Buongiorno a tutti, sono una donna di 40 anni e nel corso della mia vita ho affrontato disturbi emot
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Buongiorno a tutti, sono una donna di 40 anni e nel corso della mia vita ho affrontato disturbi emotivi di vario genere. A 18 anni esordisco con una depressione, seguita da un disturbo alimentare piuttosto grave, attacchi di panico e altri sintomi, trattati in terapia cognitivo comportamentale. Recentemente ho avuto un crollo emotivo molto forte, la diagnosi è di disturbo borderline, trattato con cure psichiatriche, terapia di gruppo e terapia individuale. Dal momento del crollo ho sintomi molto forti di angoscia che vengono interpretati come ansia da abbandono. Dopo 3 anni di cure finalmente ritrovo il mio equilibrio emotivo, ma persiste un sintomo strano. Un fastidioso formicolio nella zona anale. All’inizio del crollo era un sintomo persistente e legato alla sensazione di angoscia, spariva solo quando dormivo e al mattino appena sveglia, ora invece l’angoscia è sparita ma questo formicolio si fa sentire ancora, prima di addormentarmi, quasi sempre se mi sdraio sul divano dopo pranzo, quando non sono in attività ed è più intenso quando sono da sola. Anche se è migliorato persiste dopo 3 anni, Nessun medico o terapeuta ha saputo darmi una spiegazione sul motivo per cui ho questo sintomo, ne ho mai letto nulla di simile, e anche con alcuni esercizi del mio terapeuta sembra non volersene andare. Qualcuno puó ipotizzare il perché di questo sintomo? C’è qualcosa che posso fare o è solo una questione di tempo? Grazie mille a tutti
Buongiorno,
il fomicolio che descrive è certamente particolare. Sicuramente c'è bisogno di escludere una causa organica cosa che, mi pare di capire dalle sue parole, aver fatto. Considerata la sua situazione posso suggerirle alcune questioni che eventualmente può discutere con il suo terapeuta:
Come mai ha colpito quella zona e in quei momenti?
Quale legame potrebbe avere con i suoi sintomi pregressi?
Potrebbe esserci un legame sul perché le è arrivato proprio mentre si era stabilizzata?
Rimango a disposizione in caso di chiarimenti
D.ssa Simona Torrente -Torino
il fomicolio che descrive è certamente particolare. Sicuramente c'è bisogno di escludere una causa organica cosa che, mi pare di capire dalle sue parole, aver fatto. Considerata la sua situazione posso suggerirle alcune questioni che eventualmente può discutere con il suo terapeuta:
Come mai ha colpito quella zona e in quei momenti?
Quale legame potrebbe avere con i suoi sintomi pregressi?
Potrebbe esserci un legame sul perché le è arrivato proprio mentre si era stabilizzata?
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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Gent.ma, grazie per averci contattato. Per il formicolio ha già effettuato dei controlli medici per scartare ipotesi di natura organica? Se la risposta è sì, nel suo percorso di psicoterapia già in corso, probabilmente occorrerà ancora del tempo per far sì che aumenti un ulteriore miglioramento sui sintomi di natura fisica. Un caro saluto
Salve, una accurata e approfondita analisi medica è la prima cosa da fare. Una volta esclusa con assoluta certezza qualsiasi problematica di natura organica e vista la sua storia passata, un contatto con uno psicologo è la cosa migliore da fare per analizzare il disturbo e verificare la sua attuale situazione emotiva. Cordiali saluti. Professor Antonio Popolizio
Buongiorno, mi dispiace per le difficoltà che ha affrontato e sta affrontando. Concordo con chi suggerisce di approfondire eventuali condizioni organiche. Può valutare eventuali approfondimenti diagnostici con un gastroenterologo, o eventualmente anche con un ginecologo (potrebbe interessare la zona perineale, tra l'ano e la vulva per intenderci).
Questo è uno scrupolo che ritengo necessario prima di approfondire le implicazioni psicosomatiche, che pure sono verosimili nella situazione che descrive!
Escluse con certezza le cause organiche può innanzitutto mettere da parte questa preoccupazione, e dedicarsi con più serenità alla parte psicologica.
In questo caso le suggerisco di dare fiducia al suo terapeuta, e consolidare nel tempo la relazione con lui o lei, essendo questo l'elemento più importante nel processo terapeutico, qualsiasi sia l'orientamento psicoterapeutico.
Alcuni sintomi possono richiedere più tempo di altri, è possibile che nel lavoro psicoterapeutico ci siano ancora nei nodi da scogliere che la aiuteranno ad affrontare anche questo disagio.
Questo è uno scrupolo che ritengo necessario prima di approfondire le implicazioni psicosomatiche, che pure sono verosimili nella situazione che descrive!
Escluse con certezza le cause organiche può innanzitutto mettere da parte questa preoccupazione, e dedicarsi con più serenità alla parte psicologica.
In questo caso le suggerisco di dare fiducia al suo terapeuta, e consolidare nel tempo la relazione con lui o lei, essendo questo l'elemento più importante nel processo terapeutico, qualsiasi sia l'orientamento psicoterapeutico.
Alcuni sintomi possono richiedere più tempo di altri, è possibile che nel lavoro psicoterapeutico ci siano ancora nei nodi da scogliere che la aiuteranno ad affrontare anche questo disagio.
Buongiorno, mi dispiace molto per le difficoltà che sta affrontando, capisco che influiscano in modo significativo sulla sua quotidianità. Sicuramente la cosa più importante è escludere che possano esserci problemi di origine organica, contattando un ginecologo e/o un gastroenterologo. Se si tratta di un disturbo di origine psicosomatica può essere risolvibile seguendo un percorso psicoterapico. Al riguardo esistono approccio diversi, sicuramente tutti possono consentire di raggiungere risultati importanti, molto dipende dalla professionalità e dall'esperienza del terapeuta a cui lei deciderà di affidarsi. Personalmente credo che l'EMDR sia un metodo particolarmente efficace con le problematiche che lei ha descritto e le suggerirei di affidarsi a un professionista che lo utilizza. Resto a sua disposizione per ulteriori chiarimenti
Buongiorno, le suggerisco di procedere ad una serie di controlli organici prima di pensare a sintomi psicosomatici.
Complimenti per i traguardi raggiunti, vada avanti per piccoli passi. Escluda intanto cause organiche.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Complimenti per i traguardi raggiunti, vada avanti per piccoli passi. Escluda intanto cause organiche.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Se non lo ha già fatto, consulti una/o specialista gastroenterologa/o, per gli approfondimenti diagnostici del caso.
Gentile utente di mio dottore,
le suggerisco di procedere ad una serie di accertamenti medici prima di pensare a sintomi psicosomatici. Lei ha raggiunto ottimi traguardi attraverso l'ausilio della psicoterapia, è molto più probabile che la questione riguardi il suo corpo.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
le suggerisco di procedere ad una serie di accertamenti medici prima di pensare a sintomi psicosomatici. Lei ha raggiunto ottimi traguardi attraverso l'ausilio della psicoterapia, è molto più probabile che la questione riguardi il suo corpo.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Salve, la problematica che riferisce come suggerito anche dai colleghi merita un approfondimento attraverso accertamento medici per escludere una causa organica.
Se non dovesse emergere nulla le suggerisco di approfondire con il suo terapeuta.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Daniela Chieppa
Se non dovesse emergere nulla le suggerisco di approfondire con il suo terapeuta.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Daniela Chieppa
Gentile utente, per la problematica che riporta chiederei consulto al suo medico curante per poter svolgere approfondimenti ed eventualmente escludere la causa organica. Se dagli esami non dovesse esserci riscontro con una causa organica, ne parlerei in modo approfondito con il suo terapeuta.
Cordiali saluti, dott.ssa Dafne Devetta
Cordiali saluti, dott.ssa Dafne Devetta
Gentile utente, concordo con i colleghi che le suggeriscono un controllo medico specialistico, ma non sottovaluterei l'importanza in una zona implicata in una fase evolutiva (quella anale) secondo le teorie psicoanalitiche freudiane. Pur essendo io una terapeuta specializzata in ambito cognitivo comportamentale, tengo in debito conto le integrazioni con altri approcci. Provi a discuterne con la sua terapeuta di fiducia. Spero di esserle stata d'aiuto e porgo cordiali saluti. Dr.ssa Sara Mammano
Gent.ma, buongiorno e grazie per la sua condivisione. Ha superato molte difficoltà. Sono certa che con l'aiuto del suo terapeuta e del suo medico di base, supererà anche questa. Un caro saluto.
Buongiorno, capisco e comprendo come un sintomo del genere possa essere fastidioso e impattante con la sua quotidianità, ma una volta esclusa la natura organica dello stesso attraverso esami medici accurati, occorrerà ragionare sul suo significato. Il sintomo è il latore di un messaggio, è una modalità attraverso cui il nostro corpo vuole comunicare un disagio, una sofferenza, una difficoltà. Il problema è che non utilizza il linguaggio della ragione chiaro e conoscibile, ma come avviene ad esempio nel sogno o nelle favole, si avvale del linguaggio metaforico simbolico, ambiguo, trasversale. Occorrerà quindi ascoltarlo, accoglierlo e prendersene cura prima di poterlo eliminare, incominciando da un ascolto attento e puntuale della sua storia di vita, dal punto di vista relazionale, lavorativo, familiare, affettivo… per capire da quale ambito la sua personale richiesta d’aiuto sta arrivando.
Una volta esclude cause organiche risolvibili, consideri l'utilizzo dell'ipnosi, che spesso può dare un grande beneficio per sintomi fisici.
Gentile, comprendo come un sintomo di questa natura specifica possa essere alquanto fastidioso e stressante, sicuramente come le hanno già scritto la prima cosa da fare sono accertamenti medici, volti ad escludere qualsiasi causa organica, principalmente direi visita dermatologica. Dopodiché, se si appurasse che la natura del suo disturbo fosse riconducibile esclusivamente a una natura psicosomatica, chiederei sicuramente l'aiuto di uno psicologo per indagare meglio le fonti di stress, la gestione delle emozioni e in generale il suo funzionamento. Da valutare un probabile intervento EMDR o di Dialectical Behavior Therapy (approccio d'elezione per il disturbo borderline di personalità). In generale le consiglierei un approccio cognitivista, meglio se di terza onda, ovvero aggiornato rispetto alle ultime evidenze scientifiche. Sicuramente rispetto al quadro completo descritto, valuterei anche un consulto psichiatrico. Nella speranza di esserle stato d'aiuto, resto comunque a disposizione. In bocca al lupo e pronta guarigione.
In effetti la sua questione non è gtave ma nemmeno semplice. Un po' misteriosa.
Forse uno esperto di psicosomatica ( medico preferibilmente , ma non obbligatoriamente) potrebbe fare un tentativo.
Forse uno esperto di psicosomatica ( medico preferibilmente , ma non obbligatoriamente) potrebbe fare un tentativo.
Cara signora. Il suo racconto, così dettagliato, parla di una storia travagliata fatta di vari sintomi e vari tentativi di gestione degli stessi. Mi sento innanzitutto di rimandarle quanto immagino sia e sia stato doloroso e faticoso fare i conti con questo malessere di lunga data e come lei stia faticando molto per risolverlo. Riguardo al sintomo specifico mi farei alcune domande, che magari può approfondire nel suo spazio di terapia: come mai è arrivato proprio in quel momento, come si collega alla sensazione di angoscia di cui parla, che significato ha e ha avuto rispetto al momento di vita che viveva in quel momento. Infine, cosa importante, come mai le succede quando è da sola e quando è in una particolare posizione, potrebbe essere legato ad un vissuto traumatico?
Insomma, indagherei più a fondo il significato che il sintomo ha per lei e "cosa le sta dicendo".
Spero di averle dato qualche spunto utile. Le faccio il mio in bocca al lupo per una ritrovata serenità.
Insomma, indagherei più a fondo il significato che il sintomo ha per lei e "cosa le sta dicendo".
Spero di averle dato qualche spunto utile. Le faccio il mio in bocca al lupo per una ritrovata serenità.
Deve essere stato molto doloroso "crollare", immagino si sarà sentita anche spaventata e vulnerabile... ha affrontato con forza ed impegno il suo disagio e anche ora che sta meglio immagino lo senta ancora come un rischio da tenere sotto controllo.... Stimoli emozionali stressanti possono provocare un aumento della tensione muscolare e dello sfintere anale, la cui eccessiva contrazione potrebbe essere coinvolta nel suo sintomo. Ovviamente escluda con il suo medico ogni possibile causa organica, e valuti l'opportunità di esplorare con la psicoterapia il suo eventuale stato di tensione emotiva connessa al controllo.
Gentile utente,
per aiutarla al meglio la vorrei introdurre al concetto di ansia e filofobia
Cos’è l’ansia:
L’ansia è un’emozione che si scatena di fronte a una sensazione reale o figurata di minaccia; è una risposta automatica di fronte a una determinata situazione, ed è caratterizzata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione. La sua funzione è quella di prepararci ad affrontare un pericolo percepito, o con un risposta di attacco, o con una di fuga.
Due forme d’ansia
L’ansia, può assumere due forme diverse: fisiologica o patologica. La prima, ci prepara ad affrontare in maniera adattiva ogni possibile situazione difficile ed è comunemente vissuta in circostanze di alta pressione, per esempio, prima di un fare un colloquio di lavoro, prima di sostenere un esame, prima di fare un discorso, ecc…
Sintomi di carattere ansiogeno possono insorgere anche a seguito di un evento stressante, come un incidente.
Nel momento in cui lo stato di preoccupazione è sproporzionato rispetto alla causa o non dipende da un fattore esterno, se crea quindi uno stato di sofferenza continua che rende difficile il vivere la giornata si configura un vero e proprio disturbo, il disturbo d’ansia generalizzata.
Qual è la sua frequenza (GAD)
Si tratta di una forma di ansia comune, ne soffre poco meno del 10% delle persone e la sua incidenza è doppia nelle donne rispetto agli uomini.
In quali modi si rivela
L’ansia generalizzata è caratterizzata da tensione fisica, continua preoccupazione, risvolti somatici e cognitivi.
Le persone che la sperimentano vivono in continua apprensione (“riuscirò mai a rilassarmi?”, “sono sempre preoccupato”) e sono morbosamente angosciate dalle comuni situazioni di vita come la salute dei propri familiari (“quando mio figlio esce di casa penso sempre che gli capiti qualcosa di brutto”), per aspetti economici, lavorativi o scolastici. Questo tipo di preoccupazioni, talvolta non facili da riconoscere, innescano uno stato di allarme cronico (“penso sempre che possa accadere qualcosa”) e di attesa apprensiva (“è come se dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro”).
La tensione fisica può manifestarsi con cefalea, nausea, diarrea, sudorazione, tremori, irritabilità, contrazioni muscolari e sindrome del colon irritabile.
Tra i sintomi somatici comuni, causati dall’iperattività del sistema neurovegetativo, troviamo la tachicardia, il respiro affannoso e accelerato, eccessiva sudorazione, insonnia e bocca secca, chi soffre d’ansia può descrivere sensazioni come “ho l’impressione di avere un groppo in gola” o “mi sento la testa vuota”; sono frequenti anche i disturbi gastrointestinali (nausea, difficoltà a digerire, diarrea alternata a stipsi) o il continuo bisogno di urinare. La presenza di questi sintomi non è sempre molto forte, anzi sono spesso leggeri ma continui.
I problemi cognitivi consistono in difficoltà di concentrazione, distraibilità e difficoltà mnemoniche.
Non di rado chi soffre d’ansia generalizzata non prende in considerazione di avere un disturbo nervoso, bensì si preoccupa esclusivamente dei sintomi fisici per curare i quali si rivolge al medico di base o ad uno specialista. Spesso la consulenza psicologica viene avanzata solamente dopo diversi esami clinici e strumentali
Come evolve
Il disturbo d’ansia generalizzata ha un’evoluzione cronica, anche se si possono alternare fasi di miglioramento e di peggioramento.
Lo stato di preoccupazione e di allarme protratto nel tempo si ripercuote negativamente sui rapporti sociali e familiari, riducendo il rendimento sul lavoro o nello studio.
Una frequente complicanza è l’abuso/dipendenza di droghe o farmaci (ansiolitici, antidolorifici, stimolanti o ipnotici) che, assunti inizialmente perché riducono lo stato di tensione, finiscono con il diventare un problema nel problema.
Con il termine filofobia viene generalmente intesa la paura anomala e sproporzionata di amare
Ci si riferisce infatti a quelle persone che di fronte alla possibilità di instaurare un legame maturo sperimentano dei sintomi specifici mettendo in atto schemi disfunzionali.
Perché?
Solitamente, in alcune persone, l’aver vissuto un’importante delusione amorosa potrebbe far sperimentare un blocco nell’abbandonarsi in un’altra storia anche dopo molto tempo dall’ultima relazione. In questo caso la filofobia è probabile che si identifichi in un meccanismo di difesa messo in atto dall’individuo al fine di proteggersi dal rivivere le sensazioni di una profonda sofferenza.
Svolge un ruolo fondamentale anche il modello di attaccamento sviluppatosi durante l’infanzia che tende a conservarsi e perpetuarsi attraverso particolari meccanismi: innanzitutto, influenzando la scelta del partner a cui legarsi. Non di rado, coloro che hanno vissuto un’instabilità delle relazioni primarie finiscono per cercare legami esclusivamente con partner incapaci di costruire e mantenere un rapporto duraturo e quindi vengono attratte da persone instabili e dall’emotività non prevedibile. Perciò, sembrano non essere attratte da chi possiede caratteristiche di personalità stabile e in grado di impegnarsi in rapporti a lungo termine. Anche se superficialmente consapevoli del minor rischio di essere abbandonati da questa tipologia di partner, sono spinte verso individui del primo tipo probabilmente riconoscendoli, in modo inconscio, più aderenti al loro schema primario di attaccamento, mettendo così in atto quella che è la coazione a ripetere: tendenza incoercibile, del tutto inconscia, a porsi in situazioni penose o dolorose, senza rendersi conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze. L’aver vissuto in un clima familiare distaccato/evitante oppure ipercritico, potrebbe far aumentare la paura dell’abbandono o di essere rifiutati, portando quindi la persona a fuggire da quelle situazioni in cui c’è la possibilità di innamorarsi, amare ed essere amati per il terrore angosciante dell’abbandono.
Chi ha paura di amare potrebbe evitare del tutto le relazioni amorose spendendo le proprie risorse esclusivamente in altre aree della vita, ad esempio dedicandosi esclusivamente agli amici, concentrandosi morbosamente sullo sport con lo scopo di raggiungere una condizione di perfetta forma fisica, alternando fasi di soddisfazione a quelle di insoddisfazione con conseguente malessere, spesso assumendo regimi dietetici ipercontrollati, privandosi quindi di togliersi qualche sfizio a tavola, oppure dedicando esclusivamente tempo al lavoro, finendo così per esaurire le proprie energie, ecc…
Innamorarsi è come una dipendenza da droghe.
Innamorarsi è come una dipendenza da droghe in grado di generare vere e proprie ossessioni, d’altro canto può favorire la monogamia: queste le conclusioni di diversi neuroscienziati.
Durante la fase di innamoramento ciò che avviene nel nostro cervello è simile a ciò che prova un tossicodipendente che ricerca la sua dose.
Diversi studi tra cui quello di Fisher et al. 2017 pubblicato sul “Journal of Neurophysiology”, hanno descritto l’amore come una droga: secondo i neuroscienziati la fase dell’innamoramento è similare alla sensazione creata dalla dipendenza da sostanze stupefacenti, una grande euforia dovuta alle sostanze chimiche cerebrali coinvolte (ossitocina, dopamina, adrenalina e vasopressina). Analogamente alle droghe, più tempo si trascorre con la persona amata, più si sviluppa dipendenza.
Per quanto riguarda la monogamia, uno dei primi studi a riguardo risale al 2005 in cui Aragona B. e colleghi, ricercatori della Florida State University, e autori di uno studio pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, scoprirono che alcune molecole nel cervello responsabili della dipendenza da sostanze come eroina e cocaina, svolgono una funzione principale anche nell’innamoramento. I ricercatori hanno esaminato come la dopamina, che stimola il centro della ricompensa nel cervello, aiuta anche un piccolo roditore (arvicola della prateria o Microtus ochrogaster) a restare monogamo. Questi roditori, spiegano i neuroscienziati, sono noti per instaurare relazioni stabili e durature. La dopamina svolge un ruolo chiave nel regolare il desiderio negli esseri umani verso fonti di piacere come il cibo, ma anche eroina e cocaina. Il team si è concentrato su questi roditori in quanto la loro attività chimica cerebrale nell’innamoramento è analoga a quella umana. Inoltre, i maschi e le femmine si legano dopo un solo accoppiamento, in cui il roditore pare ignorare senza troppa fatica le tentazioni. Gli studiosi hanno scoperto che, successivamente al primo incontro, nel cervello dei maschi viene rilasciata dopamina, che “colpisce” l’area nucleus accumbens (presente anche nel nostro cervello). In questo modo, si è potuto osservare come, bloccando l’attività di una proteina attivata dalla dopamina, i maschi diventavano all’improvviso poligami, iniziando a trascurare la compagna. Secondo il ricercatore Brandon Aragona, il legame che si sviluppa tra i roditori è molto solido e i risultati suggeriscono quale sia l’attività cerebrale sottesa alla monogamia. Un meccanismo che, secondo il neuroscienziato, sarebbe analogo anche nell’uomo.
In risposta allo studio di Aragona et al., Lo psicologo Colin Wilson, della British Psychological Society, sottolinea come nel legame amoroso siano comunque fondamentali altre variabili relazionali/psichiche oltre che le numerose modificazioni neurofisiologiche.
Innamoramento, amore e ormoni.
Nella fase dell’innamoramento intervengono una serie di ormoni, inizialmente svolge un ruolo fondamentale la feniletilamina (PEA), uno stimolante in grado di generare lo stato euforico e il batticuore tipico degli innamorati. In un secondo momento possono entrare in gioco altri ormoni come l’ossitocina e la vasopressina che svolgono un ruolo fondamentale nell’instaurare affetto reciproco e nell’attaccamento. Non di meno importanza è il ruolo del testosterone, che insieme alla dopamina, è responsabile dell’eccitazione sessuale.
Cosa potrei fare per smettere di avere paura di amare?
Non c’è una risposta semplice, senz’altro il punto di partenza è quello di iniziare a capire come affrontarla, le modalità e le tempistiche con cui farle fronte sono individuali, è necessario tenere a mente che le paure, inclusa quella di amare, più passa il tempo e più si radicano in noi, insomma se alla paura diamo un dito questa si prende anche il braccio e in questo caso il cuore.
Come affrontare la filofobia?
Se questa paura è sproporzionata e hai già messo in atto le risorse a tua disposizione senza riuscire a superarla, allora puoi consultare un sessuologo clinico iscritto all’albo degli psicologi.
Bibliografia
Fisher et al. “Reward, Addiction, and Emotion Regulation Systems Associated With Rejection in Love”, Journal of Neurophysiology 2017
Aragona et al. “Nucleus accumbens dopamine differentially mediates the formation and maintenance of monogamous pair bonds”, Nature Neuroscience 2005
Holmes Jeremy. “La teoria dell’attaccamento”, Raffaello Cortina 2017
Guerreschi Cesare. “La dipendenza affettiva. Ma si può morire anche d’amore?” Franco Angeli 2018
in fine le consiglio un consulto da uno psicoterapeuta di orientamento psicodinamico
Cordialmente
Dottor Mauro Vargiu
per aiutarla al meglio la vorrei introdurre al concetto di ansia e filofobia
Cos’è l’ansia:
L’ansia è un’emozione che si scatena di fronte a una sensazione reale o figurata di minaccia; è una risposta automatica di fronte a una determinata situazione, ed è caratterizzata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione. La sua funzione è quella di prepararci ad affrontare un pericolo percepito, o con un risposta di attacco, o con una di fuga.
Due forme d’ansia
L’ansia, può assumere due forme diverse: fisiologica o patologica. La prima, ci prepara ad affrontare in maniera adattiva ogni possibile situazione difficile ed è comunemente vissuta in circostanze di alta pressione, per esempio, prima di un fare un colloquio di lavoro, prima di sostenere un esame, prima di fare un discorso, ecc…
Sintomi di carattere ansiogeno possono insorgere anche a seguito di un evento stressante, come un incidente.
Nel momento in cui lo stato di preoccupazione è sproporzionato rispetto alla causa o non dipende da un fattore esterno, se crea quindi uno stato di sofferenza continua che rende difficile il vivere la giornata si configura un vero e proprio disturbo, il disturbo d’ansia generalizzata.
Qual è la sua frequenza (GAD)
Si tratta di una forma di ansia comune, ne soffre poco meno del 10% delle persone e la sua incidenza è doppia nelle donne rispetto agli uomini.
In quali modi si rivela
L’ansia generalizzata è caratterizzata da tensione fisica, continua preoccupazione, risvolti somatici e cognitivi.
Le persone che la sperimentano vivono in continua apprensione (“riuscirò mai a rilassarmi?”, “sono sempre preoccupato”) e sono morbosamente angosciate dalle comuni situazioni di vita come la salute dei propri familiari (“quando mio figlio esce di casa penso sempre che gli capiti qualcosa di brutto”), per aspetti economici, lavorativi o scolastici. Questo tipo di preoccupazioni, talvolta non facili da riconoscere, innescano uno stato di allarme cronico (“penso sempre che possa accadere qualcosa”) e di attesa apprensiva (“è come se dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro”).
La tensione fisica può manifestarsi con cefalea, nausea, diarrea, sudorazione, tremori, irritabilità, contrazioni muscolari e sindrome del colon irritabile.
Tra i sintomi somatici comuni, causati dall’iperattività del sistema neurovegetativo, troviamo la tachicardia, il respiro affannoso e accelerato, eccessiva sudorazione, insonnia e bocca secca, chi soffre d’ansia può descrivere sensazioni come “ho l’impressione di avere un groppo in gola” o “mi sento la testa vuota”; sono frequenti anche i disturbi gastrointestinali (nausea, difficoltà a digerire, diarrea alternata a stipsi) o il continuo bisogno di urinare. La presenza di questi sintomi non è sempre molto forte, anzi sono spesso leggeri ma continui.
I problemi cognitivi consistono in difficoltà di concentrazione, distraibilità e difficoltà mnemoniche.
Non di rado chi soffre d’ansia generalizzata non prende in considerazione di avere un disturbo nervoso, bensì si preoccupa esclusivamente dei sintomi fisici per curare i quali si rivolge al medico di base o ad uno specialista. Spesso la consulenza psicologica viene avanzata solamente dopo diversi esami clinici e strumentali
Come evolve
Il disturbo d’ansia generalizzata ha un’evoluzione cronica, anche se si possono alternare fasi di miglioramento e di peggioramento.
Lo stato di preoccupazione e di allarme protratto nel tempo si ripercuote negativamente sui rapporti sociali e familiari, riducendo il rendimento sul lavoro o nello studio.
Una frequente complicanza è l’abuso/dipendenza di droghe o farmaci (ansiolitici, antidolorifici, stimolanti o ipnotici) che, assunti inizialmente perché riducono lo stato di tensione, finiscono con il diventare un problema nel problema.
Con il termine filofobia viene generalmente intesa la paura anomala e sproporzionata di amare
Ci si riferisce infatti a quelle persone che di fronte alla possibilità di instaurare un legame maturo sperimentano dei sintomi specifici mettendo in atto schemi disfunzionali.
Perché?
Solitamente, in alcune persone, l’aver vissuto un’importante delusione amorosa potrebbe far sperimentare un blocco nell’abbandonarsi in un’altra storia anche dopo molto tempo dall’ultima relazione. In questo caso la filofobia è probabile che si identifichi in un meccanismo di difesa messo in atto dall’individuo al fine di proteggersi dal rivivere le sensazioni di una profonda sofferenza.
Svolge un ruolo fondamentale anche il modello di attaccamento sviluppatosi durante l’infanzia che tende a conservarsi e perpetuarsi attraverso particolari meccanismi: innanzitutto, influenzando la scelta del partner a cui legarsi. Non di rado, coloro che hanno vissuto un’instabilità delle relazioni primarie finiscono per cercare legami esclusivamente con partner incapaci di costruire e mantenere un rapporto duraturo e quindi vengono attratte da persone instabili e dall’emotività non prevedibile. Perciò, sembrano non essere attratte da chi possiede caratteristiche di personalità stabile e in grado di impegnarsi in rapporti a lungo termine. Anche se superficialmente consapevoli del minor rischio di essere abbandonati da questa tipologia di partner, sono spinte verso individui del primo tipo probabilmente riconoscendoli, in modo inconscio, più aderenti al loro schema primario di attaccamento, mettendo così in atto quella che è la coazione a ripetere: tendenza incoercibile, del tutto inconscia, a porsi in situazioni penose o dolorose, senza rendersi conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze. L’aver vissuto in un clima familiare distaccato/evitante oppure ipercritico, potrebbe far aumentare la paura dell’abbandono o di essere rifiutati, portando quindi la persona a fuggire da quelle situazioni in cui c’è la possibilità di innamorarsi, amare ed essere amati per il terrore angosciante dell’abbandono.
Chi ha paura di amare potrebbe evitare del tutto le relazioni amorose spendendo le proprie risorse esclusivamente in altre aree della vita, ad esempio dedicandosi esclusivamente agli amici, concentrandosi morbosamente sullo sport con lo scopo di raggiungere una condizione di perfetta forma fisica, alternando fasi di soddisfazione a quelle di insoddisfazione con conseguente malessere, spesso assumendo regimi dietetici ipercontrollati, privandosi quindi di togliersi qualche sfizio a tavola, oppure dedicando esclusivamente tempo al lavoro, finendo così per esaurire le proprie energie, ecc…
Innamorarsi è come una dipendenza da droghe.
Innamorarsi è come una dipendenza da droghe in grado di generare vere e proprie ossessioni, d’altro canto può favorire la monogamia: queste le conclusioni di diversi neuroscienziati.
Durante la fase di innamoramento ciò che avviene nel nostro cervello è simile a ciò che prova un tossicodipendente che ricerca la sua dose.
Diversi studi tra cui quello di Fisher et al. 2017 pubblicato sul “Journal of Neurophysiology”, hanno descritto l’amore come una droga: secondo i neuroscienziati la fase dell’innamoramento è similare alla sensazione creata dalla dipendenza da sostanze stupefacenti, una grande euforia dovuta alle sostanze chimiche cerebrali coinvolte (ossitocina, dopamina, adrenalina e vasopressina). Analogamente alle droghe, più tempo si trascorre con la persona amata, più si sviluppa dipendenza.
Per quanto riguarda la monogamia, uno dei primi studi a riguardo risale al 2005 in cui Aragona B. e colleghi, ricercatori della Florida State University, e autori di uno studio pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, scoprirono che alcune molecole nel cervello responsabili della dipendenza da sostanze come eroina e cocaina, svolgono una funzione principale anche nell’innamoramento. I ricercatori hanno esaminato come la dopamina, che stimola il centro della ricompensa nel cervello, aiuta anche un piccolo roditore (arvicola della prateria o Microtus ochrogaster) a restare monogamo. Questi roditori, spiegano i neuroscienziati, sono noti per instaurare relazioni stabili e durature. La dopamina svolge un ruolo chiave nel regolare il desiderio negli esseri umani verso fonti di piacere come il cibo, ma anche eroina e cocaina. Il team si è concentrato su questi roditori in quanto la loro attività chimica cerebrale nell’innamoramento è analoga a quella umana. Inoltre, i maschi e le femmine si legano dopo un solo accoppiamento, in cui il roditore pare ignorare senza troppa fatica le tentazioni. Gli studiosi hanno scoperto che, successivamente al primo incontro, nel cervello dei maschi viene rilasciata dopamina, che “colpisce” l’area nucleus accumbens (presente anche nel nostro cervello). In questo modo, si è potuto osservare come, bloccando l’attività di una proteina attivata dalla dopamina, i maschi diventavano all’improvviso poligami, iniziando a trascurare la compagna. Secondo il ricercatore Brandon Aragona, il legame che si sviluppa tra i roditori è molto solido e i risultati suggeriscono quale sia l’attività cerebrale sottesa alla monogamia. Un meccanismo che, secondo il neuroscienziato, sarebbe analogo anche nell’uomo.
In risposta allo studio di Aragona et al., Lo psicologo Colin Wilson, della British Psychological Society, sottolinea come nel legame amoroso siano comunque fondamentali altre variabili relazionali/psichiche oltre che le numerose modificazioni neurofisiologiche.
Innamoramento, amore e ormoni.
Nella fase dell’innamoramento intervengono una serie di ormoni, inizialmente svolge un ruolo fondamentale la feniletilamina (PEA), uno stimolante in grado di generare lo stato euforico e il batticuore tipico degli innamorati. In un secondo momento possono entrare in gioco altri ormoni come l’ossitocina e la vasopressina che svolgono un ruolo fondamentale nell’instaurare affetto reciproco e nell’attaccamento. Non di meno importanza è il ruolo del testosterone, che insieme alla dopamina, è responsabile dell’eccitazione sessuale.
Cosa potrei fare per smettere di avere paura di amare?
Non c’è una risposta semplice, senz’altro il punto di partenza è quello di iniziare a capire come affrontarla, le modalità e le tempistiche con cui farle fronte sono individuali, è necessario tenere a mente che le paure, inclusa quella di amare, più passa il tempo e più si radicano in noi, insomma se alla paura diamo un dito questa si prende anche il braccio e in questo caso il cuore.
Come affrontare la filofobia?
Se questa paura è sproporzionata e hai già messo in atto le risorse a tua disposizione senza riuscire a superarla, allora puoi consultare un sessuologo clinico iscritto all’albo degli psicologi.
Bibliografia
Fisher et al. “Reward, Addiction, and Emotion Regulation Systems Associated With Rejection in Love”, Journal of Neurophysiology 2017
Aragona et al. “Nucleus accumbens dopamine differentially mediates the formation and maintenance of monogamous pair bonds”, Nature Neuroscience 2005
Holmes Jeremy. “La teoria dell’attaccamento”, Raffaello Cortina 2017
Guerreschi Cesare. “La dipendenza affettiva. Ma si può morire anche d’amore?” Franco Angeli 2018
in fine le consiglio un consulto da uno psicoterapeuta di orientamento psicodinamico
Cordialmente
Dottor Mauro Vargiu
buongiorno come già i miei colleghi hanno suggerito sarebbe necessario un accurato controllo medico. Esclusa ogni causa organica si dovrebbe la vorare terapeuticamente in modo più profondo rispetto a come ha fatto in passato per cercare di capire che messaggio il corpo le sta mandando, messaggio che dovrebbe essere compreso e mentalizzato, attraverso la terapia psicologica.
Buongiorno, capisco e comprendo come un sintomo del genere le possa creare disagio e malessere nella conduzione della sua vita quotidiana. Il sintomo rappresenta la sua sofferenza il corpo in questo caso le sta comunicando (gridando) qualcosa ed è importante che lo ascolti ed accolga questo malessere attraverso una psicoterapia sistemico- relazionale. Accogliere il malessere è un atto d'amore verso se stessi poiché sono le nostre cicatrici spesso l'apertura alle nostre parti migliori.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti o informazioni anche online.
Saluti, Dott.ssa Arcangela Guadagno.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti o informazioni anche online.
Saluti, Dott.ssa Arcangela Guadagno.
Moltissime forme di prurito, una volta escluse le cause organiche, riconoscono una genesi psicosomatica. Il prurito in sede anale cela spesso ostilità nascoste, taciute o non intese ed un latente desiderio di "liberarsi" di qualcosa o di qualcuno).
In bocca al lupo
In bocca al lupo
Buongiorno signora, la ringrazio per la sua domanda. In base a quanto da lei esposto in modo minuzioso, mi sembra si delinei un quadro abbastanza chiaro in cui ogni aspetto è interconnesso con gli altri. Mi spiego meglio: la teoria psicanalitica ci insegna che nella fase "anale" (dello sviluppo) la zona erogena del bambino si sposta dalla bocca alla regione anale e il piacere è legato al controllo delle funzioni sfinteriche. In questa fase, quindi, il bambino scopre il piacere legato al controllo dei propri sfinteri e alla gestione dell'espulsione o del mantenimento delle feci. Questo processo è strettamente connesso allo sviluppo dell'autonomia e dell'autocontrollo.
Tale cornice teorica è fondamentale per poter spiegare la sua condizione di disagio. E' noto, infatti, come il Disturbo Borderline di Personalità (DBP), soprattutto nella sua versione "abbandonica", si caratterizzi per la paura dell'abbandono che deriverebbe da esperienze infantili di separazione o di perdita, reali o percepite, che avrebbero generato un attaccamento insicuro e ansioso. Inoltre, le persone con DBP possono manifestare comportamenti impulsivi, come ad esempio l'abuso di sostanze o di cibo, il gioco d'azzardo, il sesso promiscuo o gesti autolesionisti. Questi comportamenti sono spesso un tentativo di alleviare il dolore emotivo (tipiche, infatti, sono le difficoltà a regolare le proprie emozioni, che possono oscillare rapidamente da stati di euforia a stati di profonda tristezza o rabbia) o di stabilizzare un senso di sé fragile.
Tutto ciò mi porterebbe ad ipotizzare che la sua condizione di disagio sia legata ad una paura inconscia di non riuscire a controllarsi e, conseguentemente, perdere qualcosa (anche solo l'autocontrollo) di molto importante per lei. Infatti, non a caso, la sua problematica si manifesta proprio in prossimità delle fasi di addormentamento e in una zona sfinterica.
Spero di esserle stato di aiuto nel cercare una possibile causa alla sua condizione. Resto, in ogni caso, a sua disposizione per qualunque chiarimento. Buona giornata
Tale cornice teorica è fondamentale per poter spiegare la sua condizione di disagio. E' noto, infatti, come il Disturbo Borderline di Personalità (DBP), soprattutto nella sua versione "abbandonica", si caratterizzi per la paura dell'abbandono che deriverebbe da esperienze infantili di separazione o di perdita, reali o percepite, che avrebbero generato un attaccamento insicuro e ansioso. Inoltre, le persone con DBP possono manifestare comportamenti impulsivi, come ad esempio l'abuso di sostanze o di cibo, il gioco d'azzardo, il sesso promiscuo o gesti autolesionisti. Questi comportamenti sono spesso un tentativo di alleviare il dolore emotivo (tipiche, infatti, sono le difficoltà a regolare le proprie emozioni, che possono oscillare rapidamente da stati di euforia a stati di profonda tristezza o rabbia) o di stabilizzare un senso di sé fragile.
Tutto ciò mi porterebbe ad ipotizzare che la sua condizione di disagio sia legata ad una paura inconscia di non riuscire a controllarsi e, conseguentemente, perdere qualcosa (anche solo l'autocontrollo) di molto importante per lei. Infatti, non a caso, la sua problematica si manifesta proprio in prossimità delle fasi di addormentamento e in una zona sfinterica.
Spero di esserle stato di aiuto nel cercare una possibile causa alla sua condizione. Resto, in ogni caso, a sua disposizione per qualunque chiarimento. Buona giornata
Buonasera. Innanzitutto, grazie per aver condiviso la tua esperienza così complessa e difficile. Comprendo quanto possa essere frustrante convivere con un sintomo che non trova una spiegazione chiara, specialmente dopo tutto il lavoro terapeutico e psichiatrico che hai già fatto.
Il formicolio nella zona anale che descrivi potrebbe essere un sintomo di natura psicosomatica, una manifestazione fisica legata a dinamiche emotive non ancora completamente risolte. Nella tua storia, parli di disturbi emotivi intensi, ansia da abbandono, e una lunga lotta contro il disturbo borderline. È possibile che il corpo, in assenza di un'angoscia emotiva percepita, stia ancora esprimendo in qualche modo una tensione o un disagio residuo, che in passato si manifestava con altri sintomi più evidenti come l'angoscia o l'ansia.
Il fatto che il formicolio si presenti in momenti di rilassamento, come prima di addormentarti o mentre sei sdraiata sul divano, può suggerire che emerga quando la tua mente è meno occupata e quindi più "libera" di sperimentare sensazioni corporee che normalmente potrebbero essere offuscate dall'attività quotidiana. Il nostro corpo e la nostra mente spesso lavorano in sinergia, e le somatizzazioni sono comuni nei casi in cui lo stress emotivo non trova un'altra via di espressione.
Detto questo, alcune ipotesi possono essere considerate:
Ansia residua: Anche se l'angoscia emotiva sembra essersi ridotta, potrebbe esserci ancora una forma di ansia a livello inconscio che si manifesta fisicamente.
Somatizzazione: È possibile che il sintomo fisico sia una forma di "traccia" lasciata da emozioni forti, che in qualche modo continuano a essere presenti nel corpo. Il disturbo borderline e altre condizioni che coinvolgono l'ansia possono spesso presentarsi con sintomi corporei anche in assenza di una chiara causa medica.
Condizionamento: Il corpo potrebbe essersi "abituato" a manifestare in quel modo il disagio durante determinati momenti, come quando sei sola o in situazioni di rilassamento.
Sul piano del trattamento, ti consiglio di continuare a esplorare questo sintomo insieme al tuo terapeuta, anche attraverso approcci che lavorano con il corpo oltre che con la mente, come la terapia somatica o la mindfulness. Questi metodi possono aiutarti a esplorare più profondamente le connessioni tra corpo ed emozioni e favorire un'ulteriore integrazione emotiva.
Non escluderei del tutto un controllo medico specialistico per verificare eventuali cause fisiche, se non lo hai già fatto, per escludere altre condizioni che possano contribuire al tuo disagio.
In conclusione, questo sintomo potrebbe essere una parte residua del tuo percorso emotivo e potrebbe richiedere ulteriore tempo e pazienza per risolversi completamente. Continua a lavorare con il tuo terapeuta, e se il sintomo persiste, valutate la possibilità di integrare approcci terapeutici che coinvolgano anche il corpo. Un caro saluto!
Il formicolio nella zona anale che descrivi potrebbe essere un sintomo di natura psicosomatica, una manifestazione fisica legata a dinamiche emotive non ancora completamente risolte. Nella tua storia, parli di disturbi emotivi intensi, ansia da abbandono, e una lunga lotta contro il disturbo borderline. È possibile che il corpo, in assenza di un'angoscia emotiva percepita, stia ancora esprimendo in qualche modo una tensione o un disagio residuo, che in passato si manifestava con altri sintomi più evidenti come l'angoscia o l'ansia.
Il fatto che il formicolio si presenti in momenti di rilassamento, come prima di addormentarti o mentre sei sdraiata sul divano, può suggerire che emerga quando la tua mente è meno occupata e quindi più "libera" di sperimentare sensazioni corporee che normalmente potrebbero essere offuscate dall'attività quotidiana. Il nostro corpo e la nostra mente spesso lavorano in sinergia, e le somatizzazioni sono comuni nei casi in cui lo stress emotivo non trova un'altra via di espressione.
Detto questo, alcune ipotesi possono essere considerate:
Ansia residua: Anche se l'angoscia emotiva sembra essersi ridotta, potrebbe esserci ancora una forma di ansia a livello inconscio che si manifesta fisicamente.
Somatizzazione: È possibile che il sintomo fisico sia una forma di "traccia" lasciata da emozioni forti, che in qualche modo continuano a essere presenti nel corpo. Il disturbo borderline e altre condizioni che coinvolgono l'ansia possono spesso presentarsi con sintomi corporei anche in assenza di una chiara causa medica.
Condizionamento: Il corpo potrebbe essersi "abituato" a manifestare in quel modo il disagio durante determinati momenti, come quando sei sola o in situazioni di rilassamento.
Sul piano del trattamento, ti consiglio di continuare a esplorare questo sintomo insieme al tuo terapeuta, anche attraverso approcci che lavorano con il corpo oltre che con la mente, come la terapia somatica o la mindfulness. Questi metodi possono aiutarti a esplorare più profondamente le connessioni tra corpo ed emozioni e favorire un'ulteriore integrazione emotiva.
Non escluderei del tutto un controllo medico specialistico per verificare eventuali cause fisiche, se non lo hai già fatto, per escludere altre condizioni che possano contribuire al tuo disagio.
In conclusione, questo sintomo potrebbe essere una parte residua del tuo percorso emotivo e potrebbe richiedere ulteriore tempo e pazienza per risolversi completamente. Continua a lavorare con il tuo terapeuta, e se il sintomo persiste, valutate la possibilità di integrare approcci terapeutici che coinvolgano anche il corpo. Un caro saluto!
Buongiorno,
grazie per aver condiviso la tua esperienza in modo così aperto. I sintomi corporei, come il formicolio nella zona anale che descrivi, possono spesso avere un legame con il vissuto emotivo, soprattutto in persone che hanno attraversato esperienze difficili come quelle che hai raccontato. Anche se l'angoscia principale sembra attenuata, il corpo può continuare a manifestare segnali che riflettono tensioni, ricordi traumatici o stati emotivi non del tutto risolti.
In questo caso, il sintomo potrebbe essere riconducibile a una forma di somatizzazione, ovvero l'espressione fisica di un disagio psicologico. Può essere utile approfondire il rapporto tra corpo e mente, esplorando il significato che questo sintomo potrebbe avere per te e il contesto in cui emerge. Tecniche specifiche come la mindfulness, il biofeedback, o approcci psicoterapeutici focalizzati sul corpo potrebbero aiutare a lavorare su questi segnali fisici persistenti.
Dal momento che il formicolio persiste nonostante il percorso terapeutico già intrapreso, potrebbe essere utile integrare ulteriori strumenti nel trattamento, come l'EMDR (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) per esplorare eventuali traumi residui, o altre tecniche specifiche per lavorare sul corpo e sulla regolazione emotiva.
Sarebbe utile e consigliato approfondire la questione rivolgendosi a uno specialista per valutare insieme il percorso più adatto al tuo caso specifico.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
grazie per aver condiviso la tua esperienza in modo così aperto. I sintomi corporei, come il formicolio nella zona anale che descrivi, possono spesso avere un legame con il vissuto emotivo, soprattutto in persone che hanno attraversato esperienze difficili come quelle che hai raccontato. Anche se l'angoscia principale sembra attenuata, il corpo può continuare a manifestare segnali che riflettono tensioni, ricordi traumatici o stati emotivi non del tutto risolti.
In questo caso, il sintomo potrebbe essere riconducibile a una forma di somatizzazione, ovvero l'espressione fisica di un disagio psicologico. Può essere utile approfondire il rapporto tra corpo e mente, esplorando il significato che questo sintomo potrebbe avere per te e il contesto in cui emerge. Tecniche specifiche come la mindfulness, il biofeedback, o approcci psicoterapeutici focalizzati sul corpo potrebbero aiutare a lavorare su questi segnali fisici persistenti.
Dal momento che il formicolio persiste nonostante il percorso terapeutico già intrapreso, potrebbe essere utile integrare ulteriori strumenti nel trattamento, come l'EMDR (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) per esplorare eventuali traumi residui, o altre tecniche specifiche per lavorare sul corpo e sulla regolazione emotiva.
Sarebbe utile e consigliato approfondire la questione rivolgendosi a uno specialista per valutare insieme il percorso più adatto al tuo caso specifico.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
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