Buongiorno, chi vi scrive è un ragazzo disperatpo, soffro da anni di una malattia rara genetica che

17 risposte
Buongiorno, chi vi scrive è un ragazzo disperatpo, soffro da anni di una malattia rara genetica che non mi permette di fare più le cose che amavo poter fare.
Da quel momento sono caduto in uno stato, credo, depressivo, da qui nasce l'idea della psicoterapia e della cura farmacologica.
Faccio fatica persino a scrivere perchè ho tanta rabbia verso chi dovrebbe aiutarmi, ovvero il mio psicologo, che insiste nel dirmi che dovrei accettare di avere questa malattia....ecco che mi viene di nuovo da piangere........... ... ...
Ho spiegato più volte che io non riesco ad accettarla, ma a volte ho l'impressione che sia lui a non credermi o a non accettare il fatto che io non ci riesco.
Mi ha detto che questa è l'unica strada per poter stare meglio e quando ho sentito queste parole volevo morire, perchè non voglio credere che come unica soluzione ci sia l'accettazione, mi rifiuto di credere che una psicoterapia funzioni così, perchè se davvero le cose stassero così, tutta la fiducia e l'importanza che per anni ho dato alla psicoterapia, cesserebbe di esisetere.
Perciò scrivo qui, sono sicuro che ci siano altre alternative.
In speranza.
Davide
Salve Davide, mi dispiace per il periodo che sta vivendo. Scrive che ha già intrapreso un percorso psicologico, comprendo le difficoltà ma continui a confrontarsi con il suo terapeuta.
Si dia del tempo.
Buona giornata.
Dott. Fiori

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Buongiorno, comprendo la sua preoccupazione. Mi viene da dirle di parlarne con il suo terapeuta. Inoltre credo che debba confrontarsi con l’equipe medica che la segue per comprendere a che punto è la ricerca sulla sua malattia, “solo loro” potrebbero darle l’idea di come può svilupparsi la sua malattia.
Buongiorno Davide, .. da anni frequento persone che hanno fatto della loro esperienza interiore il centro del loro interesse, non solo per professione, ma soprattutto per "passione". Intendo dire che hanno incontrato nelle loro vite sofferenza e anno dovuto trovare un modo per sopravvivere a queste difficoltà. Ho visto oggi un video di una ragazza nata senza braccia che fa tutto sorridendo con i piedi. Anni fa in un albergo a colazione un signore era nelle stesse condizioni e si destreggiava anche lui in modo incredibile e magnifico con i suoi piedi 'prensili'. Anche io come psicologo ho attraversato le mie difficoltà e so che le difficoltà se le riusciamo ad attraversare ci rendono più ricchi. Credo che un punto prezioso sia nel rendersi conto che non merita perdere tempo con stati mentali di sofferenza, ma a partire dalle condizioni che ci sono state date cogliere quanto di prezioso la vita ci offre. So che queste parole possono creare fastidio e rabbia, ma negli anni ho visto che questo è il passaggio che vale la pena fare. Chiedersi cosa voglio per me di buono adesso? e la risposta è meglio trovarla in qualcosa di attuale, possibile, anche piccolo, ma connotato da stati positivi. C'è tanta sofferenza nel mondo e ognuno ne porta un po', ma merita farsi sommergere da stati affettivi negativi? Spero di non aver banalizzato la sua richiesta e di non averla infastidita con le mie considerazioni. Marco Magni
Salve. Comprendo la sua disperazione e la sua rabbia, per non riuscire più a fare ciò che le piaceva. Mi viene da chiederle se sta elaborando i vissuti emotivi collegati agli impedimenti che deve affrontare. Ha ragione lo psicologo che la segue, che è importante accettare di avere questa malattia ma è anche vero che se non vive e tira fuori la rabbia, la disperazione e il dolore per ciò che non riesce più a fare, sarà difficile iniziare un processo di cambiamento e crescita su un piano di realtà. La rabbia non elaborata per ciò che non può più fare, potrebbe limitarla anche in ciò che potrà fare. Distinti saluti
Gentile Signore in merito alla malattia rara genetica sicuramente lei avrà degli specialisti che la seguono e che le sapranno dare tutte le opportune indicazioni. Diversamente sul piano psicologico la rabbia che descrive merita molta attenzione e di certo state lavorando anche su questo tema ovvero sul contesto realtà -vissuti. La rabbia è molto frequente nelle persone che vivono eventi come il suo le frasi che spesso vengono usate sono del tipo "perché proprio a mé?" . Lavorare su questa emozione e quando è possibile, condividere con altri che hanno vissuto esperienze come questa e sentire che non si è gli unici a rispondere in questo modo, aiuta. E' vero che non è semplice. In ogni caso ricordo una persana che aveva perso tre dita della mano destra per un'esplosione è comunque era tornata a praticare il tiro a segno. Certo non è facile ma sapere che c'era risuscito non è stata una cosa da poco. A volte basta poco altre volte occorre molte tempo questo si può stabilire solo dopo ed è in funzione di molte variabili. Sicuramente mollare tutto rabbiosamente non aiuta ma lei è libero di decidere cosa sia meglio per se stesso. Un cordiale saluto
Salve,
Mi dispiace tanto per quello che sta vivendo…è riuscito a far comprendere benissimo la sua rabbia e disperazione per tutto quello che ha perso e che le piaceva fare. Non so di che malattia genetica si tratti, ma credo che alcune di quelle “cose che le piaceva fare” possano essere trasformate e quindi trovare una nuova possibilità, un nuovo ambito, una nuova area dove portare quella passione e vitalità che la spingevano a “fare”…
Non credo che il suo terapeuta “non le creda”… forse è lei a non credere in se stesso… non vuole darsi una possibilità, nuova e diversa dal passato…È dura accettare qualcosa che non dipende da lei e la rabbia ora è ciò che la rende vivo … la affronti, la elabori e la trasformi. Le auguro di non mollare
Buongiorno Davide, comprendo benissimo il suo stato d'animo. La sua rabbia è del tutto giustificata. Ho seguito tante persone che hanno vissuto e vivono situazioni simili alla sua, io stessa ho dovuto fare i conti con la perdita della vista a 20 anni.
Lo so che preferirebbe non sentirselo dire, ma il suo terapeuta a ragione: per andare avanti con la sua vita, è essenziale che lei accetti quanto le è accaduto.
Attenzione, però, accettare non significa rassegnarsi, significa fare i conti con una nuova condizione di vita che, se da un lato impone delle limitazioni e impedisce di fare ciò che si faceva prima, dall'altro non impedisce di farne di nuove.
Il percorso che porta all'accettazione è lungo e faticoso, ma possibile e, lo so che potrà sembrarle paradossale, anche bello e stimolante.
Si dia tempo e provi a metersi in contatto con altre persone con la sua stessa patologia o, comunque, con persone che stanno vivendo situazioni simili: questo l'aiuterà a comprendere che, pur non potendo più fare ciò che faceva prima, potà fare tane tante altre, intrecciare nuovi rapporti e trovare nuovi interessi... e soprattutto scoprirà di avere delle risorse interiori che non avrebbe mai pensato di avere.
Potrei dirle tante altre cose, ma in questo contesto è molto probabile che le mie parole, anziché aiutarla, facciano aumentare la sua rabbia e la sua frustrazione.
Sono ovviamente a sua completa disposizione se desidera contattarmi in privato.
Buongiorno Davide, mi dispiace che stia affrontando questa malattia rara e invalidante, sono comprensibili la rabbia e il dolore che prova. Immagino che sia seguito dai medici per la malattia e che abbia fatto il possibile per migliorare i sintomi che comporta. Purtroppo quando ci troviamo a combattere una malattia che non si può risolvere, nonostante tutte le cure mediche, ci scontriamo contro l’impotenza. Non dimentichi però che abbiamo il potere di cambiare noi stessi e il nostro modo di affrontare le difficoltà! Cambiare nel senso di accettare la malattia, significa adattarsi alle condizioni che comporta e lottare per fare tutto quello che il corpo le consente ancora di fare. Forse questa risposta la deluderà e le farà provare ulteriore rabbia, ma potrà trovare maggiore benessere lavorando sull’accettazione dei limiti e sulla riscoperta delle sue risorse.
Un caro saluto, dott.ssa Irene Capello
Salve ricevere una diagnosi di malattia, anche rara è un evento molto stressante. Ciò può causare un disturbo anche di tipo depressivo. Le consiglio una terapia E.M.D.R. che le sarà sicuramente di aiuto.
Dott.ssa milvia verginelli
Caro Davide diagnosi come la sua non si vorrebbero mai ricevere soprattutto se in giovane età.
Mi dispiace molto per quanto sta affrontando e il suo senso di disperazione posso immaginarlo soltanto lontanamente.
Comprendo bene che in queste circostanze il bisogno di sperare in qualcosa che faccia scomparire la malattia possa essere presente.
I medici che la seguono e il suo terapeuta possono aiutarla con tutti gli strumenti e le conoscenze in loro possesso ma con dei limiti dettati dalla realtà della malattia.
Mi permetto di dirle, anche se in questo momento le appare inaccettabile, che il suo terapeuta la sta aiutando anche accettando la sua giustificata rabbia.
Continui il suo percorso terapeutico, si conceda del tempo.
Un cordiale saluto.
Dr.ssa Patrizia De Sanctis
Caro Davide, come si fa ad accettare una cosa inaccettabile, vero? Quando pensare alle cose perse porta a una tristezza profonda. L'accettazione in psicoterapia è un po' diversa dal significato nel linguaggio comune. Non significa che "va bene così", per niente. Si intende guardare la situazione attuale, la realtà, distinguere la parte che si può cambiare e quella che non si può. Partire da lì per ricostruire. Si fa presto a scriverlo o a dirlo, ci vuole molto più tempo per elaborarlo razionalmente e poi anche dentro di sé. È faticoso. Lo è un po' meno quando ci sono persone vicino, disposte ad aiutare, ad accogliere e ad accettare le emozioni che vengono fuori. La psicoterapia funziona quando si svolge in un contesto di fiducia, dove si può parlare apertamente, anche di cose spiacevoli, di quello che si prova. Dica chiaramente al Suo psicologo come si sente di fronte al tema dell'accettazione, non abbia paura di esprimere il fastidio se lo prova. Fa parte del percorso. Le auguro il meglio. Dott.ssa Katarina Faggionato
Buongiorno, comprendo la sua rabbia ed il suo dolore, è molto difficile il percorso di accettazione e di limitazioni che la sua malattia le impone..Ci vuole tempo e attraversamento di perdite che vanno elaborate psicologicamente.Troverá ,poi altre risorse interiori che l aiuteranno a dare un senso importante alla sua vita Curi le relazioni affettive e parli chiaramente al suo terapeuta deve superare con lui questo difficile guado ! Un forte augurio Dottssa Luciana Harari
Buongiorno Davide, che bell'energia che esprimi nel "non arrenderti"! La diagnosi che hai ricevuto da quello che descrivi, in ogni caso, è stata traumatica, per questo potrebbe esserti utile un percorso in psicotraumatologia. Le terapie più accreditate in questo campo sono l'EMDR e la Sensorymotor Psychotherapy. Un in bocca a l lupo per tutto! Giovanna Silvestri
Gentile utente di mio dottore,

si è affidato ad uno specialista in virtù del suo malessere per questa malattia, per l'enorme difficoltà a conviverci suppongo. La psicoterapia è anche questo, lavorare sull'accettazione di ciò che non si può cambiare. Accettazione non è rassegnazione, è un qualcosa di diverso che ha a che fare con l'amore per ciò che si è realmente. La rassegnazione ci fa soffrire perché continuiamo ad aspettare che la situazione sia diversa da come è realmente. A volte, ci sforziamo di cambiarla.
Viceversa, quando la accettiamo, significa che affrontiamo la realtà senza pretendere di cambiarla, senza soffrire e questo ci permette di continuare a fare progetti, cercando opzioni migliori durante il nostro cammino.
Crediamo di accettare una situazione quando riusciamo a “sopravvivere“, quando la dimentichiamo… Tuttavia, ci rassegniamo quando non ci muoviamo nella direzione che desideriamo, ma rimaniamo come intrappolati in quella situazione, autocommiserandoci, sentendoci vittime delle circostanze senza fare nulla al riguardo perché pensiamo che “questo è quello che c’è e non possiamo farci niente”.
In questo modo, ci sottomettiamo a quella situazione, ci adattiamo, ci paralizziamo perché pensiamo che ci è capitata e non abbiamo alternative. Ci rassegniamo.
L’accettazione è invece felicità. Al contrario, quando accettiamo una situazione, anche se non ci piace, significa che stiamo cercando altre strade per la felicità, abbiamo scoperto che quella non è la direzione della nostra vita, non ci rende felici anche se ci è capitata.
Ma non per questo ci blocchiamo, non per questo pensiamo che sarà sempre così, ma cerchiamo di imparare da tutte le esperienze della vita e andiamo avanti. L’accettazione è questo, non andare contro corrente, ma approfittare di tutte le situazioni per trarne un insegnamento di vita. Esiste sempre la possibilità di reindirizzare la propria vita,
L’accettazione è anche rispetto!!
L’accettazione è anche rispetto perché quando accettiamo di esser coì e non in altro modo, sparisce il desiderio di cambiare, ci rispettiamo profondamente.
Continui pure il percorso intrapreso, anche se faticoso e doloroso per certi versi. Vedrà che con il tempo, potrà pensare alla sua esistenza anche da un altra prospettiva.

Cordiali Saluti
Dottor. Diego Ferrara
Fare i conti con delle limitazioni corporee per un ragazzo giovane è molto doloroso. Se non si riesce ad accogliere e lasciare andare questo dolore, si prova una rabbia indicibile. Le propongo quest'idea che deriva da anni di esperienza. La mancata accettazione del suo stato può spingerla a cercare la sua personale cura e diventare una forza propulsiva. La medicina fa ogni giorno passi da gigante e le implicazioni psicosomatiche delle malattie sono sotto la lente d'ingrandimento. Cerchi di non accettare passivamente le indicazioni dei professionisti che la seguono, lei è il miglior terapeuta di sé stesso. In bocca al lupo, Espedito Longo
Carissimo, capisco perfettamente il suo stato e posso comprendere la sua rabbia, disperazione e senso di perdita. Come le hanno detto i colleghi è importante poter "tirare fuori " elaborandole tutte queste emozioni che altrimenti la bloccano nel riuscire ad intraprendere una "nuova strada da percorrere" . Accettazione non è rinuncia, ma darsi altre chance con la consapevolezza e la forza di utilizzare quelle risorse e resilienza che abbiamo in maniera "creativa " e costruttiva..
La saluto cordialmente
Lucia Ciarini
Buonasera Davide,
si può benissimo comprendere la sua sofferenza per una condizione permanente e limitante.
In queste situazioni, l'accettazione che è una cosa diversa dalla rassegnazione, anche se spesso si tende ad accomunarle, è un passaggio importante, anche se molto doloroso, che andrà per forza di cose elaborato con il tempo e la delicatezza necessari. Continui a confrontarsi con il suo terapeuta. Con il tempo, potrà trovare un equilibrio esistenziale. In bocca al lupo. EP

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