Buongiorno a tutti, ho una domanda riguardo psicologia e psicoterapia. Mi chiedo spesso quali siano
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Buongiorno a tutti, ho una domanda riguardo psicologia e psicoterapia. Mi chiedo spesso quali siano i limiti, se esistono, della psicoterapia. Esistono casi in cui, nonostante il percorso fatto, non si riesca comunque a mantenere razionalità di fronte ad alcune emozioni intense?
Mi domando anche: essendo lo psicologo un essere umano, può capitare che porti con sé alcuni bias cognitivi nel lavoro con i pazienti, anche in modo inconsapevole? Come si protegge lo psicologo da questi rischi? E in che modo il paziente può contribuire?
Grazie millAM
Mi domando anche: essendo lo psicologo un essere umano, può capitare che porti con sé alcuni bias cognitivi nel lavoro con i pazienti, anche in modo inconsapevole? Come si protegge lo psicologo da questi rischi? E in che modo il paziente può contribuire?
Grazie millAM
Buongiorno! La tua domanda tocca diversi aspetti importanti della psicoterapia e del lavoro del psicologo. Vediamo di affrontarli uno per uno.
È vero che la psicoterapia ha i suoi limiti. Non sempre è in grado di risolvere tutti i problemi, specialmente in presenza di condizioni complesse o gravi, come disturbi psicotici, traumi profondi o problematiche radicate nella storia di vita della persona. Anche dopo un lungo percorso, alcune emozioni intense possono persistere. Questo può accadere per vari motivi:
Resistenza al cambiamento: a volte, le persone possono non essere pronte a cambiare o affrontare determinati aspetti del loro vissuto.
Contesto esterno: le influenze ambientali, sociali o relazionali possono interferire e rendere difficile mantenere una stabilità emotiva.
Maturazione emotiva: la gestione delle emozioni intense spesso richiede tempo e un processo di maturazione che non si conclude necessariamente con la fine della terapia.
Bias Cognitivi dello Psicologo: anche gli psicologi, essendo esseri umani, possono portare con sé bias cognitivi nel lavoro con i pazienti. Questi possono influenzare la loro percezione, valutazione e le interazioni con i pazienti. È importante che gli psicologi siano consapevoli di questi bias e lavorino attivamente per mitigarli attraverso:
Supervisione e formazione continua: il confronto con colleghi e la partecipazione a corsi di aggiornamento possono aiutare a riconoscere e gestire i propri bias.
Auto-riflessione**: la consapevolezza delle proprie esperienze e emozioni aiuta a distinguere tra il vissuto personale e quello del paziente.
3. **Utilizzo di strumenti e tecniche basate su evidenze**: seguire protocolli e linee guida può ridurre l’impatto di bias personali nel processo terapeutico.
Ruolo del Paziente: il paziente può contribuire attivamente al processo terapeutico in diversi modi:
Comunicazione aperta: condividere i propri pensieri e sentimenti riguardo alla terapia e alla relazione con il terapeuta può portare a una maggiore consapevolezza reciproca.
Partecipazione attiva: impegnarsi attivamente nelle esercitazioni o nei compiti assegnati dal terapeuta può aiutare a migliorare gli esiti della terapia.
Feedback: fornire feedback su ciò che funziona o meno nella terapia consente al terapeuta di adattare l'approccio e tener conto del proprio stile di lavoro e delle dinamiche relazionali.
In conclusione, la psicoterapia è un processo complesso e, nonostante i suoi limiti, può portare a risultati significativi. È fondamentale per il terapeuta e il paziente lavorare insieme in un contesto di apertura e fiducia per affrontare le sfide che emergono lungo il cammino.
Rimango a completa disposizione. Un caloroso saluto.
Dott. Michele Basigli
È vero che la psicoterapia ha i suoi limiti. Non sempre è in grado di risolvere tutti i problemi, specialmente in presenza di condizioni complesse o gravi, come disturbi psicotici, traumi profondi o problematiche radicate nella storia di vita della persona. Anche dopo un lungo percorso, alcune emozioni intense possono persistere. Questo può accadere per vari motivi:
Resistenza al cambiamento: a volte, le persone possono non essere pronte a cambiare o affrontare determinati aspetti del loro vissuto.
Contesto esterno: le influenze ambientali, sociali o relazionali possono interferire e rendere difficile mantenere una stabilità emotiva.
Maturazione emotiva: la gestione delle emozioni intense spesso richiede tempo e un processo di maturazione che non si conclude necessariamente con la fine della terapia.
Bias Cognitivi dello Psicologo: anche gli psicologi, essendo esseri umani, possono portare con sé bias cognitivi nel lavoro con i pazienti. Questi possono influenzare la loro percezione, valutazione e le interazioni con i pazienti. È importante che gli psicologi siano consapevoli di questi bias e lavorino attivamente per mitigarli attraverso:
Supervisione e formazione continua: il confronto con colleghi e la partecipazione a corsi di aggiornamento possono aiutare a riconoscere e gestire i propri bias.
Auto-riflessione**: la consapevolezza delle proprie esperienze e emozioni aiuta a distinguere tra il vissuto personale e quello del paziente.
3. **Utilizzo di strumenti e tecniche basate su evidenze**: seguire protocolli e linee guida può ridurre l’impatto di bias personali nel processo terapeutico.
Ruolo del Paziente: il paziente può contribuire attivamente al processo terapeutico in diversi modi:
Comunicazione aperta: condividere i propri pensieri e sentimenti riguardo alla terapia e alla relazione con il terapeuta può portare a una maggiore consapevolezza reciproca.
Partecipazione attiva: impegnarsi attivamente nelle esercitazioni o nei compiti assegnati dal terapeuta può aiutare a migliorare gli esiti della terapia.
Feedback: fornire feedback su ciò che funziona o meno nella terapia consente al terapeuta di adattare l'approccio e tener conto del proprio stile di lavoro e delle dinamiche relazionali.
In conclusione, la psicoterapia è un processo complesso e, nonostante i suoi limiti, può portare a risultati significativi. È fondamentale per il terapeuta e il paziente lavorare insieme in un contesto di apertura e fiducia per affrontare le sfide che emergono lungo il cammino.
Rimango a completa disposizione. Un caloroso saluto.
Dott. Michele Basigli
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Gentile utente, buongiorno. I limiti della psicoterapia dipendono da vari fattori, tra i quali la natura del disturbo trattato, la qualità della relazione terapeutica e l’impegno del paziente. In alcuni casi, nonostante il lavoro svolto, può comunque risultare difficoltoso per quest’ultimo gestire emozioni intense, specialmente in situazioni di forte stress. I processi di cambiamento, infatti, richiedono tempo e non sempre sono lineari. Quanto ai bias cognitivi, è possibile che lo psicologo ne abbia in quanto essere umano. Tuttavia, il professionista può fare riferimento alla supervisione e alla formazione continua per imparare a gestire le proprie risonanze. Certamente il terapeuta può anche svolgere un percorso di terapia personale, utile alla sua formazione professionale. Il paziente, dal canto suo, può contribuire mantenendo un dialogo aperto, segnalando eventuali difficoltà o percezioni che emergono durante il percorso terapeutico. Rimango a disposizione, un saluto - dottoressa Paola Grasso
Buongiorno, una domanda molto articolata ed interessante. Sicuramente uno psicoterapeuta lavora su se stesso per comprendersi ed per essere consapevole. In più nei casi in cui un terapeuta fosse in difficoltà può richiedere una supervisione ad un collega.
Le emozioni arricchiscono la relazione e ci aiutano a comprendere sia la relazione in atto sia il significato.
Sicuramente lo psicologo avrà le sue distorsioni ed il suo vissuto che possono normalizzare ed essere utili all'interno della terapia.
Spero di averti dato degli spunti.
Dott. Alvise Arlotto
Le emozioni arricchiscono la relazione e ci aiutano a comprendere sia la relazione in atto sia il significato.
Sicuramente lo psicologo avrà le sue distorsioni ed il suo vissuto che possono normalizzare ed essere utili all'interno della terapia.
Spero di averti dato degli spunti.
Dott. Alvise Arlotto
Buongiorno, il percorso di psicoterapia è strettamente individuale e personale. Lo psicoterapeuta grazie ai vari studi e vari percorsi di crescita personale sa benissimo come non farsi coinvolgere negli episodi della storia di vita del paziente.
Buon pomeriggio, grazie per aver sollevato queste importanti questioni. Le sue domande toccano diversi aspetti della psicoterapia, della sua efficacia e dei limiti che può avere, nonché del ruolo dell'oggettività del terapeuta. Cercherò di rispondere in modo chiaro e articolato.
Limiti della psicoterapia e gestione delle emozioni intense: La psicoterapia può essere molto utile nel lavorare su emozioni intense, ma non sempre è una "soluzione definitiva" o una "cura" totale. Alcune emozioni, come la rabbia, la tristezza profonda o la paura, possono essere radicate in esperienze traumatiche, schemi di pensiero o reazioni istintive che richiedono tempo e lavoro per essere elaborate. Nonostante il percorso terapeutico, può accadere che una persona, di fronte a un evento particolarmente stressante o a un'emozione travolgente, faccia fatica a mantenere una piena razionalità. Questo non significa che la terapia sia inefficace, ma che le emozioni possono essere talmente potenti da "disorientare" anche chi ha lavorato molto sulla consapevolezza emotiva. È un processo che richiede tempo, pazienza e la continua rielaborazione dell'esperienza emotiva, anche fuori dalla seduta.
Bias cognitivi nel lavoro dello psicologo: È vero, lo psicologo è un essere umano, e quindi è inevitabile che possieda dei propri bias cognitivi. Questi bias possono influenzare, in modo consapevole o inconsapevole, il lavoro terapeutico. Tuttavia, la formazione professionale e la supervisione regolare sono strumenti fondamentali per aiutare il terapeuta a riconoscere e gestire i propri pregiudizi, evitando che influenzino negativamente il trattamento del paziente. Inoltre, l'auto-riflessione e l'attenzione alle proprie emozioni durante le sedute sono pratiche che possono aiutare lo psicologo a mantenere una posizione equilibrata e obiettiva.
Protezione dello psicologo dai bias cognitivi: Gli psicologi si proteggono dai bias attraverso un processo continuo di supervisione, formazione, e auto-monitoraggio. Le supervisioni con colleghi più esperti permettono di confrontarsi sui casi e di esplorare eventuali difficoltà nell'interazione con il paziente, comprese eventuali proiezioni o distorsioni personali. Inoltre, la consapevolezza di sé e l'adozione di pratiche di mindfulness possono essere utili per non lasciare che i propri pregiudizi influenzino il lavoro terapeutico. Un altro strumento utile è la continua educazione alla diversità e l'approfondimento di teorie psicologiche che promuovano un approccio il più possibile inclusivo e non giudicante.
Ruolo del paziente nel processo terapeutico: Il paziente può sicuramente contribuire al buon esito della terapia, anche nella gestione dei bias dello psicologo. La trasparenza e l’onestà nella comunicazione sono fondamentali: se un paziente avverte che lo psicologo sta assumendo un punto di vista distorto o non sufficientemente empatico, è importante che ne parli. Questo feedback può aiutare lo psicologo a essere più consapevole delle proprie reazioni e a migliorare la relazione terapeutica. Inoltre, un paziente consapevole e impegnato nel proprio processo di cambiamento è in grado di riconoscere quando un intervento terapeutico non è utile o quando un aspetto del lavoro ha bisogno di essere esplorato più a fondo.
In sintesi, la psicoterapia non è infallibile e, come ogni processo umano, ha dei limiti. Tuttavia, con il giusto supporto e un impegno reciproco tra psicologo e paziente, è possibile lavorare in modo profondo ed efficace sulle emozioni intense e sui bias, migliorando il benessere emotivo e la gestione delle difficoltà.
Spero che queste riflessioni possano esserle utili. Se ha altre domande, sono qui per rispondere! Dott.ssa Veronica Savio
Limiti della psicoterapia e gestione delle emozioni intense: La psicoterapia può essere molto utile nel lavorare su emozioni intense, ma non sempre è una "soluzione definitiva" o una "cura" totale. Alcune emozioni, come la rabbia, la tristezza profonda o la paura, possono essere radicate in esperienze traumatiche, schemi di pensiero o reazioni istintive che richiedono tempo e lavoro per essere elaborate. Nonostante il percorso terapeutico, può accadere che una persona, di fronte a un evento particolarmente stressante o a un'emozione travolgente, faccia fatica a mantenere una piena razionalità. Questo non significa che la terapia sia inefficace, ma che le emozioni possono essere talmente potenti da "disorientare" anche chi ha lavorato molto sulla consapevolezza emotiva. È un processo che richiede tempo, pazienza e la continua rielaborazione dell'esperienza emotiva, anche fuori dalla seduta.
Bias cognitivi nel lavoro dello psicologo: È vero, lo psicologo è un essere umano, e quindi è inevitabile che possieda dei propri bias cognitivi. Questi bias possono influenzare, in modo consapevole o inconsapevole, il lavoro terapeutico. Tuttavia, la formazione professionale e la supervisione regolare sono strumenti fondamentali per aiutare il terapeuta a riconoscere e gestire i propri pregiudizi, evitando che influenzino negativamente il trattamento del paziente. Inoltre, l'auto-riflessione e l'attenzione alle proprie emozioni durante le sedute sono pratiche che possono aiutare lo psicologo a mantenere una posizione equilibrata e obiettiva.
Protezione dello psicologo dai bias cognitivi: Gli psicologi si proteggono dai bias attraverso un processo continuo di supervisione, formazione, e auto-monitoraggio. Le supervisioni con colleghi più esperti permettono di confrontarsi sui casi e di esplorare eventuali difficoltà nell'interazione con il paziente, comprese eventuali proiezioni o distorsioni personali. Inoltre, la consapevolezza di sé e l'adozione di pratiche di mindfulness possono essere utili per non lasciare che i propri pregiudizi influenzino il lavoro terapeutico. Un altro strumento utile è la continua educazione alla diversità e l'approfondimento di teorie psicologiche che promuovano un approccio il più possibile inclusivo e non giudicante.
Ruolo del paziente nel processo terapeutico: Il paziente può sicuramente contribuire al buon esito della terapia, anche nella gestione dei bias dello psicologo. La trasparenza e l’onestà nella comunicazione sono fondamentali: se un paziente avverte che lo psicologo sta assumendo un punto di vista distorto o non sufficientemente empatico, è importante che ne parli. Questo feedback può aiutare lo psicologo a essere più consapevole delle proprie reazioni e a migliorare la relazione terapeutica. Inoltre, un paziente consapevole e impegnato nel proprio processo di cambiamento è in grado di riconoscere quando un intervento terapeutico non è utile o quando un aspetto del lavoro ha bisogno di essere esplorato più a fondo.
In sintesi, la psicoterapia non è infallibile e, come ogni processo umano, ha dei limiti. Tuttavia, con il giusto supporto e un impegno reciproco tra psicologo e paziente, è possibile lavorare in modo profondo ed efficace sulle emozioni intense e sui bias, migliorando il benessere emotivo e la gestione delle difficoltà.
Spero che queste riflessioni possano esserle utili. Se ha altre domande, sono qui per rispondere! Dott.ssa Veronica Savio
buongiorno gentile utente. Pone delle domande che per noi psicologi e psicoterapeuti, sono di costante riflessione. Alla firma del consenso informato, uno degli aspetti normalmente evidenziato è la possibilità che la terapia e o sostegno, non producano gli effetti sperati . Questa evenienza, non rigurada necessariamente il professionista come può non riguardare il paziente, ma la mancata strutturazione di una relazione terapeutica efficace ed efficiente o che l'approccio usato non vada bene per il paziente ed allora, di norma, il professionista indica o invia il paziente verso altri presso cui recarsi . La mancata razionalità di cui parla , riguado al percorso fatto , potrebbe rientrare in quanto detto ma dovrei meglio capire cosa intende con mantener razionalità. Si il professionista è anch'egli una persona con le sue ferite, che hanno cura di elaborare prima di inizire la professione, durante la professione ed ogni volta che risuona in lui un rimando del paziente , attraverso la supervisione. Portare dei bias ,quandi dei preconcetti o delle ideologie, in terapia è incompatibile con la professione proprio perchè operiamo sospendendo qualsiasi giudizio per evitare di vizziare il rapporto. come si protegge? come descritto prima e comunque per correttezza etica, morale e deontologica se ci si accorge che la terapia può essere viziata, si dovrebbe fare un passo indietro chiedere supervisione. in che senso come può contribure il paziente? se ne ha voglia risponda alle mie domande e sarò felice di rispondere.
grazie dottoressa Giuisi Vicino
grazie dottoressa Giuisi Vicino
Dott.ssa Mariagrazia Facincani
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
San Giovanni Lupatoto
Buonasera.
Le emozioni fanno parte della nostra vita e non possono essere controllate ma vanno riconosciute e gestite attraverso tecniche specifiche che dipendono dall'approccio dello psicologo o dello psicoterapeuta. Nell'approccio strategico di cui mi occupo, ci sono delle manovre principe per il trattamento dell'ansia e anche per tutte le altre emozioni come ad esempio il dolore, la rabbia e anche il piacere. In realtà non esistono emozioni positive e negative perché tutte le emozioni sono sia positive che negative come ad esempio nel caso del piacere che se non saputo gestire in modo adeguato diventa un piacere estremo che può portare a disturbi più importanti.
Per quel che riguarda i ruoli non riesco ben a comprendere la domanda che ha posto sopra ossia "In che modo il paziente può contribuire?". Cosa intende per "Contribuire"?
Quando una persona va da un professionista i ruoli devono essere chiari: il paziente si affida al professionista che, in base alla sua esperienza, aiuta la persona a identificare le difficoltà in quel momento preciso della sua vita e cosa blocca un eventuale raggiungimento di un obiettivo.
La saluto cordialmente
Dott.ssa Mariagrazia Facincani
Le emozioni fanno parte della nostra vita e non possono essere controllate ma vanno riconosciute e gestite attraverso tecniche specifiche che dipendono dall'approccio dello psicologo o dello psicoterapeuta. Nell'approccio strategico di cui mi occupo, ci sono delle manovre principe per il trattamento dell'ansia e anche per tutte le altre emozioni come ad esempio il dolore, la rabbia e anche il piacere. In realtà non esistono emozioni positive e negative perché tutte le emozioni sono sia positive che negative come ad esempio nel caso del piacere che se non saputo gestire in modo adeguato diventa un piacere estremo che può portare a disturbi più importanti.
Per quel che riguarda i ruoli non riesco ben a comprendere la domanda che ha posto sopra ossia "In che modo il paziente può contribuire?". Cosa intende per "Contribuire"?
Quando una persona va da un professionista i ruoli devono essere chiari: il paziente si affida al professionista che, in base alla sua esperienza, aiuta la persona a identificare le difficoltà in quel momento preciso della sua vita e cosa blocca un eventuale raggiungimento di un obiettivo.
La saluto cordialmente
Dott.ssa Mariagrazia Facincani
Buonasera. La psicoterapia genera cambiamento, i limiti di questo cambiamento dipendono dalla persona, dal percorso stesso e dall'incontro fra due alterità (terapeuta-paziente); l'importante è non pensare ai limiti come ad un fallimento, semplicemente la psicoterapia ha fatto il suo corso. E' normale che lo psicoterapeuta risuoni rispetto a tematiche o a pazienti specifici, come dice anche lei; il terapeuta a sua volta avrà il suo spazio per prendersi cura delle sensazioni e decidere per interventi terapeutici per il paziente a partire dal paziente stesso e non da quello che il terapeuta avverte. Spero di essere stata chiara. Un caro saluto.
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