Buongiorno Che cosa si fa in terapia tra una seduta e l'altra? Chiedendo a chi mi ha in cura mi è

19 risposte
Buongiorno
Che cosa si fa in terapia tra una seduta e l'altra? Chiedendo a chi mi ha in cura mi è stato risposto di riflettere su quanto detto in seduta ed elaborarlo (non ricordo le parole esatte). Non mi vengono fornite prescrizioni di azioni da svolgere in quanto psicoanalisi (che sia giusto o sbagliato lo sto iniziando a accettare).come linee guida mi è stato detto che ho tratti principalmente dipendenti con organizzazione borderline (mi sono state dette altre cose ma è la valutazione dello psicanalista l'ho scritta solo per dare un'idea di cosa ho).In questo periodo ci stiamo concentrando su quello che provo perché arrivo in seduta senza nulla da dire o senza argomenti concreti. Sono 10 anni che vivo imprigionata nelle mie emozioni, senza essere cresciuta, senza obiettivi, in dipendenza. Ma da quando sono in terapia qualcosina si è smosso.e in questi mesi, dopo aver lavorato per qualche mese, sto avendo una fase di ricaduta con sintomi molto forti. Mi è stato detto che e normale, perché si ha paura della separazione. Valuterò con chi mi ha in cura se consultare un collega psichiatra. Passo le giornate in balia delle emozioni, e in queste settimane ho perso lo stimolo a fare tutto (stavo lavorando saltuariamente). In questo stato confusionale (forse dall'esterno non si vede) con delle vere e proprie crisi di pianto, rabbia, depressione (è quello che vedo io ) fatico ad accettare lavori o fare qualsiasi cosa. Ma stare in casa, a differenza di anni fa, è diventato pesante, provo molta noia oltre a stare malissimo. La prossima seduta è settimana prossima e vivo nell'angoscia. Non ho conoscenti con cui uscire o fare cose, ne attività.La mia famiglia vede che non lavoro e sono anni che se ne lamenta (senza minimamente empatizzare sul fatto che la figlia (e anche loro) hanno delle problematiche). Va cosi.
Cosa posso fare in questo periodo che ho capito essere negativo. Devo continuare a cercare lavoro anche se non mi sento a posto/lucida? Passare queste settimane aspettando la seduta? Su cosa potrei lavorare/ragionare? È un momento difficile che spero passi presto.
Buongiorno. Premetto di essere una terapeuta cognitivo-comportamentale e, a differenza del collega che l'ha in cura, l'orientamento che utilizzo prevede che si "facciano cose" tra una seduta e l'altra. Da come scrive, sembra proprio che il suo umore sia un pò calante e, forse, una riattivazione comportamentale che possa incrementare un pò il senso di autoefficacia potrebbe esserle d'aiuto.
Le consiglierei di discutere con il suo terapeuta di questo sue senso di inerzia tra una seduta e l'altra

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Salve, concordo con il suo terapeuta che delle fasi di down sono possibili e direi indispensabile per ripartire... certo è che un cambiamento ha bisogno di azioni... quindi io non le consiglio di lasciarsi trasportare dalla malinconia, ma di affrontare le sue giornate nonostante la tristezza! Credo anche che siate in una fase di alleanza e che se lei avesse bisogno di più sedute, il collega psicoanalista potrà sicuramente trasformare il setting sempre con uno sguardo attento al fatto che questo sia solo un momento passeggero (e non una dipendenza) per poi tornare a una seduta settimanale! Da quanto scrive ci sono molti argomenti a cui lei puó pensare tra una seduta e l’altra per poi parlarne con il collega: la frustrazione dell’attesa, la mancanza di decisionalità, la sensazione di essere sola, La sua difficoltà a reagire! Consiglio mio: non cerchi fuori di sè chi dia una svolta alla sua vita, ma si impegni per farlo lei stessa nonostante la sua malinconia appunto! Le faccio un gran in bocca al lupo per il suo percorso! Dott.ssa Federica Serafini Psicologa Psicoterapeuta
Leggendo la sua richiesta sembra che lei viva nel suo corpo come un'ospite estranea, o meglio, come una persona che si conosce molto poco, che non riesce ad accedere a desideri ed emozioni perché quella porta è stata bloccata da tempo. Questo senso di non appartenenza è chiaro che sfoci in depressione e apatia anche perché probabilmente non sa che cosa realmente la potrebbe fare felice. Da cognitivista tendo ad attivare la collaborazione del paziente con dei compiti a casa che riempiano gli spazi vuoti rendendoli utili ad una presa di coscienza. Scrivere a volte è più facile, ha mai provato a farlo?
Le faccio comunque i miei migliori auguri perché questo non facile viaggio nel mondo emotivo sommerso le dia presto la gioia di vivere a cui a diritto.
Cordialmente
Dott.Panzera
Buongiorno. Ciò che sembra portare sembrerebbe essere la dimensione del "vuoto". È sicuramente complesso attraversarlo, ma se ha deciso di intraprendere seriamente un percorso di conoscenza di sé e di condivisione con il terapeuta nessuno di noi potrà introdursi nella vostra relazione. Sarebbe utile che lei riportasse al collega quanto ha scritto in questa sede, proprio per farne oggetto di lavoro sia nei contenuti che nel rapporto
Buongiorno. La Sua domanda, apparentemente specifica, è in realtà molto articolata e dipende da una serie di fattori: l'orientamento teorico del collega che La segue (come Lei, molto giustamente, intuisce ed esplicita), gli obiettivi della terapia, il lavoro fatto fino a quel momento, la Sua modalità di incontrare il mondo, il contesto nel quale vive la Sua settimana, eccetera. Al di là dell'orientamento teorico del terapeuta, tendenzialmente la psicoterapia funziona così: in seduta vengono rifigurate una serie di esperienze, al fine di portare alla luce un significato che fino a quel momento non Le era palese; l'emergere di tale significato consente di dare un nuovo senso alla propria storia di vita e di ottenere un riposizionamento esistenziale, ovvero, una nuova, diversa, più identitaria modalità con la quale incontrare il mondo. Pertanto, la cosa migliore che può fare tra una seduta e l'altra è, banalmente (ma non lo è), vivere e fare esperienza. Se sta lavorando bene, dovrebbe riuscire, piano piano, a incontrare il mondo con modalità differenti e accorgersi, durante la Sua esperienza quotidiana, di tali modifiche. Se si limita a riflettere e ragionare, rimane nel campo del racconto e Lei saprà bene come questo non sia veicolo di cambiamento (possiamo dirci e raccontarci tutto ciò che vogliamo...). Nella Sua attuale situazione, fatta di inedia e apatia, è particolarmente difficile fare ciò che Le suggerisco, naturalmente. E comprendo bene quanta fatica questo comporti! Ma è importante, cominciando dalle piccole cose, ottenere un movimento. A mio parere, quindi, potrebbe: 1) fare una lista di piccole cose concrete, microscopici obiettivi pratici (che implichino un'azione da parte Sua) che muovano l'apatia e La portino a compiere azioni fuori da casa; 2) parlare con il collega di questa Sua difficoltà e rimodulare assieme le prescrizioni; 3) muovere il corpo: trovi modalità di accedere alle esperienze quotidiane tramite il corpo che Lei è, non necessariamente tramite un'attività fisica strutturata (ad es, può pulire il pavimento!); 4) ricordare che non è tenuta ad "accettare" le modalità di lavoro del terapeuta che ha scelto se non le ritiene adatte a Lei. Il collega avrà sicuramente un modo di lavorare serio e competente, ma non per questo l'orientamento teorico che segue deve forzatamente esserLe congeniale. Ognuno di noi preferisce determinati modi di lavorare e se Lei sente la necessità di un approccio che La guidi maggiormente e sia più pratico e prescrittivo, nulla vieta di valutare un cambio di rotta. L'ideale, però, è sempre parlarne prima con il Suo terapeuta: se c'è alleanza, è possibile che troviate assieme una soluzione. In bocca al lupo! DMP
Buongiorno. Data la significatività del vuoto esperito tra una seduta e l'altra io valuterei l'opportunità di intensificare le sedute, portandole a due a settimana, per sostenerla meglio in questo difficile periodo. Cordiali saluti.
Buongiorno il periodo di tempo tra una seduta è l'altra serve per elaborare temi e contenuti emersi nell'ultima seduta. Poi nella seduta successiva se ne analizza il materiale scaturito nella pausa: i sogni, i ricordi e le emozioni suscitate. Quindi ne parli col suo terapeuta e insieme proseguirete il percorso anche in base a tutti i pensieri e vissuti che descrive nella sua lettera.
Buon proseguimento Enza Marangella
Gentile Utente,
Credo che le domande che sta rivolgendo qui dovrebbe rivolgerle al suo terapeuta, se non l’ha fatto, in modo che possiate entrare nel senso di quello che sta vivendo attualmente e ricevere un sostegno che la supporti nello stare con ciò che definisce “in balia delle emozioni” e “avere crisi forti”. È nel rapporto terapeutico che può trovare l’aiuto che cerca solo potendo esprimersi liberamente con il suo terapeuta, il quale valuterà come intervenire. Un cordiale saluto. MF
Buongiorno, in questa fase la terapia può essere caratterizzata da fasi down. Il lavoro psicoanalitico è un viaggio che si compie in due terapeuta e analizzato, quindi è indispensabile che lei parli con il suo analista del suo stato attuale e delle sue difficoltà, compresa quella di consultare uno psichiatra. Se si ritiene necessario in questa fase potrebbe valutare la possibilità di intensificare le sedute. Distinti saluti
Salve, da psicoanalista concordo pienamente con chi le suggeriva di esporre gli stessi dubbi al suo terapeuta. Sarà il modo migliore di utilizzarli e comprendere insieme cosa farne e come trasformarli. Un eventuale incremento delle sedute settimanali potrà essere discusso solo tra voi.
In bocca al lupo
Marta Calderaro
Gentile Utente,

Da quello che scrive sembra che il ricevere eventuali indicazioni tra una seduta e l'altra sia qualcosa che lei desideri come "strumento" per gestire la profonda disattivazione che prova e che, al netto di diagnosi ed etichette (che quasi tendono a precederla...), ha una storia molto antica (10 anni). Ogni approccio terapeutico ha i suoi tempi e i suoi modi, e quelli della Psicoanalisi sono più estesi e meno prescrittivi di altri, e forse la pazienza che richiedono cozza con l'esigenza che sente di rimettersi in moto ora. La incoraggio a portare ciò che sta sentendo nella relazione con il suo Terapeuta, in modo che insieme possiate restituirgli significato e cercare uno strumento operativo più immediato che le consenta di ripartire "oggi", mentre continua ad approfondire la conoscenza di sé.
Un caro augurio di buona fortuna
Buonasera! Il fatto che senta che qualcosa è cambiato è già un passo in avanti. Mi sembra che abbia già risposto a se stessa in merito al fatto di cercare qualcosa da fare e un impiego remunerato . Fra l'altro avere un lavoro è un passo verso l'autonomia oltre che un luogo dove poter fare nuove conoscenze.
Salve signora ciò che deve fare secondo me imparare a rispettare i suoi tempi! Il metodo psicoanalitico le permette di elaborare i vissuti e le emozioni che la portano nella condizione che descrivendo. Di suo a casa fra una seduta e l'altra deve vivere! Cos'altro penso di poter fare?
mi rendo conto della difficoltà che in questo momento della sua vita tutto ciò possa comportare ma di fatto non può fare altro che vivere le sue esperienze e godere delle emozioni che prova giorno per giorno
Buongiorno,
Mi verrebbero molto domande da farle, ad esempio da quanto tempo è in terapia, cosa l'ha spinta a fare la richiesta e a scegliere l'approccio psicoabalitico. Mi incuriosisce che dica di non avere argomenti in terapia, mi fa pensare che lei possa avere un'idea di come dovrebbe essere, in realtà tutto quello che ha scritto è un ottimo argomento di cui parlarne in seduta. La inviterei ad affrontare questi argomenti in seduta, esprimendo ciò che sente e lavorando proprio sull'aspetto emotivo. Inoltre le suggerirei anche di valutare altri approcci, premettendo che sono tutti validi, ognuno può trovare più funzionale un approccio piuttosto che un altro.
Saluti
Buona sera, cercando di evitare di ripetere quanto detto dai colleghi, mi limito ad una breve riflessione. Mi colpiva la sensazione di vuoto da lei descritta, insieme alla difficoltà di sperimentare emozioni. Questo mi ha portata ad immaginare ognuno di noi come una sorta di contenitore (del resto il nostro stesso corpo potrebbe essere visto come contenitore della nostra anima, e quindi anche delle nostre emozioni). Tuttavia affetti ed emozioni sono contenuti estremamente complessi, difficili da sostenere. Mi domando allora se la sua ricerca di contenuti all'esterno (es. in altri approcci e figure terapeutiche) non sia un tentativo di colmare questo vuoto ma in realtà cercando di evitare proprio quei contenuti emotivi scomodi e pesanti di cui dovrebbe cercare di farsi carico piano piano. Non direi affatto che non ha nulla da dire,anzi... la invito allora a provare a contenere, sentire, ascoltare e vivere le sue emozioni (in seduta e tra una seduta e l'altra), sapendo di essere sostenuta da un professionista che la guiderà in tale passaggio evolutivo.
In bocca al lupo, dr.ssa Silvia Findanno
Gentilissima, parto dalla sua prima domanda. Il processo terapeutico non inizia e finisce in seduta, ma continua tra una seduta e l' l'altra...pensieri, associazioni a quanto detto in seduta, emozioni sono tutti accadimenti che fanno parte del processo e bisogna lasciare che acçadano...Mi pare molto importante che lei porti tutto cio' in seduta perché possa essere nominato, padroneggiato. Quando le emozioni ci investono senza che possiamo accoglierle, avvicinate senza essere temute diventano una risorsa. Valuti eventualmente se le potrebbe essere d' aiuto aumentare le sedute.
Buongiorno a lei,
comprendo come la sensazione soggettiva di noia che sta attraversando possa essere molto difficile da tollerare. Un percorso psicoanalitico prevede una elaborazione soggettiva a a partire da una sentimento di angoscia; se tuttavia l'angoscia è eccessiva, subentra l'inerzia, l'immobilità di pensiero e di azione. Dal momento che lo strumento principale di uno psicoanalista è il tipo di relazione affettiva che si instaura con la paziente, credo sia fondamentale che affronti con la sua terapeuta il sentimento di noia e di angoscia che sta attraversando. Buon proseguimento di percorso, dott.ssa Margherita Maggioni.
Salve,
credo che queste sue difficoltà e queste sue domande debba portarle in terapia perchè sono spunti per poterci lavorare.
Saluti.
Buongiorno, concordo con i colleghi in merito al fatto che queste sue emozioni e riflessioni possano essere “materiale” su cui lavorare. Potrebbe inoltre esprimere al Suo terapeuta la necessità di “fare” tra una seduta e l’altra. Questo dipende dal’’orientamento del terapeuta e la psicoanalisi non lo prevede. Se però ne sente l’esigenza può provare a darsi Lei dei compiti; non sarà facile ma si può provare, magari scrivendo una sorta di “diario” con cose concrete che riesce a fare durante la giornata, anche piccole.. leggere un libro, cucinare.. Nella situazione di malessere in cui si trova comprendo che non è semplice e per questo bisogna darsi piccoli obiettivi . Un caro saluto
dott.ssa Giulia Clementelli

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