Buonasera, gentili dottori vi scrivo per capire meglio dove intervenire nella mia situazione. Ho 26

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Buonasera,
gentili dottori vi scrivo per capire meglio dove intervenire nella mia situazione. Ho 26 anni e fino ai 20 ero un ragazzo socievole, che aveva sempre la battuta pronta e a cui piaceva essere al centro dell’attenzione, da quel che ricordo dopo i 20 ho iniziato ad essere pian piano sempre più chiuso e timido.Io associo tutto ciò al mio voler apparire sempre al top agli occhi degli altri, non a caso do forse troppo peso al giudizio delle persone e sono arrivato al punto che in qualsiasi interazione sociale ormai sto li pensare e a ripensare la persona con cui ho interagito che idea si sia fatta di me di quello che ho detto/fatto. Tutto questo mi porta a sentirmi a disagio in qualsiasi situazione perché è come se mi sentissi sempre giudicato e tutto ciò crea un circolo vizioso che poi mi porta ad arrossire(che diventa parte del problema)e addirittura a non esprimermi come vorrei, come se mi non mi venissero in mente le parole perché troppo occupato a pensare cosa fare o dire. Tutto questo lo associo anche al fatto che mi è stato sempre detto di avere un brutto carattere, sempre sulla difensiva e quindi forse sono sempre alla ricerca di farmi accettare un pò da tutti, arrivo al punto che per non essere “giudicato” o non dire qualcosa che possa “ferire” l’altra persona, resto in silenzio restando ormai quello meno attivo nelle conversazioni. Non riesco nemmeno a capire se questo blocco è dovuto forse ad un mio, ipotizzo, scarso lessico, però poi se sto tranquillo o addirittura se devo scrivere non ho problemi. Anche in famiglia, anche se di meno, soffro questa situazione.
Vi ringrazio in anticipo per la disponibilità e vi auguro buon lavoro.
Buongiorno, come lei dice dai 20 anni qualcosa è cambiato. Cosa è successo in quel periodo? potrebbe essere interessante partire da li. Costruire nuovi significati, rispetto agli eventi di vita che ci accadono, è a mio avviso il punto centrale per definire chi siamo, come ci rapportiamo alle situazioni e quella che è la nostra storia di vita.
Spero che lo spunto riflessivo possa esserle d'aiuto.
Un saluto,
L.R

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Buon pomeriggio,

comprendo quanto possa essere faticoso vivere una situazione in cui il timore del giudizio e il desiderio di essere accettato condizionano profondamente le relazioni sociali e il modo in cui ti esprimi. Da ciò che racconti, sembra che tu viva un conflitto interno tra il bisogno di essere apprezzato dagli altri e la difficoltà nel sentirti autentico e spontaneo. Questo potrebbe aver portato a un progressivo irrigidimento nelle interazioni, accompagnato da una costante autoanalisi che, pur essendo un tentativo di controllo, rischia di alimentare il disagio.

Il cambiamento che hai notato nel tempo, da una maggiore apertura a una chiusura progressiva, potrebbe essere collegato a esperienze o convinzioni che hanno influenzato il modo in cui percepisci te stesso e le tue relazioni. La sensazione di arrossire, di sentirti bloccato o di non riuscire a trovare le parole, così come l’idea di dover apparire sempre perfetto, possono essere legate a una forma di ansia sociale, caratterizzata da un’eccessiva attenzione verso il proprio comportamento e da un timore costante di essere giudicato negativamente.

Per affrontare queste difficoltà, sarebbe importante approfondire le dinamiche che hai descritto e comprendere meglio il significato che attribuisci al giudizio altrui e all'immagine di te stesso. Potrebbe essere utile esplorare le convinzioni che hai interiorizzato nel tempo, come quelle legate al “brutto carattere” o al bisogno di compiacere gli altri, e lavorare per riconnetterti ai tuoi bisogni autentici, ritrovando uno spazio di libertà nelle relazioni.

Questo percorso richiede anche il coraggio di prendersi uno spazio di cura per se stessi, in cui affrontare le insicurezze e il senso di inadeguatezza, e dove poter costruire un rapporto più sano e accettante con la propria identità. La psicoterapia potrebbe offrirti un luogo sicuro in cui esplorare queste dinamiche, migliorare l’autostima e imparare a gestire l’ansia in modo più funzionale, permettendoti di vivere le relazioni sociali con maggiore serenità.

Se desideri intraprendere un cammino di questo tipo, resto a disposizione per sostenerti e accompagnarti in questo processo di cambiamento. Ti auguro una buona serata.
Gentilissimo. Grazie per aver condiviso questa parte di te e della tua esperienza. Quello che descrivi sembra essere un percorso che ti ha portato, col tempo, a sentirti sempre meno libero nelle interazioni, come se fossi costantemente “sotto osservazione”. Questo meccanismo di autocontrollo e auto-monitoraggio può diventare davvero faticoso perché ti porta a vivere ogni situazione sociale con un’attenzione estrema verso il giudizio degli altri e, come hai ben detto, crea un circolo vizioso. Più ti preoccupi di come appari o di cosa pensano gli altri, più ti senti bloccato, meno riesci ad esprimerti spontaneamente e questo rinforza la tua paura di non essere “al top”.
Il fatto che tu riesca ad esprimerti meglio quando scrivi o sei in una situazione tranquilla suggerisce che non hai un problema reale di capacità comunicativa o di lessico, ma piuttosto che il disagio nasce dal modo in cui interpreti le aspettative altrui e dalle pressioni che ti auto-imponi per essere accettato. Forse, come hai accennato, il passato giudizio di avere un brutto carattere ti ha portato a volerti conformare o a evitare il rischio di ferire gli altri, spingendoti però al silenzio e alla rinuncia della tua autenticità.
Ti chiedo: cosa significherebbe per te "non essere sempre al top"? Come sarebbe se ti concedessi di sbagliare, di essere imperfetto o anche solo di dire quello che pensi senza doverti preoccupare dell’effetto sugli altri? Spesso, dietro questa paura di esporsi, c’è la voglia di sentirsi "accettati e riconosciuti" senza dover essere perfetti o compiacenti. Forse il tuo bisogno di farti accettare è diventato così predominante che ti sta impedendo di vivere con naturalezza i rapporti.
Un lavoro su questi aspetti potrebbe aiutarti: in terapia si può esplorare l’origine di queste insicurezze e individuare nuove modalità per stare nei rapporti in modo più sereno, trovando un equilibrio tra autenticità e relazione.
Riconoscere ciò che ti sta succedendo è un grande primo passo ed è evidente che hai una buona capacità di analisi di te stesso. Questo è un punto di forza da cui partire: con il giusto supporto potresti tornare a sentirti più a tuo agio con te stesso e con gli altri riprendendo quella spontaneità e quella leggerezza che oggi sembrano mancare. Che ne pensi?
Un caro saluto.
Dott.ssa Daniela Guzzi
Buonasera gentile Utente, la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza la sua situazione.

Da quanto racconta, sembra che nel corso degli anni il suo atteggiamento verso gli altri e verso se stesso sia cambiato profondamente, portandola a vivere le interazioni sociali con disagio e insicurezza. Questo circolo di autocritica e iper-riflessione su come gli altri la percepiscono può effettivamente alimentare un senso di insicurezza, il timore del giudizio altrui e il bisogno di essere accettato. Questi vissuti sono comuni quando ci si sente costantemente sotto esame, come se ogni parola o gesto potesse influire negativamente sull'opinione degli altri.

È importante sottolineare che questo malessere non è un difetto caratteriale, ma piuttosto una dinamica interiore che può essere affrontata e superata. Il suo desiderio di evitare giudizi negativi e di essere accettato da tutti potrebbe derivare da esperienze passate o da aspettative che sente di dover soddisfare, magari anche inconsciamente.

Un aspetto che lei descrive con particolare enfasi è il sentirsi bloccato, come se la mente fosse troppo occupata a monitorare ogni dettaglio per permetterle di essere spontaneo. Questo stato di "iper-vigilanza" emotiva è spesso legato all'ansia sociale, un fenomeno che si alimenta quando ci si focalizza troppo su sé stessi invece che sulla conversazione o sull'esperienza che si sta vivendo.

Il fatto che riesca a esprimersi con chiarezza quando scrive o quando si sente tranquillo suggerisce che non si tratta di un problema di competenze comunicative, ma piuttosto di uno stato di tensione che influenza la sua capacità di essere spontaneo. L'arrossire, il restare in silenzio o il sentirsi meno attivo nelle conversazioni sono manifestazioni di questo stato di disagio, non limiti insormontabili.

Potrebbe essere utile considerare un percorso psicologico per esplorare a fondo queste dinamiche. Un professionista potrebbe aiutarla a lavorare sul suo bisogno di approvazione, sul timore del giudizio e sull'impatto che queste sensazioni hanno sulla sua autostima. Potrebbe, inoltre, apprendere tecniche pratiche per gestire l'ansia nelle situazioni sociali e ritrovare quella sicurezza che, come racconta, faceva parte di lei fino a pochi anni fa.

Il fatto che lei stia cercando di comprendere meglio ciò che sta vivendo è un segnale positivo, perché dimostra consapevolezza e voglia di migliorare. Con il giusto supporto, sono certo che riuscirà a ritrovare quella capacità di esprimersi con naturalezza e a vivere le relazioni in modo più sereno. Le auguro un buon percorso e di riscoprire quella parte di sé che ora sente bloccata.

Dott. Luca Vocino
Buongiorno, ho letto con attenzione la sua domanda e quello che mi sentirei di consigliarle è di rivolgersi ad uno psicologo o psicoterapeuta per capire meglio le origini della sua difficoltà ed imparare a gestirla.
Sebbene abbia evidenziato molto bene il forte timore per il giudizio altrui, ci sarebbe da approfondire ulteriormente la questione. Da quel che racconta sembra che questo timore sia emerso a partire dai 20 anni. Che ragazzo era prima? Si è descritto come solare e socievole ma sarebbe utile saperne di più. Come mai proprio a partire da questa età ha iniziato ad avvertire la paura del giudizio? C'è stato qualche elemento in particolare che ha favorito questa situazione? Quali strategie ha adottato per fronteggiare questa difficoltà? Attualmente sembra che utilizzi soprattutto la strategia dell'evitamento, cioè evita di esprimersi e rimane in silenzio. Ha sempre fatto così? Ci sono stati ulteriori tentativi? La rete sociale a disposizione (amici, famigliari etc.) che ruolo ha avuto?
Queste sono solo alcune domande utili per comprendere meglio il problema e come può immaginare sarebbe davvero difficile fornirle ulteriori consigli avendo a disposizione così poche informazioni. Un percorso psicologico potrebbe esserle molto di aiuto!
In caso di necessità, non esiti a contattarmi. Un caro saluto, dott.ssa Sara Colnaghi.

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