugli eventuali "strappi" che sentirà nella vostra alleanza di lavoro, ed approfondendo, inoltre, l'esperienza che ha vissuto nelle precedenti interruzioni terapeutiche. Potendosi prendere tutto il tempo necessario per lavorare su di sé e superando l'intralcio dell'interruzione del percorso terapeutico, credo possa pienamente realizzare il cambiamento personale che desidera ed iniziare con maggiore fiducia e sicurezza a cavarsela da solo. Un caro saluto, Dott. Felice Schettini
Gentile Signore i temi di cui tratta nella sua nota sono sicuramente degni di attenzione. Se lei ritiene che ci siano ancora delle situazioni che le creano disagio, cosa che sembra trasparire dalle sue parole, allora sa già quali sono le possibili alternative che ha a sua disposizione. A volte una birra con gli amici può essere una buona opportunità ma altre volte forse si possono considerare delle altre possibilità che lei già ha utilizzato. Il tema dei terapeuti con cui ha lavorato e le decisioni di non proseguire questi lavori o di fermarsi è molto importante. Non è un fatto da poco terminare un lavoro durato anni, come sembra che sia nel suo caso. forse potrebbe esserle utile analizzare questi vissuti. I temi della conclusione di questi lavori. della dipendenza e del rendersi indipendente non sono da sottovalutare. Forse riflettere sui motivi per cui per lei sembra utile o non utile interrompere una terapia può essere una buono possibilità. Il fine ultimo di una terapia è fare in modo che il cosiddetto paziente riprenda a vivere con le sue risorse che riattivi quel processo di autocoscienza che si era rallentato o interrotto, ma questo lei lo ha già capito. Un cordiale saluto
Gentile utente di mio dottore,
da quanto descritto, sembra che lei non abbia concluso la psicoterapia. Se ancora sente il bisogno di affrontare alcune difficoltà o dei dubbi è evidente che ancora non si sia arrivati alla fase conclusiva. Sarebbe opportuno riprendere il percorso da dove lo aveva lasciato al fine di poter lavorare anche su questi ultimi aspetti di cui ci ha parlato qui, non di poco conto.
Vedrà che con tenacia prima o poi comincerà a camminare da solo con le proprie gambe
Cordiali Saluti
Dottor Diego Ferrara
da quanto descritto, sembra che lei non abbia concluso la psicoterapia. Se ancora sente il bisogno di affrontare alcune difficoltà o dei dubbi è evidente che ancora non si sia arrivati alla fase conclusiva. Sarebbe opportuno riprendere il percorso da dove lo aveva lasciato al fine di poter lavorare anche su questi ultimi aspetti di cui ci ha parlato qui, non di poco conto.
Vedrà che con tenacia prima o poi comincerà a camminare da solo con le proprie gambe
Cordiali Saluti
Dottor Diego Ferrara
Buonasera, dalla dipendenza è necessario passare quindi potrebbe essere positivo il suo voler camminare da solo. Può darsi però che non sia pronto e che voglia solo muovere i primi passi, per trovare comunque un appoggio e un confronto. Ritengo utile che lei trovi uno psicoterapeuta con il quale si trovi a suo agio e con il quale possa sviscerare tematiche importanti a cui ha accennato. Può concordare una frequenza differente con chi la seguirà se lo riterrete opportuno, ma ritengo che sia importante che lei continui il suo percorso.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buonasera, sicuramente il fine ultimo di una psicoterapia è fornire gli strumenti per poter andare in autonomia e non di certo creare una relazione di dipendenza; è necessario però concludere il percorso in modo funzionale e sano e non con un taglio brusco. Probabilmente, grazie al suo impegno e alla sua costanza ha fatto molti progressi ma ha interrotto il suo percorso quando ancora non si sentiva pronto a potercela fare da solo.
Buongiorno,
capisco che si sente all'interno di un'ambivalenza in cui da una parte vorrebbe poter 'camminare' da solo, dall'altra probabilmente in questo momento vorrebbe avere qualcuno al suo fianco con cui pensare alla sua vita.
Ne parli con il suo terapeuta del desiderio di interrompere la terapia e delle ragioni di questo, cosi' da capire meglio insieme quello che in questo momento davvero le serve. Le auguro di trovare la sua strada. Cari saluti dott.ssa Silvia Di Chio
capisco che si sente all'interno di un'ambivalenza in cui da una parte vorrebbe poter 'camminare' da solo, dall'altra probabilmente in questo momento vorrebbe avere qualcuno al suo fianco con cui pensare alla sua vita.
Ne parli con il suo terapeuta del desiderio di interrompere la terapia e delle ragioni di questo, cosi' da capire meglio insieme quello che in questo momento davvero le serve. Le auguro di trovare la sua strada. Cari saluti dott.ssa Silvia Di Chio
Gentile utente, capisco il suo malessere e la ringrazio per aver voluto condividerlo con noi. La fine di una terapia e parte stessa della terapia perché permette di confrontarsi con tutti i vissuti descritti da lei (Come la paura di non farcela da solo). Inoltre una terapia ha come fine quello di fornire gli strumenti per poter lavorare in autonomia e non di certo creare una dipendenza. E ho opportuno quindi capire come mai è arrivato a crearsi questo legame/ bisogno Di una terapia nella sua vita. Può incominciare un altro percorso trovando un terapeuta con cui creare un’alleanza terapeutica.
Saluti, dott.ssa Marini
Saluti, dott.ssa Marini
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