Buonasera. Ho sofferto di anoressia nervosa fino a 2 anni fa, o meglio 2 anni fa ho smesso di andare

19 risposte
Buonasera. Ho sofferto di anoressia nervosa fino a 2 anni fa, o meglio 2 anni fa ho smesso di andare dallo psicoterapeuta dopo poche sedute perchè non mi sembrava competente. In questi due anni ho provato a risolvere da sola il problema, ho ripreso peso, ho reintrodotto determinati cibi ma alcune "fisse" sono rimaste come non toccare più dolci, pesare tutto ciò che mangio. Diciamo che ci convivo, non mi pesa, se devo adattarmi a qualche circostanza lo faccio. Ma il pensiero che più mi fa tornare a star male è: fissarmi a pensare a quello che mangiano gli altri. Soprattutto pensare a quanto e cosa mangia mia sorella, se fa merenda o no, se prende il dolce o no ecc. Perchè? Come se volessi che lei mangiasse a tutti i costi. Grazie.
Probabilmente doveva continuare ad andare dallo psicologo. Poche sedute non sono sufficienti per avere un equilibrio. Provi a prenotarne uno anche in questo portale. Legga le recensioni prima. Sono buone. Abbia fiducia nel terapeuta e quindi in se stessa.
Cordiali saluti

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Buongiorno. L'anoressia dal punto di vista delle dinamiche psichiche va a braccetto con il bisogno di controllo. Controllare la quantità e la qualità del cibo, controllare il peso, sono solo alcuni dei modi attraverso i quali si cerca di controllare il proprio corpo e con esso il fluire del mondo interno, le emozioni e di conseguenza anche le relazioni. Lei ha dimostrato molta forza di volontà riuscendo a gestire il suo disturbo e probabilmente la spaventa l'idea che sua sorella possa vivere qualcosa di simile, ragion per cui, come a volerla proteggere, si occupa di come si alimenta, un po' come fa per se stessa. Mi permetto di aggiungere che, non avendo percepito un'adeguata competenza da parte del terapeuta con il quale ha fatto qualche seduta, non ha trovato le condizioni necessarie per affidarsi e lasciare a qualcun altro il controllo, fatto necessario ai fini terapeutici. Dal suo scritto si evince intelligenza e forza di volontà, ragion per cui la lascio alle sue conclusioni sul da farsi augurandole il meglio.
Buongiorno, sembrano pensieri ossessivi che possono essere risolti con il giusto percorso psicoterapeutico. Mi permetto di consigliarle una terapia cognitivo comportamentale, la più indicata per questo genere di situazioni. Ne contatti uno per un primo colloquio.
dott Tealdi
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Gentilissima, ritenere lo psicoterapeuta non valido (o non adatto al Suo caso) è lecito e sacrosanto, ma avrebbe probabilmente dovuto cercarne un altro invece di rinunciare. Non ha mai considerato questa alternativa? Il rapporto con il cibo, che nel Suo caso specifico si declina ad oggi come attenzione eccessiva alle condotte alimentari altrui (oltre che in specifiche rinunce personali, le quali hanno una serie di vantaggi secondari che Le permettono di mantenerle), ha un significato specifico che va ricercato nella Sua storia di vita e nel contesto in cui vive (nonché nelle specifiche relazioni in cui compare, ad es, quella con Sua sorella). È all'interno del colloquio psicoterapeutico che si ritrovano tali significati e si può dare un senso a quanto avviene. Da qui l'apertura del mio commento. Di solito quando esistono queste situazioni Sono in gioco, tendenzialmente, relazioni di distacco di se da un'Alterità particolarmente definente e assoggettante. La corporeità viene attivata, sul versante del corpo affamato, come Alterità alternativa, rendendo possibile il "vivere senza l'Altro". Le rinunce e la resistenza a "tentazioni" e all'ingrandimento sono declinazioni di una sensazione di controllo, potere e bravura personale che evidentemente Lei non ritrova nella sorella quando fa merenda. Si sta di fatto confrontando con Lei, involontariamente, sul versante della capacità personale. Come e perché questo avvenga, e come uscirne, può esserLe detto solo dopo alcuni colloqui anamnestici perché i significati e motivi sono Suoi personali e dipendono da informazioni che non abbiamo. Prosegua le sedute psicoterapeutiche: ne trarrà beneficio. In bocca al lupo, cordialità. DMP
Buongiorno, credo che possa certamente aiutarla iniziare un percorso psicologico con un nuovo terapeuta di cui possa aver maggiore fiducia, perché lei ha fatto molto per se stessa ed è stata brava, ma oltre questo limite c'è bisogno dell'aiuto di un professionista che possa far emergere le risorse che ha e che ha già dimostrato e possa aiutarla a sciogliere i nodi che l'hanno portata a sviluppare l'anoressia. Sono d'accordo con il collega circa il bisogno di controllo che si è allargato anche alle persone che la circondano oltre che a se stessa e farei attenzione a questo fattore che certamente sarà presente anche nella relazione terapeutica e che renderà più difficile, ma non certo impossibile, sviluppare un clima di fiducia necessario per fare un buon lavoro.
Resto a disposizione per eventuali chiarimenti.
In bocca al lupo
dr.ssa Fabiana Fratello
Salve. Il suo primo tentativo di fare una psicoterapia non è andato a buon fine. Peccato. Però può (e secondo me dovrebbe) darsi altre possibilità con la Psicoterapia.
La tematica del controllo, che al momento sembra gestire la sua condotta alimentare(ma sembra invadere ossessivamente anche l'ambito Relazionale) probabilmente non le consente ancora di "fidarsi ed affidarsi" nel contesto terapeutico. Mi auguro davvero che lei possa riprendere in considerazione una psicoterapia, il rapporto con il cibo migliorerà di sicuro e diminuirà anche il bisogno di controllare l'altro. Se diminuisce il controllo ossessivo aumenta la sua gioia di vivere ed il piacere sano di mangiare.
Le auguro di stare meglio. Cordiali saluti Dottor Emanuele Grilli
Tutte coloro che soffrono o hanno sofferto di anoressia si preoccupano che le persone che hanno intorno mangino. Per loro cucinano grandi quantità di cibo che nemmeno assaggiano. Da quello che scrive lei è già in grado di riconoscere le sue "fisse" e di adattarsi alle circostanze, immagino voglia dire quando è con amici mangia quello che mangiano gli altri anche se in minore quantità. Brava!
La più grande preoccupazione adesso è quello che mangia sua sorella. Le sarebbe utile affrontare un precoso con uno/a psicoterapeuta familiare per riconoscere le dinamiche relazionali che nel disturbo alimentare sono di fondamentale importanza. Coraggio, da sola ha già fatto molto!
Salve, l'anoressia nervosa è un disturbo importante che fa diventare il cibo come un tarlo, una pensiero fisso nella mente. La domanda che le pongo è perché non provare ad affrontare un percorso che l'aiuti a non doversi adattare ma a migliorare la sintomatologia ed aumentare il suo benessere. La psicoterapia è il percorso che la ricerca ha dimostrato efficace, soprattutto se affiancato (in un lavoro di équipe) da altri supporti come il nutrizionista, medico, ecc. Quello con lo psicoterapeuta è un incontro con un professionista ma anche con una persona, la cui scelta è fondamentale. Mi sento di consigliarle di riprovare, selezionando e facendosi consigliare la persona piu adatta a lei! In bocca al lupo
Gentile utente,
è abbastanza comune, in condizioni di fissità con il cibo, il controllare cosa mangino gli altri, soprattutto figure di riferimento come sorelle, amici, fidanzati ecc. Il disturbo alimentare, così come tutte le dipendenze in generale, lascia dei residui che talvolta possono riacuire la dipendenza. Io le consiglierei di non fermarsi nella scelta di un terapeuta, sicuramente troverà quello più adatto a se. Fidarsi è l'atto preliminare di qualsiasi strategia di cura. Capita nella nostra professione così come in tutte le altre professioni. Non perda la speranza e si dia una nuova possibilità. Le auguro il meglio. Saluti
Buondì! Non so quanti anni tu abbia e quanti tua sorella, giusto per avere qualche dettaglio in più. Il tema del controllo, come hanno scritto i colleghi, è tipico dell'anoressia. Vi è spesso collegato un senso si colpa, più o meno inconscio, nonché dinamiche legate al potere, al sacrificio, a traumi. Il modello del terapeuta determina il suo modo di l impostare il lavoro; questo, insieme a proiezioni inconsapevoli che si manifestano già al primo incontro, possono determinare una buona alleanza e la fiducia da parte del paziente. Quindi, credo che tu possa ritentare, lasciando un tempo sufficiente per poterti affidare alla guida di un professionista che ti faccia sentire sufficientemente comoda.
Saluti.
Gentile utente,
Mi sembra che lei ce l'abbia messa tutta a superare il suo malessere, in parte ci è riuscita, ma a quale prezzo? Il bisogno di controllare è il sintomo che le permette oggi di avere un compromesso con il cibo. Anche se in passato la scelta di rivolgersi ad un psicologo non l ha aiutata, oggi la invito nuovamente a riprovare. Può capitare di nob trovarsi bene con un professionista, ma ciò non significa che sarà lo stesso con altri.
In bocca al lupo
A presto.
Buongiorno, l'anoressia nervosa è purtroppo un disturbo molto pervasivo della persona e si incentra proprio su dinamiche di controllo. Essere riuscita a recuperare un buon margine di salute indica sicuramente delle sue buone risorse personali, ma la dinamica di cambiamento profondo e di comprensione di cosa sottende al bisogno di controllo stesso ( che di per sé permane , anche se spostato sulla sorella) sarebbero più attentamente comprese in un percorso di psicoterapia. Concordo sulla necessità di trovare un terapeuta che le ispiri fiducia e solidità. Fondamentale per questo tipo di percorso è proprio la fiducia.
Gentile utente lei è stata molto coraggiosa ad affrontare la problematica di cui parla da sola e in parte ha raggiunto anche dei buoni risultati. Come lei stessa afferma, però, sente che ancora deve superare molti ostacoli e questo può ottenerlo solamente provando a contattare uno specialista con il quale potrà "scavare" fino in fondo, approfondendo le dinamiche familiari, i rapporti con le sue figure genitoriali e con sua sorella. Provi a pensare che non è detto che poiché con il precedente terapeuta non si è trovata bene allora non potrà trovarne un altro con cui si troverà bene. Le faccio un enorme in bocca al lupo.
D.ssa gemma bosco
Buongiorno. Tutti questi pensieri sono legati al disturbo alimentare. È riuscita a risolvere moltissime cose da sola, però le idee sul cibo, su sua sorella, etc...si possono risolvere solo con la
Psicoterapia. Se non si è trovata bene con quel dottore ne provi un altro, però riconsideri l’idea della psicoterapia. Buona giornata Chiara Tomassoni
Buonasera,
dal suo racconto sembra una persona coraggiosa e con grande forza di volontà, ha già fatto dei passi avanti e raggiunto alcuni obiettivi, però i disturbi del comportamento alimentare richiedono di intraprendere un percorso psicoterapico con un persona con cui costruire una relazione caratterizzata da fiducia e alleanza, se con lo psicologo precedente non si era trovata bene le consiglio di provare con qualcun altro. Il bisogno che sente nei confronti di sua sorella rimanda un pò alla necessità di controllo tipica di questo problema. Potrebbe provare a contattare un nuovo psicoterapeuta e partire proprio da questo punto per poi approfondire anche altri aspetti di sé e dei suoi vissuti. Il mio migliore augurio è che si possa dare la possibilità di ricominciare un percorso lasciando spazio alla fiducia e in sé e nell'altro.
Dott.ssa Alessandra Contiero
Gentile utente,
mi colpisce che lei faccia coincidere la fine della sua anoressia con la sospensione della psicoterapia. Ma il fatto stesso che lei abbia richiesto un parere a degli psicologi/ psicoterapeuti, a mio parere, indica in ambivalenza verso il cambiamento: da una parte vorrebbe continuare a mantenere il controllo sulla sua vita e sull’ambiente che la circonda, dall’altra leggo una richiesta d’aiuto per accedere al suo mondo emotivo interiore.
Le suggerisco di contattare uno specialista della sua zona, augurandole di riuscire a fidarsi.
la saluto cordialmente,
dott.ssa Rita Reggimenti
Salve, in realtà il bisogno di controllare quello che mangiano gli altri ed il desiderio che gli altri mangino quasi “al posto suo” è molto frequente nei disturbi alimentari. Il significato che questo riveste dovrebbe cercarlo lei in una terapia. So che ci ha già provato ed è rimasta delusa, ma perché limitarsi a “convivere” con un sintomo del genere (continuando, giustamente, ad interrogarsi)? Perché non dare una chance a qualche altro collega?
Ci pensi
Un saluto
Marta Calderaro
Gentile Ragazza, il comportamento anoressico non è un sintomo ego-distonico, ovvero un comportamento che non è in armonia con l'immagine che la persona ha di sé , ma è un modo d'essere, di stare al mondo, su cui ruotano tutta una serie di idee fisse e di contraddizioni, centrate sul cibo. Questa premessa mi serve per dirle che il comportamento anoressico non è facile da estirpare. Cosa c'è dietro a questa ossessione dal cibo? Un'anima inquieta con un'infinito bisogno d'amore. Aggiungo di più, dietro al rifiuto del cibo si nasconde una fame insaziabile che va disciplinata e misurata.A volte, però questo controllo inconscio sfugge alla nostra volontà e, allora, cosa fa la nostra mente per soddisfare questo desiderio inaccettabile? Lo sublima e lo soddisfa attraverso l'altro, l'altro che mangia e che si nutre del cibo che noi rifiutiamo. Ecco perché spesso le persone anoressiche sono delle ottime cuoche e se sono anche delle mamme , a volte , crescono figli che hanno problemi con il peso. nel salutarla le lascio un bellissimo libro di Michela Marzano che è una professoressa di filosofia dell'Università di Parigi, che racconta il suo vissuto di anoressica con una scrittura semplice, scorrevole, e intensa che spero la faccia riflettere su quale strada vorrà percorrere per ritornare ad essere una persona libera. Un caro saluto
Gentile utente, le faccio i complimenti per i passi in avanti che è riuscita a fare da sola, ma le consiglio di rivolgersi ad un centro specializzato per D.C.A. (disturbi del comportamento alimentare) dove sono presenti più figure professionali che lavorano in equipe, o contattare uno/a psicoterapeuta per valutare il suo stato attuale. Permangono, da ciò che dice, alcune modalità di controllo eccessivo sulla quantità del cibo che dimostrano che ci sono tematiche irrisolte.
Dott.ssa Valeria Randisi

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