Buongiorno, volevo chiedere un consiglio per uscire da una situazione che non riesco più a sostenere

20 risposte
Buongiorno, volevo chiedere un consiglio per uscire da una situazione che non riesco più a sostenere. Quando ho conosciuto il mio attuale marito non ero per niente sicura di volere figli, sia per il mio carattere insofferente e aggressivo (ereditato da un padre autoritario e manesco e forse influenzato dal disturbo bipolare di mia madre) e sia perché sapevo quanti sacrifici e quanta responsabilità richiedono e sapevo di non esserci tagliata. Purtroppo però non sono stata risoluta e definitiva nell'esprimere questo mio rifiuto e anno dopo anno mi sono convinta che una famiglia con figli facesse per me. Ora che è nato nostro figlio di 15 mesi mi rendo di quanto ho sbagliato a scegliere una strada che sapevo non essere la mia. La mia aggressività è aumentata, soffro molto di insonnia nonostante la stanchezza inenarrabile di questi mesi con un neonato e il rapporto con mio marito è naufragato anche per colpa della mia irascibilità e aggressività verbale. Sono ingrassata e mi sembra di non esistere più come donna (anche perché tra lavoro e famiglia il tempo per sé è veramente poco) e anche mio figlio sicuramente risente delle volte in cui gli urlo contro improvvisamente. Sono seguita da una psicoterapeuta da molti anni ma non ho ancora risolto il mio problema di aggressività, e ho iniziato anche una cura farmacologica che ha mitigato lievemente la rabbia ma mi causava svenimenti improvvisi quindi ho fortemente ridotto. Non so più che strade tentare per sopportare tutto questo, ogni mattina mi alzo all'alba dopo poche ore di sonno e spero solo che arrivi il momento di andare a letto più presto possibile per poter staccare da questo incubo e per potermi riposare per quelle poche ore che riesco. Come potrei fare? Scusate il lungo post ma il quadro era un po complicato da descrivere. Grazie a chi mi vorrà rispondere
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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Gentile utente,
la ringrazio per la fiducia e per essersi aperta sinceramente.
Indubbiamente la situazione non è semplice ed emerge una profonda sofferenza. Quello che mi sento di dirle è di riflettere bene sulla sua attuale relazione di psicoterapia per capire se le è ancora sufficientemente di supporto.
Non di rado infatti capita che un percorso terapeutico, dopo un iniziale momento supportivo, esaurisca la sua funzionalità e questo non necessariamente per colpa di qualcuno.
Se dovesse rendersi conto che la terapia che sta seguendo non la sostiene adeguatamente ne parli con la sua Dottoressa / Dottore, credo sia importante.
Deciderete insieme poi se continuare assieme o se non sia invece preferibile cominciare un nuovo percorso.
Le auguro un buon proseguimento,
un caro saluto
Dottssa Elena Palmucci
Buongiorno i primi due tre anni dopo il parto sono belli ma anche molto pesanti per ogni donna. Se ha modo di farsi aiutare con il bambino dai nonni o una baby sitter cerchi di ritagliarsi degli spazi per sé stessa altrimenti tra il lavoro e il bimbo piccolo il rischio è che lei implodere ed esplode la rabbia. Continui ovviamente la psicoterapia ma mi raccomando anche gli spazi per se stessa proprio come donna. Un abbraccio, Rossella Chiusolo
Quando un percorso psicoterapeutico non dà i risultati attesi si dovrebbe valutare la possibilità di seguirne altri, soprattutto se dopo diversi anni ci si rende conto che certe situazioni che si intendeva risolvere sono rimaste pressocché inalterate. Cambiare non significa rinnegare quello che si è fatto o non riconoscere il valore del percorso effettuato. Significa aprirsi a nuovi approcci, a nuovi punti di vista, a nuove possibilità di crescita. Le suggerisco, qualora non lo abbia ancora fatto, a fare un obiettivo punto della situazione, anche con il suo terapeuta. Mi duole dirlo ma spesso alcune terapie, nate con le migliori intenzioni e con le migliori premesse, possono diventare delle trappole che creano dipendenza e un malsano senso di sicurezza che ci impedisce di uscire dalla nostra comfort zone. Non se se questo sia il suo caso. Valuti attentamente la qualità della relazione terapeutica e valuti i pro e i contro del percorso che sta effettuando. Tanti auguri.
Gentile signora, mi rendo conto del peso che sente di portare sulle spalle unito a questa carica aggressiva.
La nascita di un figlio mette a dura prova il nostro essere in grado di riprenderci rapidamente anche la nostra identità di donna oltre che quella lavorativa, distinguendola da quella genitoriale.
Credo che si possa ragionare prima di tutto su un aiuto jn casa e con il piccolo xche lei possa avere un tempo di respiro visto che mi pare di capire non ci sia una collaborazione di suo marito.
Il processo terapeutico è’ importante poi per sciogliere i nodi traumatici che si ripresentano nel presente.
La terapia EMDR è’ molto indicata in tal senso e focalizzata.
Sono a sua disposizione
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Gentile Signora buonasera.
Mi rendo conto che in questo momento trovare una via di uscita a questa situazione le sembra quasi impossibile e lottare anche solo per poche ore di riposo appare l'unico sollievo.
E' importante che lei rifletta sul suo percorso terapeutico, se cioè avverte poco o nessun beneficio nella vita di tutti i giorni. Non c'è niente di male nel valutare la possibilità di rivolgersi a un altro professionista.
Spesso, infatti, non è una questione di competenza, ma semplicemente di approccio. Ci sono tipologie di intervento psicologico diverse tra loro che hanno efficacia su alcuni pazienti ma non su altri.

Se vuole, può valutare un percorso basato sulla Psicologia Positiva e la Mindfulness. Questo tipo di approccio è molto efficace per migliorare la gestione emotiva, compresa la gestione della rabbia e dell'aggressività, e per acquisire piena consapevolezza dei propri stati d'animo, mettendo poi in campo strategie e tecniche che consentono di modulare la risposta comportamentale.
La psicologia positiva, inoltre, le consentirebbe di cominciare di nuovo a pensare al suo benessere interiore, a coltivare un atteggiamento nuovo e positivo verso la vita, a instaurare relazioni più positive e significative, partendo da quelle familiari. Percepirà l'importanza di cogliere le emozioni positive e amplificarle per goderne i benefici: lavorare su gentilezza, compassione, generosità, speranza, gioia e amore, le darà la concreta opportunità di essere più felice e di elevare al qualità della sua vita.

Sarei lieto di fornirle ulteriori informazioni e chiarimenti su questo tipo di approccio, anche con consulenza online.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Le indicazioni e le riflessioni possibili sono diverse. Sicuramente, se la relazione con il collega terapeuta dura da diverso tempo e crede sia solida potrebbe parlare di questa sua insoddisfazione di non raggiungere obiettivi prefissati nonostante il tempo trascorso. Potrebbe essere utile anche al collega per rendersi conto di alcune dinamiche. Altra riflessione si concentra su come, in un periodo di difficoltà si tenda a dare più spazio agli eventi o sensazioni negative. Queste hanno come effetto diretto quello di aumentare il malessere e la percezione di altre negatività intorno. Partire da queste cose potrebbe esserle d'aiuto
Gentile Signora, da quanto racconta sembra che la sua terapia farmacologica sia da rivedere. Ne parli con il medico che gliel'ha prescritta, dettagliandogli bene l'attuale sintomatologia e spiegandogli che ha ridotto la posologia di sua iniziativa in quanto, da quando l'assumeva, andava soggetta a svenimenti improvvisi , in modo che possa adeguarla alle sue attuali necessità.
Auguri.

Mi dispiace molto sentire che sta affrontando una situazione così difficile. È coraggioso da parte sua chiedere aiuto e cercare soluzioni. Sembra che lei stia attraversando un periodo estremamente stressante e sento la sua frustrazione nell'affrontare questi problemi.

Le consiglio vivamente di continuare a cercare aiuto professionale. Il fatto che lei sia seguita da una psicoterapeuta è un passo nella giusta direzione, anche se capisco che finora non ha risolto completamente il problema dell'aggressività. Potrebbe essere utile valutare se il tipo di terapia che sta seguendo è quello più adatto alle sue esigenze attuali. Forse potrebbe parlarne con il suo terapeuta di possibili alternative o approcci diversi che potrebbero essere più efficaci per gestire la rabbia e l'irritabilità.

Inoltre, consideri la possibilità di cercare supporto anche da parte di un consulente per la coppia o un terapeuta familiare. La situazione con suo marito sembra essere diventata molto tesa, e avere uno spazio sicuro in cui affrontare i problemi di relazione può essere di grande aiuto.

Ricordi che prendersi cura di se stessi è fondamentale per poter affrontare al meglio le sfide che incontra. Anche se può sembrare difficile trovare tempo per lei tra lavoro e famiglia, cerchi di identificare anche piccoli momenti in cui può dedicarsi a ciò che la rilassa o la fa sentire bene. Anche se sono solo pochi minuti al giorno, possono fare la differenza per il suo benessere emotivo.

Infine, consideri di consultare anche un medico per quanto riguarda la cura farmacologica che sta seguendo. Forse esistono alternative che possono aiutarla a gestire la rabbia senza causare effetti collaterali così severi.

Ricordi che non è sola in questa situazione e ci sono persone e risorse che possono aiutarla. Continui a cercare il supporto di professionisti e, se possibile, coinvolga il suo partner nella ricerca di soluzioni per migliorare la situazione familiare.

Spero che lei possa trovare la forza e le risorse per superare questo momento difficile. Se ha bisogno di ulteriori consigli o supporto, non esiti a chiedere aiuto.
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Gentile utente, già di per sé la maternità mettre di fronte infiniti limiti e cambiamenti, psichici e fisici, per poi riassestarsi con il tempo e la conoscenza del bambino, nel suo caso questo è moltiplicato all'ennesima potenza. Sulle prime mi verrebbe da dirle di farsi aiutare anche fisicamente e concretamente, laddove possibile, nella gestione di suo figlio, della casa, cercando di non trascurare la necessità di momenti da sola dove può dormire o dedicarsi a sé stessa. In più senza dubbio rivedere la terapia farmacologica, parlandone con la sua terapeuta. Ci sono psichiatri che affrontano proprio la terapia tenendo conto della maternità e di quanto sia estremo questo periodo della vita di una donna. Mi auguro di esserle stata un poco utile. Cordialmente, drssa di veroli
Gentile utente, grazie di aver voluto condividere le sue difficoltà con tanta sincerità e trasparenza.
Nei primi periodi dopo il parto, è del tutto normale provare vissuti depressivi dovuti alla difficoltà di elaborare un lutto per la vita “di prima” e di trovare il miglior modo per integrare la propria identità con un nuovo aspetto di sé (cui si aggiunge la fatica di prendersi cura di un neonato essendo spesso perennemente stanche); ma mi pare di capire da quanto descrive che la sua situazione esprima un disagio molto più profondo.
Accennava al fatto di essere seguita da una psicoterapeuta, tuttavia mi chiedevo se con la frenesia del periodo attuale stia riuscendo a partecipare con costanza alla sedute o se invece si siano fatto più rade (es. bisettimanali o mensili di mantenimento). È possibile, altresì, che la relazione terapeutica che prima funzionava abbia ora subito un arresto. Potrebbe provare a portare questo tema in seduta in modo da capire se sia risolvibile o se non valga la pena cambiare professionista o approccio psicoterapeutico per trovare un aiuto significativo che possa sostenerla realmente.
Resto a disposizione in caso di necessità. Un caro saluto, dr.ssa Pamela D’Angelo
Carissima, mi dispiace per la fatica che sta facendo in questo momento; tenga presente che i mesi successivi alla nascita di un figlio sono particolarmente faticosi e alcune ansie si intensificano. Tuttavia è anche un momento in cui poter prendere consapevolezza della gioia per avere messo al mondo un figlio di cui lei è senza dubbio responsabile ma che a sua volta può darle forza e valore pur essendo ancora molto piccolo (nel cercarla, nel riconoscere la sua mamma come importante ed unica). Cerchi, se ne ha la possibilità, di confrontarsi con altre donne che si trovino in condizioni simili o comunque con donne che hanno sperimentato la maternità. Provi a valutare se è possibile sperimentare una differente cura farmacologica che non la faccia stare male ed insista, in questa fase così importante, nel portare i suoi vissuti e le sue emozioni in psicoterapia. Resto a disposizione per qualsiasi cosa. Cordiali saluti. Dottor Montanaro
Gentile utente, da questa sua descrizione riesco a cogliere il dolore che c'è dietro la sua persona e quante sfide ha dovuto sostenere per essere oggi la donna che è; avere un figlio, porta tanti cambiamenti a livello personale e di coppia, se ci aggiunge anche il suo vissuto che racconta, non posso fare altro che farle riconoscere quanta forza ci ha messo: ciò le dice sicuramente che è piena di risorse. Per quanto riguarda la cura, le consiglio di parlare con gli specialisti e vedere se è possibile trovare una soluzione.
Tanti auguri per la sua famiglia e per il suo bambino!
Resto a disposizione.
Dott. Luca Rochdi
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Buongiorno, intanto è corretto dire che le sensazioni che prova non sono affatto rare. Non sempre la maternità è accompagnata esclusivamente da sensazioni positive. Occorre tuttavia affrontare il turbinio che sente e trovare una soluzione, che magari temporaneamente può passare anche da un supporto farmacologico. Di solito consiglio quando leggo frasi come la sua del tipo "sono in terapia da tanto ma non ho ancora risolto" di provare anche a cambiare terapeuta o approccio.
Buongiorno,

continui pure il suo percorso terapeutico e farmacologico, si confronti anche con gli specialisti da cui è seguita. In questo momento sono per lei le figure più indicate ad accogliere ed orientare la sue richieste e tutti i suoi dubbi.

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Gentilissima, comprendo la complessità della situazione che sta vivendo, e apprezzo il suo coraggio nel condividere i suoi sentimenti e le difficoltà che sta attraversando. È positivo che lei stia già cercando aiuto attraverso la psicoterapia e che abbia intrapreso un percorso farmacologico.
In primo luogo, è importante sottolineare che il supporto di un professionista della salute mentale è fondamentale in situazioni come la sua. Continuare il percorso terapeutico e discutere apertamente con la sua psicoterapeuta delle difficoltà che sta riscontrando potrebbe essere utile. Potreste esplorare insieme nuove strategie per gestire l'aggressività e affrontare le sfide legate alla maternità.
Inoltre, potrebbe essere utile coinvolgere anche suo marito nella terapia familiare per affrontare insieme le dinamiche relazionali e trovare strategie per migliorare il vostro rapporto. La comunicazione aperta e la comprensione reciproca sono elementi cruciali per affrontare le difficoltà familiari.
Riservare del tempo per lei stessa, seppur limitato, è altrettanto importante. Anche se può sembrare difficile trovare spazi per sé stessi tra le responsabilità lavorative e familiari, dedicare anche solo brevi periodi a attività che la rilassano può contribuire al suo benessere emotivo.
È fondamentale sottolineare che chiedere aiuto è un segno di forza, e lei è sulla strada giusta nel cercare soluzioni per migliorare la sua situazione. Il percorso può richiedere tempo, ma con il sostegno adeguato, potrebbe trovare strategie per affrontare le sfide attuali e creare un ambiente più positivo per lei e la sua famiglia.
Un caro saluto. Dr.ssa Marina Lumento.





Buona sera, è davvero comprensibile il dolore che sente, è stata davvero chiara e consapevole nell'esprimere ciò che sta vivendo. Sono certa che suo figlio sia arrivato nella sua vita per portarla a una crescita dal punto di vista personale, ma davvero la invito a non giudicare la sua aggressività come qualcosa di solamente distruttivo e negativo. Credo che sia una parte di lei atta a proteggerla, che ha sviluppato sin dall'infanzia per tutelarsi dall'ambiente famigliare non semplice in cui ha vissuto. Il consiglio che sento di darle è quello di abbassare le sue difese, di affidarsi a suo marito, aprendosi con lui emotivamente, chiedendo il suo aiuto senza colpevolizzarsi, raccontandogli che da sempre ha guardato con timore il divenire madre per paura di perdersi e annullarsi dentro a questo ruolo e il grandissimo carico richiestivo che esso porta con sè. Le consiglierei di spiegarli come mai nonostante questi timori poi ha deciso di dare alla luce il vostro piccolo, e farei chiarezza sull'aiuto di cui ha bisogno per gestire tutto questo, per recuperare la sua dimensione di donna, per abbracciare la bambina che è stata e non è stata vista e per viversi come madre. Non abbia paura, Il suo bambino l'ha scelta come mamma esattamente per ciò che è venendo al mondo per esserle affianco, sono certa che sarà in grado di darle tutto ciò di cui ha bisogno con gioia, ma prima è necessario che dia a se stessa ciò di cui ha bisogno e che non ha ancora ricevuto e forse non ha ancora chiesto.
Le mando un grande abbraccio e mi auguro che le mie parole possano darle sostegno e conforto. Per qualsiasi cosa resto a sua disposizione. Un caro saluto. Dott.ssa Alice Marinucci
Comprendo che stai attraversando un periodo molto difficile e stressante, e apprezzo la tua sincerità nel condividere la tua situazione. È importante affrontare questi problemi e cercare soluzioni per migliorare la tua salute mentale, il tuo benessere generale e le tue relazioni.

Ecco alcune possibili strategie e suggerimenti che potrebbero aiutarti:

1. Continua la terapia: Sebbene tu stia già seguendo una terapia da molti anni, potresti considerare di approfondire ulteriormente il tuo percorso terapeutico. Parla con il tuo psicoterapeuta dei tuoi progressi e dei tuoi sentimenti attuali. Potrebbe essere utile esplorare nuove strategie o approcci terapeutici.

2. Supporto psicologico per la gestione dell'aggressività: Concentrati con il tuo psicoterapeuta sulla gestione dell'aggressività. Ci sono tecniche di gestione della rabbia, come la terapia cognitivo-comportamentale, che possono aiutarti a sviluppare abilità per affrontare situazioni stressanti in modo più costruttivo.

3. Supporto medico: È importante discutere con un medico la questione dei svenimenti legati alla cura farmacologica che stai seguendo. Potrebbero esserci alternative farmacologiche o aggiustamenti alla terapia attuale che potrebbero essere più adatti a te.

4. Supporto sociale: Cerca di coinvolgere amici e familiari nella tua situazione. Parla con tuo marito apertamente sui tuoi sentimenti e sui problemi che stai affrontando. La comunicazione aperta può essere cruciale per migliorare il rapporto e ricevere supporto emotivo.

5. Tempo per te stessa: Anche se il tempo è limitato, cerca di trovare momenti per te stessa. La pratica di attività di rilassamento, come lo yoga, la meditazione o il tempo da sola per fare cose che ti piacciono, può aiutarti a ridurre lo stress.

6. Supporto professionale per la gestione del sonno: L'insonnia può avere un impatto significativo sulla tua salute mentale e fisica. Potresti considerare di consultare un professionista del sonno per aiutarti a sviluppare un programma di sonno migliore.

7. Riflessione sulla tua situazione familiare: Prenditi del tempo per riflettere sulla tua situazione familiare e valuta se la situazione attuale è davvero ciò che desideri e ciò che è meglio per te e per tuo figlio.

8. Gruppo di supporto: Potresti cercare un gruppo di supporto locale o online per genitori che affrontano sfide simili. Condividere le tue esperienze con altre persone può essere molto benefico.

9. Paternità condivisa: Coinvolgi tuo marito il più possibile nella cura di tuo figlio in modo da condividere il carico e creare uno spazio per il tuo benessere.

Ricorda che richiedere aiuto è un passo importante e positivo verso il miglioramento della tua situazione. Non esitare a cercare ulteriori risorse professionali e a lavorare gradualmente verso il raggiungimento dei tuoi obiettivi di benessere e stabilità emotiva.
Salve,
dispiace leggere cosi tanta sofferenza e capisco che sia frustrante. Purtroppo nessuno viene ben preparato all'arrivo di un figlio, anzi, spesso viene descritta come una cosa stupenda e basta, quando in realtà è un figlio può letteralmente stravolgere la vita (ovviamente senza avere nessuna colpa a riguardo). Il tema dell'essere molto uniti come coppia è di fondamentale importanza quando arriva un figlio.
Mi chiedo, come hanno fatto alcuni colleghi, se forse sia il caso di cambiare percorso, se dopo anni ritiene che non sia cambiato nulla. Tutti gli approcci sono validi, ma ci sono approcci con cui ci si trova meglio e altri, sempre funzionali, ma che con noi non attecchiscono, a prescindere dalla bravura del professionista.
Le consiglio di valutare un'alternativa e di iniziare a lavorare anche sulla sua relazione, di modo da ritrovare un complice che possa darle una mano nella gestione del figlio. Se la coppia è forte e serena, anche il figlio ne gioverà.
Resto a disposizione qualora volesse fissare un incontro.
Grazie
Dott. Filippo Festa
Buongiorno, la situazione che descrive è complessa ma mi pare che lei abbia chiarezza di alcune sue dinamiche interne irrisolte. Questo è un aspetto positivo soprattutto per chi, come lei, si è messa in gioco per risolverle chiedendo aiuto. Le terapie però, sia farmacologiche che di psicoterapia, vanno rimodulate nel tempo. Con la stessa lucidità e con una discussione aperta con chi la segue, dovrebbe quindi fare il punto sul suo percorso terapeutico sia a livello farmacologico che, soprattutto di psicoterapia. Cambiare non vuol dire perdere ciò che si è ottenuto ma passare ad un livello successivo. Scrivo "cambiare" ma può anche essere porsi nuovi obiettivi da raggiungere e vedere se la relazione professionale le è ancora utile in tal senso.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi

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