Buongiorno a tutti. Da un po' di tempo sto prendendo in considerazione l'idea di contattare un terap

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Buongiorno a tutti. Da un po' di tempo sto prendendo in considerazione l'idea di contattare un terapeuta, ma prima avrei bisogno di ricevere alcuni chiarimenti in merito a un "sintomo" molto invalidante che mi porto dietro da tempo. Si tratta di uno schema di pensiero disfunzionale che mi impedisce di godermi la vita serenamente e che ha condizionato gran parte delle mie esperienze. Soffro di DOC da vari anni, disturbo che mi è stato diagnosticato da un professionista quando avevo 18 anni (ora ne ho 25), e una possibile spiegazione che mi è stata fornita è che questo sintomo sia riconducibile alla cosiddetta "Just Not Right Experience" che si riscontrerebbe spesso nei pazienti con DOC. Mi sono sempre trovato d'accordo con questa ipotesi, ma sentivo che mancasse qualcosa. Mi spiego meglio: da quando sono piccolo ho sempre vissuto con una forte paura del giudizio associata a un profondo senso di colpa, e questo in seguito a un episodio particolarmente traumatico avvenuto all'età di 7 anni, durante il quale, sorpreso a giocare al "gioco del dottore" con un mio compagno di classe, ero stato severamente rimproverato da una mia insegnante. Non a caso, le ossessioni che mi tormentavano e che mi tormentano tutt'ora ruotano attorno a un possibile giudizio o condanna di carattere etico/morale. A questo si aggiunge il fatto che io concepisca la vita come un processo complesso e sfidante, fatto di piccole o grandi sofferenze alternate a piccole o grandi soddisfazioni; una sorta di equilibrio costante, con lo svantaggio però che il dolore io lo veda come una fase inevitabile e compensatoria; allo stesso modo, per raggiungere obiettivi importanti, io ritengo che sia assolutamente necessario che si verifichino degli imprevisti, più o meno gravi, come se fosse proprio la loro presenza a conferire all'esperienza il suo vero significato. Se ciò non dovesse accadere, se io per esempio mi ritrovassi a vivere un'esperienza molto positiva, in cui tutto procede per il verso giusto, senza aver avuto grossi problemi, io avverto come una sensazione di disagio, come se fosse tutto troppo perfetto e quindi innaturale, artificioso, illusorio o comunque, sbagliato. Come se la gioia per il conseguimento di un obiettivo dipendesse esclusivamente dalle difficoltà che ho affrontato per raggiungerlo; con uno sforzo leggero o assente, mi capita spesso di sentirmi insoddisfatto e a disagio, il che sfocia talvolta in un senso di colpa vero e proprio per il quale non riesco a godermi il momento presente, come se mi ritenessi non all'altezza o comunque non meritevole di viverlo pienamente. A questo si accompagna spesso l'ansia che al momento positivo presente seguirà inevitabilmente un momento negativo futuro: più è positivo l'evento, più negativo sarà quello successivo, in uno strano bilanciamento esistenziale. Inutile dire che questo mi impedisce di essere felice al 100%, anche perché mi viene paura che, nel momento in cui raggiungerò i miei principali obiettivi, io non proverò gioia o soddisfazione ma un forte senso di vuoto e apatia per il fatto di aver ottenuto tutto ciò che volevo e non avere quindi altre sfide o problemi da affrontare che potrebbero di nuovo dare un senso alla mia esistenza. Vorrei semplicemente godermi la vita così com'è, senza che io debba per forza attraversare eventi spiacevoli per essere felici, né che la felicità debba poi essere compensata dalla negatività. Chiedo scusa per il disturbo e spero di aver fornito una spiegazione abbastanza chiara ed esaustiva. Vi auguro una buona serata
Salve,
Sembra che il suo schema di pensiero disfunzionale ruoti attorno a una percezione del giudizio e della sofferenza come elementi necessari per dare valore alla vita e agli obiettivi raggiunti. Questo modo di vedere le cose potrebbe essere legato a un meccanismo di controllo e paura, tipico del DOC, che le impedisce di godersi il presente. L’episodio che ha vissuto da bambino, con il rimprovero severo dell’insegnante, potrebbe aver instaurato in lei un’associazione tra il giudizio e il senso di colpa, rinforzando l’idea che qualsiasi esperienza positiva debba essere accompagnata da una fase negativa per essere "autentica".

Il desiderio di godersi la vita senza che la felicità sia compensata dalla sofferenza è assolutamente comprensibile. Un percorso terapeutico potrebbe aiutarla a sfidare queste credenze e trovare un nuovo equilibrio, aprendosi alla possibilità di esperienze positive senza il bisogno di associarle a una futura negatività. Il trattamento del DOC spesso si concentra anche su come gestire i pensieri intrusivi e trovare un modo di vivere con meno rigidità mentale. È un tema che potrebbe esplorare in terapia.

Se sta prendendo in considerazione l’idea di contattare un terapeuta, io sono disponibile ad aiutarla a esplorare queste tematiche e a lavorare insieme per trovare modalità più equilibrate e serene di vivere le sue esperienze. Sarei felice di supportarla nel percorso di cambiamento e di crescita.

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Grazie per aver condiviso la tua esperienza. È chiaro che questo schema di pensiero legato al DOC, insieme al senso di colpa e alla paura del giudizio, stia influenzando profondamente il tuo benessere.
Il fatto che tu sia già consapevole di questo schema di pensiero è un primo passo davvero importante. Una terapia potrebbe aiutarti a sfidare queste credenze e a trovare modi più funzionali di vivere le esperienze positive senza il bisogno di un "equilibrio compensatorio."
Meriti di goderti la vita senza dover "pagare" per la felicità. Cercare aiuto è un passo coraggioso e importante!
Resto a disposizione.
Buongiorno, grazie per aver condiviso la sua storia con così tanta chiarezza. Da quello che descrive, sembra che il suo modo di concepire la vita e gli eventi sia fortemente influenzato da schemi di pensiero rigidi e condizionati dal senso di colpa e dalla paura del giudizio, tipici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC). La sensazione di non meritarsi la felicità o di aspettarsi sempre un contrappeso negativo a un momento positivo è molto comune in chi soffre di DOC, specialmente quando questo è legato a una componente morale o etica, come il suo caso.

L'esperienza del "Just Not Right" e la difficoltà di godersi i momenti di serenità senza la sensazione che "manca qualcosa" o che sia tutto troppo perfetto possono effettivamente riflettere una difficoltà di fondo nel permettersi di vivere le cose in modo spontaneo e senza dover per forza affrontare sofferenze per sentirle "meritate". È come se si fosse radicata in lei l'idea che ogni successo o momento positivo debba essere bilanciato da una fatica o da un evento negativo.

Un percorso terapeutico, magari con uno psicoterapeuta che utilizza metodologie attive o altre tecniche espressive, potrebbe aiutarla a esplorare queste dinamiche e a liberarsi da questi schemi di pensiero, consentendole di accogliere la felicità e i momenti positivi senza il peso del senso di colpa o della paura del futuro. Lavorare su questi aspetti potrebbe aiutarla a ristrutturare la sua percezione della realtà e a godere dei momenti di gioia senza la necessità di "pagare un prezzo" o aspettarsi che qualcosa di negativo debba necessariamente seguire.

Se desidera approfondire queste tematiche, contattare un terapeuta che lavori su questi temi potrebbe rappresentare un passo importante.
Cordialmente, D.ssa Raileanu
Gentile utente,La sua condivisione è estremamente significativa e mette in luce una dinamica complessa che molti di noi possono sperimentare nella vita. È comprensibile sentirsi in conflitto tra il desiderio di una felicità autentica e la percezione che essa debba necessariamente essere accompagnata da difficoltà o sfide. Questo senso di disagio di fronte a esperienze troppo positive è un tema che può sorgere quando ci si confronta con le aspettative interiori e con la propria percezione del significato nel vivere.Le sue parole suggeriscono una profonda riflessione sul significato dell’equilibrio tra gioia e sofferenza. È umano temere che la realizzazione dei propri obiettivi possa portare a un senso di vuoto, specialmente se l’idea di affrontare sfide è stata, fino a questo momento, parte integrante della sua identità e del suo percorso. La sua ansia riguardo al futuro evidenzia un desiderio di controllo e di sicurezza, che è naturale ma che può limitare la capacità di godere del presente.Consideri che la vita è caratterizzata da un continuo fluire di esperienze positive e negative, e che è possibile trovare gioia e significato anche in momenti di tranquillità e serenità. Potrebbe essere utile esplorare ciò che la rende felice al di là delle sfide, scoprendo nuove fonti di gioia e soddisfazione che non siano necessariamente legate al superamento di ostacoli. Inoltre, provare a coltivare una consapevolezza del momento presente, senza giudizio, può aiutarla a vivere le esperienze positive senza il peso del doverle compensare con eventi negativi. È un percorso che richiede tempo e pazienza, ma che può portare a una maggiore accettazione di sé e delle proprie emozioni.La ringrazio per il suo coraggio nel condividere questi pensieri e la invito a continuare a esplorare questi temi in un contesto di sostegno e comprensione. Cordialmente, Dott.ssa Marina Tadic
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Gentile utente innanzitutto grazie e complimenti per la consapevolezza che ha della sua condizione: credo sarebbe utile indagare sulla sua situazione familiare per capire cosa è “veramente suo” e cosa è il “peso” che altri hanno proiettato su di lei, relativamente alla credenza che “il dolore sia una fase inevitabile e ” e che non riesca a concepire nel suo pensiero una felicità che non venga poi compensata da una negatività….Per questo sarebbe da ricostruire la costellazione familiare per arrivare al suo vero sé e lavorare per rimuovere questo auto sabotaggio del suo pensiero… Resto a disposizione, un caro saluto
Gentile utente,
la sua esperienza e le sue riflessioni mostrano una profonda consapevolezza del suo vissuto e delle dinamiche interne che la accompagnano. La descrizione che offre sembra effettivamente riflettere alcuni degli schemi di pensiero tipici del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), in particolare la tendenza a ricercare un equilibrio costante tra eventi positivi e negativi, spesso associata alla "Just Not Right Experience", come ha correttamente individuato.
Questa sensazione di "disagio" di fronte alla perfezione o alla mancanza di ostacoli potrebbe derivare da un sistema di credenze radicato, che associa il valore o il merito di un'esperienza alla sofferenza o allo sforzo impiegato per ottenerla. Questo tipo di schema di pensiero può portare a una difficoltà nel vivere appieno i momenti positivi, in quanto viene sempre percepito un senso di incompletezza o di ingiustizia se tali esperienze non sono state accompagnate da un sufficiente grado di difficoltà.
Quello che descrive è uno schema che può essere molto frustrante e limitante, poiché impedisce di vivere il presente con pienezza e serenità. La paura che la felicità debba necessariamente essere seguita da eventi negativi crea un circolo vizioso che alimenta l'ansia e la preoccupazione costante.
Dal punto di vista terapeutico, potrebbe essere utile esplorare queste convinzioni radicate, come l'associazione tra valore e sofferenza, per comprendere meglio da dove provengono e in che modo influenzano il suo modo di vivere le esperienze.
È importante considerare che il cambiamento richiede tempo, ma lavorando su questi aspetti, è possibile modificare le credenze limitanti e imparare a vivere in modo più sereno, godendo delle esperienze positive senza la costante paura di una compensazione negativa.
La invito a considerare l’idea di intraprendere un percorso terapeutico, poiché potrà fornirle strumenti concreti per migliorare la gestione dell'ansia e delle ossessioni legate a questi pensieri.
Un caro saluto,
Dott.ssa Pinella Chionna
Buonasera e grazie per la sua condivisione nella quale è stato molto chiaro e dettagliato. Effettivamente questa sensazione che le cose non vadano come dovrebbero vuoi per una mancanza vuoi per un eccesso di perfezione rientrano in quella che che viene definita una "Not Just Right Experience". Immagino che l'esperienza di colpa che se ho capito bene segue a questa sensazione sia molto faticosa anche perchè le impedisce di stare in compagnia di emozioni piacevoli. Sicuramente un percorso terapeutico potrebbe aiutarla a lavorare sulla sensazione di colpa che come ha descritto ha probabilmente radici molto più antiche. Resto a disposizione volentieri anche online, Dottoressa Federica Daneri
Gentile utente, grazie della sua condivisione così precisa e consapevole.
Questo alternarsi di bianco/nero, dicotomia (felice/infelice) ha dato a me un senso di pressione, di opprimente schema fisso ed ho avuto bisogno di immaginare delle onde per riequilibrare il mio sentire.Posso immaginare come ci stia lei. Senza dubbio la sua tematica è da psicoterapia (non l'ha mai fatta in passato?). Da come si esprime sembrerebbe avere confidenza con la dimensione psicologica. Un lavoro da fare con lei non sarà facile, ci sono da individuare aspetti che sfuggano al giudizio e al controllo e lasciarli esprimere. Un passaggio da un pensiero digitale ad uno analogico. Rompere la prevedibilità che ingabbia. Lavorare sull'accettazione. Tutto da amalgamare con la sua personalità. Non so che effetto le fanno questi spunti, le auguro un buon lavoro. Rimango a disposizione, cordiali saluti dott.ssa Silvia Ragni
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Gentile utente, grazie per averci raccontato la sua situazione. Aldilà di tutto, quello che mi chiedo è: rispondere ai suoi dubbi, comporterà il suo iniziare una terapia o meno? Ricordiamoci che la terapia serve proprio ad affrontare i nostri dubbi per lavorarci e ritrovare un equilibrio. Resto a disposizione in presenza e online =)
Caro, ha mai pensato alla possibilità di indagare e approfondire a livello sistemico e quindi a livello anche familiare il suo sintomo? Nel sistema il sintomo ha una sua ragione di essere e non sempre è da "spegnere" ma piuttosto diventa un aiuto, un filo conduttore per capire come mai c'è stato il suo esordio. Leggo dalle sue parole una grande competenza a livello di diagnosi psicopatologica, leggo che ha già svolto un percorso recente, non posso che chiedermi, come mai non ha contattato il suo terapeuta di qualche anno fa? La sua situazione indubbiamente richiede un approfondimento per poterle rispondere in modo da avere tutto il contesto più chiaro. Resto a disposizione per un colloquio online o in presenza. Buon proseguimento.
Salve, come dire, lei è troppo duro con se stesso, e probabilmente lo è spesso nella vita. A volte soffriamo della cosiddetta sindrome dell’ impostore in cui sentiamo di non essere degni relativamente ai risultati raggiunti.
Bene, adesso che ne ha la consapevolezza può scegliere di fare questo percorso. La mindfulness unita alla psicoterapia da degli ottimi risultati laddove l’impegno e costante.
Inoltre le modalità meditative in essa utilizzate permettono una consapevolizzazione profonda ed una trasformazione importante.
Rimango a disposizione, dott.ssa Sandra Petralli
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Gentile utente, sicuramente sono attivi in Lei degli schemi rigidi e disfunzionali riguardanti il futuro. La paura di non poter essere completamente felici e che ogni evento positivo debba necessariamente essere seguito da un evento negativo sta diventando comune a molte persone, data l'incertezza oramai del futuro e dei tempi in cui viviamo (soprattutto post covid-19). Nel suo caso, lo schema disfunzionale amplifica la percezione distorta di quello che possa avvenire in futuro. Potrebbe essere utile munirsi di un diario di automonitoraggio delle credenze disfunzionali per iniziare autonomamente a ricercare nella vita di tutti i giorni "dati" che confutano la credenza di base: lei teme che ad ogni evento positivo ne segua uno negativo? Bene, ogni qualvolta un evento positivo sarà seguito da un altro positivo, lo annoti sul diario e, alla fine della settimana, conti quanti eventi positivi sono stati seguiti da eventi negativi e quanti eventi positivi sono stati seguiti da altri eventi positivi. Trovando lei stesso dei dati che confutano la sua credenza, quest'ultima dovrebbe ammorbidirsi. Naturalmente, io le ho dato solo un piccolo suggerimento per iniziare a confrontarsi con quelle che possono essere le sue credenze disfunzionali e che alterano la sua percezione della realtà, ma il tutto va incluso all'interno di un percorso psicoterapeutico, in modo da affrontare anche gli altri nuclei tematici (senso di colpa, paura del giudizio e senso di inferiorità) riportati nel suo racconto. Lei ha esposto diverse questioni che andrebbero sviscerate singolarmente e con calma, per questo motivo ho preferito risponderla solo ad uno dei tanti quesiti che ha posto alla Community. Saluti.
Buon pomeriggio, e grazie per aver condiviso in modo così approfondito la tua esperienza e le tue riflessioni. Quello che descrivi è davvero significativo e merita di essere esplorato con attenzione. Da una prospettiva cognitivo-comportamentale, il tuo racconto evidenzia pensieri intrusivi e ossessioni che sono tipici del disturbo ossessivo-compulsivo, anche se non hai menzionato esplicitamente la presenza di compulsioni visibili. Il concetto di Just Not Right Experience che menzioni è spesso associato ai pazienti con DOC e riguarda la sensazione che qualcosa non sia "giusto" o "perfetto", anche quando non ci sono errori evidenti. Questa condizione può generare ansia e spingere la persona a cercare di correggere o modificare la situazione, anche in assenza di una compulsione fisica manifesta. Nel tuo caso, sembra che il disagio nasca dalla percezione che momenti di felicità o serenità siano "artificiali" o non pienamente meritati se non accompagnati da sofferenza o difficoltà. Questo è un meccanismo comune nei disturbi ossessivi, dove la mente cerca costantemente di trovare un equilibrio tra aspettative irrazionali e realtà. Il profondo senso di colpa legato a eventi traumatici, come quello che hai vissuto da bambino, può aver contribuito a strutturare una visione rigida e moralistica della vita, in cui ti senti obbligato a soffrire o a pagare un "prezzo" per ogni momento di gioia. In un quadro cognitivo-comportamentale, questo rientra in un tipo di pensiero chiamato "catastrofico", in cui c’è una tendenza a prevedere il peggio dopo un'esperienza positiva, o a credere che il piacere debba essere bilanciato dal dolore. Un altro aspetto molto importante che descrivi è il modo in cui percepisci la sofferenza come inevitabile e quasi necessaria per dare significato alla tua vita. Questo schema di pensiero, sebbene sembri coerente in una logica interna, è in realtà una distorsione cognitiva che ti impedisce di apprezzare il presente per ciò che è, senza il bisogno di giustificare ogni esperienza positiva con un percorso di sofferenza. L'idea che la felicità debba necessariamente essere "compensata" da eventi negativi futuri è un esempio di pensiero dicotomico, un’altra distorsione comune nei disturbi d'ansia e DOC. In questo tipo di pensiero, si vede il mondo in termini di estremi opposti: o tutto va male, o tutto va bene, senza accettare l'incertezza e la complessità che caratterizzano la vita reale. Il fatto che tu abbia paura di non godere delle tue realizzazioni future e di sentirti vuoto dopo aver raggiunto i tuoi obiettivi può derivare da questo costante schema di anticipazione negativa. L'ansia legata alla possibilità che "tutto finisca" o che il raggiungimento di un obiettivo ti lasci insoddisfatto riflette il timore di affrontare una condizione di vuoto esistenziale, comune nei pensieri ossessivi. Un punto fondamentale sarebbe la ristrutturazione cognitiva, aiutandoti a identificare e mettere in discussione le convinzioni distorte e i pensieri catastrofici che alimentano la tua ansia. Ad esempio, esplorare la credenza che la felicità debba essere sempre bilanciata dalla sofferenza o che il valore della tua vita dipenda dalle difficoltà che affronti. Inoltre, l'esposizione con prevenzione della risposta (ERP), una tecnica molto efficace nel trattamento del DOC, ti aiuterebbe a confrontarti con i tuoi pensieri ossessivi, come il timore che una gioia senza sofferenza sia sbagliata, senza ricorrere a comportamenti di controllo o di compensazione emotiva. L’obiettivo è abituare la mente a tollerare l’incertezza e il disagio senza cercare di "correggerlo" o di anticipare una possibile catastrofe. Un altro aspetto importante su cui lavorare riguarda l’accettazione dell’imprevedibilità della vita, insegnandoti a convivere con l’incertezza e a permettere a te stesso di vivere esperienze positive senza sentirti in dovere di prevedere o compensare eventuali momenti negativi. Infine, sarebbe utile esplorare come il senso di colpa legato a esperienze passate influenzi i tuoi pensieri e comportamenti attuali, aiutandoti a riconoscere che non è necessario "pagare un prezzo" per goderti la felicità. La tua consapevolezza è un segnale molto positivo: riconoscere questi schemi è il primo passo per cambiarli. Parlare con un professionista potrebbe aiutarti a lavorare in modo concreto su queste difficoltà, offrendoti strumenti per rompere il ciclo ossessivo e vivere con più serenità. Spero che queste riflessioni possano esserti utili per comprendere meglio ciò che stai vivendo e per prendere la decisione di intraprendere un percorso terapeutico che possa offrirti il supporto necessario. Un caro saluto. Dott. Andrea Boggero
Buongiorno, la ringrazio innanzitutto per aver condiviso la sua esperienza in modo così dettagliato e aperto. Comprendo quanto questo schema di pensiero disfunzionale possa essere debilitante e influenzare profondamente la sua capacità di vivere serenamente. Come ha giustamente intuito, è fondamentale esplorare in profondità i vissuti personali e le emozioni collegate a quell'episodio traumatico e alla paura del giudizio che ha iniziato a svilupparsi fin da piccolo. Questi elementi, oltre alla sua visione delle sfide della vita e del significato che attribuisce alle esperienze positive o negative, meritano una comprensione più completa all'interno di un percorso terapeutico. Un approccio psicoterapeutico potrebbe aiutarla a lavorare su questi schemi di pensiero, riconoscendo e modificando le associazioni tra difficoltà, successo e felicità. La invito a considerare un primo incontro, dove potremo valutare insieme il percorso più adatto per affrontare e sciogliere questi nodi. Sono disponibile per incontri sia online che in presenza. Un saluto, Dott. Gianluca Pignatelli
Gentile utente, sembra che lei si trovi in un circolo vizioso, per cui nel momento in cui prova gioia o soddisfazione per il raggiungimento di un traguardo è come se dovesse pagare pegno per essersi concesso questo slancio di felicità. La vita è esattamente come lei la descrive: un'alternanza di momenti più o meno positivi a momenti più o meno negativi. Quello che cambia è la coloritura emotiva che accompagna questi momenti e gli schemi mentali in cui, a volte, rimaniamo intrappolati. Ha già intuito che le esperienze del passato ci immettono in questi schemi: la differenza sta nell'esserne consapevoli. Contatti un professionista e lasci andare il controllo, si affidi.
Cordialmente
dott.ssa Floriana Ricciardi
Gentile utente la ringrazio per avere scritto con fiducia a noi professionisti, condividendo con tanta chiarezza le sue problematiche interiori. I pensieri ossessivi sono strutturati su schemi ricorrenti che ricalcando avvenimenti della prima infanzia, sul pensiero condizionato dall’ambiente socio- culturale si possono radicare sensi di colpa e giudizi svalutanti e demoralizzanti che sottopongono la persona allo stress di essere sottoposto ad un giudice interiore che non gli consente di essere felice. Spesse volte non è sufficiente intervenire sul pensiero a livello cognitivo con le più comuni tecniche di psicoterapia, ma occorre intervenire attraverso nuove esperienze con il learning by doing, esperire attivamente nel presente azioni pratiche che consentono di rompere gli schemi disfunzionali e scoprire nuovi modi di agire nella vita liberandosi da ogni forma di giudizio. Le suggerisco, a tal scopo, di ricercare uno psicoterapeuta bioenergetico che è in grado di interviene sulla mente- corpo- emozioni-relazioni. Solo sperimentando nuovi schemi comportamentali e di pensiero sarà possibile vivere la vita in modo soddisfacente, spontanea e libera. Lo psicoterapeuta bioenergetico interviene sui sistemi di memoria attraverso il colloquio clinico psicoanalitico e a livello psicosomatico con appositi esercizi psicocorporei volti a riscoprire emozioni utili a riconoscere il proprio Real-Self. Spero di averle fornito delle indicazioni utili, resto a sua disposizione per altre delucidazioni. Cordialmente.
Dott.ssa Maria Graziano
Gentile utente, la sua descrizione è molto dettagliata e offre diversi spunti interessanti dal punto di vista clinico. Ritengo però che non sia corretto "lanciarsi" in una diagnosi senza avere avuto modo di parlare direttamente con lei in sede di colloquio.
Ad ogni modo mi sembra che lei ora stia vivendo una situazione di grande sofferenza che le impedisce di godere appieno persino di ciò che di bello accade nella sua vita. Credo che un aiuto psicologico, come lei ha già intuito, possa aiutarla e questo è ciò su cui mi focalizzerei al momento.
Resto a sua disposizione. Dott. Giacomo Bonetti
Buongiorno,

Le suggerisco di trattare tutto quello che scrive nel corso di una psicoterapia. Nessun chiarimento in anticipo sul suo sintomo è possibile, è necessario inquadrarlo in una cornice più ampia.
Gentile utente, grazie per la sua condivisione, spero che ciò che scrivo possa essere di aiuto in una certa misura a trovare le risposte ad alcune delle sue domande.
L'ansia, che un momento positivo possa essere seguito da uno negativo è una sensazione comune, legata spesso alla paura dell'incertezza o all'idea che la felicità deve essere "bilanciata" da esperienze difficili. Questo può innescare un ciclo mentale che ci impedisce di goderci appieno il presente, perché ci aspettiamo sempre il peggio.

La mente si basa sulle emozioni che proviamo e la comprensione di come funziona e che le persone sono direttamente influenzate dai meccanismi che sono nella nostra mente sotto forma di bisogni, modelli e credenze e proprio questa comprensione permette imparare fin dall'inizio come agire e di creare consapevolmente una vita felice e cosciente.

Verificare quale bisogno è dominante in me e quale deve essere bilanciato è molto importane.
Ad esempio, un desiderio eccessivo di realizzazioni straordinarie può farci percepire come "non abbastanza" le piccole vittorie quotidiane o farci sentire insoddisfatti anche quando otteniamo qualcosa di importante, perché l'attenzione si sposta subito alla prossima sfida. Questo approccio rischia di farci vivere in uno stato di perenne "lotta", in cui la gioia dipende sempre dal superare nuove difficoltà, e ci allontana dalla capacità di apprezzare la vita per quello che è, qui e ora.
È fondamentale esaminare ciascuno dei bisogni per trovare un equilibrio, perché il bisogno non equilibrato, attiverà automaticamente meccanismi di difesa relativi a questo bisogno.
Ad esempio, il bisogno di compiere grandi imprese o affrontare sfide impegnative può attivare un meccanismo di difesa come la mobilitazione eccessiva, che si manifesta con una preparazione intensificata per affrontare le difficoltà previste o temute. Questo meccanismo spesso nasce dalla paura di fallire o di non essere all'altezza delle proprie aspettative, e porta a uno stato di continua allerta e iperattivazione. In pratica, la persona entra in una modalità di "sopravvivenza", accumulando energie fisiche e mentali per affrontare le sfide, anche quando queste non sono imminenti. Questa tensione costante può provocare stress, ansia e stanchezza cronica, perché il corpo e la mente rimangono in uno stato di vigilanza continua, come se ci fosse sempre qualcosa di urgente da risolvere. Anche se questo stato di mobilitazione può sembrare utile a breve termine, alla lunga può esaurire le risorse personali, creando un ciclo negativo in cui ogni nuova sfida sembra richiedere sforzi ancora maggiori.
Inoltre, un'eccessiva mobilitazione può portare a un perfezionismo paralizzante, dove il tentativo di controllare ogni possibile difficoltà diventa così dominante da bloccare il progresso o ridurre la capacità di godere dei successi.
L'insorgenza di meccanismi di difesa è un fenomeno normale, ma un'eccessiva manifestazione provoca esagerato consumano di energia mentale per "difendersi" dalla paura o dall’ansia quando questa energia dovrebbe essere utilizzata per sviluppare meccanismi di adattamento più creativi e in grado di padroneggiare la realtà.
Può trattarlo come un'esperienza di apprendimento e divertimento per sé stesso.
Il punto chiave è imparare a conoscere sé stessi, identificare i propri bisogni — sia fisici che emotivi — e rispondere a essi senza lasciare che uno prevalga sugli altri
Ogni persona ha un modo unico di funzionare, ed è fondamentale riconoscere e prendersi cura dei propri bisogni in modo equilibrato per poter vivere una vita serena.
Un caro saluto. Dott.ssa Beata Bozena Rozborska
Buonasera, la ringrazio della sua condivisione e mi dispiace molto per quello che sta passando. Riallacciandomi alle parole che scrive alla fine in cui desidera semplicemente godersi la vita così com'è, il primo passo per poter arrivare qui è iniziare a fare un percorso con un professionista che la aiuterà non solo ad avere chiarimenti in merito ad un sintomo (che le servirà a poco e di cui mi sembra già abbondantemente a conoscenza), ma a iniziare a capire come mai oggi sta così e cosa significa quel sintomo.
Come dice Harris la felicità è una direzione.
Un caro saluto
Elisabetta

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