Buongiorno, mi rivolgo a voi per un problema spinoso che mi sta mettendo a dura prova. Ho trent'anni

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Buongiorno, mi rivolgo a voi per un problema spinoso che mi sta mettendo a dura prova. Ho trent'anni e da un anno circa ho iniziato un percorso individuale, al termine di una lunga relazione sentimentale. Sono perfettamente consapevole della situazione di fragilità emotiva in cui mi sono recato a visita e dei potenziali rischi di spostare le mie attenzioni su un terapeuta accogliente, tanto più in un momento di vuoto affettivo. Non scrivo qui sull'onda di un'emozione disturbante, piuttosto con la consapevolezza di una lunga riflessione che ho portato avanti personalmente rispetto a questa mia infatuazione. Ho sempre evitato, anche a mio discapito, di risultare inopportuno, di contattare il terapeuta fuori dalle sedute e anche di chiedere di intensificarle, perché avevo la percezione che questo fosse gran parte conseguenza della necessità di appagare un bisogno che deviava rispetto al motivo del mio percorso. Ho accolto le pause della terapia per le vacanze estive e natalizie per "mettere alla prova" questa infatuazione e verificare come potesse mutare. Non posso dirmi realmente innamorato, anche perché so poco di lei (quelle poche cose che lei ha scelto spontaneamente di mostrare e nelle quali ho visto delle rispondenze e affinità), non provo alcun forte desiderio sessuale nei suoi confronti, non provo gelosia al pensiero che tenga ad altri pazienti oltre che a me o che abbia una famiglia (so che è sposata per via della fede che porta), non mi sento dipendente da lei (tutt'altro, per quanto riconosca che mi abbia molto aiutato), né credo di averla idealizzata, riconoscendole comunque normali errori e sbavature. Eppure, a fronte di tutto questo, continuo a sperimentare un fluttuante, talora intenso, desiderio di approfondirne la conoscenza, sulla base di quelle poche cose che ho potuto scorgere, il che mi provoca una sofferenza, in alcune occasioni davvero intollerabile, tra una seduta e l'altra. Sto valutando un cambio di terapeuta. Per quanto possa sembrare la soluzione più semplice, la vedo anche come la più efficace. Vorrei quindi alcuni pareri professionali, che prescindano dal gettonato, per quanto corretto, consiglio di portare questo argomento in terapia. Per come mi conosco, se anche trovassi la spinta a farlo, non credo avrei poi la forza di tornare e proseguire il percorso. Piuttosto penso mi aiuterebbe qualche ulteriore spunto alla riflessione sull'argomento. Grazie.
Sicuramente la sua terapeuta non si meraviglierebbe della possibile attrazione che può provare nei suoi confronti. Esiste il transfert con il/la proprio/a terapeuta. Quindi anche se ovvio è normale parlarne perchè così può essere tranquillizzato. La saluto cordialmente.
Lina Isardi

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Gentilissimo, come immaginera’ la possibilità che lei stesso espone al termine di questo suo messaggio, ovvero quella di “portare questo argomento in terapia”, e’ l’unica che sia corretto da parte nostra consigliare di intraprendere. A questo punto sarebbe opportuno che lei si domandasse come mai senta che, se riuscisse a fare questo, non avrebbe poi “la forza di tornare e proseguire il percorso” con la terapeuta. Occorre credo partire da questa sua stessa consapevolezza. Al termine del suo messaggio scrive che le sarebbe di aiuto avere “qualche ulteriore spunto alla riflessione sull’argomento” e dunque a questo proposito il mio consiglio e’ proprio quello di riflettere lei per primo sulla questione. Peraltro, come probabilmente saprà, e’ possibile che nella relazione terapeutica si attivino emozioni nei confronti del terapeuta, e che il parlarne in seduta e’ motivo di ulteriori progressi nella terapia stessa. Un saluto, Marta Corradi.
Gentile Utente, a questo punto della terapia -da quanto racconta- gli obiettivi che persegue lei non coincidono più con quelli concordati a suo tempo con la sua terapeuta. In virtù di questo accordo iniziale, ritengo sarebbe non solo opportuno, ma anche corretto (nei confronti di entrambi!) parlargliene, piuttosto che decidere di interrompere e in un certo senso "fuggire" da una relazione che è le diventata scomoda. Anche questo può essere terapeutico, nonostante poi lei dovesse veramente decidere di rivolgersi ad un altro professionista. Non so dirle se il suo sia un vero innamoramento o se si tratti di altro, ma ciò che può far la differenza nel suo percorso di crescita personale è agire con modalità differenti da quelle che la fanno apparentemente sentire meno a disagio, ma che non le consentono di sperimentarsi maggiormente. Un passo alla volta, però: non può essere CERTO ora che poi ciò che desidererà fare sarà abbandonare questo percorso. Cordialità.
L'innamoramento, in qualsivoglia forma si presenti, é l'incontro con la propria "follia" per il tramite dell'altro. Follia intesa come manifestazione emotiva e comportamentale del lato sconosciuto della propria psiche, ovvero dell'inconscio. Va da sé che, essendo la terapia la costruzione di una relazione che favorisca il contatto del paziente con tale parte, é auspicabile non tirarsi indietro e proseguire il percorso. Cordiali saluti, Dott. Gualazzi.
Concordo con molte delle cose dette dai colleghi, quello che lei ha si definisce transfert ed anche se può sembrare un ostacolo alla terapia in realtà rappresenta il suolo di cui camminare, l’acqua entro cui nuotare o l’aria si cui volare, senza transfert una terapia non vola, solo che questo va portato in terapia, il transfert fa parte della terapia e come tale se ne parla, ed anche se lei lo definisce gettonato è la cosa più corretta e giusta da fare.
Cordiali saluti dott Luigi Esposito
Buonasera. È possibile che non si abbiano le parole per dirlo, ma come per ogni cosa, la mente si adopera per comunicare. Probabilmente è difficoltoso e anche raro andare da un professionista e rivelare sentimenti forti e indefiniti. Credo che ognuno abbia la sua parte in commedia, perciò sarà anche compito della sua terapeuta analizzare quanto accade nella relazione. Provi a riflettere sul fatto che in seduta siete in due
Salve. Portare quest'argomento in terapia è molto importante. Il suo transfert con la sua Psicoterapeuta contiene nodi importanti per la sua vita.
Se li scioglie potrà davvero liberare importanti energie per la tua vita.
Cordiali saluti Dottor Emanuele Grilli
Buon giorno. Il tema che presenta è abbastanza comune. Al di là di termini tecnici come il "transfert", sentire emozioni forti per una persona che ci accoglie in modo profondo è una conseguenza prima di tutto "umana".
In ogni caso, a prescindere dalla metodologia che la sua terapeuta adotta, lavorare sulla trasparenza è un punto focale.
A mio avviso, nel momento in cui due persone si siedono di fronte per aprire porte mai aperte, affrontare fantasmi e terreni inesplorati, la trasparenza di tutto ciò che si prova è di per sé materiale di lavoro comune.
Anche a me è capitato, quando ero paziente a mia volta e parlarne è stata una dei passaggi più importanti del mio percorso. Mi ha permesso di vedere meglio come funzionavo nelle interazioni con l'altro sesso e anche di esperire una nuova modalità di attraversamento di tematiche per me complesse.
Mi sento di incoraggiarla a non temere per i suo proseguimento nella terapia: abbia fiducia in se stesso e nella sua terapeuta.
Questo è un tema come un altro: viaggiate insieme anche in questo caso.
Buona vita e buon percorso.
Claudia Giampieri
Buonasera, non posso che concordare con i colleghi riguardo al portare in tema in terapia per quanto difficile le possa apparire ora. Dice che questo le impedirebbe di proseguire la terapia. Ne è sicuro ? Cosa glielo fa credere? Perché affrontare temi spinosi in una relazione forte la turba così tanto? Cosa teme davvero? E se anche accadesse di prendere questa decisione?
Sono solo spunti di riflessione i miei,spero possano esserle di aiuto. Cordiali saluti.
Buonasera! Il sentimento particolare che prova nei confronti della sua terapeuta potrebbe, con molta probabilità, essere parte del percorso che lei ha intrapreso. Se così fosse non sarebbe affatto un elemento negativo ma molto proficuo per analizzare elementi del suo vissuto passato. Capita più spesso di quanto lei immagini. Non ho elementi ulteriori per dire altro, ma mi colpisce che lei parli di sentimenti e ha cercato una psicoterapia proprio dopo aver terminato una lunga relazione. Può esserci qualche nesso? Ne parli con la sua dottoressa, poi potrà decidere con più coscienza il da farsi, anche un cambio di professionista.
Saluti
Dott. ssa Valeria Randisi
Salve, nel rapporto terapeutico si dovrebbe instaurare, se la terapia sta sviluppandosi nel modo positivo, un transfert ed un contro transfert. Quindi non dovrebbe stupirsi se lei prova dei sentimenti che lei non sa spiegarsi, spaventato da ciò che gli sta succedendo vorrebbe scappare dal rapporto terapeutico senza parlarne con la sua terapeuta. Capisco che lei per pudore prova difficoltà ad elaborare in seduta cosa le sta succedendo, penso che per la riuscita della sua terapia e per una crescita lei dovrebbe elaborare con la sua terapeuta tutto ciò che le sta succedendo. Abbia coraggio vedrà che gli sarà molto utile anche in futuro per l'instaurarsi altri rapporti. la saluto cordialmente,dott. Eugenia Cardilli.
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Gentile Utente,
Sono molti i temi che introduce e che in questa sede non riescono a ricevere l’approfondimento che meriterebbero. Tra i tanti, il desiderio di una conoscenza che alle volte genera una sofferenza quasi intollerabile (di che natura è questa sofferenza?), oppure la difficoltà a farne oggetto di riflessione condivisa con la terapeuta perché questo precluderebbe la continuazione della terapia (in che modo?). In linea di massima i sentimenti di curiosità nei confronti del/della terapeuta sono normali, a tratti persino “necessari” a compensare una relazione che dal punto di vista della confidenza intima è sbilanciata e a senso unico. Lei sente di non avere dipendenza nei confronti della terapeuta, né di averne fatto oggetto di idealizzazione, ma sente che la sua curiosità potrebbe avere echi di infatuazione. Trovo che sia un’occasione d’oro per comprendere una dinamica che è nata nella relazione tra voi, non importa che sia reale o meno, e che potrebbe ripresentarsi in altre relazioni. Per questo, anche se non vorrebbe sentirselo dire, il miglior consiglio è di confidare tutto ciò alla sua terapeuta, oppure in alternativa “proteggersi” tenendolo per sé, ma rinunciando alla possibilità di conoscere un’importante parte di sé.
Un caro augurio di buona fortuna
Buongiorno, credo che la questione principale sia che lei dia per scontato che non riuscirebbe più a tornare dalla sua terapeuta dopo averle rivelato il suo interesse al di là del piano professionale. Come mai è così convinto? Chissà quali aspetti nuovi di se stesso potrebbe scoprire mettendosi alla prova?! Le auguro di scoprirlo! Cordialmente dott.ssa Elena Bruno
Buonasera, visto che ha chiesto degli spunti le porto la mia esperienza da paziente che ha vissuto l'innamoramento per il suo terapeuta: anche io avevo timore nel portarlo nel campo e avevo paura di dover interrompere il percorso, così decisi di stare comunque nella relazione e con il tempo questo è passato in secondo piano. ha nutrito comunque uno sfondo relazionale buono in cui mi sentivo vista e accolta nella mia totalità. Ne ho parlato diversi anni dopo con lui ed è stato comunque un momento importante. Questo per dirle che non c'è un unico modo di rapportarsi e relazionarsi, di certo lasciando la terapia tutto questo rimarrebbe lì, un vero peccato
Gentile utente,
il così tanto gettonato "ne parli con il suo terapeuta" non è solo un consiglio ma la regola imprescindibile circa la conduzione ed il prosieguo della terapia. E' a partire da tali movimenti affettivi che si reperisce il punto della logica desiderante di ogni soggetto. L'amore è l'amplificatore delle coordinate logiche del nostro desiderio, che tradotto in termini semplici, esprime in modo inequivocabile la logica del nostro funzionamento. Nelle logiche della vita amorosa cadono le etichette immaginarie, che ognuno di noi utilizza per riconoscersi, e vien fuori una parte di noi sconosciuta e talvolta, per tale motivo, rifiutata. Consideri tali movimenti affettivi una possibilità e non un impedimento. Potremmo, estremizzando, dire che solo liddove c'è in gioco qualcosa che assomigli all'amore che un percorso di conoscenza di se stessi si muove sui binari giusti. Il transfert è stato solo all'inizio della Psicoanalisi un impedimento, perchè non se ne conosceva la natura ed il suo tratamento. Superato quel momento storico è diventato il motore di ogni terapia. Le auguro il meglio. Saluti
Mi spiace per la risposta gettonata ma sarà proprio il caso di parlarne in seduta e si fidi della sua terapeuta, è lei che la aiuterà a trovare la risposta che lei sta cercando. Cordiali saluti

Gentile utente,
l’infatuazione di un paziente per il proprio terapeuta in psicanalisi è un cliché tra i più diffusi, anche se la relazione che avviene all’interno di un contesto strutturato, dotata di regole precise e obiettivi chiari, ne riduce la frequenza.

Se non dobbiamo attribuire il fatto ad una gestione disattenta della collega, che ha faticato a mantenere il ruolo personalizzando eccessivamente la relazione, risultando così equivocamente seduttiva, potremmo interpretare questa situazione tecnicamente definita di “transfert” - ovvero di spostamento delle dinamiche affettive non risolte sul terapeuta - come una sua resistenza al cambiamento ed una regressione rispetto agli obiettivi del percorso terapeutico.

In questo caso il fenomeno può e deve essere affrontato come parte della terapia e come occasione per favorire in lei acquisizioni importanti circa il proprio funzionamento affettivo.

Cari saluti.
Roberto Lucchetta
Salve,
io credo invece che lei debba lavorare su tali pensieri emersi nei confronti della sua terapeuta e parlarne in terapia, perché l’aiuterebbe a capire più cose di lei e del suo modo di vivere le relazioni (d’altronde anche quella con la terapeuta è una relazione seppur non sentimentale).
Saluti.
Salve, concordo con i colleghi , parlarne in terapia fa parte della base del rapporto terapeutico, la sua terapeuta saprà aiutarla a capire come lei vive le relazioni e anche , il fatto che lei ha già stabilito che poi non tornerebbe più in terapia ( questo dice molto anche sul suo modo mono direzionale di vivere una "relazione" ). Lei ha stabilito anche per l'altro. Parlarne la aiuterebbe a comprendere meglio il suo funzionamento affettivo. Cordiali saluti
Ne parli con sincerità e serenità al suo psicoterapeuta; ciò che avviene nella relazione terapeuta-paziente è importantissimo; se i vissuti di tale relazione sono ben accolti e analizzati diventano un' ottima occasione per ottenere importanti e terapeutiche consapevolizzazioni.

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