Esperienze
La mia missione è sostenere tutti coloro che stanno attraversando un momento di difficoltà o uno stato di sofferenza o disagio, e che sentono il bisogno di comprendere e affrontare questa fase di vita. La terapia si struttura in stretta collaborazione con il paziente: insieme ci muoviamo verso un cambiamento che possa promuovere un nuovo stato di benessere emotivo e relazionale.
Credo fermamente che ogni individuo meriti un momento ed uno spazio in cui sentirsi accolti e mai giudicati, in cui la persona possa avere del tempo da poter dedicare alla scoperta di se, sentendosi libero di costruire un nuovo sistema di significati che si adegui meglio a quella che è la sua idea di benessere personale e adattamento relazionale con il mondo
Se ritieni di voler intraprendere un viaggio di crescita e trasformazione personale, possiamo lavorare assieme alla costruzione di un futuro più sereno e appagante.
Grazie per considerare il mio sostegno nel tuo percorso verso il cambiamento. Resto a tua disposizione per qualsiasi ulteriore informazione o necessità
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15 recensioni
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Antonia
Ho apprezzato la sua puntualità e professionalità.
Anna
La consoglio vivamente. È empatica e professionale.
Alberto
A mio parere molto brava sicuramente la consiglierei!
M.M
Giovane dottoressa empatica ed efficace. mi ha aperto gli occhi e svelato numerosi punti di vista che non avevo mai considerato aiutandomi ad avere un apprccio diverso e più costruttivo al mio disagio.
A.
Ho trovato la dottoressa Antonella Donvito estremamente professionale e preparata. Grazie al suo prezioso supporto e alla sua grande empatia, sono riuscita ad affrontare un momento complicato della mia vita.
Dm
Ottima dottoressa, molto empatica, da consigliare vivamente
A.P.
Giovane professionista, preparata e che sa subito come metterti a tuo agio, consiglio vivamente!!
M.B.
Sto iniziando un percorso con il dottoressa Donvito e già dal primo incontro mi sono sentita subito a mio agio, la trovo gentile, preparata, disponibile e sono contenta di averlo scelto per aiutarmi in questo periodo della mia vita.
L. P.
Ottima professionista. Empatica, preparata, cortese e puntuale. È riuscita ad aiutarmi a superare un periodo critico. Consiglio vivamente!!!
MP
Disponibile e preparata. Mette a suo agio il paziente.
Risposte ai pazienti
ha risposto a 4 domande da parte di pazienti di MioDottore
Buongiorno,
da un pó tempo ho iniziato a frequentare un ragazzo di 25 anni con cui mi trovo benissimo. Purtroppo però questo ragazzo ha iniziato a avere atteggiamenti con me particolari: gelosie improvvise senza un motivo, momenti in cui voleva lasciarmi senza che ci fosse una vera motivazione ecc
Diceva di stare benissimo con me ma allo stesso tempo preferiva allontanarsi per paura di soffrire, per paura che mi potessi stancare di lui e dei sui comportamenti
Questo ragazzo è seguito da una specialista che le ha diagnosticato la sindrome dell’abbandono.. so che il percorso è lungo e ci dovrà lavorare molto sopra. Solo che non so bene come poterlo aiutare, lui cerca sempre rassicurazioni e io cerco di dargliele in ogni modo.. vorrei sapere però come comportarsi con una persona che ha questi pensieri? Premetto che i pensieri non sono costanti, ma quando gli prendono non riesce a fidarsi di quello che gli dico
Scrivo qui perché vorrei veramente stargli vicino, ci tengo tanto a lui e vorrei nel mio piccolo aiutarlo in qualche modo, ma non so bene come poterlo fare e se c’è un modo per poterlo aiutare
Grazie mille
Gentile utente,
innanzitutto vorrei riconoscere la tua sensibilità e il tuo impegno nel voler comprendere meglio la situazione e supportare il tuo partner. Affrontare una relazione con una persona che vive difficoltà legate a una "sindrome dell’abbandono" può essere sfidante, ma anche profondamente significativo se gestito con empatia e consapevolezza. La "sindrome dell’abbandono" non è un termine diagnostico ufficiale, ma spesso si riferisce a un insieme di problematiche legate all’insicurezza, alla paura di essere lasciati, e a schemi di pensiero che generano ansia relazionale. Questi timori possono avere radici in esperienze passate (ad esempio, abbandoni emotivi o fisici), ma anche in dinamiche più recenti. Il fatto che lui stia già lavorando con una specialista è un ottimo segnale: dimostra consapevolezza e impegno verso il cambiamento. Tuttavia, è importante ricordare che tu non puoi sostituirti al lavoro terapeutico. La tua funzione è diversa e complementare: puoi incoraggiarlo a sviluppare strumenti personali, magari ricordandogli le risorse che sta esplorando in terapia. È naturale voler aiutare, ma è altrettanto fondamentale preservare i tuoi confini emotivi. Cerca di non accettare comportamenti che potrebbero diventare controllanti (ad esempio, gelosia immotivata) per paura di ferirlo. Stabilire dei confini chiari e affettuosi è un atto d'amore verso entrambi. Puoi dire, ad esempio: "Capisco che ti senti insicuro, ma ho bisogno che anche tu ti fidi di me. Possiamo affrontare queste paure insieme, ma senza che diventino il centro della nostra relazione". Anche se desideri aiutarlo, ricorda che il suo cambiamento dipende dal suo percorso personale. Cercare di "curarlo" da sola potrebbe diventare insostenibile per te e non necessariamente utile per lui. Senza interferire nella sua terapia, potresti incoraggiarlo a condividere in quel contesto le difficoltà che vivete nella relazione. Questo potrebbe aiutare la terapeuta a integrare questi aspetti nel lavoro che sta facendo con lui. Stare accanto a una persona che vive con la paura dell’abbandono è un atto di amore e pazienza. Tuttavia, è importante ricordare che il tuo compito non è “risolvere” il problema, ma camminare al suo fianco, rispettando i tuoi limiti e promuovendo un rapporto basato sulla fiducia e sul reciproco sostegno.
Se hai bisogno di ulteriori chiarimenti o di supporto personale per affrontare questa situazione, non esitare a cercare un confronto con un professionista. Ti auguro il meglio per questa relazione e per il percorso di entrambi.
Buongiorno, sono un ragazzo di 29 che da 7 anni soffre di "problematiche legate all'ansia".
Volutamente, le definisco "problematiche" perché non vorrei influenzare il vostro giudizio usando termini più tecnici e definiti.
In sostanza, dal 2017 quando ho avuto delle crisi di panico molto forti durante un viaggio in treno con persone che conoscevo da poco, non mi sono più ripreso.
Poche settimane prima, per motivi personali ho abbandonato una "compagnia di amici" cui ero legato, non escludo possa aver influito).
Per mesi, ho attuato l'evitamento di tutte le situazioni che ritenevo a rischio, arrivando ad una condizione di aver azzerato quasi completamente i miei rapporti sociali, rimanendo sempre chiuso in casa.
Dopo mesi, mi convinco ad andare privatamente da una psicologa, traendone nessun beneficio dopo un anno. Con questa psicologa parlavamo soprattutto dei miei sogni notturni e della mia vita infantile.
Oltre alla psicologa, ho avuto a che fare con 2 psicoterapeuti-medici di base, che mi hanno consigliato di leggere "L'idiota di Dostoevskij" per dirmi che "non devo avere l'ansia"; e uno "psichiatra" (senza offesa per la categoria medica) che mi ha prescritto della "Pappa Reale" per risolvere il problema.
Dopo un anno, un minimo di attività sociale e universitaria l'ho dovuta fare, ma ad un prezzo disumano di sofferenze e di ansie anticipatorie che non mi hanno fatto vivere bene il 2018.
Arrivati al 2019, tra mille sofferenze che solo chi ha gli attacchi di panico può comprendere, mi viene per fortuna diagnosticata una malattia degenerativa, la Sclerosi Multipla. Finalmente vengo preso un minimo sul serio dai medici e comprendono che non sono matto, ma ho un problema di base da analizzare.
Tra il 2019 e il 2021, inizio alternatamente con 2 nuove psicologhe una terapia, improntata soprattutto sulla terapia cognitivo comportamentale, ma il beneficio è davvero minimo.
Nell'ottobre del 2020, dopo l'obbligata quarantena che mi ha costretto come molti in casa per dei mesi senza uscire, arrivata l'estate con la possibilità di uscire, semplicemente esplodo dall'ansia, non riuscendo ad andare fuori casa da solo a livelli molto più gravi rispetto al pre-pandemia.
Provo quindi ad andare nuovamente da uno psichiatra, questa volta presso il primario dell'ospedale più importante della mia città.
Lì, oltre che ad aver ricevuto la conferma di non essere matto, mi viene confermato che sia una grande vergogna del sistema sanitario nazionale che io mi sia dovuto ridurre in una situazione di sofferenze così gravi, prima che un medico mi rigirasse d'urgenza presso uno psichiatra.
Con questo psichiatra, e la clinica psichiatrica ospedaliera dove lavora, la situazione vede dei TIMIDI ma INSUFFICIENTI miglioramenti iniziando ad assumere degli antidepressivi.
Dal 2020 a oggi, ne ho dovuti cambiare molti, poiché tutti poco efficaci e aventi effetti collaterali importanti.
Ho assunto: 1) paroxetina 2) sertralina 3) citalopram 4) pregabalin 5) duloxetina 6) un medicinale a base di erbe di cui non ricordo il nome 7) Quetiapina 8) Depakin 9) Laroxyl 10) Pramipexolo (e potrei starmene dimenticando alcuni).
Al momento assumo pramipexolo + Laroxyl + Pregabalin.
Con questo mix riesco a malapena ad andare a lavorare, non mi permette di avere una vita normale.
Inoltre, causa effetti collaterali dovrò interrompere pure il Laroxyl e spero sostituirlo con qualcosa di efficace.
I sintomi fisici che ho durante un attacco di panico, nonché la cosa che più temo e che mi fa avere l'ansia anticipatoria, è la chiusura dello stomaco/nausea. (Oltre a tutti quelli più classici e frequenti che non sto ad elencare).
In sintesi finale: io sono morto da 7 anni (si. Sono morto. Non è vivere questo).
Dalla clinica psichiatrica non mi sento preso sul serio (e glielo ho anche detto) poiché per darmi un farmaco nuovo impiegano DIVERSI MESI ad alzare anche di poco il dosaggio e anche se gli dico che non sto bene mi dicono di continuare ugualmente con lo stesso dosaggio (una volta mi hanno anche detto di abbassare un dosaggio di una medicina, sebbene gli avessi appena detto di essere in peggioramento...)
Ciliegina sulla torta, le benzodiazepine provate fino ad ora non mi fanno minimamente effetti positivi, se non darmi un po' di sonnolenza.
Che cosa posso fare?
A livello psicologico, la terapia cognitivo comportamentale è stata inutile e non ritengo che provare una quarta psicologa possa essere un consiglio intelligente o utile.
A livello di farmaci, non so cosa pensare. Se anche fossi farmaco resistente in generale, non dovrei trovare alla lunga una molecola a cui sono debole?
Cosa mi consigliate?
Io non posso vivere con queste atroci sofferenze ancora a lungo. Lo ho anche detto ai vari psichiatri della clinica, ma non ne sembrano minimamente interessati.
Avevo 22 anni quando ho smesso di vivere... mi sono perso quelli che dovrebbero essere gli anni migliori della vita. Mi sono perso un sacco di amici, conoscenti, opportunità di vita e lavorative.
Non ce la faccio più, vi prego salvatemi, datemi qualsiasi consiglio o informazione che possa essermi anche solo vagamente utile!
Gentile utente,
innanzitutto voglio riconoscere il coraggio che dimostri nel raccontare con tale dettaglio e trasparenza la tua situazione. Quello che descrivi rappresenta un percorso difficile e complesso, che merita ascolto attento e un supporto adeguato. È fondamentale riconoscere che ciò che hai vissuto, e stai vivendo, è profondamente doloroso e invalidante. È comprensibile che tu ti senta frustrato, deluso e demoralizzato, date le molte difficoltà incontrate nel cercare un aiuto efficace. La tua esperienza di sentirti "non preso sul serio" è purtroppo comune per molte persone con disturbi di ansia e panico, ma non dovrebbe essere così. Il tuo disagio merita attenzione, empatia e soluzioni. Nonostante la tua sfiducia nelle terapie psicologiche, vorrei invitarti a considerare un aspetto importante: il successo di una terapia dipende molto dalla relazione terapeutica e dal metodo utilizzato. È vero che la terapia cognitivo-comportamentale è spesso efficace nei disturbi di ansia e attacchi di panico, ma non è l’unico approccio possibile. Non escludere del tutto l’idea di provare un’altra psicologa o psicoterapeuta; il cambiamento potrebbe risiedere non tanto nella "quarta psicologa", quanto in un approccio o una relazione più adatta a te.
Anche se attualmente ti senti "morto da 7 anni", è importante notare che ci sono stati momenti in cui hai comunque cercato di reagire, lavorare e mantenere una vita sociale, nonostante la sofferenza. Questo dimostra che hai una grande forza interiore, che potrebbe essere una risorsa preziosa nel proseguire il tuo percorso di guarigione. Il percorso che hai affrontato è stato ingiustamente tortuoso, ma ci sono ancora strade percorribili. Ti invito a non perdere la speranza e a continuare a cercare un aiuto professionale adeguato. Sei importante, e meriti un supporto efficace e rispettoso.
Se senti il bisogno di un confronto più approfondito, non esitare a scrivere di nuovo.
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