Buonasera. Ho 36 anni ed esco da una storia di 15 anni, di cui gli ultimi due di convivenza. È stata

17 risposte
Buonasera. Ho 36 anni ed esco da una storia di 15 anni, di cui gli ultimi due di convivenza. È stata una fine brusca, per niente bella. Me ne sono andata di casa perché non vedevo alcun modo di chiarire. Premetto che sto lavorando molto su me stessa, adesso so di essere una dipendente affettiva e sto facendo tutto ciò che posso per stare bene e migliorare la mia qualità della vita. Il mio dilemma però è questo. Visto che il mio stipendio non mi consente di affittare un mio appartamento mi ritrovo a casa dei miei genitori. È in questa casa che sono nati i miei problemi di dipendenza affettiva, ad oggi lo so. E tutti questi problemi continuano a ripetersi da quando sono tornata qua. Sono sempre gli stessi genitori che mi hanno fatta sentire rifiutata, non capita e che sminuiscono i miei problemi e i miei progetti. Io non so davvero se una persona può affrontare un periodo così brutto ritornando dove tutto è iniziato. Mi sento come se fossi in trappola, non posso andare da nessun altra parte e se voglio stare qui devo imparare a convivere con loro. Premetto che non sono cattive persone, ma non sono mai stati in grado di starmi vicino come penso si dovrebbe fare con un figlio. Non si dialoga, ognuno conduce la sua vita e hanno un comportamento che io ritengo tossico. La psicologia direbbe che i genitori vanno perdonati se si vuole crescere, ma io mi trovo al punto di non tollerare più nemmeno il minimo errore da parte loro. Mi rendo conto che a volte potrei anche lasciar correre, ma non riesco. Mi ritrovo in questa situazione e tutto ciò che mi viene da pensare è che se non fosse stato per loro, adesso forse avrei una posizione (mi hanno scoraggiata quando dicevo di voler proseguire gli studi), forse sarei una maggiore autostima. Dunque mi domando, secondo voi si può imparare a convivere o sarebbe meglio trovare il modo di scappare quanto prima? L'unica mia priorità è la mia salute mentale.
Gentilissima, La sua ultima frase potrebbe rappresentare un obiettivo da perseguire all'interno di un percorso terapeutico. Nonostante la sua autostima a suo dire un po' fiacca, sembrerebbe intenzionata a nutrire (giustamente) il suo amor proprio, iniziando a prendersi cura di lei. Evidentemente, in questo momento, le cose non possono che andare così ma, probabilmente, si tratta di una fase. Le suggerisco di viverla come una parentesi, proprio come se fosse una crisalide in attesa della trasformazione e del volo. Come le crisalidi, però, serve cautela, protezione, preservazione e attesa. Non potrà cambiare i suoi genitori ma potrà certamente lavorare sul suo atteggiamento nei loro confronti affinché possa, con grande naturalezza, imparare a convivere con loro fintantoché sarà necessario o trovare le risorse per svincolarsi. Forse, da sola, in un momento di grande vulnerabilità, le sta risultando tutto particolarmente difficile ed è pertanto che le suggerisco di affidarsi a un professionista che la affianchi in questo tempo sospeso. In bocca al lupo, resto a sua disposizione per ulteriori necessità. Cordialmente

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Buonasera cara, iniziamo considerando che la teoria e la pratica sono due cose spesso molto diverse. Non possiamo prescindere da alcune circostanze reali di vita. Detto ciò, credo che il perdono di cui lei parla si possa tradurre in comprensione, rilettura e accettazione. Sceglie di usare la parola perdono, comunicando quindi del rancore e degli aspetti da elaborare. Un percorso del genere, a 36 anni, potrebbe essere più efficace se lei vivesse da sola, in modo che parallelamente lei possa prendere le distanze fisiche e affrontare emotivamente la relazione. Se le circostanze concrete, però, non lo permettono, si può comunque svolgere un buon lavoro terapeutico.
Resto a disposizione, anche online.
dott.ssa Veronica Gorni
Gentile utente, se la sua domanda è se si può imparare a convivere con i propri genitori o meglio che quelle parti del suo passato per lei ancora così dolorose; penso che la risposta alla sua domanda in generale possa essere "Si si può imparare a convivere". Tuttavia va capito se per lei è possibile, se lei riesce a fare quella cosa che proprio lei per prima cita "perdonare i propri genitori", perdonare prevede un lungo processo di accettazione dove io attivamente accetto che loro sono così, non può cambiarli ne li ha potuti scegliere. I genitori ci capitano, e se si vuole si può provare a trovare quale sia la soluzione che meglio si adatta a me. Incaponirsi oggi rispetto alle cose che non le piacciono di loro, a cosa le serve? Come la fa sentire? Vorrebbe dentro di lei provare a vivere quelle cose che oggi sono così intollerabile in modo diverso? Mi sembra di capire che lei sia già in carico ad una psicologa, ne parli con lei. Se invece così non fosse provi ad affidarsi ad uno/una psicologo/a che la possa aiutare ad elaborare tali vissuti. Rimango a sua disposizione Dott.ssa Alessia D'Angelo
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buonasera, comprendo la sua difficoltà e la invito a prendersene cura, contemplando di convivere con i suoi genitori per il tempo necessario e sufficiente a cercare un'alternativa, temporanea, di coabitazione, per esempio, con qualcuno che abbia la sua stessa necessità di condividere uno spazio, oppure ad incrementare le sue risorse economiche per vivere indipendentemente. Successivamente, raggiunta una nuova stabilità, sarebbe buono approfondire l'aspetto psicologico ed emotivo che riguarda il conflitto con i suoi genitori, per risolverlo e concedersi la serenità che merita, aiutata da un professionista di cui abbia fiducia.
Le auguro di affrontare i passi necessari al raggiungimento del suo benessere e di superare tutti gli ostacoli.
Gentile Utente,
il percorso che ha intrapreso è lungo e doloroso, ma anche ricco di scoperte che la lasceranno stupita. Ci vuole tempo per ritrovarsi, riconoscersi e per esplorare la rabbia che prova in questo momento. A cosa le serve tutto questo rancore? Cosa c'è sotto la rabbia? forse il dolore e la tristezza?
Ne parli con fiducia alla sua terapeuta!
Un caro saluto
Sara Genny Chinnici
Buonasera, purtroppo a volte la vita ci pone la necessità di tornare indietro sui propri passi come quello di tornare alle origini. Mi colpisce la sua sicurezza di essere una dipendente affettiva. Se non è stata diagnosticata da uno specialista, potrebbe rappresentare soltanto una sua paura. La psicologia dice che si può lavorare sul perdono. Le consiglio di intraprendere un percorso personale affidandosi ad uno specialista perché da soli potrebbe essere difficile e faticoso. Buona fortuna
Gent.ma, se la sua priorità è la sua salute mentale sarebbe meglio si facesse aiutare. Una psicoterapia potrebbe aiutarla molto nel riconoscere e sciogliere quei grovigli emotivi e affettivi che possono creare confusione oltre che intralciare la possibilità di vivere serenamente le relazioni sentimentali o, più in generale, la sua vita. SG
Buonasera! Nonostante i limiti del contesto e dello strumento, proverò a darle un mio piccolo contributo di pensiero. È possibile, forse, usare l'abitazione dei genitori. Non per tornare "ora come allora", ma come uno spazio-tempo di transizione, un "appoggio" che le dia la possibilità di prendersi cura di se stessa e della sua storia per poi "ripartire" più serena e consapevole di poter fare da sola. La casa familiare non come "ripetizione", ma come tappa evolutiva, che non può essere valorizzata senza l'aiuto di una seconda mente che l'aiuti a pensare i pensieri più disturbanti. Spero non perda questa preziosa occasione per fidarsi e affidarsi ad un collega, che la accompagni per tutto il tempo necessario. In bocca al lupo
Buongiorno,
un giorno una grande accademica mi disse: "Non si torna mai indietro, alla casa dei genitori. Piuttosto si arranca ma mai tornare indietro!" Condivido con lei questa affermazione e se vuole capire come uscirne mi può contattare.
Un saluto cordiale
dott.ssa Marzia Sellini
Gentile Utente. le nostre difficoltà ci seguono ovunque andiamo, non si scappa mai veramente e probabilmente lo ha sperimentato anche lei nella sua relazione. Tornando dove tutto è iniziato è stata ri-catapultata nel nucleo del problema, questo può essere un occasione per affrontarlo ed elaboralo. In modo da non dover più scappare ma semplicemente andare avanti con più risorse e più consapevolezze.
Un caro saluto, Dott.ssa Ramona Borla
Buonasera.
Sarebbe sicuramente meglio poter vivere al di fuori di quel contesto ma , laddove non ci sono le condizioni economiche per poterlo fare, si può continuare a lavorare su questo legame figlia/genitori e si può giungere a sentirsi liberi anche stando vicini a quelle persone che hanno originato il nostro dolore. E' fondamentale lavorare su un processo di individuazione che ti permetterà di ritrovare te stessa e di non portare con te mai più, quella famiglia disfunzionale che hai interiorizzato e appena ne avrai la possibilità, potrai trovare una sistemazione che ti permetterà di essere totalmente indipendente.
Un caro saluto!
Salve, avere la consapevolezza del problema come lei ci racconta è già gran parte del lavoro da fare su se stessa. Ovviamente tornare indietro è motivo di grande stress soprattutto se si aggiunge a difficoltà economiche. Tuttavia valuti come un fatto assolutamente positivo la sua attuale situazione perché ora riesce a vedere e comprendere i motivi del suo problema e quindi tutto sarà migliore ora. Se riuscirà anche a perdonare i suoi genitori come suggerito dalla sua terapeuta sarà un ulteriore gran passo verso la definitiva soluzione. Si concentri su se stessa e su cosa vorrà domani archiviando per sempre il passato. Cordiali saluti. Professor Antonio Popolizio
In passato era "dentro" la situazione casalinga e assorbiva senza sapere cosa viveva nel profondo emotivo, ad oggi è una donna di 36 anni che ha iniziato un percorso terapeutico e sa cosa probabilmente le ha "fatto male" quando era molto giovane.
Il presente di oggi ha una prerogativa importante: la sua salute mentale. Quando si conosce la meta la strada da percorrere, pur presentando salite, buche, dirupi, discese, curve, è più semplice.
Un grande in bocca al lupo!
Gentilissima, non si torna mai indietro, perchè il tempo va avanti e succedono cose che ci cambiano. Lei non è più la stessa, ha fatto esperienze e ha raggiunto una consapevolezza che non aveva. Come è arrivata alla dipendenza affettiva? Se lo è autoattribuito o le è stata fatta una diagnosi? Si "stacchi" l'etichetta di dosso, sennò come fa a cambiare? So che quello che sto per dire è facile per me che non sono coinvolta, ma le suggerisco di prendere questo periodo come un "tirocinio" Lei ora vede, sente, comprende cose che prima subiva, viva questa situazione come una modalità di affinare i suoi strumenti di crescita. I suoi genitori non li può cambiare, ma se stessa sì, limiti le relazioni, viva orari differenti da loro, veda il più possibile persone fuori, soprattutto il fine settimana.. Prenda in considerazione la convivenza con altre persone (oggi ci sono molti adulti che vivono insieme per dividere le spese, e può essere anche divertente). Valuti un lavoro che la porti fuori. Insomma, la sua vita ora è nelle sue mani, è giovane, può fare altri investimenti. E' molto comprensibile il suo stato d'animo di adesso, è appena uscita da una lunga storia, ora rivive a contatto con il suo passato. Abbia pazienza con se stessa, si tratti bene. Potrebbe esserle utile un percorso di sostegno, lo valuti. Tanti auguri, rimango a disposizione, cordiali saluti dott.ssa Silvia Ragni
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Salve, il suo racconto è lucido salvo alcuni elementi che potrebbero diventare delle risorse.
Mi spiego meglio.
Di tutto questo colpisce il fatto che si senta in una sorta di trappola.
Lo si evince dal fatto che non valuta nemmeno un po’ la possibilità di cambiare lavoro opppure casa.
Non sarebbe né la prima né l’ultima persona a trovare dei coinquilini con cui condividere affitto e bollette, eppure si ferma allo stadio di dipendenza/ rigetto.
Potrebbe tornare in terapia al fine di ottenere risultati più incisivi, ma questa è una sua scelta.
Mi auguro di averla fatta riflettere.
Saluti dott.ssa Sandra Petralli
Buon pomeriggio,
grazie di aver portato la Sua situazione.
Posso immaginare che in un momento di fragilità e fatiche si abbia meno risorse da dedicare alle relazioni. Vivere temporaneamente con i genitori può essere l'occasione per contemplarne il loro essere umani - persone e lavorare su di sé affinché non debba scappare, ma possa scegliere come e cosa condividere e attendersi.
In generale scappare da un contesto lascia un "retrogusto agrodolce", per cui dato che ha lo spazio la invito a portare questi temi in modo da poterci lavorare.
Nello specifico valuti se può esserLe utile una convivenza di differente natura.
Saluti

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