Buongiorno, sono la mamma single di un ragazzo di 18 anni. Vede poco il padre ed il rapporto è neg

19 risposte
Buongiorno, sono la mamma single di un ragazzo di 18 anni.
Vede poco il padre ed il rapporto è negativo.
Ha voluto lasciare la scuola ma ora lavora.
È spesso molto nervoso, urla, bestemmia, prende a pugni le pareti. +
Ha pochi (o nulli) amici .
Non vuole vedere uno psicologo, cosa posso fare ? Come posso convincerlo ?
Salve, provi a trovare un canale comunicativo con lui per fargli capire che comprende il disagio che sta provando ma che è disposta a trovare tutti i modi possibili e funzionali per gestire in maniera corretta la sua rabbia; cerchi di comprendere e farsi dire i bisogni che il ragazzo ha e cosa lo porta ad avere queste reazioni incoraggiandolo a prendere la situazione in mano con iniziative che siano effettivamente utili per risolvere i problemi. Bestemmiare aiuta lì per lì ma non risolve il problema, prendere a pugni le pareti può portare addirittura a conseguenze ancora peggiori dunque, essendo ancora giovane, il tempo è ancora tutto dalla sua parte per invertire la rotta.
Cordialmente, dott FDL

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Buongiorno, mi spiace molto per la sua situazione. Le consiglerei di avvicinarsi a suo figlio attraverso un ascolto empatico, volto a comprendere i suoi stati d'animo. Chiedere a lui cosa lo porta ad avere queste reazioni. Riuscire ad instaurare un rapporto di reciprocità e fiducia anche dandosi la possibilità di esprimere a sua volta a lui i suoi stati d'animo e preoccupazioni riguardo la situazione. Ricordare al ragazzo di essergli disponibile e vicino a questa sua sofferenza, un'alleata con cui darsi la possibilità di aprirsi.
Rimango a disposizione, Dott.ssa Martina Mari.
Gentile utente, mi dispiace per la situazione delicata e per nulla facile che descrive. Non è semplice convincere a chiedere aiuto una persona che non si rende conto di averne bisogno e tanto arrabbiata quanto probabilmente è in questo momento suo figlio. Inoltre il suo coinvolgimento emotivo e affettivo come genitore rende tutto ancora più complesso. Quello che può provare a fare lei in questo momento è crearsi una rete di sostegno fatta di famigliari che la supportino, amicizie fidate e magari intraprendendo lei un percorso di supporto psicologico che la possa aiutare di volta volta a valutare quale è la cosa migliore da fare, l'atteggiamento giusto da tenere. Non so in che rapporti è con il padre del ragazzo e se ci sono altri famigliari significativi nella vita di suo figlio, ad ogni modo penso che possa essere utile rivolgersi ad un centro che si occupa di prese in carico a livello famigliare. Potrebbe cominciare rivolgendosi ad un Consultorio che le potrebbe fornire una panoramica delle possibilità che ci sono sul suo territorio. Rimango a disposizione. Un caro saluto
Buongiorno, mi dispiace per la situazione che sta vivendo. Se suo figlio non è disposto ad intraprendere un percorso psicologico che lo possa aiutare nella gestione della rabbia e dei suoi stati emotivi, provi lei a entrare in relazione con lui. Per quanto immagino sia faticoso, gli stia accanto e gli faccia sapere che lei c'è per lui. Ma non affronti tutto questo da sola, faccia affidamento su altre figure familiari, se presenti, oppure valuti di iniziare un percorso di supporto genitoriale. Resto disponibile se avesse necessità.
Dott.ssa Cristina Olmi
Cara utente, la prima cosa che mi sento di dirle è che per quanto lei sia giustamente preoccupata non potrà convincere suo figlio a fare qualcosa che non sente. Tuttavia quello che può fare è cercare un ascolto empatico con lui. Quando si arrabbia suo figlio, provi a chiedergli cosa sta succedendo, come si sente, cosa gli passa per la mente in quei momenti che lo vede così. Si metta in ascolto. Posso immaginare che mettersi in ascolto non le sembri in un primo momento di star risolvendo le cose, ma forse bisogna fare un passo indietro e mettersi proprio in quella posizione per far si che si vada poi avanti. Rimango a sua disposizione Cordialmente Dott.ssa A
lessia D'Angelo
Salve,
In questi casi è consigliabile fare una consultazione genitoriale che possa essere di aiuto per poter avvicinare il ragazzo alla possibilità che lui stesso formuli una richiesta di aiuto.
Se vuole sono a disposizione per ulteriori chiarimenti
Un saluto cordiale
Dott.ssa Di Giovanni
Salve, grazie per aver condiviso qua la sua situazione, ciò che descrive è molto complicato, in primis perché il ragazzo ha 18 anni, quindi non possiamo e non può forzarlo se lui stesso non desidera essere aiutato, ma comunque anche fosse stato minore ci vuole una certa autorizzazione da parte del paziente nel voler intraprendere un percorso di supporto psicologico, però non deve e può non escludere un percorso per lei stessa, che in maniera indiretta potrebbe essere aiutata ed essere di supporto a suo figlio in una modalità funzionale.
Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento, anche online.
Dott.ssa Gioia Picchianti.
Gentile utente, innanzitutto grazie per aver condiviso con noi la sua esperienza, ogni condivisione è preziosa. Mi spiace molto per la situazione che descrive e posso immaginare il clima teso che vive nell'ambiente domestico, che la mette a dura prova. Il periodo di passaggio dall'adolescenza all'età adulta è un periodo delicato, in più in questo caso vi è un rapporto conflittuale con una delle figure genitoriali che sicuramente non aiuta. Tuttavia non è possibile obbligare nessuno a intraprendere un percorso psicologico, minorenne o maggiorenne che sia, perchè c'è sempre bisogno di una minima parte di motivazione al percorso.
Le potrei però suggerire di valutare un consulto psicologico per se stessa al fine in primis di affrontare le emozioni che sta vivendo e trovare un po' di sollievo, e in secondo luogo di sviluppare insieme al professionista strategie comunicative utili per far fronte a situazioni di difficoltà e sentirsi più efficace nella comunicazione con suo figlio.
Nella speranza che questo confronto possa esserle utile, resto a disposizione anche online.
Un caro saluto.
Dott.ssa Elena Sinistrero
Comprendo la situazione delicata e quanto possa essere delicato e difficile anche potersi avvicinare a lui allo scopo di capire i motivi di questa rabbia senza rischiare di attivare una risposta violenta. Purtroppo convincere suo figlio (o altri) a prendere appuntamento con uno psicologo, laddove non voglia, non è possibile. Ciò che può fare però è avere cura di se stessa in questa situazione e cercare un supporto psicologico che può essere un valido aiuto anche per la relazione stessa.
Gentile utente, comprendo che gestire da sola una situazione del genere non sia affatto semplice. Purtroppo, non porterebbe a nulla convincere suo figlio ad intraprendere un percorso per il quale è richiesta in primis una forte motivazione da parte di chi lo inizia. Il mio consiglio, perciò, è quello di cercare di sintonizzarsi il più possibile con il vissuto emotivo di suo figlio, provando a mettersi in una posizione di ascolto empatico e chiedendogli cosa prova nei momenti in cui ha queste reazioni, cercando, infine, di comprendere davvero le sue parole senza giudizio; questo, forse, potrebbe portarlo a maturare da solo l'idea di avere bisogno di un aiuto esterno. Le suggerisco, inoltre, di riflettere riguardo all'intraprendere lei stessa un percorso di supporto alla genitorialità o un percorso di sostegno psicologico, sarebbero entrambi di grande aiuto per capire come porsi nei confronti di suo figlio e per superare anche lei questo difficile momento.
Sperando di esserle stata d'aiuto, resto a disposizione anche online. Un caro saluto. Dott.ssa Adele Trezza
Buonasera, se suo figlio non ha domanda, se ciò che lei riporta non gli fa questione, non va certo indirizzato affinché qualcuno lo “aggiusti” riportandolo a certi standard o modalità che, evidentemente, almeno in questo momento, non gli appartengono. Dalla sua narrazione emerge che questa situazione la interroga, le crea un certo disagio, di questo è, invece, possibile parlare, la invito quindi a riflettere sull’opportunità di potersi giovare di un percorso professionale. Un saluto cordiale
Gent.ma Utente,
convincere una persona ad accadere a un percorso di cura è, come ha già visto, molto complesso e cercare di aprire una via comunicativa, cosa che immagino lei abbia già tentato a ripetizione, potrebbe essere ostico se non impossibile.
Due cose possono però essere suggerite, pur consapevole che non conosco la situazione familiare nel suo complesso.
In primo luogo la partecipazione del padre. Quest'ultimo è malvisto o non frequentato dal figlio, tuttavia lei, signora, ha dei rapporti, un dialogo con questo padre? Può metterlo al corrente delle criticità? Potete trovare un modo per concertare l'eventuale cura del ragazzo insieme? Oppure questo padre è del tutto distaccato dalle necessità del ragazzo?
In secondo luogo, e senza che lei confonda questo consiglio come la forzatura ad una terapia per lei stessa, lei, come madre potrebbe accedere ad una consulenza continuata con un professionista in modo che il ragazzo possa essere trattato, come dire, di sponda, tramite strategie che lei può mettere in atto in casa dopo averne discusso con il professionista.
D'altra parte, non demorda mai dall'opportunità di far capire a suo figlio che il suo dolore e la sua rabbia potrebbero ricevere miglior ascolto e ristoro con un'altra persona (psicologa, terapeuta, etc) piuttosto che con i muri e che lei, come madre, è molto preoccupata per il suo benessere (responsabilizzazione).
Quindi, ecco, cerchi di agire su più fronti.

Spero di averle dato qualche buono spunto di riflessione
cordialità
Alessandro Pedrazzi
Spero di
Buongiorno, mi dispiace molto per la situazione per nulla facile che sta vivendo. Non è semplice aiutare una persona a chiedere aiuto, soprattutto se non si rende conto di averne bisogno.
Continui il più possibile a stargli accanto, cercando di esserci in quei momenti in cui lui è disposto a parlare e ad aprirsi: cerchi di far passare il messaggio che, capendo il disagio che sta provando, le piacerebbe aiutarlo a ritornare sereno e ad affrontare la vita con positività e gioia.
Consiglio anche di intraprendere lei un percorso che la possa aiutare a supportare suo figlio trovando la strada più giusta per entrare in relazione con lui e piano piano aiutarlo a decidere di intraprendere lui stesso un percorso che sia di aiuto per la gestione delle sue emozioni e per rafforzare le abilità comunicative e sociali.
Resto disponibile se avesse necessità.
Per chi intraprende un percorso di psicoterapia sono fondamentali le motivazioni che lo spingono ad una decisione di questo tipo. E’ importante quindi che la scelta sia consapevole ed incondizionata. Cercare di convincere Suo figlio a vedere uno psicologo, se lui non vuole, può produrre un effetto contrario da quello desiderato che è quello di comprendere il suo disagio. In questa fase critica, forse, è importante mostrargli la propria vicinanza in altro modo. Si confronti con il papà e condivida con lui la necessità di fornire a Vostro figlio un supporto genitoriale che risponda ai suoi bisogni nel rispetto reciproco di ruoli e competenze. Le rivolgo il mio sostegno e Le faccio i miei migliori auguri.
Salve, come mamma e psicologa coprendo a pieno le sue paure. Con tutta quella rabbia sicuramente suo figlio sta cercando aiuto in lei, l'unica che le sta accanto con affetto e da sempre. Lui cerca delle risposte, ma forse si vergogna a farle delle domande, per paura di creare in lei dei disagi. Per prima cosa proverei a essere più trasparente con lui e poi mi farei aiutare da un professionista, esiste la terapia indiretta, quella fatta al genitore per arrivare al figlio/a. Si affidi e vedrà alla fine che bei risultati porterà a casa. Per qualsiasi cosa sono a disposizione anche online.dott.ssa Gabriella Cascinelli
Buongiorno, mi dispiace molto per la situazione difficile che si trova a vivere e per la preoccupazione nei confronti di suo figlio.
Sarebbe importante riuscire a far comprendere al ragazzo che i suoi comportamenti sembrano essere sintomo di un malessere o di una difficoltà profonda che potrebbe riuscire ad affrontare parlando con un professionista, ma mi rendo conto, da quello che riporta, della difficoltà di questo passaggio. Potrebbe pensare però di avviare lei un percorso, in quanto genitore, per capire come fare per gestire questa situazione che certamente impatta molto su come si sente lei in primis, e contestualmente come avvicinare suo figlio all’ipotesi di un percorso personale.
Per quanto possa essere difficile, la invito a continuare a stare vicino a suo figlio: gli faccia capire che lei è disponibile per aiutarlo e supportarlo - ma attenzione stia anche al sicuro (ha citato episodi di violenza fisica che non devono né possono essere ignorati).
Resto a disposizione per qualsiasi cosa. Un caro saluto, dr.ssa D’Angelo Pamela
Buongiorno, come hanno già detto i miei colleghi per iniziare una terapia funzionale c'è bisogno di una motivazione personale, il ragazzo ad oggi respinge questo "aiuto", ma non significa che non può cambiare idea. Sicuramente in questa fase di "accettazione del supporto psicologico" può lei essere di forte supporto con una comunicazione molto semplice dove va a spiegare perchè le sta proponendo questo percorso e in contemporanea come genitore può essere seguita da uno specialista per capire al meglio come rapportarsi e comunicare con suo figlio.

Saluti Dott.ssa Giovanna Napolitano
Cara signora, capisco le sue preoccupazioni per questo figlio, questo giovane uomo che sembra soffrire molto. Spesso questa rabbia negli adolescenti trova sfogo in questo modo perché non ha altri modi, e per evitare il rischio di rivolgerla troppo verso loro stessi. Inoltre, molto di frequente i giovani evitano di confrontarsi con gli adulti perché sono convinti che non possano capirli né aiutarli.
La invito solo a ricordarsi che per quanto questo ragazzo sembri essere molto arrabbiato, non è feroce, e lui ha sicuramente bisogno di sentirsi non pericoloso. Un caro saluto. Rinaldi
Cara signora, osservare impotenti un figlio che manifesta così duramente e apertamente la sua rabbia, e non solo, deve essere davvero faticoso. Suppongo che abbia già tentato tante strade e sente di non riuscire più, da sola, a sostenere questa delicata situazione. Non sarà semplice convincerlo a rivolgersi a un professionista poiché serve consapevolezza e motivazione per farlo; quello che potrebbe valutare di fare è trovare un momento (non in concomitanza o nei momenti successivi agli scatti d’ira) per comunicare a suo figlio la sua sincera preoccupazione e la soluzione a cui avrebbe pensato, ossia un supporto professionale, magari suggerendogli un canale per trovare il giusto professionista. Per il resto, solo suo figlio è artefice del proprio “destino” e non dovrà colpevolizzarsi se non seguirà i suoi suggerimenti. L’alternativa, è riflettere su un supporto per lei, anche solo per trovare il modo giusto per gestire questa situazione, seppur indirettamente. Un caro saluto

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