Buongiorno, volevo chiedere qualche curiosità su ciò che sentono i terapeuti. Capita sempre che il t

17 risposte
Buongiorno, volevo chiedere qualche curiosità su ciò che sentono i terapeuti. Capita sempre che il terapeuta sperimenti il contro transfert? Oppure accade solo qualche volta con determinate persone? Inoltre, i terapeuti pensano ai propri pazienti al di fuori delle sedute?
Salve, noi terapeuti siamo allenati a riconoscere e gestire le emozioni che proviamo in seduta anche se spesso a volte capire anche a noi di non rendercene subito conto.
Cordialmente, dott FDL

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Salve, il controtransfert è un qualcosa che può rivelarsi molto utile in terapia, riflettere su ciò che quel paziente ha attivato in noi può diventare un punto di riflessione in terapia. Qualcosa su cui si lavora insieme ma anche in maniera individuale, in supervisione e/o intervisione.
Rispetto alla domanda "se pensiamo i nostri pazienti al di fuori della seduta", credo che il lavoro che facciamo con il paziente avvenga tra le mura della stanza di terapia, ma come il paziente lavora a casa su ciò che è accaduto in seduta anche il terapeuta pensa e riflette su ciò che viene detto e accade in terapia.
Veniamo, però, formati per dare il giusto spazio al lavoro e alla nostra vita privata.
Cordiali saluti
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Buongiorno,
noi psicoterapeuti siamo abituati a stare in ascolto di ciò che sentiamo durante le sedute insieme ai nostri pazienti.
Questo è molto funzionale alla relazione e alla terapia.
Dott Tealdi
Salve. Uno psicoterapeuta, ha ricevuto una formazione che prevede una conoscenza profonda di se stesso. Ha attraversato, conosciuto e superato il dolore e la fragilità che lo hanno condizionato nella vita, in modo da non essere travolto e coinvolto dalle emozioni del paziente. Più è stato capace di affrontare il suo dolore, più la sua esperienza dolorosa, il percorso fatto per affrontarla e superarla, lo aiuta a riconoscere l'esperienza dolorosa della persona che gli sta di fronte, per poterla accompagnare e sostenere nel dolore che dovrà affrontare. Nel momento in cui è con la persona è lì al 100%. Ma nel momento in cui la persona esce ed entra un'altra persona deve essere capace e pronto ad accompagnare e sostenere il dolore che deve affrontare l'altra persona essendoci al 100%. E così via... Esserci al 100% con tutti nel momento in cui sono presenti, portarsi dietro ciò che è importante per la crescita terapeutica di ognuno ma senza coinvolgimento. Distinti saluti
Mah… che dirle. Fuori dalla stanza d’analisi, è come qualsiasi altra persona, con propri sentimenti, pensieri, esperienze. Può capitare di pensare al proprio lavoro, quindi anche ai pazienti, essendo il lavoro parte della vita. Sarebbe strano se non fosse così. Il contro-transfert è altra cosa e non ha quasi nulla a che vedere con quanto sopra. È un concetto specifico che indica una particolare reazione del terapeuta. È perlopiù inconscio e descrive aspetti dell’esperienza psichica che si attivano nell’analista in risposta all’incontro col paziente: la qualità di questa esperienza psichica, insieme alle sue implicazioni personali e professionali, può essere colta col metodo psicoanalitico, di cui alcuni terapeuti hanno esperienza e competenza. SG
Buonasera, allora il concetto di controtransfert non appartiene al mio orientamento teorico, ma se intende sapere se noi terapeuti proviamo le emozioni che nostri pazienti ci portano e ci lasciamo coinvolgere la risposta non può essere univoca. In primis siamo persone anche noi e certo alcune situazioni ci tornano alla mente anche al di fuori della stanza della terapia, ridiamo e piangiamo con i nostri pazienti, ma siamo anche professionisti con alle spalle uno studio ed un lavoro su di noi che ci permettono di non farsi travolgere e sopraffare dalle loro emozioni ma piuttosto aiutare ad elaborarle e darle un senso.
Spero di averle risposto.
Un saluto
Antonella Cecca
Salve, è necessario al fine di aiutare il paziente riconoscere le emozioni suscitate da chi siede di fronte a noi. Nel mio modello di psicoterapia il controtransfert non si riduce solo alle emozioni suscitate dal paziente nel terapeuta, di cui quest'ultimo è consapevole, ma soprattutto da quelle emozioni provate dal terapeuta ma che possono passare inosservate anche al terapeuta stesso, ( come altri colleghi hanno risposto, siamo anche noi esseri umani). Queste emozioni, possono passare inosservate anche al terapeuta più esperto e a lungo andare, possono inficiare negativamente sulla relazione stessa. Per tale motivo, per non cadere in questi errori, ci avvaliamo ( nel rispetto assoluto della privacy del paziente) di sedute personali di supervisione costanti ( molto simili a sedute di psicoterapia ma effettuate sul terapeuta) per consentire tra tutti gli altri elementi proprio l'individuazione di emozioni provocate dal paziente ma che vengono tenute lontane dal terapeuta per qualche motivo che dovrà essere portato in superfice. La formazione degli psicoterapeuti, almeno per quanto riguarda il mio modello, si basa su anni di psicoterapia personale perché se un terapeuta non conosce bene se stesso come fa ad aiutare gli altri? Ci tengo a passarle questo concetto : i percorsi di psicoterapia non sono mai di crescita unidirezionale, poiché il nostro lavoro si fonda sulla relazioni intersoggettive "proprio come un figlio impara dal genitore un genitore impara dal figlio", a certi livelli, si cresce sempre insieme.
Pensiamo ai nostri pazienti sempre e quanto necessario per garantire il suo benessere.
La ringrazio per la domanda . Cordiali saluti Antonio Del Prete
Salve, la sua domanda è davvero molto interessante e sembra che conosca un pochino la materia. Chi ha una formazione psicoanalitica come me, lavora molto con il controtransfert. E' uno strumento indispensabile che mi permette di raggiungere il paziente al livello più inconscio. Nel mio caso penso molto ai miei pazienti, tenerli a mente è indispensabile per una buona riuscita della terapia e spesso si sognano anche. Un caro saluto.
Salve, ogni terapeuta essendo prima di tutto un essere umano gestisce e sente in modo del tutto personale l'incontro con l'altro, nello specifico il paziente. Ogni approccio ha un suo perimetro generico che riguarda la posizione del terapeuta, che viene appreso ed esercitato a lungo prima di essere applicato. E' chiaro dunque che non è possibile risponderle in modo univoco, e nessuno applica una schema preconfezionato che non abbia a che fare con la specificità del paziente.
Se ha bisogno di approfondimento sul tema e sul mio modo specifico di lavorare rimango a disposizione.
Dott.ssa Camilla Ballerini
Buongiorno, ci sono formazioni che insegnano agli psicologi a gestire le proprie emozioni per creare la miglior condizione terapeutica per il paziente. Alcune formazioni si basano sul controtranfert...ma la finalità è sempre quella di entrare in empatia col paziente e condurlo verso la risoluzione del suo disagio. Cordiali saluti. Dott.ssa Debora Manoni
Salve, il controtransfert non è sempre sperimentato all'interno della relazione terapeutica.
Può capitare che qualche vissuto del paziente o il suo transfert possano andare a toccare qualche aspetto personale non del tutto conscio del terapeuta . Il terapeuta avrà attenzione di prenderne atto e cura.
Il controtransfert non è da confondere con i vissuti di accoglienza, calore o empatia.
Un terapeuta può pensare al di fuori della terapia al come migliorare il proprio lavoro terapeutico con un paziente. Se per pensare intende avere dei vissuti emotivi in merito, è probabile che ci sia un controtransfert in atto. Se elaborato, può essere di aiuto a portare sia una maggiore chiarezza del terapeuta sulla sua vita emotiva, sia a rendere più chiara la relazione terapeutica permettendo al paziente una migliore elaborazione dei vissuti emotivi conflittuali.
Salve. ovviamente siamo in possesso di tutti gli strumenti e conoscenze necessarie per la gestione ottimale ed etica del rapporto con il paziente. In merito alla domanda " capita di pensare al paziente " posso dirle che ovviamente accade per tutto ciò che riguarda il percorso terapeutico in corso e non per altro. Cordiali saluti. Professor Antonio Popolizio
Buongiorno,

noi psicoterapeuti lavoriamo in seduta osservando anche ciò che accade dentro di noi e lo possiamo utilizzare come una risorsa per facilitare il cliente nella sua auto-esplorazione. Le emozioni sono indicatori di come noi ci sentiamo con gli altri e questo tendenzialmente andrebbe accolto più che respinto, diventando anche un parametro che legittima il cliente a sentirsi riconosciuto come essere umano e dunque simile a noi.

Dott. Riccardo Scalcinati
Buonasera, che domanda curiosa! Come mai? Personalmente credo che il contro transfert sia di aiuto nella relazione terapeutica. Per quanto riguarda se capita o meno di pensare ai paziente, sicuramente, "stando" nella relazione, a me capita di pensare a loro, di imparare dal lavoro fatto insieme... In fondo facciamo un viaggio intimo, i pazienti ci portano nelle loro vite, nelle loro emozioni più profonde, io ci entro e per un periodo loro entrano nella mia vita. Questa è la mia esperienza
Salve, dalla relazione terapeuta si ricavano diverse informazioni, partendo dalla comunicazione non verbale: postura, gestualità, contatto oculare ecc...
Le informazioni saranno elementi preziosi per comprendere determinati aspetti del processo terapeutico. Ogni storia porta con sé vissuti, emozioni ed è importante per noi terapeuti non farci "inglobare" eccessivamente per non perdere la neutralità che contraddistingue il nostro ruolo professionale. Empatia, sintonizzazione emotiva sono aspetti cruciali per far sentire il paziente accolto e compreso nel vissuto che porta in seduta.
Buona giornata
Dott.ssa Melania Filograna
Il controtransfert riguarda la relazionalità con il paziente, quindi rappresenta sempre un punto cardine.
Non saprei rispondere in modo generale alla sua domanda, ma posso rispondere personalmente: se non mi appassiono a un paziente, se non mi emoziono e se non mi diverto, non posso e non riesco a realizzare una psicoterapia.
Ciò accade dentro il setting e al di fuori nel pensiero.
Il legame analitico è, o dovrebbe essere, intimo ed intenso.
Un caro saluto
Buonasera,

il contro-transfert è una parte integrante della relazione terapeutica, quindi sì, il terapeuta ne fa esperienza con tutti i propri pazienti. Bisogna però tenere a mente che il contro-transfert non è sempre uguale ed assume caratteristiche diverse con diversi pazienti.
Per quanto riguarda la sua ultima domanda, dipende da professionista a professionista e da percorso a percorso. Non è possibile dare una risposta generale a riguardo.
Buona serata.

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